RASSEGNA 3 MAGGIO 2009 NELLE UNIVERSITÀ 3.600 CONCORSI SENZA IL POSTO - NORME LEGGERE E INCENTIVI EFFICACI - ACCUSÒ LA «CUPOLA» DEI BARONI: ASSOLTO IL PROF IN FUGA DALL' ITALIA - UNIVERSITÀ, MENO FONDI PER I NUOVI MEDICI - STUDENTI E MEDICI SCENDONO IN PIAZZA INSIEME (IN FRANCIA) - NON È LOGICO, MA PER ME È VERO: II LATO IRRAZIONALE DEGLI SCIENZIATI - ARATA: COSÌ LA CONOSCENZA DIVENTA BUSINESS - BENESSERE, ALTRO CHE CRESCITA ZERO - SCIENZE: L'INGANNO DEL SENSO COMUNE - LE DIFFERENZE TRA UOMINI E DONNE - LO SCIPPO DEL G8 È COMINCIATO CINQUE MESI FA - CAPPELLACCI: «L’ISOLA AL CENTRO DEGLI IMPEGNI DEL GOVERNO - GALLURA,ADDIO AL SUMMIT SENZA RIMPIANTI - I FONDI FAS E LE MAGIE DEL CAVALIERE - L’EX GOVERNATORE: «È UNA FREGATURA - G8 NO, CI LASCINO I FONDI FAS - ======================================================= EFISIO ASTE (EX ASL 8) VERSO L’AZIENDA MISTA - SMI: RILANCIO DELL’EX GUARDIA MEDICA - SACCONI: COSTI STANDARD «PER SINTESI» - I NUMERI DELL'ASSISTENZA TRANSFRONTALIERA - PSICHIATRIA, REINTEGRATI TURRI E MACCIONI - SUD, SANITÀ MALATA COSÌ 3 MILIARDI L’ANNO VANNO FUORI BERSAGLIO - NUOVO OSPEDALE CIVILE: IN FORSE I 120 MILIONI GIÀ STANZIATI - LE REGOLE PER I TEMPI MASSIMI? INAPPLICATE – CHIRURGHI ITALIANI AL TOP MA NESSUNO LO SA - SANITÀ, FONDI PER LA PREVENZIONE C'È TEMPO FINO AL 20 MAGGIO - IN ITALIA TANTI PROGETTI E MOLTE BOCCIATURE - DAY SURGERY CERCA PERNOTTO - TERAPIA MIRATA PER IL COLON - IL POMODORO CI PROTEGGE DA ICTUS E INFARTO - DUBBI IN RISONANZA - MONDIALI DI NUOTO SENZA L'ARIA - AIDS, ARRIVA LA PILLOLA 3 IN 1 - COME RIDURRE I COSTI DEI DENTISTI - ATLETI FRAGILI - ======================================================= _____________________________________________ Il Sole24Ore 27 Apr.’09 NELLE UNIVERSITÀ 3.600 CONCORSI SENZA IL POSTO Il ddl preparato dalla Gelmini entro due settimane in Consiglio dei - Le quote riservate agli ingressi dall'esterno Assunzioni bloccate dai vincoli di bilancio mentre prendono forma le nuove regole Gianni Trovati La «moralizzazione» costa cara ai candidati dei concorsi universitari. Mentre sono ancora in corso i lavori per arrivare alle nuove commissioni a sorteggio, introdotte dal decreto Gelmini di novembre per cercare di evitare i risultati combinati ancora prima che inizi la partita, una nota ministeriale ha messo nero su bianco le regole (rigide) con cui calcolare il massimo delle assunzioni effettive che ogni ateneo può disporre. Il parametro, fissato nel decreto di novembre, permette di dedicare ai nuovi ingressi il 50% di risorse liberate dalle cessazioni dell'anno precedente, ma con la nota dei giorni scorsi il ministero ha chiarito che, sia per le entrate sia per le uscite, il calcolo va effettuato sul costo medio di ogni posizione, e non su quello iniziale. Un tecnicismo, che però elimina l’escamotage su cui sono proliferate le promozioni, grazie al fatto che all'inizio un nuovo ordinario (o un nuovo associato) non costa nulla a causa dell'anzianità maturata nel ruolo precedente. Risultato: le università nel 2008 hanno bandito 2.538 concorsi, di cui 2538 (cioè l’80% del totale) riservati a ordinari e associati; una vera e propria pioggia, legata all'ultima possibilità di creare due idonei per ogni posto. In questo modo si arriva a quasi 4.600 potenziali vincitori, Ma in base alle cessazioni 2008 (stimate sui dati 2007, aumentati del 30% per tener conto della progressiva eliminazione del "fuori ruolo") potrebbero aprirsi al massimo un migliaio di posizioni. Il 60% delle: risorse liberate dalle cessazioni, però, va riservato (come imposto dal decreto Gelmini) ai ricercatori, e questo completa il paradosso`. per i ricercatori i posti (teorici) gono molti ma i concorsi per posizioni stabili sono pochi (So8), mentre a ordinari e associati i bandi promettono fino a 4mila posti, ma le caselle libere sono 400, e agli ordinari non può andare più del 10%. Per assorbire tutti i potenziali vincitori, insomma, occorreranno anni. La matassa è intricata, e non è semplice nemmeno preparare nei quasi 400 settori disciplinari in cui è divisa l'università italiana le liste in cui sorteggiare i commissari. In molti casi è necessario accorpare i settori per avere il numero indispensabile di docenti,, e una volta individuati gli accoppiamenti (e superate le probabili critiche) verrà il momento di eleggere i componenti delle liste in cui sorteggiare i futuri commissari. Proprio la delicatezza del meccanismo complica l'impresa di eleggere gli aspiranti commissari prima di settembre, con conseguente slittamento al 2oio delle selezioni vere e proprie. Ma, soprattutto, secondo i piani del Governo per quell'epoca dovrebbe aver già compiuto un buon tratto parlamentare il disegno di legge con la riforma del reclutamento e della governance universitaria. Il ministero sta completando il lavoro sul testo, che dovrebbe approdare in una delle prossime due riunioni del consiglio dei ministri. Nei meccanismi di scelta dei nuovi professori, il progetto ministeriale prova a scompaginare le carte prevedendo un'abilitazione nazionale, diversa per ogni ruolo e da rinnovare ogni cinque anni (si veda anche 11 Sole 24 Ore del 30 marzo). Ai concorsi delle singole università potranno partecipare gli abilitati, ché saranno scelti dopo una selezione fondata sul curriculum scientifico e didattico del candidato. L'abilitazione nazionale serve a garantire criteri oggettivi nelle scelte del sistema universitario, superando la frammentarietà delle decisioni locali. Ma uno dei compiti della riforma è anche quello di frenare la decisa preferenza per le promozioni interne mostrata da quasi tutti gli atenei negli ultimi anni, che in questo modo però hanno ridotto le risorse per immettere nel sistema nuovi ricercatori: per far questo, il progetto del ministro Gelmini è quello di "contingentare" i passaggi di grado, subordinandoli alla presenza di arrivi dall'esterno (per esempio una, due o tre promozioni ogni nuovo ingresso). Sui numeri ancora si discute, ma l'obiettivo di riaprire ai giovani ricercatori la strada spesso sbarrata da chi già si trova nel sistema universitario è fissato. Un altro capitolo della riforma in arrivo è quello della governance, che passerà attraverso una razionalizzazione e una distinzione più chiara fra i compiti del senato accademico e dei consigli di amministrazione. Da qui arriverà anche un tetto inderogabile per la durata in carica dei rettori (probabilmente otto anni); un tetto fissato per legge serve a