ATENEI ITALIANI LONTANI DALL'ECCELLENZA - IN METÀ DEGLI ATENEI SONO I PROFESSORI A VALUTARE SE STESSI - L'INDIPENDENZA È LA CARTA VINCENTE PER LE UNIVERSITÀ - DOTTORATO, RIFORMA IN VISTA - LA TRANSIZIONE CI PARALIZZA - IL RISCATTO DELLE LAUREE SCIENTIFICHE - PICCOLI MONASTERI ATTIVI NELLA RICERCA - IL RISCATTO DELLE LAUREE SCIENTIFICHE - QUANDO IL DIPLOMA VALE PIÙ DELLA LAUREA - FACOLTÀ SCIENTIFICHE È BOOM DI ISCRITTI - SBALLATO IL RAPPORTO FRA CORSI DI LAUREA E DOCENTI - L’ILLUSIONE DELLE SEDI DECENTRATE - SORPRESA: LA MATEMATICA CONQUISTA 19 UNIVERSITÀ - RICERCA, ALTO IL DIVARIO CON I PAESI INDUSTRIALIZZATI - PICCOLI MONASTERI ATTIVI NELLA RICERCA - IN SARDEGNA SOLO BRICIOLE ALLA RICERCA - UNIVERSITÀ IN INGLESE - FINANZIARIA: IN SCENA LA PROTESTA DEGLI SCIENZIATI - LE NOVITÀ CHE HANNO CAMBIATO IL MERCATO - L’ELITE DIGITALE - ======================================================= NUOVO OSPEDALE, CENTOCINQUANTA MILIONI - SANITÀ PRIVATA: I TETTI DI SPESA RESTANO - «SANITÀ, PIANO STRAORDINARIO PER LIMITARE LE LISTE D'ATTESA - UNA "GIUNGLA" DI RICOVERI NON AUTORIZZATI - IL CASO LO SPECIALISTA: NON CURARE LA SOFFERENZA È COME TORTURARE - SI COSTRUISCE A SASSARI LA BANCA DATI DEL NOSTRO DNA - RICERCATORE CLINICO ARRIVA IL SUO MOMENTO - UNA FABBRICA DI NEURONI - DARE UN TAGLIO AI RAGGI X - L’OMEOPATIA, E UN PLACEBO EFFETTI COLLATERALI INATTESI - L'IMMAGINE CEREBRALE DELLA PEDOFILIA - IMAGING DI FUMO PASSIVO - CONOSCERE L'AIDS - ARTRITE REUMATOIDE DA "FRUSTRAZIONE" - QUANDO LA BICICLETTA DÀ EREZIONE CRONICA - ORA IL VIAGRA CONQUISTA I VENTENNI – ECCO IL PREZZO GIUSTO DAL DENTISTA - ======================================================= ________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 24 Nov. ‘07 ATENEI ITALIANI LONTANI DALL'ECCELLENZA, CLASSIFICA INGLESE A LIVELLO MONDIALE Bologna è la prima, ma al 173° posto ROMA. Tra le più prestigiose e importanti università, gli atenei italiani figurano lontano dal vertice dell'eccellenza mondiale: tra 565 istituzioni, la prima del nostro paese è Bologna, che figura al 173° posto. E' quanto afferma la «World University Rankings 2007», quarta edizione del progetto curato da The Times - Higher Education Supplement e da QS (Quacquarelli Symonds), stilata sulla base di parametri che tengono conto di fattori legati alla didattica, alla ricerca e agli sbocchi occupazionali dei laureati. La classifica è sicuramente «sbilanciata» verso il mondo anglosassone, tanto che il primo ateneo europeo non britannico è, al 26° posto, l’Ecole Normale Superieure di Parigi. In testa, infatti, ci sono le università di Harvard, Cambridge, Oxford e Yale. Seguono Imperial College di Londra, Princeton, California Institute of Technology, Chicago e University College di Londra. Al 10° posto c'è il Mit di Boston. Delle 77 università italiane solo 21 figurano in classifica. Guida il gruppo delle prime 10 Bologna (con 58,2 punti). Seguono: Roma La Sapienza, Padova, Pisa, Firenze, Politecnico di Milano, Trieste, Pavia, Siena. Chiude il drappello Trento con un punteggio di 33,6 e il 411° posto. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 25 Nov. ‘07 IN METÀ DEGLI ATENEI SONO I PROFESSORI A VALUTARE SE STESSI II ministero prova a imporre ai Nuclei la maggioranza di esterni Troppi, e soprattutto troppo a rischio di conflitti d'interesse. Sono queste le due caratteristiche dei Nuclei di valutazione interni agli atenei italiani su cui il ministero dell'Università vuole intervenire per migliorare le performance dei "controllori" della qualità. I tecnici del ministero stanno lavorando a un emendamento alla Finanziaria 2008, da presentare entro dopodomani alla commissione Bilancio della Camera, per porre ai nuclei un tetto di cinque membri (ora è di nove) e obbligarli a dare la maggioranza ai componenti esterni all'ateneo. Oggi a valutare le performance delle università sono molto spesso gli stessi giudicati. In 43 casi su 87 (il calcolo abbraccia anche gli atenei telematici e le Scuole universitarie d'eccellenza) i membri esterni sono in minoranza nei Nuclei e in alcuni atenei, da Udine a Cagliari alla Statale di Torino, sono completamente assenti. Ma in questo mondo variegato si incontrano anche realtà come Trieste, Salerno e Sassari, dove i componenti sono tutti esterni (e nell'ateneo sardo quattro su cinque sono addirittura stranieri). Finora la disciplina dei valutatori è stata lasciata alla libertà delle singole università, che hanno potuto scegliere gruppi più o meno nutriti (il record è rappresentato dai 9 membri di Udine, tutti interni all'ateneo), e la stessa autonomia è stata assicurata sulla composizione e sull'attivismo dei "giudici". Che a Torino, alla Sapienza di Roma, a Lecce e a Cagliari vincono la palma dell'impegno riunendosi nel zoo6 una ventina di volte, mentre all'Università Telematica Nettuno non hanno trovato nemmeno un'occasione per incontrarsi. E ci sono Camerino, Aosta, il Politecnico di Bari e lo Iuav di Venezia tra i 25 atenei che hanno ospitato meno di cinque riunioni in un anno. Ma nella nuova università che i requisiti necessari sull'offerta formativa provano a disegnare (si veda il Sole-24 0xe del 27 Ottobre), i nuclei di valutazione diventano il cuore del sistema chiamato a decidere se un corso ha il pedigree di qualità indispensabile per entrare nell'offerta formativa anche dopo il 20010. A loro tocca il compito di verificare il possesso di tutti i requisiti necessari, da quelli di trasparenza (illustrazione per ogni corso degli sbocchi professionali, del successo occupazionale come misuratore dell'efficacia dei processi) ai parametri su numero di docenti e regole dimensionali relative agli studenti. Anche nelle università giovani, che hanno più tempo per adeguarsi al «canone»> sono i nuclei a vigilare sugli eventuali piani di rientro. Si colloca in questo contesto l'accelerazione ministeriale sull'indipendenza dei valutatori, che con il criterio numerico e quello sulla terzieretà metterebbe fuori regola il 65% degli attuali Nuclei. Se non incontrerà il successo nella giostra della manovra, la norma sarà comunque riproposta nell'ambito di un DdI complessivo sulla governance universitaria che il ministero ha intenzione di presentare una volta archiviata la Finanziaria. Ma per essere completato il castello della valutazione ha bisogno di un'accelerata decisa sull'Anvur, l'agenzia nazionale prevista dal collegato alla Finanziaria dell'anno scorso ma ancora arenata nelle secche del regolamento attuativo. Dopo l'allerta del Consiglio di Stato, che ha giudicato eccessivi i direttori generali previsti per un organico di 20 persone, sono arrivate ora le osservazioni delle commissioni Cultura di Camera e Senato. In entrambi i rami del Parlamento le commissioni hanno dato il via libera al regolamento accompagnando l’ok con un ricco menu di osservazioni: che oltre a tornare sulla nota dolente dell'ipertrofia dirigenziale sottolineano in coro l'esigenza di assicurare un collegamento organico tra l'Agenzia centrale e i nuclei di ateneo, mettendo a loro disposizione anche gli strumenti informatici che saranno utilizzati dall'agenzia. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Nov. ‘07 L'INDIPENDENZA È LA CARTA VINCENTE PER LE UNIVERSITÀ di Alessandro Schiesara di due innovazioni molto importanti. Organismi ampi servono in genere a rispecchiare le varie anime dell'istituzione, e favoriscono quindi un'azione parcellizzata e magari consociativa, mentre i nuovi nuclei composti di non più di cinque membri avrebbero molto lavoro da svolgere, ma anche una compattezza operativa preziosa. Affidare a esterni un ruolo preminente nella valutazione risponde poi sia al buon senso sia alle migliori pratiche a livello internazionale. Il Nucleo, si badi, non è un tribunale, ma uno strumento fondamentale di programmazione e strategia. Tl suo compito principale non è quello di distribuire pagelle, ma di mettere gli organi dell'università in grado di compiere scelte basate su dati affidabili e quanto più possibile spassionati, a garanzia dell'università stessa ancora prima e assai più che dell'autorità centrale. È quindi a tutto vantaggio dell'ateneo scegliere valutatori autorevoli, e dare ai Nuclei e alle loro opinioni il giusto peso nei processi decisionali e nella verifica export delle scelte compiute. Manca ancora al sistema, purtroppo, un elemento cruciale dell'ingranaggio, vale a dire un organo amministrativo autonomo. Un'università autonoma ma efficiente e responsabile, dovrebbe reggersi sulla collaborazione dialettica tra un senato che rappresenti la massima istanza accademica e un consiglio di amministrazione che, forte anche degli elementi di valutazione elaborati dai nuclei, garantisca con una maggioranza esterna, e cioè terza, che le decisioni sono prese nel rispetto dell'interesse generale, e di tutti gli stakeholders, interni ed esterni, presenti e futuri. La valutazione riveste un ~ ruolo assolutamente centrale in un sistema universitario moderno, soprattutto se pubblico. Per quanto incompiuta e imperfetta, l'autonomia degli atenei introdotta nel 1994 dovrebbe infatti sostanziarsi in una decisa assunzione di responsabilità gestionali e strategiche, costantemente valutate in relazione agli obbiettivi del singolo ateneo e del sistema nazionale. Anche se il binomio autonomia/valutazione è evidente a livello teorico> la messa in opera di un efficiente meccanismo che risponda a questi principi ispiratori è stata discontinua e sofferta. A livello nazionale opera dal 2000 il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu), al quale va attribuito il merito di avere impostato in modo serio il lavoro, anche se non tutte le sue decisioni, in questi anni, sono state condivisibili. Purtroppo il Cnvsu è ormai fermo: mancano i fondi per riunirlo e il varo lentissimo dell'Anvur, la nuova agenzia che dovrà prenderne il posto, ne ha inevitabilmente ridotto lo spazio di manovra e la credibilità verso l'esterno. A valle, i singoli atenei si sono dotati di Nuclei di valutazione interna, un tassello fondamentale del sistema, ma non ne sono omogenei né la composizione, né i compiti, né tantomeno l'incisività. Ora un emendamento governativo alla Finanziaria sembra prospettare modifiche rilevanti proprio per quanto riguarda la struttura dei Nuclei di valutazione interna, i cui membri dovrebbero essere ridotti nel numero ed essere in maggioranza esterni. ________________________________________________________________ ItaliaOggi 27 Nov. ‘07 DOTTORATO, RIFORMA IN VISTA Sarà, più facile l’inserimento nel mondo del lavoro DI BENEDETTA P PACELII Il dottorato di ricerca fa il grande salto nel mondo delle professioni e delle attività produttive. E il suo debutta è sancito chiaramente. dallo schema di decreto «Criteri generali per la disciplina del dottorato». Perché, a leggere bene, uno degli ambiziosi obiettivi della riforma del dottorato di ricerca targata Fabio Mussi, sarà non solo quella di fornire alle università ricercatori molto qualificati, ma soprattutto dare alla pubblica amministrazione dirigenti di altissimo profilo capaci di rinnovare dall'interno la macchina statale e di sburocratizzare il sistema in un'ottica efficentista. È scritto nero su bianco nella nota che accompagna il decreto ministeriale di riforma del dottorato di ricerca: l'obiettivo di sistema deve essere un numero adeguato di titoli di dottorato rilasciati ogni anno curando al massimo la qualità e «aprendo un vero reclutamento di dottori di ricerca nelle professioni più qualificate, con funzioni di ricerca o di competenza elevata collegata alla ricerca». E questo, stando al testo che il ministro ha consegnato al Consiglio universitario nazionale e alte associazioni di categoria per la raccolta dei pareri, può rappresentare il gradino iniziale da monitorare nei suoi sviluppi e nelle successive espansioni. Ecco perché, per assicurare tali standard di qualità, le università dovranno provvedere a istituire delle vere scuole di dottorato dalla qualità certificata che infatti non potranno aprire senza l'autorizzazione dell'Agenzia nazionale di valutazione che ne esaminerà i requisiti. L;altra grande novità è che nell'ambito di tali scuole di dottorato potranno essere ammessi studenti lavoratori, compresi dipendenti pubblici, anche se in maniera inferiore rispetto agli altri soggetti. Per tali soggetti i regolamenti possono prevedere il prolungamento del periodo di partecipazione al corso fino a sei anni. Gli studenti lavoratori inseriti poi in attività di ricerca presso enti pubblici o privati e coloro che sono iscritti contemporaneamente a una scuola di specializzazione per l'abilitazione alle professioni possono richiedere di svolgere parte della propria attività di ricerca presso la sede di lavora. IL tutto dovrà essere applicato dall'anno 2010/2011, anno a partire dalla quale il ministero ripartirà il finanziamento tra gli atenei per le scuole di dottorato. Saranno creati poi corsi in ambiti disciplinari particolari mirati a creare figure specifiche in stretto collegamento con il mondo della produzione che dovrà in questi casi contribuire finanziariamente. Ogni possibile incentivo verrà utilizzato per favorire l'inserimento nell'impresa privata, anche attraverso le norme per l'accesso ai fondi First e Industria 2015 e agli sgravi fiscali per le imprese. Inoltre dal ministero ipotizzano la possibilità di incentivare l'inserimento di dottori di ricerca nella piccola e media impresa. La stessa logica di incentivazione verrà utilizzata in relazione alla legge di riforma degli ordini e delle associazioni professionali. Infine, si spingerà anche per formule di apprendistato o di stage durante il periodo del corso. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Nov. ‘07 LA TRANSIZIONE CI PARALIZZA INTERVISTA di Gianni Trovati La strada della valutazione imboccata dall'università è importante, ma per tradurla in pratica è urgente arrivare a un accreditamento vero, di cui oggi si scorgono solo le premesse, e soprattutto superare in fretta questa infinita fase di transizione verso l'Agenzia nazionale». Luigi Biggeri, che oltre a presiedere l'Istat guida il Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, conosce a fondo i problemi di accountability dell'Accademia, e ha seguito da vicino la costruzione del nuovo sistema culminata nelle Linee guida e nel decreto sull'offerta formativa. Un primo passo, secondo Biggeri, cruciale ma ancora bisognoso di salti normativi e culturali per tra dursi in una svolta. Presidente, il decreto di fine ottobre ha stabilito il principio che un corso di laurea si può attivare solo se rispetta precisi parametri di qualità. Come giudicala novità? Fondamentale, perché l'obiettivo non è solo la riduzione dell'offerta formativa, che negli anni si è estesa a percorsi che di fatto non servono agli studenti> manna riprogettazione complessiva che aumenti la qualità dei corsi di studio, nel segno della trasparenza. Lo studente, nel nuovo sistema, non solo potrà conoscere i contenuti veri delle proposte formative, ma anche le azioni intraprese dall'ateneo per migliorarla_ Fornire tutte le informazioni è fondamentale, ma in sé non è sufficiente perché bisogna anche orientare l'utente nel dedalo di notizie con indicazioni di sintesi. Per questo occorre arrivare davvero all'accreditamento, un giudizio riepilogativo e indipendente che dica se il livello raggiunto da ogni corso è sufficiente, buono 0 ottimo. Nel decreto questo obiettivo si vede solo in premessa. AL centro del nuovo sistema ci sono i valutatori degli atenei, che abbandonano il ruolo di semplice moral suasion per diventare determinanti. Ora si affronta il problema della loro indipendenza. Cosa ne pensa? I membri esterni nei nuclei di valutazione sono importanti, ma più per arricchire 1a dote di esperienza dei valutatori che per garantire una reale terzietà. A questo scopo serve di più un codice etico stringente come quello inglese, ovviamente nella speranza che un modello simile possa funzionare anche nella realtà italiana. La legge non può assicurare l'indipendenza- Ad esempio: se due atenei si scambiano i membri esterni la norma è rispettata ma il problema rimane. Per arrivare a definizione, il sistema ha bisogno del varo reale dell'Agenzia, che però continua a tardare. Questa lunga attesa non ostacola la definizione delle strategie? La transizione infinita rischia di uccidere il sistema attuale e di costringere l'Agenzia, quando sarà costituita, a un gap rilevante, disperdendo un patrimonio di conoscenze e professionalità che le poteva essere utilissimo. Il Comitato nazionale è senza fondi, e ora ha smesso di riunirsi, come ho già avuto modo di segnalare anche al ministro Mussi. Il risultato è che fattività è bloccata, il materiale per il Rapporto annuale è pronto, ma non può essere pubblicato e, fatto ancora più grave, gli stessi programmi approvati dal ministro lo scorso anno rimangono sulla carta. I continui annunci sull'Agenzia, di fatto, hanno determinato una delegittimazione del comitato. Ma come mai in un anno il nuovo organismo non è ancora riuscito a nascere? All'Agenzia sono stati attribuiti troppi compiti, perciò diventa facile chiedere revisioni prima di avviarne l'attività. Una cosa è valutare la politica generale di miglioramento della qualità, un'altra è giudicare l'efficacia. dei singoli interventi messi in campo dal ministero. Per questo secondo compito serve una snellezza e una rapidità che l'Agenzia non riesce a raggiungere. L'Agenzia serve perché può avere la forza di spingere il sistema all'accreditamento che citavo all'inizio, ma non può addentrarsi a valutare ogni singolo aspetto. L'Agenzia é anche fondamentale per collegare i finanziamenti alle performance, come richiesto da ultimo dalla commissione tecnica per la spesa pubblica. Certo, la valutazione vera impone responsabilità per tutti gli attori, e di conseguenza un sistema di premi. Non tanto a chi raggiunge i livelli più elevati ma, come correttamente suggerito dalla commissione, a chi è in grado di ottenere il miglioramento più ampio. Le indicazioni della commissione sono alla base del Patto per l'università rilanciato da Mussie Padoa Schioppa, e devono essere tradotte in pratica al più presto. Menire si aspetta ['Agenzia, il Comitato non ha più i fondi per operare» «I requisiti minimi sono il primo passa, ma é urgente arrivare all'accreditamento» Luigi Biggeri, presidente dell'Istai e del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Nov. ‘07 IL RISCATTO DELLE LAUREE SCIENTIFICHE Le Materie dell'arca tecnica tornano a essere preferite a quelle del comparto umanistico PAGINA A CURA DI Francesco Abiuso Eleonora bella Ratta Il primato conquistato, a suon di nuove matricole, da Economia La caduta delle discipline umanistiche, che pure mantengono il secondo posto per numero di nuovi iscritti. Infine, il riscatto delle materie tecniche e scientifiche, che tornano a essere le preferite fra chi sta iniziando adesso la propria avventura in ateneo. Queste le tendenze relative al nuovo anno accademico che il SoIe-z40re del lunedi ha ricavato elaborando i dati forniti da75università italiane. Le domande di iscrizione ai corsi di contenuto tecnico e scientifico per la prima volta sembrano superare le richieste di accesso alle facoltà umanistiche. Il dato sulle immatricolazioni zoo7-zoo8 è ancora provvisorio. Benché la maggior parte degli atenei abbia già chiuso le iscrizioni, infatti, c'è ancora tempo fino al 31 dicembre per avviare - pagando una mora - il proprio percorso di studi. Un orientamento più definito, insomma, potrà emergere solo a fine gennaio. Ma fin da ora, con la maggior parte delle matricole che ha già effettuato la propria scelta, è possibile evidenziare quelle che sono le linee generali delle iscrizioni. AL primo posto tra le preferenze c'è dunque Economia, che raccoglie il34,4 % delle nuove iscrizioni e registra un incremento di matricole del 5,9% sia perla tradizionale laurea in economia e commercio sia per una serie di nuovi corsi di studi "targati" finanza e marketing. Rilevata a livello nazionale, la corsa alle discipline di tipo economico trova riscontro nella situazione dei singoli atenei. A partire dalla Bocconi di Milano dove, in presenza del numero chiuso per le immatricolazioni, il boom di interesse emerge dalla partecipazione ai test di ingresso: per i 2.500 posti disponibili sono arrivate 5.500 domande. «Persino noi siamo stupiti di questi risultati- dice il prorettore Andrea Beltratti. Il trend comunque era in atto già da qualche amo, e credo si spieghi coni molti sbocchi professionali che una formazione economica è in grado di offrire». Anche all'Università di Pisa, tradizionale meta di appassionati delle scienze, già il y novembre le immatricolazioni a Economia hanno fatto segnare un +3o% rispetto a un anno fa. A Udine l'incremento è stato del 16,4%. Alla Ca' Foscari di Venezia, infine, ad attirare le matricole è soprattutto il corso in marketing e gestione delle imprese. Nonostante il leggero calo rispetto al 2006/2007 (matricole in meno: 4,1%), l'ampia area di studi raggruppabile sotto Lettere e Filosofia resta comunque al secondo posto sul totale delle scelte (13oro). Ma il ribasso si riscontra un po' in tutte le facoltà umanistiche, con la sola eccezione di Scienze della formazione: da Lingue e Psicologia, che per il momento sul confronto con il zooG-zoo7 perdono entrambe circa un migliaio di iscritti, a Scienze politiche, a cui ne mancano oltre tremila. Particolare attenzione merita la frenata di Scienze della comunicazione che, dopo la prolificazione di corsi negli ultimi anni, vede ora scendere il proprio appeal. Sul terzo gradino del podio si colloca Ingegneria 62,4 % di preferenze), seguita dall'arca scientifica (20,5%) che migliora il numero di nuovi accessi rispetto al 2006 di quasi un punto percentuale rispetto a 22 mesi fa: un dato che spicca ancora di più nella generica riduzione di immatricolazioni (si veda il servizio a destra). Se dovessimo partire dalla situazione di una piccola Università come quella del Sannio, a spopolare sarebbero soprattutto i corsi di laurea in Scienze biologiche (più 54%) e in Biotecnologie (più 104% ). Partenza in picchiata, invece, per Giurisprudenza che torna a essere a ciclo unico nella maggior parte degli atenei ma - forse anche per questo -- perde il 9,4% di neo- iscritti. Andamento stabile, legato al numero chiuso (i posti sono gli stessi dell'anno precedente), per l'area medica: il calo di matricole registrato è in parte legato all'effetto dell'annullamento dei test irregolari. L'interesse per l'ambito medico viene confermato anche da Veterinaria e Farmacia, dove gli iscritti sono quasi il 4,9% in più rispetto all'anno scorso. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Nov. ‘07 QUANDO IL DIPLOMA VALE PIÙ DELLA LAUREA di Walter Passerini e aziende preferiscono i diplomati. Ma loro forse non lo sanno e decidono di iscriversi all'università. Sette diplomati su dieci diventano cosi matricole, ma molti di loro gettano la spugna nel primo biennio, mentre altri inseguono il difficile sogno della laurea forte. Sui 45omila maturi, 3z5mila iniziano a vagare per corridoi svolgendo la professione di studente universitario, una delle più belle stagioni della vita, ma che non sempre mantiene le promesse. Lo spreco di risorse è acuito dalla scarsa coerenza tra ciò che il sistema della domanda chiede e i corsi di laurea prescelti. Nel frattempo, la domanda di diplomati da parte delle imprese non ha mai smesso di crescere; dal 32% del 2001 al 34-35% di quest'anno, secondo i dati del sistema informativo Excelsior. Anzi, secondo l'indagine, nel 2007 Sono previste assunzioni di diplomati per a93mila unità. Mentre la domanda di laureati è di 7Smila unità, con una crescita dal 7,2 al 9% del totale. Il rapporto resta sperequato: vi sono quattro assunzioni di diplomati per ogni assunzione di laureati. Non si tratta di convincere i giovani a non iscriversi all'università, ma di informarli che le opportunità di lavoro per diplomati sono elevate. E che l'inserimento nel mondo del lavoro è maggiore per chi ha un titolo professionalizzante medio-alto. I più gettonati risultano essere i diplomi dell'area amministrativa, gestionale e commerciale (con ioomila richieste), quelli dell'area turistico alberghiera e quelli dell'indirizzo meccanico ed elettrotecnico, seguiti da edile, informatico ed elettronico. Quello che sconcerta è che le imprese segnalano una vistosa difficoltà di reperimento di diplomati. Allora, la lezione è chiara: al di là delle ragioni culturali e delle spinte alla promozione sociale immaginata dalla laurea, quello che manca è un'offerta formativa adeguata. Uno, due o tre anni di alta formazione e di istruzione superiore dopo il diploma potrebbe essere la soluzione. Quanto ci mettiamo a prendere la decisione? ________________________________________________________________ Repubblica 28 Nov. ‘07 FACOLTÀ SCIENTIFICHE È BOOM DI ISCRITTI A Matematica il53 % in più in due anni MARIO REGGIO ROMA -Il grande crollo era iniziato nel 1989. Da quell'anno accademico le immatricolazioni alle tre facoltà scientifiche di base, cioè Matematica, Fisica e Chimica, avevano imboccato un tunnel in discesa, che sembrava senza ritorno. Invece il miracolo, un piccolo miracolo visti i numeri, sembra si stia avverando. Più 53 per cento di iscritti a Matematica negli ultimi due anni, più 24 e più 25 rispettivamente a Chimica e Fisica. I dati, che si riferiscono allo scorso 20 novembre, vengono incrementati da quelli forniti ieri sera dalla Sapienza di Roma: più 155 per cento di matricole alla facoltà di Matematica. Il piccolo miracolo è stato illustrato ieri, nella sede della Conferenza dei Rettori, da Luigi Berlinguer, presidente del Gruppo di lavoro interministeriale per lo sviluppo della cultura scientifica e dal professor Nicola Vittorio, presidente della Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà di Scienze. «Sembra superata la crisi delle iscrizioni alle facoltà scientifiche che aveva colpito tutta l'Europa e che in Italia è stata molto rilevante - ha esordito l’ex ministro dell'Istruzione e dell'Università - l’inversione di rotta è importante ma è necessario continuare a lavorare in questa direzione. Bisogna far capire che c'è bisogno di fisici, chimici e matematici inrnille mestieri e in modo diffuso nel mondo del lavoro». Ma come sostenere l'inversione di tendenza? In termini pratici, spiega Nicola Vittorio, «servirebbero, ad esempio, 3 milioni di euro per rifinanziare per il 200712008 il progetto lauree scientifiche che già coinvolge 30 sedi universitarie, 20rnila docenti e ó0mila studenti e prevede orientamento, formazione degli insegnanti, laboratori». La risposta dei ministeri dell'Università e dell'Istruzione dovrebbe arrivare a giorni. __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 28 nov. ’07 SBALLATO IL RAPPORTO FRA CORSI DI LAUREA E DOCENTI Contraddizioni. Le trappole dell’offerta formativa nata con la riforma del 3+2 In alcune facoltà sono talmente numerosi che si potrebbero aprire nuovi corsi di laurea. In altre i docenti, rispetto ai corsi di studio, sono pochissimi. Sono le contraddizioni dell’Università di Cagliari che si trova con un parco docenti distribuito male o con un’offerta figlia della confusione e dell’assenza di una seria politica formativa. Una cosa è innegabile: i corsi di laurea, dall’introduzione del “3+2”, in questi anni sono cresciuti a dismisura. I professori invece sono rimasti più o meno gli stessi, con la conseguente caduta della qualità didattica e formativa dell’Università. I casi più eclatanti si registrano in Scienze politiche che ha 59 docenti: secondo i nuovi parametri fissati dal ministero della Pubblica istruzione ne dovrebbe avere 112 per mantenere l’attuale offerta formativa. Una miriade di corsi anche in Ingegneria: per tenerli tutti i professori dovrebbero essere 224. Invece sono 184. Dovranno tagliare anche Lettere (99 contro i 116 richiesti), Scienze matematiche, fisiche e naturali (219 anziché 236) e Architettura (37, tre in meno di quanti saranno quelli richiesti). Discorso diverso nelle altre facoltà: in Medicina si arriva ad averne 112 in più di quelli necessari per mantenere i corsi di laurea attuali. Stanno molto bene anche Economia (+23), Farmacia (+34) e Scienze della formazione (+27). Quasi in linea Giurisprudenza (+11) e Lingue (+2). (m.v.) Cronaca di Cagliari Pagina 20 I dati Uno studente su due non dà nessun esame «Mi sembra che parlare dell’aumento delle tasse serva per gettare fumo negli occhi della gente e nascondere i problemi di un’Università che va male. Parlo dei troppi fuori corso, degli studenti che in due anni non sostengono neanche un esame e del bassissimo numero dei laureati in rapporto agli iscritti. Docenti, studenti e istituzioni dovrebbero interrogarsi su questi dati allarmanti». Giancarlo Nonnoi, professore nella facoltà di Lettere e Filosofia, e rappresentante dei docenti nel cda dell’Ersu, è stufo.«Siamo prigionieri dell’argomento tasse - dice - mentre si dovrebbe seriamente discutere della promozione e della riqualificazione dei corsi di studio alla luce delle statistiche che ci vedono spesso all’ultimo posto». L’allarme lo aveva lanciato lo stesso rettore, Pasquale Mistretta. Nel rapporto presentato ai componenti del Senato accademico i dati erano da mettersi le mani nei capelli. DUE SU DIECI LASCIANO La percentuale di studenti che non sostiene esami, nel 2005-2006, ha superato il 50 per cento in diversi corsi di laurea, mentre non si contano i casi che superano il 30 per cento. Seimila iscritti, insomma, non hanno mai dato un esame. Un’altra piaga è quella degli abbandoni, con il venti per cento degli studenti che lascia l’Università. In alcuni corsi di varie facoltà si arriva anche al 40 per cento. Per non parlare del confronto con altre Università (Siena, Pavia, Trieste, Cosenza, Genova e Perugia) che colloca Cagliari sempre all’ultimo posto. La percentuale di ragazzi cagliaritani che nel 2006 ha completato gli studi (che varia dal 56 per cento di Medicina al 23 di Giurisprudenza) è la peggiore, con un distacco che raggiunge anche il 40 per cento. Ultimo posto anche nella media crediti per studente e nel rapporto tra laureati e iscritti, che a Cagliari è del 12 per cento, con distacchi dagli altri Atenei che arrivano anche a dieci punti percentuali. IL NODO DIDATTICA «Le responsabilità - continua Nonnoi - sono di tutti: dell’organizzazione dell’Università, degli studenti, dei docenti e dell’assenza di politiche di accelerazione degli studi, con premi per i più meritevoli». Sulla stessa linea anche il preside della facoltà di Medicina, Gavino Faa: «La qualità didattica e formativa dipende anche dalle risorse che ci sono a disposizione. Tutte le parti interessate si dovrebbero sedere intorno a un tavolo e avviare un dibattito serio per il rilancio della formazione universitaria». Il preside di Scienze politiche, Raffaele Paci, prova a lanciare un suggerimento: «Permettere alle facoltà di gestire maggiori risorse derivanti dal contributo fiscale, per garantire agli studenti che pagano le tasse di avere dei servizi garantiti». (m.v.) __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 27 nov. ’07 L’ILLUSIONE DELLE SEDI DECENTRATE I danni dell’abusato senso dell’autonomia universitaria La contrapposizione dei senati accademici di Sassari e Cagliari di Simone Campus * Il dato è inconfutabile: le sedi universitarie decentrate sono al collasso, causato da un abusato senso dell’autonomia universitaria da parte dei senati accademici di Sassari e Cagliari, ancora oggi in contrapposizione. I corsi decentrati, nati nel tentativo di dare risposte a spinte localistiche, hanno fin qui prodotto false illusioni, sottraendo ingenti risorse al sistema universitario sardo. «Per istituire un polo universitario decentrato bisogna seguire esattamente il processo inverso: si parte da un centro di ricerca, se è giustificato dalle peculiari o esclusive caratteristiche di un dato territorio, e, una volta consolidata e valutata l’esperienza, su questo si costruisce, eventualmente e gradualmente, dapprima un master e poi un corso di laurea, come dirette espressioni e sviluppi conseguenti di quel centro di ricerca». Quando si apre una nuova sede universitaria si devono definire gli obiettivi, invece spesso si è scelto di andare in ordine sparso senza alcuna strategia chiara. Non bastano alcuni servizi didattici per istituire un polo universitario, perché l’università è ricerca e didattica insieme. Occorre individuare la vocazione delle diverse sedi universitarie, limitando l’offerta a poche e qualificate aree disciplinari. La chiara e dettagliata definizione degli obiettivi è condizione necessaria per una precisa programmazione degli interventi e perché possa aver luogo successivamente una corretta valutazione dei risultati ottenuti. Un quadro del bacino territoriale di riferimento è indispensabile per individuare le aree di provenienza degli studenti e le probabili dinamiche della domanda di formazione, su un orizzonte temporale di almeno un decennio, tenendo conto della dinamica demografica, degli effetti di altre iniziative di formazione universitaria e dei sempre possibili nuovi orientamenti della domanda di formazione. Tutti motivi che hanno portato, per esempio, alla Caporetto dei corsi nuoresi promossi dalla facoltà di Scienze Politiche di Cagliari che ha preferito investire, con l’Università di Sassari (Consorzio Unitel), sul progetto UniSofia puntando sui corsi on line di Scienze dell’Amministrazione, nel tentativo di rendere più semplice l’accesso ai servizi e alla cultura universitaria su base regionale. Quanti, tra gli amministratori locali, continuano a invocare investimenti non si rendono conto che le iscrizioni sono in decremento costante e negli anni hanno preferito ignorare questo fenomeno evitando di mettere in relazione il calo della domanda di formazione con le insufficienti politiche per il diritto allo studio (assegni di studio, posti letto, trasporti, servizio mensa, orientamento ecc.). A Nuoro, ma anche ad Alghero e a Olbia, occorre delineare e dare riconoscibilità e spazio ad una strategia per lo sviluppo urbano che tenga conto dell’università. Resta sullo sfondo la questione della trasformazione dei poli didattico- scientifici in Poli Universitari, il che consentirebbe ai Consorzi di poter concentrare le proprie risorse su quelle attività di sostegno all’attività di ricerca e di promozione delle occasioni di scambio con il mondo culturale e imprenditoriale locale fino ad oggi penalizzati dal gravoso impegno economico volto in buona parte a favore della didattica. Rappresentante degli studenti Ersu di Sassari ________________________________________________________________ L’Unità 28 Nov. ‘07 SORPRESA: LA MATEMATICA CONQUISTA 19 UNIVERSITÀ % EMERGENZA finita? Dopo anni di crisi, nelle università italiane è esploso il boom della matematica, con il 53% di iscritti in più negli ultimi due anni. Un'inversione di rotta che sta coinvolgendo le altre discipline scientifiche di base, come fisica (+25% di iscritti) e chimica (+24%). I dati sono stati illustrati ieri a Roma dal presidente del Gruppo di lavoro interministeriale per lo sviluppo della cultura scientifica, Luigi Berlinguer, e dalla Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà di scienze. Certo, la crisi delle iscrizioni alle facoltà scientifiche che aveva colpito tutta l'Europa e che in Italia, «è stata molto rilevante» ha ammesso Berlinguer. Ora però c'è stato un cambio di passo, ed è «necessario continuare a lavorare in questa direzione. Bisogna far capire che c'è bisogno di fisici, chimici e matematici in mille mestieri e in modo diffuso nel mondo del lavoro». SI chiede inoltre alle forze politiche di «sostenere questa inversione di tendenza». Dal 2005 ad oggi gli iscritti alle facoltà di matematica sono aumentati da 1.237 a 1.884, a fisica da 1.185 a 1.487 e a chimica da 1.404 a 1.749. All'origine della crisi, secondo Berlinguer, il fatto che «le discipline scientifiche sono state presentate come tali da non assicurare il posto di lavoro e difficili dal punto di vista formativo». È anche mancata, ha aggiunto, «la coscienza che senza metodo scientifico la partecipazione democratica è meno consapevole». Tra i fattori che hanno favorito l'inversione di rotta gli esperti indicano una generale cambiamento del clima politico-culturale, con un crescente numero di iniziative per la diffusione della cultura scientifica (musei, festival), una maggiore diffusione delle informazioni sui possibili sbocchi professionali, il piano Insegnare scienze sperimentali promosso dal ministero della Pubblica istruzione. «Quest'inversione di tendenza dimostra che il popolo italiano è fatto da persone serie, mica solo da bulli - conclude Berlinguer -, E però dobbiamo continuare, a partire dal fatto che l'insegnamento di queste materie non può passare come una purga data agli studenti». ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Nov. ‘07 PICCOLI MONASTERI ATTIVI NELLA RICERCA A cavallo dell'anno Mille, una gemma brillava nell’Europa medievale scossa dalle battaglie e dall'odio. Era l'abbazia di Cluny, nell'attuale Borgogna. A prima vista un semplice monastero fedele alla regola benedettina; di fatto, un ecosistema che generava ricchezza, sviluppo culturale e oculata gestione del territorio circostante. A volte ripenso a come in quegli anni di guerre la cultura sia cresciuta e si sia diffusa> comunque e a dispetto dei tempi. In modo un po' discreto, a dire il vero, tanto che ancora oggi si parla di un'età buia per definire quegli anni. Ma buia del tutto non lo era, perché bastava varcare le porte di un monastero cistercense o cluniacense per scoprire che scienza e cultura venivano coltivate gelosamente e assertivamente. Mi capita di ripensarci soprattutto quando mi trovo a comparare i dati dello stato (misero) della ricerca in Italia e della (straordinaria) vitalità dell'innovazione delle nostre Pmi. Perché, nonostante 1a disattenzione congenita nel Sistema Paese al supporto dell'innovazione nelle Pmi, questa innovazione avviene. Potete immaginare con quale piacere ho accolto i risultati di un'indagine, appena presentata da Confartigianato e Censis, che dimostra appunto questa teoria. Lo studio si chiama "Fare innovazione senza Ricerca" e punta il dito contro chi la ricerca (quella con la R maiuscola) non la mette a disposizione della crescita delle piccole imprese, che invece continuano a innovare tanto, comunque e a dispetto dei tempi. Ed è un po' come ritrovarsi a un tratto alla svolta dell'anno Mille. Vediamo alcuni dati. II 50% delle Pmi italiane dichiara che l'innovazione più importante realizzata negli ultimi anni deriva da ricerca svolta internamente, il3% da rapporti con le università o enti esterni. Il 70% delle innovazioni autogenerate si traduce in vantaggio competitivo, incassabile. Ma non basta: ciò che soprattutto mi sorprende è che il 75,5% delle Pmi questa ricerca se la fa solo con soldi propri e che, fatti bene i conti, questo investimento corrisponde in media a circa il 2o% dei costi. Non male come propensione al rischio, e come latitanza del Sistema Paese. Ecco, la prossima volta che qualcuno cercherà di gabellarvi che in Italia le Pmi rischiano e innovano poco, consigliategli la lettura di un buon libro sui monaci cluniacensi e dello studio "Pare innovazione senza Ricerca", da leggere a fronte. E ricordategli che queste piccole imprese italiane non solo si caricano sulle spalle tutti i rischi dell'investire in ricerca ma che, non supportate da interventi strutturali, devono farsela tutta in casa. Con tante insopportabili ridondanze, che depauperano il tasso di competizione del Paese. E che queste imprese hanno persino successo e creano valore economico, che poi diventa però valore economico per il Sistema Paese. Che latita, intanto, e spende altrove. __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 25 nov. ’07 IN SARDEGNA SOLO BRICIOLE ALLA RICERCA E Gianluigi Gessa attacca il master&back: progetto debole e demagogico ORISTANO. Alta formazione dei ricercatori e inserimento lavorativo; promozione e divulgazione della cultura scientifica: i punti chiave della Legge regionale 7 agosto 2007, numero 7, «Ricerca scientifica e innovazione tecnologica», hanno fatto da filo conduttore al convegno, organizzato dall’Uds oristanese, che ha avuto luogo nella sala conferenze della Fondazione Imc onlus di Torregrande. I lavori sono stati aperti da Oscar Cherchi, consigliere regionale e componente della VIII Commissione. «Si tratta - ha detto - di una legge fondamentale e necessaria per regolamentare il settore della ricerca, creare una maggiore sinergia tra il mondo accademico e la realtà imprenditoriale, formare ricercatori favorendo l’alta formazione presso centri accreditati». Cherchi ha anche evidenziato il lavoro della commissione, in cui maggioranza e minoranza hanno lavorato sempre in sintonia. «A dimostrazione che la cultura e la scienza non devono avere alcun colore politico. Noi ci siamo tolti le nostre casacche e abbiamo lavorato nell’interesse della Sardegna e dei giovani ricercatori». Il sindaco Angela Nonnis, anche in qualità di presidente dell’Imc, ha fatto un breve excursus ricordando la storia del centro e le sue principali attività. È stata poi la volta di Gianluigi Gessa, nella duplice veste di uomo di scienza e di consigliere regionale. Gessa ha insistito sulla formazione e «sulla necessità di selezionare, ma anche incoraggiare i ricercatori. Dobbiamo mandarli in altri centri, ma poi dobbiamo essere in grado di attirarli di nuovo qui una volta che si sono formati». Gessa ha parlato di un capitale umano altamente qualificato e non ha risparmiato critiche al Master&back («un progetto con tanti punti di debolezza e dal sapore demagogico»). Si è parlato anche dell’importanza di incentivare progetti di ricerca mirati e investire in attrezzature e nuove tecnologie. Il ricercatore Angelo Perilli, responsabile della sezione Iamc-Cnr di Oristano (Fondazione Imc onlus) si è soffermato sulla ricerca scientifica applicata in ambiente marino e lagunare. Ha illustrato alcuni progetti del Centro marino Internazionale, tra cui quello della conservazione e della salvaguardia delle spiagge. Ancora un cenno agli studi sulle gravi morie di pesci che hanno colpito la laguna di Cabras. Perilli ha sottolineato l’importanza della collaborazione con l’Area marina protetta del Sinis e con il Cnr. A seguire la relazione del ricercatore Piero Ugo Mulas, vicepresidente della sezione sarda dell’Associazione italiana agrobiologia, sul monitoraggio aerobiologico. Infine Attilio Dedoni (componente della VIII commissione) ha ricordato che in Sardegna si investe ancora troppo poco nel campo della ricerca. «Questa legge può servire, però, per dare il giusto movimento e migliorare il tessuto culturale ed economico». Al termine i numerosi partecipanti hanno potuto visitare i laboratori del Centro marino internazionale, «realtà d’eccellenza - ha affermato Oscar Cherchi - nel campo della ricerca». __________________________________________________________________ Corriere della Sera 25 nov. ’07 UNIVERSITÀ IN INGLESE Italiano cancellato in molti corsi E a Torino il rettore taglia le tasse I l più spiccio ma sicuramente il più creativo è stato il rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo: ha cancellato due corsi di laurea in italiano (Ingegneria tessile e Ingegneria elettronica) e li ha riaperti in inglese. Se si aggiunge Ingegneria automobilistica che è, a scelta, in doppia lingua, fanno tre. E non basta. Per invogliare i (pare) poco entusiasti studenti piemontesi a cimentarsi con la lingua di Shakespeare (e di Harvard) ha promesso uno sconto di ben millecinquecento euro di tasse scolastiche. L'offerta sembra di quelle che non si possono rifiutare e, invece, il rettore non è ancora soddisfatto: «Abbiamo pensato allo sconto sulle tasse, come uno degli aspetti del progetto di internazionalizzazione e di apertura dell'Università agli stranieri, perché ci siamo resi conto che i ragazzi delle superiori non hanno la minima percezione dell'importanza di sapere l'inglese». Antistorico Profumo sa di provocare con lo sconto per gli anglofili. E infatti c'è già persino un'interrogazione parlamentare sull'opportunità di sacrificare la nostra lingua in nome dell'«internazionalizzazione», parolone sulla bocca di ogni rettore. E a protestare per l'abbandono delle tradizioni è, caso singolare, la Rosa nel Pugno con Bruno Mellano, che ne fa una questione di libertà per gli studenti: «Rendere internazionale un ateneo non significa subire l'inglese per tutti. L'Università è anche un servizio agli studenti oltre che il tempio della nostra cultura». «È antistorico sostenere che nelle discipline scientifiche non serve l'inglese — replica Profumo —. Il distretto tessile di Biella deve la sua sopravvivenza, oltre che alla costosa innovazione delle aziende, alla forte interazione con l'estero». E se i mercati cinesi e indiani possono salvare l'economia, gli studenti di Pechino e Nuova Delhi possono salvare le università. Sono loro l'oggetto del desiderio degli atenei italiani: il rettore della Luiss di Roma Massimo Egidi è in partenza per un tour proprio in India a caccia di studenti. A Roma ne arrivano parecchi dagli Emirati Arabi grazie ai rapporti di Confindustria con i Paesi del petrolio: «Il sistema universitario italiano — spiega — deve attrarre giovani intelligenti dall'estero, anche con prospettive culturali e professionali. Noi proponiamo in inglese una laurea in economia del lusso e del turismo ». Tendenza Gli esperimenti per rendere meno provinciale e chiusa l'università non mancano neanche negli altri atenei. Anche se le tasse, tranne che a Torino, sono uguali per tutti. All'inizio furono i master, poi i corsi di specializzazione e il secondo biennio, ma adesso anche il corso triennale è diventato multilingue. Il ministero dell'Università a febbraio, in risposta alle numerose richieste di svolgere corsi in lingua straniera, ha inviato una lettera di incoraggiamento agli atenei. La Bocconi vanta il primato di aver introdotto nel 2001 la prima laurea in International Economics and Management. Al Politecnico di Milano e di Torino c'è un progetto integrato con l'Università Jiao Tong di Shanghai. La Sapienza a Roma ha puntato sull'inglese come lingua esclusiva per la laurea in Computer engineering. Una ricerca per monitorare questo fenomeno fatta nel 2005-2006 dalla Crui, l'associazione dei rettori, segnalava che ben 7 atenei offrivano lauree triennali in inglese e 11 erano le lauree specialistiche. Oggi ci sono diversi accordi con università straniere per il riconoscimento del doppio titolo. «Quello di Torino è anche un lancio un po' pubblicitario, ma la tendenza è questa — chiosa il presidente dei rettori Guido Trombetti —. Bisogna però usare buon senso, perché sarebbe ridicolo se all'università si finisse per leggere "Il Cavaliere inesistente" di Calvino in inglese». Forse l'idea del rettore Profumo non sarà che un miraggio perché non tutte le università italiane possono diventare il Mit, come scrive pessimisticamente sul sito cafebabel. com Michele Gazzola. Ma intanto la sua proposta ha scatenato gli studenti che sono un po' stupiti e un po' spiazzati. Che dire a Marco11 che vuole «studiare in italiano perché voglio poter parlare con gli operai»? Un altro Marco, che insegna a Informatica, mette in guardia gli studenti: non tentatele tutte pur di non affrontare il problema, «nelle materie tecniche i testi migliori sono in inglese e le traduzioni oltre che tardive sono spesso raffazzonate». Renato Corsetti obietta: «Quello che fa la competitività sono le idee e il modo di lavorare». Michael Boris suggerisce: «Sarebbe molto più efficace un periodo di studio all'estero per imparare la lingua straniera». Ma questa è un'altra storia. Gianna Fregonara ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Nov. ‘07 RICERCA, ALTO IL DIVARIO CON I PAESI INDUSTRIALIZZATI I dati raccolti dal Cnr fotografano luci e ombre del sistema Tra i paesi Ocse, Cina e Israele, l'Italia è solo nona per i finanziamenti, sia pubblici /y sia privati, in ricerca e sviluppo. Allo stesso modo, i brevetti ci vedono lontani dai paesi avanzati, anche se in crescita sul piano delle pubblicazioni. A delineare luci e ombre del sistema italiano nel comparto ricerca e sviluppo è stato il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), che ha realizzato una indagine statistica che raccoglie i principali indicatori relativi all'impegno italiano e internazionale nel settore, tra cui risorse finanziarie e umane, pubblicazioni, brevetti, import-export. «Il sistema scientifica italiano soffre ancora per l’insufficiente livello di stanziamenti», ha spiegato Secondo Rolfo, direttore dell'Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo (Ceris) del Cnr di Torino, «15.252 milioni di euro complessivi fra comparto pubblico e imprese (dati 2004) pari all'1,1% del prodotto interno lordo (pil). Una cifra che colloca l'Italia al nono posto tra i paesi Ocse, Cina e Israele: al primo posto della graduatoria compaiono gli Stati Uniti con 312,5 miliardi di dollari Usa (a parità di potere di acquisto). L'1,1% come rapporto R&S/pil assegna all'Italia l'ultimo posto nei paesi Ocse, Cina e Israele, a pari merito con la Spagna: nella graduatoria, Israele è al primo posto con il 4,4%,; seguono Svezia (4%), Finlandia (3,5%), Giappone (3,2%), Svizzera e Corea (2,9°Io). Gli altri paesi oscillano tra il 2,7% degli Stati Uniti e l’1,2% dell'Irlanda. , ha aggiunto Rolfo, «le risorse finanziarie impegnate nelle attività di R&S collocano insomma l'Italia nella fascia medio-bassa dei paesi industrializzati, molto lontano dal 3% del pil proposto a Lisbona come obiettivo della politica comunitaria». Altro indicatore è rappresentato dai dati sulle pubblicazioni su riviste scientifiche ottenute da ricercatori italiani che, ho, detto Rolfo, testimoniano una produttività della ricerca pubblica a livelli confortanti e in crescita nei tempo. La percentuale di citazioni di articoli scientifici di ricercatori italiani nelle pubblicazioni scientifiche è notevolmente aumentata fra il 1992 e il 2003: si è passati da 2,04 al 3,O% sul totale mondiale delle citazioni. Meglio di Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Canada, Cina e Svizzera. Infine, particolarmente rappresentativi dei risultati della ricerca sono anche i brevetti. In questo campo il nostro paese non occupa le prime posizioni. Prendendo in esame il totale dei brevetti domandati (presso l’European patent office e il Japanese patent office) o rilasciati (dal United states patent and Trademark office), l'Italia copre f1,56% del totale, dietro a Stati Uniti (37,56), Giappone (25,85), Germania (13,82), Francia (4,54), Regno Unito (3,76), Paesi $assi (1,94), Svizzera (1,72 ), Corea (1,60). «Il nostro è un paese», ha concluso Rolfo, che pur mostrando particolari successi sia imprenditoriali sia settoriali, in generale manifesta un livella scientifico tecnologico non esaltante». ________________________________________________________________ L’Opinione 27 Nov. ‘07 FINANZIARIA: IN SCENA LA PROTESTA DEGLI SCIENZIATI Scienziati contro i tagli della Finanziaria per la ricerca. Per la prima volta i presidenti dell'Agenzia spaziale( Asi), dell'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), dell'Istituto nazionale di fisica nucleare ( Infn), del Consiglia nazionale delle ricerche ( Cnr) hanno emesso una nota comune per esprimere le proccupazione del mondo della scienza per il dietro-front del Parlamento in merito ai fondi per la ricerca per l'anno 2007. La vicenda ha del paradossale. Il Ministero dell'Università e Ricerca, ottenuto lo sbocco dei fondi per la ricerca, ha inviato alle Commissioni parlamentari lo schema di decreto per ripartizione del Fondo