sterilizzare i maquillage statutari, che fino a oggi hanno potuto intervenire indisturbati per moltiplicare i mandati dei rettori in carica. gianni.trovati@ilsole24ore.com _____________________________________________ Il Sole24Ore 27 Apr.’09 NORME LEGGERE E INCENTIVI EFFICACI di Massimo Egidi* I punti chiave dell'imminente riforma del sistema universitario sono stati anticipati in un ampio documento di linee guida messo a punto dal Ministero, discussi in un seminario con i rettori e le forze politiche e recentemente dalla conferenza dei rettori. Alcune riflessioni di fondo sono quindi già possibili. L'architettura dei provvedimenti sembra chiara: il punto di partenza è stato quello di mettere in campo un sistema premiale di distribuzione delle risorse pubbliche agli atenei, in modo da costituire incentivi robusti verso un maggiore qualità della ricerca e della didattica. Nel prossimo futuro una quota crescente del fondo statale dovrà essere ripartita tra le università sulla base di una valutazione della qualità scientifica, didattica e dei servizi, in modo da creare una forte competizione. Su questo sfondo è essenziale che la risposta agli incentivi economici da parte del sistema universitario emerga in modo efficace e in tempi non biblici. Data l'estrema eterogeneità degli ordinamenti e la farraginosità delle strutture decisionali, infatti, gli incentivi potrebbero non avere gli effetti desiderati. Di qui l'importanza di una legge che ridisegni il sistema di governo degli atenei. Un secondo elemento, altrettanto importante per rendere efficace i "premi", è che vi siano norme che rendano conveniente agli atenei la selezione dei migliori ricercatori. L'obiettivo di una selezione di qualità viene affrontato pro' - ponendo l'istituzione di un concorso nazionale a lista aperta. Questa impostazione è soddisfacente in quanto elimina il conflitto di interessi che caratterizzava in precedenza le chiamate di professori; infatti con una lista di idoneità aperta la scelta di un nuovo professore viene resa in dipendente dalle pressioni interne alle facoltà, esercitate (sia pur legittimamente) da chi ambisce a una promozione. Anche la risposta al primo obiettivo, una nuova governance, appare ben impostata, in quanto si basa sull'idea di idéntificare in modo chiaro chi è responsabile della strategia dell'ateneo e della sua realizzazione, e come devono cooperare i differenti organi. Vengono fissati alcuni elementi cardine -il ruolo del rettore, del senato e del cda - lasciando altri elementi alla discrezionalità degli atenei. È consigliabile che gli elementi normati siano pochi, quelli veramente rilevanti, e che siano poi gli atenei a costruirsi delle istituzioni interne coerenti con una cultura moderna dell'education. Sotto questo profilo l'elemento più rilevante è l'attribuzione ai dipartimenti delle responsabilità che finora erano attribuite alle Facoltà: unificare il ruolo strategico della formazione e della ricerca sotto una sola struttura ci pone finalmente in linea con gli standard internazionali, Un complemento essenziale è l'adozione di un sistema di contabilità economico-patrimoniale e l'istituzione di un direttore generale con competenze manageriali: occorre uscire dalla logica del passato, legata solo all'osservanza delle norme, e muovere verso la logica di ogni istituzione pubblica moderna, quella del perseguimento efficiente degli obiettivi. Fattala norma trovato l'inganno: se si vuole evitare che le innovazioni introdotte rimangano di pura facciata, occorre che il disegno, di legge sia il più semplice possibile, con norme di cui si siano valutati con precisione gli effetti in termini di incentivi e disincentivi. Suggerirei di concentrare l'impianto su quegli elementi che ci avvicinano agli standard internazionali e la cui attuazione ha dato prova positiva negli altri Paesi avanzati. * Rettore della Luiss di Roma ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 29 Apr. ‘09 ACCUSÒ LA «CUPOLA» DEI BARONI: ASSOLTO IL PROF IN FUGA DALL' ITALIA ROMA - La lettera risale al 20 ottobre 2003: «Da parecchi anni l' area AGR/01 (Economia ed Estimo rurale) è dominata e colonizzata da una mafia accademica. La "cupola" è formata da una dozzina di professori i cui nomi si avvicendano in quasi tutti i concorsi». La sentenza, invece, è di ieri: accusato di diffamazione, il professor Quirino Paris, 75 anni, docente di Economia agraria all' University of California, sede di Davis, è stato assolto. Il giudice Laura Cancelli ha stabilito che «il fatto non costituisce reato»: la denigrazione c' è stata, ma è rimasta nei limiti del diritto di critica. Così come aveva sostenuto il pm Roberto Alfonsi. In via Gregorio VII, sede del giudice di pace penale, Paris prende la parola subito prima della sentenza. Da oltre 30 anni insegna negli Stati Uniti, da quando, nel 1975, fu dichiarato inidoneo a un concorso. Accanto al suo avvocato Maria Cristina Osele snocciola i titoli di cinque libri recenti: «L' università truccata», «I baroni» e altri. «Non sono stato altro che un umile precursore», si schermisce. «E non si è mai pentito», aggiunge il difensore. Il processo è nato da due lettere scritte da Paris sei anni fa al professor Luigi Labruna, allora presidente del Cun (Consiglio universitario nazionale), lettere all' origine della sua espulsione dalla Sidea (Società italiana di economia agraria): «La "cupola" - spiega Paris - ordina quali docenti devono essere eletti per formare le commissioni dei concorsi. È questo il sistema dei "santini" che ho denunciato all' epoca». E, secondo il professore, anche le commissioni di conferma, che a tre anni dall' incarico devono stabilire di nuovo se il docente è idoneo, sarebbero composte sempre dagli stessi membri, in questo caso scelti dal Cun. In aula ci sono tre degli accusati che hanno querelato Paris: Mario Prestamburgo (ordinario a Trieste, ex deputato dell' Ulivo, ex sottosegretario del ministero per le Risorse agricole nel governo Dini ed ex presidente della Sidea), Antonino Bacarella e e Salvatore Tudisca (docenti a Palermo). Per uno dei loro legali, Fabrizio Lanzarone, la diffamazione c' è: «Per i miei assistiti che vivono in Sicilia, essere additati come mafiosi è uno sfregio ulteriore. Il termine "cupola" ha un significato preciso: è la commissione provinciale di Cosa Nostra». Ma la difesa si appella all' inchiesta che, nata tra Milano e Firenze, è stata poi trasmessa a Trieste. Sei i docenti indagati, tra cui