nazionale. li decreto recava un modesto incremento delle risorse da attribuire agli Enti di ricerca, i quali anche se limitati dal forte ritardo con cui veniva effettuata la ripartiazione avevano già iniziato a programmare l'impiego di tale risorse aggiuntive, prevedendo i relativi assestamenti di bilancio. le Commissioni davano parere favorevole. Ma per un inspiegabile problema di copertura finanziaria, rilevata solo successivamente all'approvazione parlamentare da parte dei Ministero de«'Economia, il Fondo nazionale veniva nuovamente decurtato riducendo di circa il 60 per cento i minimi incrementi prima previsti. La delusione e l'amarezza deriva anche dalla sempre sbandierata necessità, da parte di premier, ministri e politici, di incrementare la ricerca. Delusione anche per lo scarso sostegno ricevuto dalla senatrice Rita Levi Montalcini, sempre pronta in tutte le votazione a puntellare il governo Prodi, ma poco reattiva allo sgarbo fatto alla ricerca per la quale ha ricevuto il Premio Nobel. I quattro presidenti degli enti "denunciano che ancora una volta alle dichiarazioni solenni di incentivare la ricerca come elemento decisivo per lo sviluppo non facciano seguito segnali concreti. Anzi le già scarse risorse continuano a subire tagli indiscriminati" : E hanno chiesto al Ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa di confermare la disponibilità del pur modesto incremento nella misura comunicata alle Camere. Ora si tratta di vedere se nella discussione a Montecitorio sulla Finanaziaria le osservazioni saranno tenute nel debito conto anche al fine di dare una prospettiva meno incerta agli impegni assunti dal Governo e dal Parlamento a favore della ricerca scientifica. Sulla vicenda è intervenuto anche il sindacato che aveva più volte denunciato la scarsità delle riserve del Fondo, aggravata da accantonamenti e risultando uno dei più esigui degli ultimi anni. "Questo, osserva la Cgil, impedisce agli enti di svolgere la (oro funzione, mentre con l'intesa sulla conoscenzà il governo si era impegnato nella sua collegialità ad aumentare tali fondi. Ci era sembrato un segno importante la scelta di destinare una parte del "tesoretto" (i soldi in più usciti dalle tasche degli italiani) ad incrementare tale fondo, cancellando gli accantonamenti imposti agli enti e salutato favorevolmente il fatto che nello schema di decreto fosse previsto un primo segnale di inversione di tendenza, nonostante gli incrementi fossero di modesta entità". Invece oltre al danno (a beffa. La ricerca ha, oggettivamente, bisogna di una programmazione a lungo termine, non può infatti dipendere dai conti effettuati dai Ministri all'ultimo momento. Senza contare che il governo si era impegnato ad operare la distribuzione dei fondi nei primi mesi di ogni anno mentre tra una polemica e l'altra si è arrivati alla fine dell'anno. "Quello che hanno a disposizione gli enti - commenta il prof. Roberto Petronzio, presidente dell’lnfn ( 258 milioni di budget, 1800 fisici attivi) e docente di fisica teoria all'Università Tor Vergata con tanto di esperienza e fama internazionale - è molto poco per tenere il passo con paesi che hanno raddoppiato il budget. Ancora più grave che il pur minimo aumento annunciato aveva permesso ad alcuni di fare già previsioni di spesa. Nonostante la scarsità dei mezzi, gli scienziati italiani riscuotono successi strepitosi all'estero. E' il caso del professor Lucio Rossi di Milano al quale è andato il premio come "mago dei supermagneti" oppure il professor Giorgio Parisi che ha vinto il premio Microsoft 2007, un fisico teorico della Spazienza al quale in tanti assegnerebbero il Nobel per !e sue straordinarie capacità interdisciplinari. E Roma e Bologna sono inserite tra le 300 più prestigiose Università del mondo, mentre per la fisica La Sapienza, dove insegnarono Fermi ed Amaldi e i ragazzi di via Panisperna è stata classificata a! quarantesimo posto. Sergio Menicucci CNR ________________________________________________________________ MF 27 Nov. ‘07 LE NOVITÀ CHE HANNO CAMBIATO IL MERCATO Innovazione Dai server biade ai telefoni cellulari e alle consolle, i prodotti che si sono aggiudicati i premi dell'edizione 2007 di Andrea Biasi Politiche di marketing a parie, l'innovazione continua a essere il valore centrale nell'Information technology. La continua ricerca permette infatti di mettere a punto dispositivi 'sempre più potenti in dimensioni che continuano a ridursi, attenuando in questo modo il problema dell'autonomia delle batterie. Il tema dei consumi energetici inizia a imporsi però anche nel settore dei senTer e dei pc fissi, trainato dalle preoccupazioni per il futuro dell'ambiente e dal costo dell'elettricità, oltre che dalla ricerca di una maggiore, efficienza facilmente raggiungibile attraverso l’integrazione e la virtualizzazione. Coerentemente con il peso preponderante della spesa consumer anche nel settore Ict, la maggiore carica innovativa viene sempre più spesso da dispositivi pensati per i consumatori privati, che si trovano così a utilizzare spesso in azienda strumenti meno sofisticati e potenti, oltre che meno intuitivi, rispetto a quelli presenti in casa Senza contare che alcune tra le realtà più importanti per dimensioni nel panorama lei italiano operano nel campo della distribuzione, e realizzano proprio con i dispositivi dedicati al pubblico consumer una parte significativa del proprio giro d'affari. Nell'assegnare i premi per rinnovazione di quest'anno si è quindi tenuto conto anche delle indicazioni fornite da chi, come i -distributori, ha costantemente il polso del mercato, comprese le talvolta mutevoli preferenze dei consumatori finali. Come sempre 1a telefonia conferma un ruolo centrale, nell'ambito dell'innovazione, a conferma dell'interesse non solo degli utilizzatori, ma degli stessi produttori. II telefono cellulare più innovativo nell'ambito consumer è stato il Nokia N95, primo terminale della casa finlandese a sfoggiare un modulo Gps integrato che permette non solo di trasformarlo all'occorrenza in un vero navigatore satellitare, ma abilita una serie di servizi basati sulla localizzazione che potrebbero presto modificare radicalmente il panorama del settore. Inoltre, la presenza di una fotocamera digitale ad alta definizione e una scheda WiFI incarnano perfettamente le nuove abitudini di condivisione anche in mobilità di milioni di nuovi consumatori. Decisamente più business, ma senza rinunciare a un tocco di eleganza che ne ha fatto un vero successo tra il pubblico femminile, il Samsung Dgh-i620, che si è aggiudicati il premio innovazione quale miglior smartphone in ambito business. La, presenza del sistema operativo Windows Mobile e la tastiera completa ne fanno infatti un telefono ideale per essere costantemente in contatto con l'azienda, senza rinunciare a un utilizzo anche multimediate. Particolarmente innovativo anche il cordless Gigaset SL 965 di Siemens, che permette di effettuare telefonate su qualsiasi linea fissa in maniera assolutamente sicura e criptata, a prova quindi di intercettazione. Basta che entrambi gli interlocutori siano dotati di questo telefono per far si che le telefonate siano al riparo da ogni orecchio indiscreto, senza per questo complicare le abitudini d'uso del telefono stesso. Nel campo dei pc portatili, invece; il Q 1 Ultra di Samsung vince senza esitazioni il premio nella categoria dei tablet pc, forte di una carica innovativa che trova pochi confronti nel settore. In meno di 700 grammi, infatti, sono state condensate tutte le tecnologie di ultima generazione, unite però a una modalità d'uso davvero rivoluzionaria, che permette di controllare tutte le funzioni direttamente con le dita grazie al luminoso schermo touchscreen retroilluminato a led L'innovazione si unisce invece al desing nella nuova serie Aspire di Acer, che grazie al design Cemstone ha reso i propri note book dedicati al pubblico consumer degli oggetti affascinanti e scelti noti solo per le caratteristiche tecniche. Una lezione ben conosciuta dalla stessa Apple; premiata non a caso per il lettore mp3 più innovativo, l’iPod Touch Come nel caso dei notebook Acer, infatti, il design molto curato si unisce a una facilità d'uso e un'attenzione all'ergonomia che lo rende immediatamente riconoscibile tra i molti competitor. Hp si è invece aggiudicata cori la nuova serie di, Pavilion MediaCenter il premio innovazione per i pc desktop, interpretando correttamente quel trend della, convergenza che si è finalmente tradotto in realtà dopo anni di csoncept e sperimentazioni. Il peso crescente della digitalizzazione di ogni sfera dell'attività professionale e della vita privata, e dei settore dell'immaging in particolare è alla base dei premi innovazione per le stampanti, assegnati rispettivamente a Samsung e Hp per i settori business e coasumer. In entrambi i casi il colore ha ormai definitivamente relegato il bianco e nero al solo scopo di bozze, anche grazie a costi di esercizio concorrenziali. La centralità delle immagini digitali è alla base dei premi assegnati a samsung a Nikon anche nelle categorie dei tv a cristalli liquidi e delle fotocamere, mai come in questo periodo protagonisti del mercato. Nel caso degli schermi televisivi, infatti, il trend legato all'estetica e alla dimensione degli schermi piatti sta infatti la sciando il posto al passaggio all'alta definizione video, una rivoluzione nelle abitudini di milioni di consumatori paragonata da alcuni al passaggio dalle trasmissioni in bianco e nero al colore. In effetti basta guardare anche una volta sola un film nel nuovo formato Full Hd, e poi paragonarlo a una qualsiasi trasmissione televisiva, per rendersi conto dell'abisso qualitativo e del vero significato del termine home cinema La diffusione dei grandi schermi tv ha rilanciato anche la vendita delle consolle da gioco, che stanno soppiantando il pc come centri di divertimento in famiglia anche grazie a dispositivi innovativi come la Wii di Nintendo. La consolle giapponese, che ha surclassato in una proporzione di 1 a 10 la stessa Playstation 3, punta infatti su una nuova esperienza di gioco più che sulle performance, e ha raccolto un successo tale da spingere il titolo di Nintendo a superare per valorizzazione quelle dello stesso gigante Sony. Nel campo dei prodotti e dispositivi dedicati a un pubblico esclusivamente business, invece, il trend della virtualizzazione e del consolidamento dei server è stato sfruttato da società come Ibm e Hp, vincitrici rispettivamente dei premi per l'innovazione nelle categorie dei server e dello storage. In entrambi i casi alle caratteristiche di eccellenza tecnologica dei rispettivi prodotti si associa un'attenzione alle esigenze concrete delle realtà produttive, che vedono con sempre maggiore frequenza l'esigenza di concentrare e ridurre gli spazi e i costi di gestione delle infrastrutture It, con un occhio sempre più attento agli stessi risparmi energetici. La sicurezza si conferma invece un'esigenza costante per le imprese di ogni dimensione, anche se sta la maggiore maturità dei innovativi in questo settore supportati da prodotti come il Gatewav Security di Synantec. Il premio per il prodotto più innovativo nell'ambito del networking invece, è stato quest'anno assegnato a Microsoft, protagonista con la piattaforma Unified Communication di un cambiamento davvero significativo. I vantaggi della tecnologia voice over Ip, che sfrutta le reti dati per trasmettere anche le comunicazioni vocali, hanno infatti inciso sinora solo sugli aspetti tariffari, ma non su quelli della stessa concezione delle telecomunicazioni, ancora saldamente ancorate ai diversi mezzi utilizzati. Per contattare una persona, infatti, si usa oggi un numero di telefono per il fisso o il mobile, un indirizzo mail per la posta elettronica e un nickname per l’instant messaging, senza possibilità di dialogo tra i sistemi. Ed è qui che entrano in gioco le potenzialità del software, capace di ribaltare molti dei paradigmi esistenti per rendere completamente interoperabili e integrati mezzi sino a oggi incapaci di comunicare tra loro. Con la piattaforma Unified Communication l'enfasi è posta sulle persone, mentre sono i sistemi informatici a gestire di volta in volta, e in forma completamente integrata, i vari mezzi e strumenti con cui comunicare. ________________________________________________________________ MF 27 Nov. ‘07 L’ELITE DIGITALE Il Web 2.0 debutta a pieno titolo nella pubblica amministrazione e agevola la comunicazione ori i cittadini e tra i dipendenti, il check-in non si fa più in aeroporto ma sul web e presto con il telefonino, il consulto del medico può arrivare a qualsiasi ora del giorno e della notte, basta accendere il pc. L'innovazione tecnologica è a disposizione di tutte le aziende e quelle che stanno investendo di più in questa direzione guadagnano in competitività con risultati immediati in termini di crescita della clientela, di fatturato e di ritorno di immagine: Questi alcuni dei criteri presi in considerazione dall'edizione 2007 degli IctAward di C1imcits che quest'anno vede sul podio dei vincitori Nxpedia, Intesa Sanpaolo, Air One, Regione Veneto, Agenzia delle entrate, Humanitas e Poste Italiane. Expedia, società impegnata nell'e-tr`avel, che per i fan della celebre serie tv made in Usa ha appena arricchito il menù delle attrazioni offrendo la possibilità di sorvolare la città di New York con il Sex and city tour, spende in tecnologia 400-500 milioni di dollari all'anno e ha un team di 500 ingegneri impegnati a ideare e a potenziare i servizi del sito. I risultati? Per le circa 150 mila persone che visitano il sito ogni giorno sono disponibili nuovi servizi per le aziende, che permettono alle pmi di risparmiare fino al40% su tariffe e commissioni e di avere tutti i documenti di viaggio nella casella di posta L'Hotel Comparison è una funzione che permette di visualizzare contemporaneamente quattro hotel per poterne paragonare il prezzo e le caratteristiche principali. «Le zone dove sono ubicati gli alberghi e i servizi che questi ultimi offrono sono solo due dei criteri di confronto», spiega l'amministratore, delegato Adriano Meloni, «l’idea di questo servizio nasce dal fatto che se la nostra filosofia rimane quella di inserire sempre più offerta dobbiamo fare in modo che questo sia effettivamente un valore aggiunte e che il cliente sia sempre in grado di scegliere la sistemazione che gli è più congeniale». Meloni aggiunge che sarà pronto a gennaio un altro servizio per i voli a basso servizio. Per garantire la funzionalità del sito è all'opera 24 ore su 24 il Network operation center degli Stati Uniti mentre i tre call center italiani si occupano di rispondere alle domande degli utenti «Riceviamo circa 70 mila telefonate al mese che vengono distribuite sui call center di Milano, Segrate e Firenze», osserva Meloni, «si tratta per la maggior parte di chiamate di supporto, sono soprattutto i clienti che utilizzano per la prima volta Expedia a chiedere rassicurazione sul viaggia appena prenotato». Altro settore, ma medesimo impegno per fare in modo che i correntisti restino ancora a lungo nella lista dei clienti anche per Intesa Sanpaolo. Anche questa a volta a garantire il successo della maxifusione tra i due istituti c'è lo zampino dell'it, tant'è che Pier Luigi Curcuruto, responsabile di sistemi informativi, si è aggiudicato il premio di manager dell'anno. «L'integrazione delle piattaforme it del Gruppo Intesa Sanpaolo può essere considerata uno dei maggiori progetti in Europa in termini di quantità e di qualità: 18 mesi per completare l'integrazione delle piattaforme, 400 mila giornate e standardizzazione dei processi di tutte le banche e le società del gruppo. La fase operativa del progetto è partita a maggio e a fine settembre già 6 milioni di clienti del Gruppo hanno cambiato coordinate bancarie senza accorgersene», dice Curcuruto. Entro la fine del 2008 sarà terminata tutta l'integrazione dei sistemi relativi a Intesa Sanpaolo ed entro il 2009 quella delle acquisizioni in corso. L'impegno del progetto di integrazione va coniugato con altri due iniziative strategiche come l'industrializzazione dei processi di sviluppo dei software e rinnovazione intesa come driver per la crescita, il tutto garantendo la continuità operativa attuale. «La scelta, come in tutte 1e altre integrazioni, è stata quella di avere la system integration all'interno in modo tale da fungere il pieno controllo della pianificazione. Alle persone interne si affiancano consulenti e fornitori esterni per Ie fasi di analisi e realizzazione del progetto», aggiunge il responsabile dei sistemi informativi, annoverando tra i vantaggi tangibili dell'integrazione una riduzione dei costi molto significativa tale da portare Intesa Sanpaolo a livello delle best practice europee e la possibilità di dotare le banche e le principali società prodotto del Gruppo degli stessi strumenti integrati in termini di servizi. «Per mantenere vivo lo sforzo comune e la motivazione tra i colleghi abbiamo messo in atto, utilizzando le nuove tecnologie web 2.0, una sorta conununity, Nvikt blog forum, dove tutti i colleghi della struttura it possono contribuire con idee e suggerimenti». Ed è la tecnologia web 2.0 a fare da protagonista anche per il progetto di rinnovamento tecnologico portato avanti dalla regione Veneto. Nel 2003, infatti, è stato avviato un nuovo ambiente virtuale, una intranet con applicazioni tipiche del web 2.0, basato su tecnologia Microsoft, dove i dipendenti pubblici, circa 3.500 dislocati su 70 sedi, possono archiviare e ricercare informazioni, personalizzare le differenti aree di lavoro, dialogare e svolgere la propria attività ai servizio dei cittadini. Va detto a. questo proposito che la regione utilizza soltanto il 13% del Pil per personale e acquisto di beni e servizi e, dal punto di vista del pubblico impiego, conta 4,8 addetti per 100 abitanti, uno dei rapporti più bassi d'Italia. «La precedente versione di intranet regionale», afferma Gianluigi Cogo della direzione sistema informativo e centro tecnico regionale, «era una clonazione di tecnologie per internet all'interno di una rete locale. T contenuti erano ~ pubblicati manualmente attraverso strumenti di authoring da un servizio centralizzato. L'aggiornamento era lento: la visibilità dei contenuti e la tassonomia erano poco sviluppate». A progetto concluso, tra i principali vantaggi figura una circolazione di documenti cartacei, la diminuzione dell'uso della posta elettronica per lo scambio documentale, la facilitazione nella comunicazione orizzontale via Instant messenger. «Basti pensare che adesso i dipendenti hanno a disposizione anche una sorta di Ebay interno, un mercatino dell'usato dove possono scambiare oggetti», aggiunge Cogo. L'aumento del coinvolgimento e della collaborazione tra dipendenti ha portato a una valorizzazione delle competenze individuali e di gruppo. A beneficiare delle tecnologie dell'informazione, nel caso dell'Istituto clinico Humanitas, sono, invece, soprattutto i pazienti e l’équipe medica Semplificare il rapporto ospedale paziente e interagire con la community di riferimento offrendo servizi on-line di tipo clinico, decentralizzare l'erogazione di alcuni servizi mantenendone il livello di qualità, sono infatti gii obiettivi dei siti e dei servizi web di Humanitas, come spiega Giampaolo Muraro, responsabile dei sistemi informativi dell'istituto milanese. Obiettivi nel cui conseguimento gioca un ruolo essenziale la sicurezza dei dati, «garantita a fronte non solo di tentativi di alterazione, ma anche di eventi imprevedibili come la perdita delle banche dati, grazie a un sistema di recovery in di ricostruire le informazioni», precisa Muraro, «ma capace anche di assicurare che il dialogo fra pronto soccorso e postazioni esterne, ossia il domicilio dei medici, per la refertazione a distanza in tempo reale, sia al riparo da eventuali furti e manomissioni di dati sensibili come quelli riguardanti la salute». I servizi interattivi di Humanitas consentono anche la prenotazione di visite ambulatoriali e la consultazione dei referti di laboratorio online e presso le farmacie comunali di Rozzano. Ed è sempre il web che assicura il servizio di Second opinion ai pazienti, ossia la consulenza medica che si rivolge a chi ha un serio problema di salute già diagnosticato e desidera un parere qualificato aggiuntivo. Con Referti on-line , invece, i pazienti sono messi in condizione di consultare gratuitamente il referto dell'esame del sangue via internet, dopo essere stati avvisati da un messaggio automatico sms. II servizio è utilizzato da migliaia di pazienti al mese. Puntano sul telefonino anche alcuni dei progetti messi in cantiere da Air One. «Nei primi mesi del 2008 sarà attivato il servizio di web check in», dice, infatti, Alfonso Razzi, responsabile dei sistemi informativi della compagnia il cui budget it annuale si aggira tra l’1,6% e l’1,3% di quello complessivo. AL momento è attivo il web check in che permette di effettuare l'operazione on- line fino a due ore prima del volo e di stampare la carta di imbarco direttamente dal sito. Dagli aeroporti di Roma, Milano, Torino, Napoli, Genova, Trapani, Bari, Venezia e Lamezia Terme i passeggeri possono effettuare il self check in, ovvero stampare la carta di imbarco presso le postazioni dedicate. Servizi che, dati alla mano, hanno contribuito a incrementare sensibilmente il numero di passeggeri. Da gennaio a ottobre 2007 la compagnia ha registrato un aumento del numero dei passeggeri trasportati con voli di linea pari al 20,8 % rispetto ai primi dieci mesi del 2006, arrivando a quota 6,36 milioni. Per restare sui numeri, Ru~i, sottolinea che nel 2006 più del 73% dei biglietti venduti da Air One sono e-ticket, acquistabili on-line, tramite call center e presso le agenzie di viaggio. . Dichiarazioni compilabili direttamente via web, la possibilità di trasmettere on-line le coordinate bancarie per ricevere sul conto corrente eventuali rimborsi e l'assistenza digitale, un prototipo in fase di sviluppo ideato per fornire istruzioni vocali durante la compilazione in rete del modello di versamento, caratterizzano invece lo sforzo dell'Agenzia delle entrate per semplificare il colloquio tra fisco e cittadino. «Dall'anno scorso le dichiarazioni possono essere compilate sul web», spiega Aldo Polito direttore servizi ai contribuenti, spiegando che si tratta di un risultato importante che elimina tutte le difficoltà legate all'incompatibilità dei sistemi operativi. «Anche se da sempre Sogei, ossia la società che sviluppa i prodotti software per il sito internet, ha adottato soluzioni compatibili con i più diffusi sistemi operativi», aggiunge Polito. Tant'è che grazie ai servizi on-line, nel 2007, sono stati effettuati circa 15 milioni di pagamenti telematici. Tra le ultime novità introdotte dall'Agenzia delle entrate, quindi, c'è la disponibilità di un software integrato per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi e dei relativi modelli E24 da trasmettere telematicamente, lo sviluppo di una procedura per la compilazione e la trasmissione dei modelli F24 sul web, senza necessità di scaricare in locale il software di supporto. A partire dal primo gennaio 2007, è stato esteso a tutti i contribuenti titolari di partita Iva, l'obbligo di effettuare i versamenti con modello F24 esclusivamente in via telematica. Lo sviluppo delle procedure di pagamento on- line va a vantaggio dei contribuenti, che non sono più costretti a servirsi degli intermediari, ma anche dell'amministrazione finanziaria, poiché queste nuove modalità ottimizzano la qualità e la tempestività delle informazioni, indispensabili per un efficiente controllo dei versamenti eseguiti. Pagamenti, questa volta tramite telefonino, al centro della nuova offerta di Poste Italiane. «A breve sarà possibile pagare i bollettini attraverso il cellulare, guidati da una sim card a 128 k», dice Agostino Ragosa, responsabile dei sistemi informativi del Gruppo Poste Italiane. Basterà scrivere il numero del bollettino, poiché i dati relativi al numero di conto e alle coordinate saranno contenute nella sim. «Per realizzare questo servizio utilizzeremo un'infrastruttura di Vodafone, mentre la gestione del servizio sarà nostra, l'operatore è Paste Italiane», prosegue Bagosa. 11 servizio andrà così ad allargare l'offerta di Bancoposta on-line, che a oggi consente di pagare le bollette, ricaricare il telefono cellulare, ricaricare la carta prepagata Postepay, acquistare biglietti di eventi musicali, sportivi e culturali. Per quanto riguarda i servizi postali, infine, dal web è possibile gestire la corrispondenza direttamente dalla scrivania dell'ufficio, 24 ore al giorno 365 giorni l'anno. Per le raccomandate, per esempio, il documento viene inviato on- line e Poste Italiane lo stampa, imbusta e recapita in forma cartacea al destinatario. Speciale Ict Award Quali sono le aziende che investano di più in innovazione, guadagnando in competitività e favorendo i clienti Leone d'oro 2007 Con questo riconoscimento vengono premiate le campagne più innovative che hanno saputo affiancare informazione e creatività P1M.IF'S, migliore campagna consumer prodotto AURE, powered by ambilight: La campagna Aurea non solo rappresenta il futuro del visual entertainment, ma anche un pezzo di design assolutamente unico, innovativo e in grado di rivoluzionare il modo di vedere l'home entertainment. Se Aurea è semplicemente luce attorno alla luce (una cornice luminosa attiva intorno alla schermo), la sua campagna rappresenta la raffinata tecnologia Philips, gli altissimi livelli qualitativi raggiunti, e ci trasmette sensazioni di profondità e brillantezza La campagna vuole che l'esperienza visiva si trasformi in uno spettacolo senza paragoni. EPSON, migliore campagna mercato professionale. Con la campagna di comunicazione Epson stampanti stylus Pro il mondo della fotografia, del laine Art e delle prove colore si è arricchito di prodotti grazie alle prestazioni elevate e alla tecnologia degli inchiostri a pigmenti Epson. La campagna prodotto professionale si è messa in luce per eleganza, sintesi di immagine contenuti. II prodotto professionale EPSON si è distinto sul mercato anche per la compattezza e parametri di risparmio energetico e di riduzione di emissioni di C02. IBM, migliore campagna servizi professionali Difficile pubblicizzare un servizio alle aziende. Farlo con curiosità e divertimento è ancora più difficile. L'obiettivo è quello di traghettare le aziende verso la soluzione di problemi complessi partendo da servizi semplici. Questo il concept di IBM. L'idea della campagna, composta da più soggetti, rappresenta diverse situazioni aziendali problematiche dove regna l'instabilità delle infrastrutture, il caos dei dati, la perdita del controllo dei dati e della produttività. La soluzione c'è, è IBM con i suoi servizi e i suoi prodotti. PREMIO LEONE D'ORO ======================================================= __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 nov. ’07 NUOVO OSPEDALE, CENTOCINQUANTA MILIONI Una deliberazione regionale ha deciso lo stanziamento come ulteriore aggiunta ai fondi già previsti per i presidi sardi Il nosocomio sarà realizzato in un'area di dieci o quattordici ettari - Entro una settimana la scelta del luogo dove creare la struttura CAGLIARI. Il nuovo presidio sanitario dell'area vasta disporrà di una dotazione di centocinquanta milioni di euro: così è scritto nella delibera «Prima indicazione dell'area su cui costruire il nuovo ospedale di Cagliari» approvata dalla Giunta regionale il 22 di questo mese. «Tra gli altri interventi, è prevista - si legge nella deliberazione - la destinazione» al nuovo presidio «di 150 milioni di euro, su una spesa stimata in 250». Somma che andrà ad aggiungersi, quindi, ai 300 milioni, «a titolo di finanziamento diretto» per la destinazione dei nuovi ospedali della Regione. In più: ai trecento milioni per gli ospedali di tutta la Sardegna «si aggiungeranno le risorse derivanti dalla finanza di progetto o dal leasing immobiliare». Gli antefatti, di cui La Nuova ha già dato conto, parlano di un concorso per l'individuazione dell'area in cui realizzare il nuovo ospedale, da parte di Cagliari, Assemini, Capoterra, Elmas, Monserrato, Qaurtu, Selargius e Sestu. Ma la Regione ha giudicato appropriate solo le zone propose da Cagliari (presso la Piana di San Lorenzo) e da Elmas (l'area ad ovest della dorsale Casic). Poi la Giunta ha dato mandato all'assessore alla Sanità per «effettuare in collaborazione con la Asl di Cagliari, ulteriori approfondimenti tecnici per la precisa individuazione dell'area». Di certo il nuovo presidio sanitario, che sostituirà il Santissima Trinità e il Marino, sarà edificato su una superficie di dieci ettari, aumentata del 40 per cento in caso di impossibilità di realizzare parcheggi interrati per motivi geologici. Le aree scelte sono quelle che, secondo la Regione, rispondono meglio ad alcuni requisiti. Tra questi c'è l'accessibilità per gli utenti della provincia di Cagliari, «tenuto conto del sistema della rete viaria/infrastrutture (attuale e futura); e la raggiungibilità anche per gli abitanti dell'intera regione tenuto conto della valenza sovra-aziendale della struttura ospedaliera. Tra i parametri qualificanti è stato tenuto presente «il discorso delle emergenze-urgenze, compreso quello della centrale operativa del 118». Un peso ha avuto anche l'impatto della struttura nel territorio in ordine alla intensità del traffico, alla disponibilità dei parcheggi, alla esigenze di spazi e all'utilizzo di mezzi di emergenza». Trattandosi di un ospedale, poi, rilevante è stato il «grado di complessità dell'area»: distanza da insediamenti produttivi e/o da fonti di inquinamento acustico, atmosferico e ambientale. Infine il gruppo di esaminatori ha considerato anche c'è la fattibilità della struttura nel sito proposto (costi di esproprio, iter burocratico, tempi di realizzazione, problemi di accantieramento ecc.). In tempi brevi, forse la prossima settimana, vi sarà la decisione sull'area definitiva. Cagliari punta molto sulla piana di San Lorenzo in quanto ipotizza lo sviluppo di Cagliari in quella direzione con un progetto integrato di servizi ed edificazioni. Nello stesso tempo il capoluogo dell'isola lamenta di venir privato di due presidi ospedalieri e, quindi, di meritare un occhio di riguardo. Ma anche Elmas tiene molto al nuovo presidio: per tutto quello che significherebbe in termini di indotto. Il sindaco di Quartu, invece, ha protestato fermamente per la decisione che ha escluso la sua città. E le polemiche non sono finite. __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 nov. ’07 SANITÀ PRIVATA: I TETTI DI SPESA RESTANO Respinto dal Consiglio di Stato il ricorso contro la delibera regionale CAGLIARI. I tetti di spesa per gli operatori della sanità privata sono legittimi e quindi vanno rispettati: dopo il Tar della Sardegna è il Consiglio di Stato, il massimo organismo della giustizia amministrativa, a stabilirlo respingendo il ricorso in appello presentato dall'avvocato Vittorio Biagetti per conto dei laboratori di analisi Sant'Elena, Bio Test snc, Pierpaolo Cossu e dell''International trading srl'. La sentenza è definitiva, di conseguenza chiude l'estenuante braccio di ferro privati-Regione. Secondo gli avvocati Rosaria Russo Valentini, Giuseppe Macciotta e Alessandra Camba, che patrocinavano la Regione, la delibera del 28 novembre 2006 con la quale sono state emanate le linee di indirizzo per la determinazione dei volumi di attività e dei livelli di spesa dei privati è legata all'esigenza di rispettare i vincoli di bilancio. E d'altronde - hanno scritto i tre legali nella memoria difensiva - è stata la Corte Costituzionale a stabilire che il diritto alla salute «non viene tutelato incondizionatamente ma compatibilmente con altre esigenze, prima fra tutte quella relativa alla disponibilità finanziaria». Come dire che l'amministrazione della sanità pubblica non può assumere il ruolo di Pantalone per pagare qualsiasi cosa: ci sono limiti legati al bilancio e agli equilibri finanziari. Le motivazioni con le quali il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dei privati non sono state ancora depositate, ma è certo - secondo quanto ha comunicato l'assessorato regionale alla sanità - che i giudici del secondo grado hanno dato ragione all'ente pubblico. Per le 210 strutture private convenzionate in Sardegna è un colpo duro da incassare: gli 'erogatori privati accreditati con il servizio sanitario regionale', come li definisce la burocrazia regionale, dovranno rassegnarsi e continuare a mantenere il numero di prestazioni entro il tetto indicato dalla Regione per ciascuna struttura. Se vorranno andare oltre non riceveranno comunque un euro in più rispetto al massimo rimborsabile. Il Sapmi - Sindacati autonomi professionisti medici italiani, la sigla che rappresenta la gran parte della sanità privata - ha sempre contestato aspramente il contenuto della delibera regionale, perchè a giudizio dell'organizzazione taglia le spese proprio dove i servizi funzionano e i pazienti non sono costretti a fare code di ore per ricevere assistenza. Fra l'altro - sono dati forniti dal Sapmi - le strutture private accreditate erogano il 52 per cento delle prestazioni complessive nell'isola, comprese quelle pubbliche, ma incidono sulla spesa generale per un insignificante 1,4 per cento. Il risparmio ottenuto dalla Regione con i tetti di spesa sarebbe dunque insignificante in rapporto al danno arrecato ai pazienti, sempre più spesso costretti - sostengono gli operatori - a rivolgersi ai presìdi pubblici disertando medici e analisti di fiducia. Fra l'altro le tariffe dei privati in Sardegna sono fra le più basse d'Italia come se - ha detto il segretario del Sapmi, Giuseppe Lonardo - i medici sardi fossero figli di un dio minore. Di parere opposto l'assessore alla sanità Nerina Dirindin: è fondamentale mettere un freno alla spesa pubblica destinata alla sanità. Un parere che ora ha trovato la conferma definitiva dai giudici del Consiglio di Stato. (m.l) __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 28 nov. ’07 «SANITÀ, PIANO STRAORDINARIO PER LIMITARE LE LISTE D'ATTESA» I sindacati confederali chiedono alla commissione di rilanciare la concertazione CAGLIARI. «La commissione Sanità e l'intero consiglio credono ancora nella concertazione e anzi auspicano un sempre maggiore confronto con le parti sociali». Lo ha sostenuto il presidente della commissione Nazareno Pacifico (Ds) durante l'audizione