i presenti all' udienza. La procura ha chiesto l' archiviazione (non ancora decisa) ma, sostiene l' avvocato Osele, «solo perché c' è un buco legislativo: non si può contestare l' abuso d' ufficio ai professori che non hanno fatto parte delle commissioni». Tuttavia il provvedimento del pm Maurizio De Marco è pesante: «Prestamburgo - si legge - si pone al vertice di un gruppo di potere... I commissari nutrono una forma di timore reverenziale nei suoi confronti... Il documento firmato da 200 docenti a suo favore ne è la prova più evidente». E ancora: «Tale potere di influenza è utilizzato da Prestamburgo come merce di scambio, come risulta chiaramente dalle intercettazioni». L' avvocato Lanzarone è cauto: «Il giudice di Roma ha riconosciuto che la diffamazione c' è stata, ma non è emersa la volontà di offendere. Rispetto questa valutazione, deciderò se fare appello». Lavinia Di Gianvito La vicenda La lettera Nel 2003, in una lettera al presidente del Consiglio universitario nazionale, il professor Quirino Paris (sopra) afferma che l' area Economia ed Estimo rurale è colonizzata da una «mafia accademica» La sentenza Paris sostiene che tale «cupola universitaria» abbia il potere di ordinare quali docenti debbano essere eletti nelle commissioni dei concorsi, così come avviene poi per le successive commissioni che devono stabilire, dopo 3 anni, l' idoneità dell' eletto. Paris viene denunciato dalle persone accusate nella lettera. Ieri la sentenza di assoluzione Di Gianvito Lavinia ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 27 Apr. ‘09 UNIVERSITÀ, MENO FONDI PER I NUOVI MEDICI Ferrario: cure a rischio, Milano penalizzata Appello al governo: «Servono 6 milioni e mezzo». Il confronto con le altre regioni Pochi medici, meno cure per i cittadini. È da questo ragionamento che parte la protesta del preside di Medicina e Chirurgia della Statale, Virgilio Ferrario, che chiama in causa direttamente il ministero dell' Istruzione e quello della Sanità. Il responsabile di una delle più importanti facoltà scientifiche d' Italia è preoccupato per il numero ridotto di borse di studio post laurea concesse dal ministero dell' Istruzione, dell' Università e della Ricerca (Miur) a Milano (e al resto della Lombardia): «I contratti di formazione specialistica sono troppo pochi - dice Ferrario -. In un momento di scarse disponibilità finanziarie, il problema non può più essere trascurato». Alla Lombardia nel 2008/2009 sono state assegnate 750 borse di studio, cioè 60-80 in meno rispetto al fabbisogno stimato da Ferrario. Ognuna ha un valore di 1.800 euro netti al mese, per cinque anni: in gioco ci sono, dunque, almeno 6 milioni e mezzo di euro. «È necessario un cambiamento di rotta», sottolinea il preside di Milano in una lettera inviata nei giorni scorsi al ministro Maria Stella Gelmini e al sottosegretario Ferruccio Fazio. Una questione sollevata anche a nome dei suoi cinque colleghi lombardi Lorenzo Alessio (Brescia), Alberto Calligaro (Pavia), Paolo Cherubino (Università dell' Insubria), Antonio Scala (Vita-Salute San Raffaele) e Andrea Stella (Università di Milano-Bicocca), tutti in fermento per «un' ingiustificata anomalia che si trascina da anni e adesso dev' essere risolta al più presto». La Milano dai 691 mila ricoveri all' anno, con il 13% dei pazienti che arriva da fuori regione, viene considerata penalizzata, insomma, rispetto a Roma. Per supportare la sua convinzione, Ferrario mostra delle tabelle da cui risulta che in Lombardia c' è un medico specializzando ogni 13 mila abitanti, mentre in Lazio uno ogni 7.000. Calcoli complicati. «Oggi nei suoi conteggi il Miur attribuisce alla Lombardia 172 borse di studio che in realtà appartengono al Lazio», denuncia Ferrario, a capo del Coordinamento dei presidi della facoltà mediche della Lombardia. Si tratta delle 172 borse di studio dell' Università Cattolica, con sede amministrativa a Milano, ma che ha come ospedale di riferimento il Gemelli di Roma. «I contratti lombardi formalmente sono 872 (750 più 172, ndr) per 9 milioni e 700 mila abitanti - viene sottolineato nella lettera inviata alla Gelmini e a Fazio -. In realtà sono solo 750. Per 5 milioni e 600 mila cittadini quelle del Lazio sono, invece, 620 a cui bisogna aggiungerne altre 172». Di qui la richiesta: «Il problema dev' essere risolto per far fronte al bisogno di nuovi medici specialisti - insiste Ferrario -. È ora di mettere fine a ingiustificate sperequazioni che a lungo andare rischiano di ripercuotersi sulla salute dei cittadini lombardi. Il sottosegretario Ferruccio Fazio ci ha promesso la creazione di un tavolo tecnico: un' occasione importante per programmare il fabbisogno di borse di studio dei prossimi anni». Simona Ravizza sravizza@corriere.it 691 mila Ravizza Simona _________________________________________________________ il manifesto 29 Apr. ‘09 FRANCIA, STUDENTI E MEDICI SCENDONO IN PIAZZA INSIEME LA PROTESTA • Manifestazioni per le strade e nelle università: no alle riforme del governo, pensa solo al budget Anna Maria Merlo PARIGI Due cortei che si fondono in uno, medici e ospedalieri da un lato, ricercatori e studenti dall'altro, ognuno con le proprie rivendicazioni, ma con un malessere comune: tutti contro l'irruzione della logica mercantile ed economicista nel servizio pubblico. I ricercatori erano ieri alla loro undicesima manifestazione dall'inizio del movimento, che, con fasi alterne, conkinua malgrado le forti pressioni della ministra Valerie Pecresse, che minaccia di far perdere l'anno se i corsi non saranno completati prima delle vacanze estive. In venti università sulle 85 che conta la Francia, l'agitazione resta forte. A Lione II, lunedì ci sono stati alcuni incidenti, in occasione del voto per levare il blocco dei corsi organizzato dal rettorato: ha votato una piccola percentuale, meno del 15%, più dell'80% è favorevole alla ripresa dei corsi, mentre il principale sindacato degli studenti, l'Fse pegato alla sinistra radicale) aveva invitato al boicottaggio delle urne. Dopo gli scontri, l'università è stata chiusa. AI di là di questo episodio violento, i ricercatori hanno percepito in grande maggioranza come una «provocazione» la recente decisione del consiglio dei ministri di approvare la riforma che li riguarda, con qualche ritocco rispetto al testo originale, malgrado la forte opposizione degli ultimi mesi. La contestazione riguarda la logica economicista che il governo vuole imporre. E' la stessa protesta