con i rappresentanti di Cgil-Cisl e Uil e la Css che sono stati sentiti per esprimere un parere sulla manovra finanziaria. La precisazione si è resa necessaria in quanto i rappresentanti della Cisl e della Uil avevano fatto osservare che, almeno per quanto riguarda la giunta, la concertazione con i sindacati sembra una pratica ormai in disuso. «I nostri incontri in assessorato», ha sostenuto Oriana Putzolu, segretario regionale della Cisl, «non sono incontri di concertazione ma semplicemente servono per metterci al corrente di quello che la giunta intende fare». I sindacati hanno ribadito l'importanza di unconfronto sempre più stretto tra le parti sociali e le istituzioni. Il giudizio sulla manovra da parte dei sindacati è positivo per quanto riguarda le risorse disponibili ma ci sono perplessità condivise da Cgil-Cisl e Uil sui ressidui passivi che passano da 973 milioni del 2006 a 2,1 miliardi di euro. «Chiediamo di sapere», ha detto Oriana Putzolu, «perché c'è stato nel settore sanità il raddoppio delle spese impegnate e non pagate. La Uil condivide il principio che ispira questa manovra che è poi quello del risanamento ma sottolinea come questa filosofia non possa andare ad incidere sulla salute del cittadino sullo sviluppo della Regione». Elisabetta Perrie della Cgil ha sostenuto che le risorse previste sono consistenti e ha auspicato che siano impegnate per il riordino della rete ospedaliera. La riqualificazione della rete, infatti, è necessaria per rafforzare la presenza dei servizi sanitari offerti su tutto il territorio. L'esponente della Cgil si è augurata che le risorse previste in Finanziaria siano sufficienti a risolvere in maniera definitiva il problema del precariato nella sanità. Nella Finanziaria per la sanità è necessario inserire -a detta dei sindacati confederali - riferimenti più concreti sui tempi di attesa. (Le liste d'attesa nelle strutture pubbliche sono sempre più lunghe). Il dibattito si è sviluppato soprattutto sui commi della prevenzione e della sicurezza sul lavoro. Forte preoccupazione è stata espressa da Michele Calledda (Uil) per quanto sta accadendo nel settore sanità. __________________________________________________________________ L’Unione Sarda 27 nov. ’07 UNA "GIUNGLA" DI RICOVERI NON AUTORIZZATI Se è vero che diverse case di riposo cittadine operano in piena regola, con tutte le autorizzazioni rilasciate da Asl e Regione, è vero anche che tanti sono gli ospizi improvvisati. In questi ultimi, gli anziani sono ospitati in appartamenti inadeguati, che non rispettano le norme di sicurezza. Si nascondono nelle vie del centro storico o del litorale e spesso finiscono nel mirino dei carabinieri del Nas. Una storia difficile, quella di Quartu e dei suoi ospizi, che a volte è finita nelle aule del Tribunale. Era successo per la casa protetta per anziani non autosufficienti in viale Marconi: i parenti denunciarono i titolari, poi processati per omicidio colposo dopo le morti sospette avvenute all'interno dell'ospizio. Fu invece l'Asl a far chiudere qualche anno fa la comunità alloggio Domus Vittoria, che ospitava gli anziani in tre appartamenti divisi tra le vie Turati e Bizet. L'inchiesta è ancora aperta: diverse le accuse, tra cui quella di accogliere anziani non autosufficienti senza aver ottenuto le autorizzazioni necessarie. (g. da.) __________________________________________________________________ Corriere della Sera 27 nov. ’07 IL CASO LO SPECIALISTA: NON CURARE LA SOFFERENZA È COME TORTURARE Ogni anno muoiono 90 mila malati di cancro senza terapia del dolore La denuncia: oppioidi, Italia ultima nell'Ue Il rapporto dell'Oms. Costantino Benedetti (Ohio University): 22 milioni di dosi sufficienti solo per 60 mila pazienti MILANO - «La tragica condizione in cui versa la terapia del dolore in Italia è paragonabile alla tortura per omissione». La denuncia è di Costantino Benedetti, docente di Anestesiologia e terapia del dolore della Ohio State University di Columbus. «Cervello» italiano da oltre 30 anni negli Stati Uniti dove è stato allievo del «padre» della moderna terapia del dolore, Giovanni Bonica, altro italiano (la sua famiglia si trasferì da Filicudi negli States quando lui aveva 7 anni). Bonica è morto nel 1994. Benedetti ha proseguito la sua opera, restando attento osservatore di quanto «non si faceva» in Italia. «Umberto Veronesi - dice -, da ministro, si è impegnato a rimuovere alcune importanti barriere che sembravano impedire ai medici di prescrivere con facilità gli oppioidi, i farmaci morfino-simili più efficaci per la terapia del dolore intenso. Sono ormai passati sette anni e l'Italia resta ultima in Europa nell'uso di questi farmaci». Pur essendo terza per la prevalenza del dolore cronico (26% su 75 milioni di europei) e prima per il dolore cronico severo (un italiano su 4). Si soffre senza le giuste cure? Lo dicono i dati più recenti (fonte: Centro studi Mundipharma): in Italia la spesa media pro-capite annua dei maggiori oppioidi utilizzati nella lotta alla sofferenza (morfina, ossicodone, tilidina, fentanil, idromorfone e buprenorfina) risulta pari a 0,52 euro, contro i 7,25 e i 7,14 di Germania e Danimarca. Nel resto dei Paesi europei censiti, la spesa media si aggira attorno ai 3 euro e il nostro Paese risulta ben distaccato rispetto alle realtà immediatamente precedenti: Olanda 2,47 euro, Belgio 2,38 e Francia 2,36. Una recente analisi dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sottolinea come nel 2004 l'uso di morfina annuale pro capite in Italia era di 5,32 milligrammi, mentre in Austria era di 115,71. Ancora più allarmanti sono i numeri che snocciola Benedetti: «Nel 2005 in Italia si sono consumate 22 milioni di dosi di oppioidi. Insufficienti. Le linee-guida sulla terapia del dolore sostengono che un paziente con dolori continui ed intensi, come quelli da tumore, necessita di almeno una dose di oppioidi al giorno. Totale: 365 dosi per paziente all'anno». Calcolatrice alla mano, 22 milioni di dosi servono per controllare il dolore di 60 mila pazienti. Ma in Italia ogni anno muoiono di cancro oltre 150 mila malati. «E più del 70% di loro soffre dolori incoercibili», dice Benedetti. I conti non tornano. «Qualcuno non riceve morfina - risponde Benedetti -. E parliamo solo dei malati oncologici terminali». Insomma, circa 90 mila pazienti nel 2005 sarebbero morti senza un'adeguata cura anti-dolore. Benedetti scuote la testa: «I conti non tornano». Se poi al dolore oncologico si aggiunge quello cronico di qualsiasi intensità e natura, il numero dei sofferenti - dicono le statistiche - oscilla tra il 15 ed il 25% della popolazione. Secondo l'università dell'Ohio, il 10% della popolazione soffre di dolori cronici intensi. Calcola Benedetti: «Circa sei milioni di italiani. Di conseguenza, in base al consumo di oppioidi nel 2005, si può affermare che ad ogni paziente italiano con dolori intollerabili è stata somministrata, in media, una dose di oppioide ogni tre mesi. Altro che giornaliera». Tutto ciò è etico? «E' etico omettere la corretta terapia? In tutte le nazioni civili neppure il peggiore dei criminali viene sottoposto alla tortura. E un dolore intollerabile causato da una malattia, e non trattato, equivale ad una tortura continua». Benedetti conclude citando Primo Levi: «Se sappiamo che il dolore e la sofferenza possono essere alleviati e noi non facciamo nulla, noi stessi siamo dei carnefici». Note dolenti. Ma c'è n'è una anche positiva. Arriva da Pisa. Si tratta di un test del sangue che misura la soglia del dolore individuale e come ognuno risponde ai farmaci. L'hanno messo a punto Paolo Poli, direttore dell'unità di terapia del dolore, e Paolo Barale, genetista. «Semplice quanto efficace - spiega Poli -: un normale esame del sangue consente d'identificare la risposta genetica personalizzata alla terapia farmacologia. Un risultato che emerge dopo tre anni di studi e ricerche su 300 pazienti (40% oncologici, 60% non oncologici ed afflitti da patologie comuni come il mal di schiena, dolori artrosici). L'indagine riguarda in particolare l'impiego della morfina e permette di quantizzare la dose trasportata, tramite una proteina, al suo specifico recettore cellulare. Si può ottenere così la massima efficacia con il minimo di farmaco». La scoperta è pubblicata su Clinical Pharmacology and Therapeutics. Mario Pappagallo __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 28 nov. ’07 SI COSTRUISCE A SASSARI LA BANCA DATI DEL NOSTRO DNA L’apporto dell’isola a un progetto nazionale ALGHERO. Un Dna immortale per capire meglio la storia dei sardi. Sembra l’inizio di un film ambientato nel futuro. È già realtà di oggi. Quel piano per vincere il tempo, nell’isola, lo stanno portando avanti il professor Paolo Francalacci e la sua équipe nel dipartimento sassarese di zoologia e genetica. Il progetto è stato ideato ed è tutt’ora coordinato su scala nazionale da uno dei padri nobili della scienza italiana, Luigi Luca Cavalli Sforza, di cui il docente che opera nell’università sarda è allievo. Il programma di lavoro è a buon punto. Consentirà di svelare presto nuovi segreti e inediti retroscena del nostro passato remoto. Un passato che, come hanno già accertato i numerosi studiosi del settore, presenta notevoli diversità sul piano ereditario rispetto agli altri europei. A cominciare da tante malattie specifiche della regione che, per un paradosso solo apparente, possono trasformarsi in risorse inaspettate sotto il profilo della ricerca. Quarantotto anni, livornese, Francalacci vive e opera nell’isola ormai da tempo. Laureato in Scienze biologiche, ha cominciato la carriera universitaria nel campo dell’antropologia. Adesso, dopo esperienze che lo hanno portato persino in Cina, oltre che nella molto più vicina Corsica, per eseguire esami comparati sul Dna dei nostri cugini francesi, insegna genetica come professore associato. Stasera, alle 16,30, sarà il protagonista della conferenza-dibattito organizzata nel liceo classico Azuni di Sassari, in via Rolando, dall’associazione di filosofia e scienza. Convegno con tema che pone un interrogativo: «Evoluti per caso?». Argomento complesso. Che consentirà di spaziare dalla divulgazione accademica fino alle speculazioni teoretiche poste inevitabilmente da questioni tanto affascinanti. E che ora costituisce lo spunto per affrontare con lo stesso Paolo Francalacci alcune delle sue linee d’indagine scientifica nell’isola. - Parlare di Dna immortale equivale a ricorrere a un’immagine figurata? «No. Il senso è letterale. Raccogliamo campioni di sangue. Estraiamo i globuli bianchi, li trattiamo con una procedura particolare e li custodiamo in azoto liquido. La conservazione può durare per un secolo e oltre, in teoria a piacimento. Non appena si decide di scongelare la linea, infatti, è sufficiente metterla in coltura e riestrarre il Dna». - A raccontarlo pare un processo semplice: lo è davvero? «Beh, forse è necessario fare un passo indietro per comprendere a fondo tutta la faccenda». - Facciamolo. «Intanto una premessa: la base di ricerca condotta nel mio dipartimento rientra in un quadro molto più vasto che fa capo a Cavalli Sforza. A 85 anni il grande genetista è ancora attivissimo: proprio sabato pomeriggio sarà a Nuoro - lo sottolineo per rammentare il suo rapporto con la Sardegna - per una conferenza nell’aula magna della biblioteca Satta. È lui che, attraverso le sedi Avis provinciali di tutta Italia, sta raccogliendo diecimila linee di Dna». - E nell’isola? «Il compito è affidato al dipartimento sassarese che opera in collaborazione con la società di biotecnologie Bgt». - In che modo si svolge la vostra attività? «I donatori sono informati di tutto e nel nostro caso restano anonimi. Una volta che i campioni ci vengono resi disponibili dalle sezioni Avis, provvediamo alla loro “immortalizzazione” e alla creazione di una banca-dati adeguata». - Quante saranno, alla fine, le linee di Dna raccolte? «Il numero è proporzionato alla popolazione italiana nel suo complesso e a quella regionale nello specifico. Dovrebbe quindi attestarsi su circa 250 linee». - Quali sono gli obiettivi dell’indagine per quanto concerne la Sardegna? «Fotografare la situazione allo stato attuale. Poi lavorare a ritroso, verso il passato. O, in divenire, mettere a disposizione elementi di conoscenza, con riferimento alle prospettive che il nostro studio di oggi può offrire nei raffronti con le generazioni future. Il mio interesse riguarda in particolare fenomeni legati all’evoluzionismo». - Che cosa intende con esattezza? «Mi spiego in maniera elementare. Tutti sanno della grande distinzione tra i cromosomi Y, solo maschili, e i Dna mitocondriali, trasmissibili unicamente dalle femmine. Ebbene, i due sistemi genetici ci raccontano già oggi la notevolissima diversità dei sardi nei riguardi degli altri europei». - Anche rispetto ai corsi? «Nonostante la vicinanza tra le due isole, i corsi sono molto più affini ai nostri connazionali dell’Italia centrale». - Come mai? «La Sardegna, ci dicono gli archeologi, fu abitata già prima di 200mila anni fa. Ma quel gruppo originario, sotto il profilo genetico, risulta estinto. Sia la nostra isola sia la Corsica vennero poi ripopolate a partire dall’ultima glaciazione storica. Si parla così di un periodo molto più recente, più o meno tra i 14 e i 15mila anni fa. La genetica non può dare date precise. È però in grado di far collimare questo processo - attraverso l’evoluzione dei marcatori del cromosoma Y - con l’espansione di genti nel nostro continente cominciata 40-50mila anni fa: prima dall’Africa, quindi dai Balcani e dalla penisola iberica». - Nel caso della Sardegna che cosa accade a questo punto sotto il profilo ereditario? «I progenitori dei nuragici, arrivando dalle regioni che oggi corrispondono a Spagna e Portogallo, si riproducono moltiplicandosi rapidamente e mantengono i loro marcatori particolari di origine iberica nella misura del 40%. Gli altri italiani ed europei d’occidente ce li hanno solo in una percentuale del 3-4. L’isolamento insomma preserva maggiormente l’identità dei sardi e li caratterizza in modo nettissimo». - E i corsi? «Sono stati sempre meno, numericamente, dei sardi. E di sicuro hanno risentito sul piano genetico di maggiori contaminazioni. Ecco perché ora assomigliano di più ai toscani o ai liguri». - Ci sono altri riscontri incrociati possibili? «In epoca postmedievale, dal Seicento in poi, i cognomi aiutano a comprendere la storia recente. Magari partendo dai tassi di consanguineità all’interno di una comunità o dai rapporti tra aree diverse dell’isola. Interessanti osservazioni arrivano perfino dalle interazioni tra regioni linguistiche e analisi dei cognomi». - Il suo lavoro, professor Francalacci, l’ha condotta anche nello Xinijang, Cina occidentale: come mai proprio laggiù? «In un deserto che è il punto più lontano dal mare di tutta l’Eurasia, in un clima secco e con poche precipitazioni, sono state scoperte mummie di 3500 anni fa perfettamente conservate grazie alla sabbia che le ricopriva e al processo di disidratazione. Erano in condizioni tali, con i vestiti e le calzature intatti, con la pelle tanto integra da poter vedere i tatuaggi sul corpo, che naturalmente i loro Dna potevano essere estratti senza problemi». - I risultati? «Il discorso sarebbe complesso e molto lungo. Ma in questa sede ci si può forse limitare a dire che quegli uomini erano indoeuropei: discendevano da un popolo che grazie ai cavalli si era potuto spostare a Est partendo da regioni non lontane dalle nostre attuali» - E i sardi: anche loro evoluti per caso? «Sì, esattamente come tutti gli altri esseri viventi». ________________________________________________________________ Tst 28 Nov. ‘07 RICERCATORE CLINICO ARRIVA IL SUO MOMENTO ALESSANDRO PILERI PRESIDENTE COMITATO ETICO OSPEDALE MOLINETTE -TORINO Noi medici, oggi, stiamo usufruendo, a vantaggio dei nostri pazienti, della cosiddetta «rivoluzione biotecnologica» della medicina, che risale agli Anni 70. Questa rivoluzione si espresse, allora, principalmente con la ricerca biologica di base. E non solo. Fondamentali sono state le prime tecniche di «manipolazione cellulare», quali le «fusioni cellulari» (per produrre anticorpi monoclonali, che sono missili monodirezionali su «marker» specifici) e il trasferimento intracellulare di singoli geni (e quindi con la produzione quasi illimitata di proteine specifiche). Prodotti biofarmaceutici Con le successive fasi di ricerca applicativa si sono così resi disponibili in clinica, circa 20 anni fa, i primiprodotti biofarmaceutici, cioè prodotti farmaceutici su base biotecnologica. Tra questi, vari «farmaci intelligenti» concepiti su base immunologica o molecolare. Le patologie tumorali che hanno conseguito i più originali ed efficaci avanzamenti terapeutici sono risultati, con i Premi «Vittorio Alfieri», i tumori della mammella, i mielomi, i linfomi non Hodgkin e le leucemie, con i rispettivi centri di ricerca afferenti: l'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, le «Molinette» di Torino, l'Istituto Nazionale Tumori di Milano e l'Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Ovviamente, per questo tipo di ricerche applicative bisogna saper coniugare ricerca biologica avanzata con una specifica attenzione e una spiccata capacità innovativa sui piano clinico-terapeutico. Questa, peraltro, dovrebbe essere la «mission» e il razionale della futuribile «Città della Salute e della Scienza» di Torino (la «cosiddetta Molinette 2») o di qualunque altro centro biomedico avanzato, che voglia anche comprendere e coagulare un «incubatore industriale» clinicamente orientato. In tal caso si pone il problema prioritario della formazione scientifica e tecnologica avanzata e del reclutamento meritocratico di personale medico e non medico, che sia internazionalmente integrato. Occorre quindi realizzare quel sistema considerato essenziale per un qualsiasi «sviluppo produttivo», cioè la cosiddetta «network innovation» a livello globale. Produrre conoscenza Accademia e Servizio Sanitario dovranno contribuire in primo luogo ad una maggiore formazione di una figura, ancora poco rappresentata in Italia, del cosiddetto «ricercatore clinico» (il «clinical researcher», secondo la definizione anglosassone), che sappia assistere e curare al meglio le varie patologie (acquisendo cioè le nuove conoscenze), ma soprattutto sappia allo stesso tempo «produrre conoscenza». ________________________________________________________________ Tst 28 Nov. ‘07 UNA FABBRICA DI NEURONI Alcune cellule del cervelletto possono fondersi con altre presenti nel sangue Gli ibridi studiati a Pavia, Torino e Genova: é una via contro le malattie neurodegenerative? LORENZO MAGRASSI FERDINANDO ROSSI UNIVERSITA' DI PAVIA I neuroni sono cellule singolari per diversi aspetti. Non solo sono elementi altamente specializzati nel ricevere, elaborare e trasmettere informazioni, ma sono anche particolari per le loro proprietà biologiche di base. Per esempio, fatta eccezione per alcune popolazioni dell'ippocampo e del bulbo olfattivo, le cellule nervose non sono capaci di replicarsi. Di conseguenza, ogni individuo adulto possiede un corredo di neuroni che, per la maggior parte, non verrà rinnovato né sostituito nel corso della sua esistenza. 