che ha ora raggiunto gli ospedali. Qui, per la prima volta, si è formato un fronte comune del personale sanitario, dai grandi professori fino a tutti i dipendenti. Ieri, nel corteo parigino - 20 mila persone, secondo gli organizzatori, 8 mila per la polizia - c'erano anche alcuni nomi famosi della medicina francese che hanno sfilato dietro lo striscione «contro l’ospedale-impresa». La riforma preparata dalla ministra della sanità Roselyne Bachelot significa «l'onnipotenza del direttore dell'ospedale - afferma Bernard Debré, figlio di un primo ministro di De Gaulle ed ex ministro della sanità in un governo di destra - ma io avevo l'impressione che fossero i medici a curare i pazienti, non il direttore». I medici contestano la logica dell'ospedale-impresa, che annullerebbe la specificità della sanità pubblica, applicando i criteri di gestione delle cliniche private, gerarchizzando le decisioni, tutte in mano al presidente- manager. Venticinque grandi professori di cliniche universitarie hanno firmato un testo di condanna della riforma, «la cui parola-chiave non è più la salute ma la redditività. La preoccupazione centrale non è più il malato, ma il budget dell'ospedale». La riforma Bachelot non è però contestata da tutti. Claude Evin, presidente della Federazione ospedaliera di Francia ed ex ministro della sanità socialista, la ritiene «assolutamente necessaria» e «lungi dall'essere liberista». Francois Chereque, della Cfdt, afferma: «Non sono sicuro che difendendo il potere dei medici si difenda l'ospedale». ___________________________________________________________________ il Giornale 27 Apr. ‘09 NON È LOGICO, MA PER ME È VERO: II LATO IRRAZIONALE DEGLI SCIENZIATI SOGNI NATI IN LABORATORIO Ecco ciò in cui credono (ma non possono provare) cosmologi e matematici: universi modificati, extraterrestri intelligenti, computer più veloci della luce Tommy Cappellini Ovviamente, quello che scacci dalla porta ti rientra in casa dalla finestra. Cerchi una spiegazione razionale per tutte le cose? Hai più fiducia nella Ragione che nel fatto di essere nato da una donna? -Certamente!», risponde lo scienziato, apparecchiando le provette per la fecondazione artificiale, Ma apparecchiando anche, senza saperlo, la propria nemesi. È recente la notizia che Galileo Galilei - l'astronomo «martire» par excellence, condannato come eretico dalla Chiesa per aver certificato il moto della Terra - credeva negli oroscopi. Anzi, li scriveva pure: le sue quaranta apredizioni astrali, escluse dal l'opera omnia pubblicata alla fine dell'Ottocento, usciranno invece nella nuova edizione diretta dal professor Paolo Galluzzi; direttore del Museo della Storia della Scienza di Firenze. Comunque, detto tra noi, se gli oroscopi non andavano bene al committente, Galileo ci faceva pure qualche ritocchino. Fece il maquillage anche al proprio, come ha raccontato William Shea, uno dei più famosi studiosi dello scienziato pisano. Niente di che, d'altra parte Keplero e Cartesio credevano che la luna fosse abitata. Dove inizia e dove finisce l'Intransigenza Scientifica? O meglio, la credulità, intenzionale o meno, degli scienziati? La vicenda di Galileo appare ancora piena di tenerezza rispetto a quanto si può trovare nel libro NON È VERO MA CI CREDO. Intuizioni non provate, future verità (il Saggiatore, pagg. 256, euro 15), dove John Brockman - agente letterario di scienziati e premi Nobel - ha raccolto le credenze di oltre cento intellettuali in gran parte di area scientifica, sotto un titolo che l'editore italiano ha mutuato - significativamente - da una commedia di Peppino de Filippo. Brockman avvicinava gli scienziati con un domanda rispettabile: «In che cosa credi, anche se non puoi provarlo?». Apriti cielo. Ce n'è per tutti i gusti. Leggendo il libro - ma anche il suo corrispettivo sul web, www. edge.org - si scopre che Martin Rees, cosmologo a Cambridge, crede negli -universi geneticamente modificatìy, cioè quei mondi che i nostri lontani discendenti - creeranno a partire da leggi fisiche stabilite da loro, e non dalla natura . Molto coraggioso. Come Ray Kurzweil: «Credo che i computer supereranno la velocità della luce, anche se 300mila chilometri al secondo possono sembrare una velocità ragguardevole. 0 come Richard Dawkins: -La teoria di Darwin vale non solo per la terra ma anche per ogni forma di vita in tutto l’universo. Manca poco prima di sentir menzionare gli alieni, sebbene Kenneth Ford- direttore dell'American Institute of Physics - ci vada vicino: Credo che ovunque nella nostra galassia esista una vita microbica. Scopriranno che su Marte c'è stata la vita, ma che oggi non c'è più. Più lontano si spinge Karl Sabbagh: Se nell'universo esiste una qualsiasi forma di vita intelligente, credo che conosca i numeri. Ancor più lontano J. Craig Venter: =La Terra è il risultato di un evento panspermico. È stata "seminata" da microrganismi primordiali provenienti dalla spazio. E chissà cosa avrebbe pensato Franz Kafka di Alun Anderson, ex direttore del prestigioso New Scientist: «Gli scarafaggi hanno una coscienza. Qualcuno può trovare la cosa disgustosa ma io penso che sia così. Vale anche per le api e le farfalle,. Ma tra tutti gli scienziati «credenti», però, il nostro cuore batte per David Buss, dell'università del Texas: aCredo che il vero amore esiste. Ho passato due decenni di vita professionale a studiare l'accoppiamento umano. Pur avendo esplorato tutte le infinite forme di inganno e manipolazione tra i sessi, la mia fede nel vero amore è incrollabile. So che esiste. È solo, ahimè, che non posso dimostrarlo>. Come dire, un vero scienziato pazzo. D'amore. NELLA GALASSIA C'è chi é convinto che un tempo su Marte c'erano forme di vita, oggi estinte SUlLA TERRA E Cè chi sta cercando da anni la formula scientifica del vero amare ALBERT EINSTEIN: II RELATIVISTA CHE CREDEVA IN DIO Non credeva in un Dio personale che premiasse o castigasse, Albert Einstein (1879-1955). Purtuttavia credeva: -Nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste-. Einstein, che oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, premio Nobel perla fisica nel 1921, fu un grande pensatore e attivista in molti altri ambiti (dalla filosofia alla politica), aveva anche una fede più forte; Nell'infinità della stupidità umana. Se dovessi rinascere, farei l’idraulico, disse una volta. Ma quest'ultima affermazione la disse poco dopo l'olocausto atomico di Hiroshima. GALILEO GALILEI Il padre