11 processo patologico Per questa ragione, le malattie neurodegenerative sono spesso progressive e, anche quando si riesce ad arrestare il processo patologico, il danno anatomico e funzionale non può essere riparato, proprio a causa dell'incapacità dei neuroni di dividersi e rimpiazzare quelli perduti. Recentemente, tuttavia, è stata scoperta una nuova proprietà di alcune cellule nervose che potrebbe modificare almeno in parte questa situazione. Negli ultimi cinque anni, infatti, è stato dimostrato che una particola re popolazione di neuroni del cervelletto - le cosiddette cellule di Purkinje - possono fondersi con cellule della linea ematopoietica, che arrivano al cervello attraverso il circolo sanguigno. L'ibrido che origina dalla fusione presenta due nuclei (le cellule normalmente ne hanno uno solo) e mantiene i principali attributi morfologici e le proprietà funzionali dei neuroni di Purkinje. II fenomeno di fusione avviene molto raramente ed è stato osservato in condizioni del tutto particolari nel corso di una sperimentazione sul trapianto di midollo osseo, il tessuto che dà origine alle cellule del sangue. ALTE DOSI DI RADIAZIONI In questi esperimenti, gli animali sono sottoposti ad alte dosi di radiazioni, in modo da uccidere le cellule del midollo osseo che verranno sostituite da quelle trapiantate. Nonostante la maggiore resistenza all'irradiazione delle cellule nervose rispetto alle cellule ematopoietiche, è chiaro che il fenomeno di fusione osservato in queste condizioni potrebbe rappresentare l'ennesima «mostruosità» prodotta dall'azione delle radiazioni ionizzanti su un tessuto biologico. Tuttavia, i risultati di esperimenti recenti, frutto di una collaborazione fra ricercatori delle Università di Pavia, Torino e dell'Ospedale San Martino di Genova, suggeriscono uno scenario differente. Innanzitutto, le cellule derivate dalla fusione sopravvivono a lungo, almeno per tutta la vita di un roditore da laboratorio, senza mostrare alcun segno di sofferenza o degenerazione. Inoltre, un'analisi approfondita di topi e ratti di tutte le età, dalla giovinezza alla vecchiaia, dimostra che la fusione di elementi ematopoietici con le cellule di Purkinje avviene in maniera spontanea anche in condizioni del tutto normali. Insomma, nel cervelletto di un ratto anziano, mai sottoposto ad alcun tipo di manipolazione sperimentale, si può trovare fino al 5% di neuroni di Purkinje con due nuclei, potenzialmente derivati dalla fusione con cellule derivate dal sangue. Fusione accelerata Un'ulteriore osservazione interessante è che il processo di fusione sembra avvenire molto più facilmente in presenza di fenomeni degenerativi a carico del cervelletto: in questo caso centinaia di nuovi ibridi si formano in poche settimane. Ancora non conosciamo i meccanismi che permettono alle cellule di fondersi, né sappiamo perché questo fenomeno avvenga proprio fra tipi cellulari così diversi, come i neuroni di Purkinje e le cellule del sangue. Non sappiamo neanche se altri tipi di neuroni possiedano la stessa proprietà. E' chiaro però che, se riuscissimo a comprendere e a controllare questi meccanismi, potremmo forse sfruttarli per fini terapeutici. Per esempio, si potrebbero usare le cellule del sangue per introdurre nuclei «giovani» o «sani» in neuroni «anziani» o «malati», in modo da correggere difetti genetici o condizioni patologiche acquisite. In altre parole, quello che oggi è un fenomeno naturale apparentemente bizzarro potrebbe in futuro rivelarsi utile per scopi pratici. ________________________________________________________________ MF 27 Nov. ‘07 DARE UN TAGLIO AI RAGGI X Medicina Con un dispositivo portatile si misurano (e radiazioni cui sono sottoposti i pazienti Lo strumento permette di utilizzare la quantità minima, indispensabile di Pietro Pierangeti stato introdotto in questi giorni in Spagna, e precisamente ~ in Andalusia, un nuovo dispositivo in grado di misurare in tempo reale e con precisione la quantità di radiazioni a cui un paziente 'e sottoposto durante un esame dia gnostico in radiologia, La novità del dispositivo consiste nella sua semplicità. È grande come un telefono, è facilmente trasportabile ed è tecnologicamente molto avanzato ma ha un costo contenuto. Questo strumento potrebbe rappresentare una svolta nel controllo della qualità di tutti gli esami che ricorrono all'emissione di raggi X o degli ambienti in cui si è potenzialmente esposti a radiazioni. «Le potenzialità delle radiazioni ionizzanti sono enormi ma per diminuire al massimo i rischi a cui. esse sono associate è necessario utilizzarle stabilendo degli standard qualitativi di controllo elevati», afferma Manuel Lilches Pacheco del Medical physics and radiolog,y department presso l’Hospital Virgen de tas Nieves, l'ospedale di Granada. che ha contribuito allo sviluppo del dispositivo. La sala di radiologia è, infatti, tra quelle che viene varcata con più diffidenza da pazienti e familiari. «Non è raro, dopo la richiesta da parte del medico di un esame diagnostico a base di raggi, notare una certa ritrosia da parte del paziente. Questi atteggiamenti sottolineano come la percezione dei rischi associati all'utilizzo dei raggi sia, in qualche caso, maggiore della coscienza dei benefici». I timori non sono del tutto infondati visto che esistono diverse pubblicazioni scientifiche che dimostrano come l'esposizione ai raggi X sia associata, per esempio, a disturbi neurologici e aumentata incidenza di neoplasie. Ma i progressi fatti dalla tecnologia dell'imaging si basano ancora sulla emissione di radiazioni ionizzanti e sulle immagini che si ottengono grazie all'effetto di frenamento dovuto all'interazione fra materia e radiazione e i raggi X sono uno strumento oggi indispensabile per gli operatori della salute. Basti pensare alla quantità di radiografie che vengono prescritte in ortopedia o di panoramiche in ortodonzia, alle tomografie computerizzate o alle mammografie. Un dispositivo in grado di misurare in tempo reale la quantità di radiazioni a cui si espone il paziente e che garantisce l'utilizzo della quantità minima necessaria può indurre una minore diffidenza verso questo campo della diagnostica. Non solo, questo strumento può permettere indagini mai effettuate prima sul territorio nazionale per calcolare la quantità di radiazioni a cui si espongono i pazienti e quindi contribuisce a fissare nuovi standard di qualità da rispettare. Il misuratore portatile è stato sviluppato grazie alla partnership fra il gruppo di ricerca del Department of electronics and computer science dell'Università di Granada e il Dipartimento di radiologia dell'Hospital Virgen de las Nieves in Granada. Molta attenzione è stata riposta nella componentistica e nell'alimentazione: «Il nostro dispositivo non ha bisogno necessariamente di alimentazione: esterna e funziona con componenti elettronici riutilizzabili: siamo arrivati a una soluzione che evita ogni tipo di interferenza con altre apparecchiature elettroniche e che è in grado di lavorare anche in condizioni non ottimali, come al di fuori di sale attrezzate, misurando le radiazioni di strumenti di imaging portatili, e a temperature differenti», testimonia Alberto Palma López del Department of electronics and computer science dell'Università spagnola. ________________________________________________________________ Corriere della Sera 28 Nov. ‘07 L’OMEOPATIA, E UN PLACEBO EFFETTI COLLATERALI INATTESI Lo studio Censurata la «mancanza di informazioni». Londra taglia i fondi Nuova ricerca di Lancet. I farmacologi.- basta aiuti ROMA - Efficace come un placebo. Finta medicina. O, se preferite, acqua fresca. Stangata di Lancet, la prestigiosa rivista di scienza, sull'omeopatia. Un articolo firmato sull'ultimo numero da Ben Goldacre, autore di un commento affilato anche sul quotidiano britannico Guardian, stronca la più gettonata delle terapie alternative citando cinque ampie revisioni degli studi condotti negli ultimi anni. Tutti, sostiene, portano alla stessa conclusione: «Non sono stati evidenziati vantaggi significativi rispetto ai placebo». Non basta. Goldacre insiste nel colpire duramente denunciando gli «inattesi effetti collaterali» e la mancanza di informazione adeguata. Seguono, sempre su Lancet, due servizi sull'ondata antiomeopatica nel Regno Unito, dove il governo ha tagliato i fondi pubblici ad alcuni centri che prescrivono le cure dolci, e sul buon vento che soffia in India dove il mercato sta crescendo del 25% all'anno, sostenuto da a 100 milioni di pazienti. Alle insinuazioni replicano i Laboratoires Boiron, una delle maggiori aziende del settore, che cita i risultati di sperimentazioni condotte secondo le regole corrette dal punto di vista metodologico. Vengono rivendicati gli «effetti benefici degli interventi con omeopatia». «L'ennesimo attacco scientificamente ingiustificabile» è annoverato fra le attitudini sfavorevoli «al progresso nella conoscenza. L'omeopatia è una vera e propria chance per la medicina di domani - argomenta Boiron - ma non ce la fa da sola, ha bisogno di condividere il percorso con gli scienziati, mondo accademico e realtà ospedaliera». Polemiche anche in Italia dopo la divulgazione del documento della società italiana di farmacologia, la Sif, nell'ultimo numero della Newsletter. Bocciate oltre all'omeopatia (da forza delle evidenze che scaturisce dagli studi pubblicati è bassa e vengono in genere riportati risultati negativi»), agopuntura («efficacia moderata come nel caso delle patologie infiammatorie croniche»), medicina tradizionale cinese (« su di essa esistono limitatissime informazioni, carenza aggravata dalle difficoltà legate alla lingua») e fitoterapia. Meno duro il giudizio sulle erbe: «Da anni molti medici in Italia le usano e hanno maggiore familiarità. Le prove di efficacia però non sono sempre entusiasmanti e se prescritte con troppa disinvoltura possono portare qualche guaio». Achille Caputi, presidente della Sif, spiega le ragioni dei farmacologi: «Per il servizio sanitario è un momento di estreme difficoltà economiche e non vediamo perché bisognerebbe rimborsare cure che non funzionano, come vorrebbe la proposta di legge in discussione al Parlamento». Sono circa 200 i centri ospedalieri e di Asl che rimborsano le altre terapie (salvo versamento di ticket e prodotti a carico del paziente), grazie all'autonomia di spesa delle Regioni. La popolarità delle terapie alternative in Italia è per la prima volta in calo secondo l'ultima indagine Istat, 6o mila famiglie intervistate nel 2005. Gli italiani che almeno una volta hanno combattuto raffreddore, influenza e dolori intestinali o reumatici sono 7 milioni e 900 mila, un milione in meno rispetto al '99. Il motivo? Maggiore prudenza dopo gli articoli scientifici non rassicuranti. Margherita De Bac __________________________________________________________________ Le Scienze 28 nov. ’07 L'IMMAGINE CEREBRALE DELLA PEDOFILIA Lo studio è in contrasto con la convinzione comune che la pedofilia derivi da traumi o abusi subiti nell'infanzia Secondo una ricerca condotta dal Centre for Addiction and Mental Health (CAMH), in Canada, la pedofilia potrebbe essere legata a connessioni cerebrali erronee. Lo studio, pubblicato sull'ultimo numero del Journal of Psychiatry Research, è giunto a questa conclusione dopo l'esame di una serie di scansioni con risonanza magnetica e l'analisi dei dati con sofisticate tecniche di elaborazione, nelle quali sono stati messi a confronto i cervelli di pedofili e di non criminali sessuali. Allo studio hanno preso parte 127 uomini, divisi quasi esattamente a metà fra pedofili e no. Nel cervello dei pedofili, dicono i ricercatori, ci sarebbe una quantità inferiore di "materia bianca", responsabile di connessioni fra varie parti del cervello. Precedenti ricerche dello stesso gruppo di ricercatori li aveva indotti a supporre che la chiave per la comprensione della pedofilia potesse trovarsi proprio nello sviluppo cerebrale. Lo studio è in contrasto con la convinzione comune che la pedofilia derivi da traumi o abusi subiti nell'infanzia, anche se - peraltro - ben poco si sa ancora sulle relazioni che possono sussistere fra sviluppo cerebrale ed eventi di vita nell'infanzia e nell'adolescenza. "Non c'è nulla in questa ricerca che dica che i pedofili non debbano essere ritenuti penalmente responsabili delle loro azioni", sottolinea James Cantor, che ha dirett ola ricerca. "Non essere in grado di poter scegliere il proprio interesse sessuale non significa non poter scegliere che cosa fare." Secondo i ricercatori questi risultati suggeriscono la necessità di ulteriori studi sul modo in cui il cervello governa l'interesse sessuale e il fatto che queste informazioni potrebbero aiutare a mettere a punto strategie di prevenzione dello sviluppo della pedofilia. __________________________________________________________________ Le Scienze 28 nov. ’07 IMAGING DI FUMO PASSIVO I cambiamenti strutturali degli alveoli sono interpretati come primi segni di forme molto lievi di enfisema PAROLE CHIAVE Fumo Non si tratta di una “pistola fumante” – come dicono gli anglosassoni – ma comunque di nitide ed eloquenti immagini medicali: per la prima volta si è trovata l’evidenza di un danno strutturale microscopico a carico dei polmoni dovuto al fumo di sigaretta passivo. “Per il nostro studio abbiamo utilizzato un particolare tipo di tecnologia a risonanza magnetica per identificare variazioni strutturali nei polmoni”, ha spiegato Chengbo Wang, fisico del Dipartimento di radiologia del Children’s Hospital di Philadelphia, negli Stati Uniti. “quasi un terzo dei non fumatori che sono stati esposti a fumo passivo per un lungo periodo di tempo mostrano queste variazioni strutturali”. Grazie alla collaborazione con i ricercatori che sia occupano di radiologia, Wang ha raccolto immagini di risonanza magnetica di adulti fumatori e non fumatori, e ha presentato i risultati della sua ricerca all’annuale convegno della Radiological Society of North America, svoltosi a Chicago. Nello studio sono stati coinvolti 60 adulti di età compresa tra 41 e 79 anni, 45 dei quali non hanno mai fumato. Questi ultimi sono poi stati suddivisi in due gruppi in base alla bassa o all’alta esposizione al fumo passivo, dove con alta esposizione si intendeva quella dei soggetti che hanno vissuto per almeno dieci anni con un fumatore, spesso durante l’infanzia. Il gruppo di controllo era costituito da attuali o ex fumatori. Per sfruttare al meglio la tecnica di imaging il gruppo ha preparato una certa quantità di elio-3 polarizzato. Diluito nell’azoto, l’elio è stato in seguito inalato dai volontari. Grazie all’apparecchiatura MRI si è così potuta misurare la diffusione degli atomi di Elio per 1,5 secondi. Nei soggetti esposti al fumo, gli atomi di elio percorrono una distanza maggiore rispetto a i soggetti normali, indicando la presenza di spazi creatisi all’interno degli alveoli. I ricercatori hanno così potuto riscontrare anche nei fumatori passivi ad alta esposizione la presenza di variazioni strutturali dei polmoni simili a quelle trovate nei fumatori. “Abbiamo interpretato questi cambiamenti come primi segni di un danno polmonare ovvero come forme molto lievi di enfisema”, ha concluso Wang. (fc) __________________________________________________________________ La Repubblica 