dell'astronomia che compilava oroscopi Galileo Galilei (1564-1642), uno dei più grandi scienziati della modernità - fisico, matematico, astronomo e filosofo allo stesso tempo - nella sua vita professionale, nonostante fosse un convinto razionalista, fece numerosi oroscopi. Galileo era cioè anche un astrologo (attività per la quale veniva anche ben retribuito). II padre del metodo scientifico e dell'astronomia moderna non disdegnava compilare oroscopi (per esempio, in occasione della nascita delle figlie, oppure pronostici sul futuro di personaggi noti dell'epoca, o ancora riguardanti le sorti del Granduca di Toscana). Ovviamente inciampando in clamorosi errori... ISAAC NEWTON IL FONDATORE DELLA FISICA CHE CALCOLÒ L’APOCALISSE II pensiero positivista di Isaac Newton (1642-1727) non fu impermeabile al senso del mistero e della superstizione. Oggi sappiamo che lo scienziato, fondatore della meccanica classica e padre della fisica moderna, studiò a lungo - e la riprova è nelle migliaia di pagine (a tutt'oggi inedite) che vi scrisse sopra - argomenti non proprio scientifici come l'astrologia, la numerologia, le profezie bibliche, la magia. la cabala, L’ermetismo. In particolare nell'ultima parte della vita, si dedicò all'interpretazione dell'Apocalisse, arrivando a calcolare per il 2060 la fine del mondo. ILIA IVANOV Il biologo che voleva ibridare uomini e scimmie Il biologo russo Ilja Ivanov (1870 -1932), biologo, studiò l'inseminazione artificiale e l'ibridazione interspecifica, ottenendo risultati di grande rilievo. A un certo punto le sue ricerche presero una brutta piega; cominciò a credere nella possibilità di ibridare l'uomo e le scimmie antropomorfe per ottenere un essere superiore, invincibile. Gli esperimenti avvennero realmente, a metà degli anni Venti in Guinea, ma fallirono tutti. Come quelli compiuti dopo il suo ritorno in Unione Sovietica, nel 1927, quando tentò l'ibridazione mediante fecondazione di femmine umane con spenna animale. NIKOLA TESLA L'inventore del 20 secolo che dava la caccia agli ufo Il serbo-americano Nikola Tesla (185G-1943) fu fisico, ingegnere meccanico e tecnico elettrotecnico. Contribuì coni suoi studi a enormi progressi nei campi dell'automatismo, della balistica, dell'informatica, della fisica nucleare e della fisica teorica e a lui sono attribuitele idee base di molte invenzioni rivoluzionarie, tanto che qualcuno lo definì «l'uomo che ha inventato il Ventesimo secolo. Durante gli ultimi anni della sua vita, Tesla fu considerato uno «scienziato pazzo. perché prese a pensare troppo agli alieni: inventò persino una radio specifica - il teslascopio - per comunicare con forme di vita extraterrestre di altri pianeti. ________________________________________________________ La Discussione 30 Apr. ‘09 ARATA: COSÌ LA CONOSCENZA DIVENTA BUSINESS Intervista con Manuela Arata, dirigente del cnr di Adoffo Spezzaferro ROMA - Conoscenza che diventa prodotto 'innovativo e quindi competitivo. È questa la formula per rilanciare le Pmi del Meridione attraverso l’innovazione tecnologica. Ne abbiamo parlato con Manuela Arata, Technology transfer officer del Consiglio nazionale delle ricerche e consigliere di amministrazione di Quantica Sgr, due degli attori principali del "Fondo High Teeh", realizzato in collaborazione con il ministero per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione. L'obiettivo è rilanciare il Sud finanziando le Pmi che investono nell'innovazione. Quali sono le relazioni con il progetto lanciato dal Cnr insieme con Invitalia per attrarre capitali stranieri nel Mezzogiorno? Se l’iniziativa Fondo High Tech avrà successo, sarà la dimostrazione che il business dell'innovazione tecnologica funziona. E se funziona, sarà vendibile anche a investitori stranieri. Quantica agisce già in questa ottica. 11 Cnr si sta muovendo unitamente alle Università anche per garantire una continuità alle imprese innovative. Sono convinta che il genitore tecnico-scientifico sia essenziale nella vita di un'impresa. In che senso? È fondamentale non soltanto per farla partire ma anche per farla andare avanti in una logica d'innovazione. Noi abbiamo i produttori di conoscenza che aiutano gli imprenditori, abbiamo i capitali per finanziarli, abbiamo la possibilità di farlo con sistema-Paese che attrae investimenti esteri. E quanto ci vorrà per vedere i primi risultati? Già oggi abbiamo gli investitori stranieri che ci corrono dietro. Attualmente la maggior parte degli investimenti di venture capital vengono fatti da fondi stranieri. Con questi progetti rafforziamo anche il mondo finanziario italiano. Nei corsa del convegno sul Fondo Ht é stato detto che rispetto al passato gli investitori stranieri investono un po' meno. Basti pensare al settore farmaceutico Questo rientra nelle logiche e nelle dinamiche del mercato globale. Noi, operando nel settore dell'Ht, siamo molto più esposti a livello internazionale. E comunque sarebbe sbagliato pensare dì poter controllare il mercato. In che cosa consiste la sfida allora? Nel risolvere il problema di attrattività e di gestione delle imprese in Italia. Fortunatamente l'Ht è il settore che risente meno della crisi economica globale. Lo dimostrano gli ordinati-vi, la forte presenza nei mercati di. nicchia e l'alto livello di qualità. Paradossalmente, come è stato detto dal professor Porzio nel. suo intervento, la nostra sfida è meno rischiosi, se la mettiamo in relazione con l’incertezza che stanno affrontando altri settori colpiti dalla crisi _____________________________________________ Il Sole24Ore 28 Apr.’09 BENESSERE, ALTRO CHE CRESCITA ZERO IMMAGINARE IL FUTURO FATTORI DI CRESCITA Innovazione e ricerca sono le sole risposte possibili alla tempesta economica e finanziaria: l'Italia stia attenta a non farsi ingabbiare dal solito conformismo di Innocenzo Cipolletta Dopo questa crisi, nulla sarà ~ più come prima». Quante volte abbiamo sentito, e ancora sentiremo, questa affermazione. Con essa s'intende, spesso, un ritorno al passato, dove tutte le novità, che si presume abbiano causato la crisi, finiranno per rappresentare gli emblemi di un "mondo che non ci sarà più". Basta con gli eccessi della finanza, ora si tornerà all'economia reale. Non più debito, ma capitale. Stop alle innovazioni finanziarie: solo strumenti che anche gli ingenui riescono a capire. Limiti alle remunerazioni dei manager e abolizione di bonus e stock option. Più regole e controlli pubblici e meno taissez faire