29 nov. ’07 CONOSCERE L'AIDS Segnali allarmanti: in calo precauzioni e prevenzione Giornata mondiale il 1 dicembre: ritardi dei Governi. In Italia cambiano il tipo e l'età dei malati, si fa sesso a rischio, pochi test di Mariapaola Salmi C'è ancora, di Aids si muore ma si può anche evitare di arrivarci. UNAIDS per il World Aids Day 2007-2008 torna con "Fermiamo l'Aids, manteniamo le promesse" ma aggiunge la parola "Leadership", come dire "Facciamo, è ora che la società civile e i governi se ne occupino davvero". In ventisei anni dalla scoperta del virus Hiv i successi ci sono stati, eppure l'epidemia oltre a dilagare nel continente africano investe India, Cina, Europa centrale e in tutto l'Occidente i nuovi casi crescono o si stabilizzano, mentre si polemizza sui dati statistici ora corrretti da Unaids (erano finora gonfiate?) che parlano di 33,2 milioni di contagiati invece di 40 milioni. Forse il vero problema è quello che ha ribadito di recente Anthony Fauci: "Stiamo perdendo la battaglia, i nuovi infetti sono più di quelli che possiamo mettere in terapia". Allo scoccare del 1 dicembre, diciannovesima Giornata mondiale dell'Aids l'intera comunità scientifica ha a che fare con l'altra faccia di questa drammatica epidemia: aumento dei nuovi casi tra eterosessuali e omosessuali che contraggono l'infezione con sesso promiscuo e non protetto, età media di contagio sopra i 40-45 anni (vent'anni fa era attorno ai 20-25), bassa percezione del rischio tra la popolazione giovane e meno giovane. Siamo tornati indietro. Giovanni Rezza, epidemiologo dell'Istituto superiore di Sanità, sottolinea che: "Il numero totale degli infetti non decresce (in Italia si attesta sui 120-130 mila casi), la mortalità è diminuita (2-3 mila), la sopravvivenza aumentata, tuttavia un dato impressionante riguarda il forte incremento di sifilide e gonorrea tra i sieropositivi; gli stessi omosessuali ora raramente fanno il test. C'è qualcosa che non va, si è abbassata la guardia". "Nel nostro Paese si fatica a parlare di certi problemi, a cominciare dai profilattici", afferma Simone Marcotullio, vice presidente di Nadir Onlus, "sulle nuove diagnosi d'infezione non c'è un Registro nazionale, solo alcune regioni o comuni hanno attivato il sistema di sorveglianza. Il ministero della Salute ha riatttivato la Commissione nazionale Aids e la Consulta, e prepara un Piano annuale per categorie con campagne ad ampio spettro; le tante terapie disponibili hanno fatto diminuire drasticamente la prevenzione". A disposizione degli infettivologi quattro classi di antiretrovirali (in tutto 23 farmaci), un'altra classe arriverà entro fine anno, un'altra ancora l'anno prossimo. Prima la terapia era terribile, 15-20 pasticche al giorno. Adesso 3-4 (ma si arriva anche a 10-12), c'è la pasticca con due combinazioni di farmaci, a primavera avremo una pasticca con tre farmaci. "La cura è un successo, il dramma sono gli infetti che non sanno di esserlo (il 60%) e arrivano alla diagnosi a malattia conclamata", sottolinea Giampiero Carosi,del Dipartimento di malattie infettive all'Università di Brescia, "perciò è lecito domandarsi se quei 3.500 nuovi casi di infezione non siano in realtà solo una minima parte degli infetti". E nei servizi sanitari, nei Sert, ci si interrroga se offrire la "posssibilità" del test oppure, all'americana, farlo direttamente senza consenso. __________________________________________________________________ La Repubblica 29 nov. ’07 ARTRITE REUMATOIDE DA "FRUSTRAZIONE" Tensioni e situazioni di stress che durano anni peggiorano o, addirittura, innescano la malattia di Cecilia Ranza BOSTON Stress subliminale? Attenzione: se dura a lungo, può logorare persino più di un trauma, un lutto, una separazione. E fiaccare il sistema immunitario, aprendo la strada a malattie gravi, come l'artrite reumatoide, ma anche peggiorare i sintomi e ridurre la risposta alle terapie. La conferma viene da Boston, sede del congresso annuale dell'American College of Rheumatology. "La cabina di regia sta in due aree del cervello: la ghiandola ipotalamica e il sistema limbico" spiega Maurizio Cutolo, direttore del laboratorio di ricerca e della divisione clinica di reumatologia presso il dipartimento di medicina interna dell'Università di Genova, uno dei maggiori studiosi mondiali sul tema. "Lo stress cronico viene riconosciuto, elaborato e trasformato in segnali che, in periferia, tendono ad aumentare l'infiammazione o la percezione del dolore. Ma questa situazione ritrasmette un segnale di allarme, attivando immediatamente gli ormoni anti-stress, cortisolo e noradrenalina su tutti". E qui sta il punto focale: "I grandi eventi negativi ed acuti della vita fanno reagire al massimo tutto l'organismo, che combatte per non farsi travolgere", continua Cutolo. "La battaglia si riverbera anche sull'andamento delle malattie, tant'è vero che chi soffre di artrite reumatoide vede ridursi l'intensità dei sintomi". Ben diverso il caso dello stress subliminale cronico: un lavoro poco soddisfacente, conflitti familiari o occupazionali che non si risolvono, preoccupazioni economiche logorano il sistema anti-stress. "Lo stillicidio continuo esaurisce la capacità di reazione", aggiunge Cutolo, "lo vediamo subito nei malati: se vengono ai controlli dopo un periodo di continue frustrazioni, seccature, negatività quotidiane, le loro condizioni sono meno buone". Uno squilibrio dei ritmi notturni di cortisolo, noradrenalina e melatonina sarebbe poi la causa della rigidità e del gonfiore mattutini delle articolazioni malate. "La melatonina non è solo l'ormone che concilia il sonno" spiega Cutolo. "Mentre dormiamo, stimola il sistema immunitario a fare la guardia. Dopo qualche ora, interviene principalmente il cortisolo: spegne la melatonina ed evita una sovrastimolazione dannosa. Nei malati di artrite reumatoide, invece, i ritmi del cortisolo sono alterati, la melatonina funziona più del dovuto e il risultato è un eccesso di infiammazione mattutina". Da queste osservazioni recenti (pubblicate nel febbraio di quest'anno sulla rivista internazionale Arthritis & Rheumatism) è nata l'idea di adattare la somministrazione di un cortisone tra i più usati e meno costosi, il prednisone, ai ritmi ormonali imposti dalla malattia. "È pronta e in approvazione dall'Emea (l'autorità europea per l'approvazione dei farmaci), una nuova formulazione di prednisone che può essere assunta alle dieci di sera, ma che libera il farmaco attorno alle 2 di notte, bloccando così la melatonina al posto degli ormoni resi latitanti dallo stress". La speranza per il futuro è chiara: "Non soltanto fare star meglio i malati nell'immediato, ma anche impedire, sul lungo periodo, lo sviluppo dei rischi più severi connessi con l'andamento cronico dell'artrite reumatoide, cioè malattie cardiovascolari (infarto e ictus), ossee (osteoporosi), psichiatriche (depressione)" conclude Cutolo. __________________________________________________________________ La Repubblica 29 nov. ’07 QUANDO LA BICICLETTA DÀ EREZIONE CRONICA Bicicletta non sempre è sinonimo di benessere. Esistono alcune problematiche andrologiche, rare rispetto al largo uso del mezzo, ma da tenere sotto osservazione. Prima c'è stata l'impotenza da microtraumi da sellino per un danno sul nervo pudendo e sull'arteria che, restringendosi, ostacola l'afflusso di sangue ai corpi cavernosi. Ora invece un'altra preoccupazione arriva da una ricerca della Clinica Urologica. Si tratta del priapismo ad "alto flusso", cioè di una erezione costante e indipendentemente dal desiderio sessuale, non dolorosa, provocata da una lacerazione dell'arteria che inonda il corpo cavernoso. La causa è un colpo forte della porzione fissa del pene sul montante tra sellino e manubrio, provocando nell'uomo la rottura dell'arteria cavernosa. Da qui l'erezione prolungata, ma non dolorosa (priapismo ad alto flusso), che può durare diversi giorni o mesi o comunque finché non si interviene. A differenza del priapismo a basso flusso, che è doloroso, e dove bisogna intervenire subito per salvare i meccanismi dell'erezione, in questo tipo di priapismo si può attendere. Ma è bene comunque essere tempestivi in quanto va interrotta la fistola tra l'arteria e il corpo cavernoso. Attualmente la soluzione meno traumatica è la embolizzazione selettiva del ramo arterioso lacerato. La manovra riesce nel 95% dei casi e la detumescenza del pene è immediata. Presso la clinica urologica di Genova, negli ultimi 2 anni sono stati osservati tre casi, tra cui un ragazzo di 12 anni. L'insorgenza dell'erezione persistente può essere immediata, ma più spesso si manifesta a distanza di 24-36 ore, durante il sonno e in particolare durante le erezioni notturne. In questi momenti viene infatti rimosso il tappo di fibrina conseguente al trauma e alla lacerazione dell'arteria e i corpi cavernosi vengono inondati dal sangue arterioso, determinando l'erezione. La diagnosi si basa dunque sull'anamnesi e l'ecocolordoppler del pene che, quasi sempre, è in grado di visualizzare la fistola e quindi il lato dove bisogna intervenire. (aldo franco de rose) __________________________________________________________________ Corriere della Sera 30 nov. ’07 ORA IL VIAGRA CONQUISTA I VENTENNI In dieci anni 60 milioni di pillole Ma solo due italiani su cento ammettono di usarloA dieci anni dalla scoperta, il Viagra ha cambiato le abitudini sessuali degli italiani ed è apprezzato dalle coppie MILANO - Sessanta milioni di pillole vendute in Italia: così il Viagra si avvia a compiere i dieci anni di vita nel nostro Paese. E da noi, come nel resto del mondo, ha rivoluzionato le abitudini sessuali, forse tanto quanto la pillola contraccettiva. Una scoperta casuale, quella della sua azione anti-impotenza: l' industria americana Pfizer lo stava studiando come farmaco contro l' angina, ma non funzionava. Poi l' inaspettato «effetto collaterale» che è diventato una miniera d' oro per l' azienda (e per altre due «concorrenti» che producono Cialis e Levitra) e una benedizione per chi soffre di disturbi dell' erezione. Persone di una certa età, si pensava all' inizio, dal momento che l' impotenza è spesso legata a problemi cardiovascolari, ma con il passare del tempo hanno cominciato a farne uso anche i più giovani, persino ventenni che pensano così di ottimizzare chimicamente le loro prestazioni. Stando ai risultati di una ricerca su 2000 persone presentata ieri a Milano, quelli che sembrerebbero i candidati ideali per il Viagra (gli over 65, appunto) in realtà non l' apprezzano molto: sette su dieci non la userebbero proprio. Più propensi i 35-44enni (il 41% la prenderebbe) e gli adulti fra i 45 e i 54 anni (favorevole il 43,9). La prima pillola dell' amore (che di effetti indesiderati ne ha pochi, ma va assunta con molta cautela quando si hanno problemi cardiovascolari) supera dunque le resistenze degli italiani, ma resta un tabù. Il Viagra si consuma in segreto: solo il 2 per cento ammette di farne uso. «Il dato degli italiani che fanno "outing" - spiega il sessuologo Emmanuele Jannini dell' Università di L' Aquila - non rispecchia i reali consumi. Quello che emerge però è che la pillola blu si inserisce in un contesto di cambiamento. Una seconda rivoluzione sessuale». L' identikit del consumatore, così come l' ha dipinto una ricerca condotta proprio all' Università di L' Aquila, è quella di un uomo sposato (ma colpevole di qualche scappatella) con in tasca un diploma di scuola media superiore o una laurea, pigro (l' 80% non pratica alcuno sport) e in un caso su due fumatore. Avventure extraconiugali a parte, l' Amore ai tempi del Viagra (così è il sottotitolo di un gustoso libro intitolato Love dove alcuni personaggi della cultura si cimentano con questo tema) è cambiato soprattutto all' interno della coppia. Secondo l' indagine presentata a Milano, il 57% degli intervistati considera il Viagra una via per ritrovare l' armonia di coppia e per migliorare la vita sessuale. Un' altra ricerca, il Partner Satisfaction Study di cui si è parlato a Lisbona al X congresso della European Society for Sexual Medicine ha dimostrato come la cura delle disfunzioni erettili migliori l' esperienza sessuale della donna e riduca notevolmente l' ansia del compagno. Intanto anche il Viagra si adegua ai tempi. Alcuni ricercatori stanno lavorando a uno spray nasale con effetti in 60 secondi. Altri invece ne stanno verificando l' azione anti-jet lag (sugli animali) e altri ancora le proprietà anti-invecchiamento del parente prossimo Cialis. Lunga vita, dunque, alla pillola blu e alle sue sorelle. Bazzi Adriana __________________________________________________________________ Corriere della Sera 25 nov. ’07 ECCO IL PREZZO GIUSTO DAL DENTISTA Per la prima volta un tariffario indica i costi minimi e massimi È bene dubitare di prezzi più bassi dei minimi. Mentre i più alti si giustificano con prestazioni di qualità Per combattere il caro-dentisti la maggiore associazione degli odontoiatri, l' Andi (Associazione nazionale dentisti italiani, che conta 22mila iscritti sui 35mila professionisti che svolgono attività ambulatoriale) ha predisposto e diffonderà ufficialmente a fine mese un «tariffario di riferimento per le cure dentistiche», che tiene conto dei parametri di sicurezza, qualità e professionalità. «Con questo tariffario - spiega Roberto Callioni, presidente dell' Andi - non obblighiamo i nostri iscritti ad applicare determinati prezzi, perché la professione è libera. Abbiamo voluto, tuttavia, fornire a tutti, in primo luogo ai pazienti, indicazioni aggiornate e chiare sulle tariffe che si possono ritenere "corrette" per ciascun tipo di prestazione. Abbiamo indicato, quindi, tariffe minime, al di sotto delle quali c' è da dubitare che il lavoro del dentista possa essere eseguito bene, e tariffe medio-alte, riferibili soprattutto a lavori "di qualità"». Le cifre tengono conto dei costi "base" e possono variare dai minimi ai costi più alti in relazione alle diverse aree geografiche, alla differente collocazione degli studi professionali e al livello di esperienza del singolo professionista. Alla decisione di formulare questo tariffario l' Andi è arrivata dopo un attento esame della situazione: c' è la sensazione che molte persone, dovendo pagare le cure odontoiatriche di tasca propria (perché fuori dalle categorie "protette" per le quali i servizi sanitari regionali garantiscono l' assistenza), evitino la poltrona del dentista, considerandola troppo costosa. Se questo può costituire una preoccupazione professionale per i dentisti, può essere però anche un rischio in termini di salute pubblica. «Rischiamo di fare un passo indietro nei programmi di prevenzione che, nonostante tutto, hanno fatto raggiungere alla popolazione italiana risultati eccellenti in termini di minori carie e meno denti mancanti - sottolinea, infatti, Laura Stromengher, direttore dell' Unità operativa di odontoiatria dell' Università di Milano, uno dei maggiori centri pubblici per le cure dentistiche. L' Andi ha deciso, quindi, di agire sul fronte della «trasparenza». Spiega Roberto Callioni, che è anche membro del Consiglio superiore di Sanità: «La scarsa considerazione per la salute dentale della popolazione ha contribuito a ridurre al minimo la presenza dell' assistenza odontoiatrica all' interno del servizio sanitario pubblico. Le prestazioni dentistiche sono, in effetti, trattamenti che costano e che le Regioni non riescono a sostenere per tutti. È bene, perciò, che la gente sappia qual è il costo dei trattamenti per la salute alla bocca, così come sarebbe giusto sapere quanto costa un ricovero in ospedale». «Attualmente non esisteva alcun indirizzo sui prezzi, perché il nomenclatore che indicava le tariffe minime - spiega Gianfranco Prada, segretario Andi - è stato abolito dalla legge Bersani. Da qui la necessità di dotarsi di un nuovo strumento che facesse un po' di chiarezza in questo settore, in cui la concorrenza ha fatto nascere sia forme di abusivismo sia parcelle da capogiro». In concreto, si è partiti da un nomenclatore predisposto da un coordinamento di odontoiatri e rivisto da una commissione nazionale dell' associazione. «Poi, per affiancare a ciascuna voce i prezzi - precisa Prada - ci si è basati sui costi minimi delle singole prestazioni e su una serie di dati raccolti da un questionario inviato ai nostri soci in tutta Italia, in modo da poter valutare anche le differenti situazioni territoriali». *** La cosiddetta regionalizzazione della Sanità ha influito anche sulle prestazioni odontoiatriche. I Lea (Livelli essenziali di assistenza, le prestazioni che le Regioni devono garantire) danno, in questo campo, soltanto indicazioni di massima sul tipo di prestazioni e sulle categorie "protette". Solo 12 regioni hanno legiferato in dettaglio, peraltro in modo non uniforme, mentre le altre hanno lasciato gli assistiti nell' incertezza, con lunghe attese e poche garanzie. Ora il Ministero ha predisposto un progetto per uniformare le cure dentistiche, definendo con precisione categorie che avranno diritto e modi di erogazione.Il libro «Nati con la camicia» di Luciano Sterpellone (ed. Sei Frontiere) racconta storie, pratiche ed errori in ambito medico che hanno sfiorato l' inverosimile, dalla cura a suon di tarantella, ai succhiatori di sangue Stucchi Edoardo