nell'economia e nella finanza. Meno mercato e più Stato: torna la politica che conta. Meno globalizzazione e più potere alle nazioni. Consumi moderati e modelli di vita più frugali, Auto più piccole e ritorno ai prodotti locali. E si potrebbe continuare. Se tutto ciò fosse vero, sarebbe facile disegnare il futuro e capire dove stiamo andando: basterebbe immaginare e fare il contrario di quanto è avvenuto fino ad oggi. Purtroppo, o meglio per fortuna, queste profezie hanno poca probabilità di avverarsi, almeno nel loro insieme. E questo, non perché il mondo non avrebbe bisogno anche di maggiori equilibri, ma perché le crisi, con i loro disagi, agiscono anche da grandi acceleratori d'innovazioni, che emergono proprio nei periodi più tormentati. Infatti, è in tali periodi che conviene sperimentare innovazioni (tecnologiche, organizzative, finanziarie, eccetera) per superare le difficoltà presenti e prendere un vantaggio rispetto a quanti sono ancora alle prese coni vecchi problemi. Così è stato dopo la prima crisi da petrolio (1973), quando la carenza di greggio prima, e la moltiplicazione per quattro del suo prezzo poi, avevano sprofondato il mondo in una recessione molto simile all'attuale, per ampiezza geografica e per profondità di caduta del reddito. Anche allora, dopo la crisi e per un certo tempo, si era sicuri che si sarebbe tornati indietro: tutta l'economia dell'auto sarebbe scomparsa; si era certi che i viaggi e gli spostamenti sarebbero stati ridotti al minimo; che i consumi sarebbero tornati a quelli frugali del precedente dopoguerra; che non si sarebbe più vissuti a debito. Il Club di Roma profetizzò e reclamizzò la "crescita zero", per carenza di energia e di materie prime. L'era dello sviluppo e del consumismo sembrava tramontata per sempre. Invece avvenne tutto il contrario. Partì da quegli anni una forte spinta innovativa, generata proprio dalla crisi da petrolio, che consentì il ritrovamento dì nuovi giacimenti di petrolio, l'avvio di fonti d'energia alternative, indusse al risparmio energetico e modificò ampiamente i sistemi di produzione e i modi di vita, attraverso le innovazione generate dall'elettronica, dall'informatica e dalle tecniche di comunicazione. Ne derivò una spinta forte alla crescita economica, allargata a nuovi Paesi e nuovi mercati (la globalizzazione);l’esplosione d'innovazioni finanziarie per consentire questa crescita e per collegare mercati e Paesi molto diversi tra di loro; il susseguirsi di bolle speculative. Contrariamente alle aspettative d'allora, il mondo s'avviò verso un periodo di forte crescita economica e di potenti innovazioni che, lungi da riportarci indietro negli anni, ci hanno proiettato in un nuovo futuro con cui poi abbiamo dovuto fare i conti, essendo sfociato nella crisi finanziaria attuale. Oggi nessuno è ancora in grado di predire quali saranno le innovazioni che ci consentiranno un nuovo ciclo di sviluppo, ma è certo che la ricerca sta facendo passi rilevanti in molti campi per dare risposte ai problemi attuali. E basti pensare a quanto ancora può darci l’informatica e l'elettronica. Oppure alla ricerca in campo biologico (compresa la neurologia) le cui applicazioni spaziano dalla sanità, all'alimentazione, alle fonti d'energia, fino ai nuovi materiali e all'introduzione dell'informatica nel campo biologico dei tessuti umani, consentendo nuove soluzioni a vecchi problemi e nuovi prodotti da immettere sul mercato. La ricerca è un potente fattore di crescita, non solo perché dà risposte a problemi della gente, ma anche perché rende obsoleti i beni e i servizi che imprese e famiglie utilizzano, inducendo a fenomeni di sostituzione accelerata. Questi fenomeni sono la molla dello sviluppo, sia perché fanno emergere nuove imprese capaci di fornire prodotti con nuove tecnologia, sia perché inducono famiglie e imprese a rinnovare il parco del loro beni, sia infine perché presuppongono nuovi modi di vita e di consumo a cui sono associati nuovi prodotti e nuovi servizi. Da qui nuovi cicli espansivi degli investimenti delle imprese e dei consumi delle famiglie in tutto il mondo. Poiché le innovazioni, come detto, hanno tendenza ad accelerare nei periodi di crisi, ecco che l'uscita dall'attuale crisi finanziaria e reale sarà tutto meno che il ritorno ai vecchi valori e alle vecchie abitudini, come qualcuno prevede, e forse spera. Tutto bene, dunque, e basta solo aspettare che la crisi giunga al termine? No di certo. Occorre invece prepararsi bene sia per sfruttare le nuove occasioni, sia per evitare le nuove tensioni che si produrranno. Le innovazioni, mentre risolveranno molti problemi, porteranno anche nuovi squilibri e tensioni, sia per la sostituzione di posti di lavoro e d'imprese che esse implicano, sia per la somma di problemi etici e politici che faranno esplodere, E l'Italia non è certo il Paese dove l’innovazione viene salutata con entusiasmo, per il forte conformismo corporativo e confessionale che ci caratterizza, come recenti esperienze in campo sociale e in campo etico stanno a dimostrare. ___________________________________________________________________ Le Scienze 30 Apr. ‘09 SCIENZE: L'INGANNO DEL SENSO COMUNE Di Marco Cattaneo Le due più fertili e affascinanti teorie fisiche del XX secolo, la meccanica quantistica e la relatività, proprio non ne vogliono sapere di andare d'accordo. Lo sanno bene i fisici che da decenni cercano di elaborare una teoria della gravità quantistica che rifletta i principi di entrambe. E se ne era già accorto - prima di tutti, come al solito - Albert Einstein. Oltre al problema di integrare la gravità - descritta dalla relatività generale - con le altre tre forze, per avere una descrizione unitaria delle leggi di natura, c'è infatti la grana che il genio di Ulm espose come un paradosso nel 1935, insieme a Boris Podolsky e Nathan Rosen, in un articolo intitolato Può la descrizione quanto-meccanica della realtà ritenersi completa? In quello storico lavoro i tre illustravano un esperimento ideale che dimostrava come, secondo i principi della meccanica quantistica, una misura eseguita su una parte di un sistema quantistico poteva propagarsi istantaneamente a un'altra parte dello stesso sistema. Quel fenomeno è chiamato entanglement, e con buona pace di Einstein, Podolsky e Rosen la sua esistenza è stata pienamente dimostrata, al punto da essere la base degli esperimenti sul teletrasporto quantistico. Eppure resta uno dei concetti più difficili da assimilare della fisica contemporanea, perché inganna il senso comune. Come spiegano David Z Albert e Rivka Galchen nel loro articolo Sfida quantistica alla relatività speciale, a p. 40, il nostro intuito alimenta l'idea che i fenomeni siano determinati da precisi rapporti causa-effetto che comportano un'interazione diretta o indiretta tra la prima e il secondo. L'entanglement, invece, viola questo «principio di località»: il cambiamento di stato di un elettrone può influenzare direttamente e istantaneamente lo stato di un altro elettrone dalla parte opposta della galassia senza «agire» su nessun altro oggetto fisico che stia nel mezzo. E questa «non località» può minare alla base i fondamenti della relatività speciale. Albert e Galchen illustrano con chiarezza il complesso dibattito che è andato sviluppandosi negli ultimi anni in senso alla comunità scientifica, riportando al centro dell'attenzione la questione dell'interpretazione della meccanica quantistica e dei fenomeni a essa associati, fino ai più recenti tentativi di conciliare due visioni del mondo che sembrano decisamente in rotta di collisione. Albert ha contribuito personalmente al dibattito, pervenendo a conclusioni che imporrebbero un drastico ridimensionamento della nostra possibilità di descrivere il mondo. Non è una lettura facile, e non per ragioni di competenze specifiche, ma perché richiede di rinunciare a molte delle più radicate convinzioni della nostra logica quotidiana. Ma dà l'idea di come stia evolvendo la riflessione di fisici e filosofi della scienza sui fondamenti della fisica, a partire dalle critiche di Einstein alla meccanica quantistica. Da questa riflessione potrebbe emergere una visione del tutto nuova dello spazio - in senso lato - in cui siamo immersi, nella quale la non località quantistica potrebbe trovare posto in una cornice più ampia e coerente. La sfida aperta potrebbe constringerci a smantellare, rivedere, ridimensionare o addirittura rifondare i pilastri che sostengono la migliore descrizione del mondo che abbiamo elaborato fino a oggi. Per questo la lettura di Albert e Galchen vale lo sforzo di astrarsi - almeno per qualche minuto - dal senso comune con cui affrontiamo la vita di ogni giorno. ___________________________________________________________________ Le Scienze 30 Apr. ‘09 LE DIFFERENZE TRA UOMINI E DONNE Scheda libro Il paradosso dei sessi. Uomini, donne e il vero scarto tra i generi Susan Pinker Einaudi, Torino, 2009 pp. 402 Perché le ragazze vanno meglio a scuola, ma nel lavoro non riescono a eccellere? Soltanto dieci anni fa nessuno si sarebbe posto questa domanda: il maschio brillava a scuola e nella vita, e ciò infiammava il dibattito sulle discriminazioni di genere. Oggi molti ostacoli sono stati rimossi, ma il percorso è stato lungo. E ci troviamo di fronte a un panorama di questo tipo: «Negli Stati Uniti, i ragazzi inseriti in classi "differenziali" sono tre volte più delle ragazze, i bocciati sono il doppio delle bocciate e l'abbandono scolastico al maschile è tre volte superiore a quello femminile», scrive Susan Pinker, psicologa e giornalista, nel suo libro edito da Einaudi. Se si dovesse prevedere il futuro sulla base dei risultati scolastici il mondo potrebbe diventare dominato dall'altra metà del cielo. Eppure non sarà così. Non appena gli uomini si spostano dai banchi di scuola al mondo del lavoro, la musica cambia. Il libro, puntuale e approfondito, analizza questi aspetti con la consapevolezza che le statistiche, pur essendo importanti, non raccontano la realtà. Come, per esempio, il dato secondo cui il quoziente intellettivo degli uomini è significativamente più variabile di quello delle donne. In pratica, ci sono più maschi nelle categorie «superintelligenti» e «supertonti», mentre le femmine si collocano quasi tutte nella fetta intermedia. Pinker sintetizza il concetto: «Non esiste un Mozart femmina perché non esiste un Jack lo Squartatore femmina», mutuando il pensiero di Camille Paglia, antropologa e sociologa statunitense. L'autrice puntualizza poi che le discriminazioni di genere non sono certo acqua passata. Persistono, magari sotto forme diverse rispetto a cinquant'anni fa, ma non per questo sono meno dolorose. Eppure, da femminista «atipica», come lei stessa si dipinge, Pinker mette in evidenza che nonostante decenni di rivendicazioni e risultati raggiunti le donne restano ancora in gran parte escluse dal mondo dei manager. E azzarda un'ipotesi: è possibile che il genere femminile opponga una sorta di resistenza passiva nei confronti dei vertici di aziende, amministrazioni pubbliche, università. Al contrario, gli uomini non si fanno mai scappare l'occasione. Una differenza, questa, che potrebbe avere sì motivazioni culturali e sociali, sedimentate nei secoli, ma anche origini biologiche. «Per molto tempo il genere femminile è stato considerato una variante di quello maschile, ma oggi sappiamo che non è così», scrive la psicologa. La narrazione delle società ha spesso adottato il maschio come modello di riferimento. E il femminile come una «sua» variante. Lo stesso desiderio di analizzare il comportamento femminile in funzione di quello maschile è figlio di questo pensiero dominante. L'assunto di Pinker, invece, è che i due mondi sono separati e diversi: le donne manifestano doti che i maschi non si sognano nemmeno. Hanno un ampio spettro di interessi, uno spiccato senso dell'empatia, esprimono più spesso dei maschi attenzioni verso gli altri e verso le loro esigenze. Tutte cose che non si imparano strada facendo, come sosteneva Simone de Beauvoir («donne non si nasce, si diventa»), ma sono il risultato dell'interazione tra ambiente, geni e ormoni. Mentre si trovano nella pancia materna, i maschi sono esposti ad alti livelli di testosterone, che sviluppa in loro maggiore competitività, personalità dominante, propensione agli atteggiamenti audaci e vendicativi. Al contrario, le donne ricevono dosi massicce di ossitocina già a livello fetale, che facilita in la comprensione delle emozioni altrui e la tendenza ad aiutare il prossimo. Non a caso l'ossitocina è più nota come ormone delle coccole. Come a dire: conoscere e riconoscere le differenze tra i sessi non è un passo indietro, ma due in avanti. di Massimo Barberi ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Apr. ‘09 LO SCIPPO DEL G8 È COMINCIATO CINQUE MESI FA Nel novembre scorso 522 milioni dei fondi Fas vennero «sganciati» dall’evento di Piero Mannironi LA MADDALENA. Che a Silvio Berlusconi il G8 alla Maddalena non piacesse proprio è ormai un’evidenza politica. Forse al Cavaliere non è mai andato giù che di quell’evento planetario non fosse il protagonista assoluto, ma “solo” il regista e uno degli attori sul palcoscenico. La sceneggiatura, infatti, era stata già scritta da altri: da Romano Prodi e dall’ex governatore della Sardegna Renato Soru. La conferma di questa insofferenza verso la Maddalena è arrivata dalle cicliche esternazioni del presidente del Consiglio. Nei mesi scorsi Berlusconi non è infatti riuscito a nascondere il suo desiderio di trasferire il vertice dei Grandi altrove. A Napoli o a Cernobbio. Segnali che non potevano passare inosservati nel mondo della politica dove, come si sa, nulla accade per caso, ma tutto ha una ragione e uno scopo. Ecco perché, andando a scavare nelle carte parlamentari, si possono trovare alcuni segnali che oggi possono essere facilmente interpretati come i primi passi di uno sganciamento del G8 dalla Maddalena. Come leggere, infatti, l’operazione di “scarnificazione” finanziaria consumatasi alla fine dello scorso anno, con lo “scippo” dei 522 milioni di euro che erano stati accantonati dai fondi Fas per le opere collaterali al G8? Nel novembre 2008, intuendo che si stava silenziosamente consumando un’operazione che avrebbe tolto l’ossigeno all’organizzazione del G8 alla Maddalena e alla realizzazione di importanti opere infrastrutturali nel nord Sardegna (come la Sassari-Olbia), alcuni parlamentari sardi cercarono di intervenire. A Montecitorio, il democratico Giulio Calvisi e un gruppo di deputati sardi (insieme a decine di colleghi dell’opposizione, per dire la verità) presentò un’interpellanza urgente. «Il governo — disse Calvisi — non ha ancora sganciato un euro per l’organizzazione del summit di luglio, che è evento di interesse internazionale e quindi non può ricadere interamente sulle casse dell’isola. Allora, dove sono i soldi promessi ad agosto, con una ordinanza del Consiglio dei ministri, visto che nel decreto legge di fine ottobre non se ne trova traccia? ». Tra le garanzie chieste da Calvisi al governo, c’era anche quella del completamento della strada Sassari-Olbia, opera inserita fra le infrastrutture urgenti per il G8 e quindi soggetta a una procedura accelerata. Il parlamentare del Pd, in quell’occasione, espresse esplicitamente il dubbio che i ritardi nei lavori potessero essere l’occasione, dopo qualche mese, «per dirottare il vertice in altra sede». Il 20 novembre, i senatori del Pd Francesco Sanna, Giampiero Scanu e Antonello Cabras cercarono invece di bloccare la temuta emorragia dei finanziamenti, presentando un emendamento al decreto legge numero 162. «C’è un accordo tra il Governo e la Regione Sardegna — disse il 19 novembre Sanna in fase di discussione — per cui le opere che servono, un terzo, vengono finanziate, è vero, dai fondi Fas, ma quelli interregionali, perché questa è una questione che riguarda la politica di tutto il Paese. E’ quanto è stato scritto dall’onorevole Silvio Berlusconi nell’ordinanza di protezione civile del 31 agosto. Poi, il 23 ottobre, Berlusconi ha smentito se stesso, togliendo i fondi del Fas interregionale e ha utilizzato di nuovo i Fas prelevati, tutti e solo, da quelli a disposizione della Regione Sardegna. Dimenticandosi che questo G8, che avrà un impatto enorme su tutto il Nord della Sardegna in un tempo di concentrazione turistica, prevedeva anche la realizzazione di un’importante arteria viaria che così, improvvisamente, sparisce». Il venti novembre venne presentato l’emendamento, con il quale si chiedeva di reinserire i 522 milioni di euro nel decreto legge che avrebbe poi dovuto diventare legge ai primi di dicembre. Non basta, con questo emendamento i senatori democratici tentarono di integrare i fondi dei Fas interregionali, portando la quota di finanziamento da 96 milioni di euro a 111. L’emendamento cercava di correggere l’anomala ripartizione dei fondi (tutti presi dai Fas per la Sardegna), ma, nella sostanza, tentava soprattutto di inserire le risorse nel decreto per “blindarle”. In quell’occasione, l’ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu diede un assist a Sanna e Scanu. «Ci troviamo di fronte a una scelta — disse Pisanu — di politica estera, e soprattutto di sicurezza, in virtù della quale la Maddalena viene scelta come sede del G8 per l’anno venturo. E’ davvero singolare che i costi di un evento di politica estera, determinato da ragioni di sicurezza, vengano posti a carico della Regione che ospita il G8. Questo vale per il caso in questione e, ovviamente, deve valere per tutti i casi. Quindi, chiederei veramente ai colleghi di considerare con un minimo di distacco e di serenità questo dato di fatto». Era un modo per aprire la strada a una soluzione bipartisan e superare così lo steccato degli schieramenti. Ma il relatore, Angelo Maria Cicolani, dichiarò la propria contrarietà all’emendamento presentato da Sanna, Scanu e Cabras. Così, in quel momento, centinaia di milioni di euro vennero svincolati dal G8 ed entrarono nella cassa del “bancomat” dei fondi Fas, alla quale il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ricorre sempre più spesso per affrontare le spese più svariate. Scanu ottenne in extremis che si votasse almeno un ordine del giorno, che passò quasi all’unanimità. Un voto che salvò le coscienze dei parlamentari dell’opposizione, ma i soldi erano ormai sganciati dal G8 e per il G8 alla Maddalena era l’inizio della fine. «Avevo visto giusto — dice oggi Sanna —. Fissare quei fondi in legge era l’unico modo per non farli scippare alla Sardegna e alla Maddalena». ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 26 Apr. ‘09 CAPPELLACCI: «L’ISOLA AL CENTRO DEGLI IMPEGNI DEL GOVERNO» IL VERTICE Arriva il presidente della Regione Abruzzo PORTO CERVO. Diplomazia e ottimismo. Il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, mostra il suo volto rassicurante di fronte al trasloco del G8 all’Aquila. Il governatore non nega lo spot mondiale che il summit internazionale di luglio avrebbe regalato all’isola della Maddalena e alla Sardegna. Preferisce però archiviare il pensiero del trasferimento e dirottare le energie sul vertice sull’ambiente di settembre. «Il G8 rappresentava una opportunità straordinaria per La Maddalena, per attivare un processo di sviluppo che poteva avere una grande visibilità - ha detto a Porto Cervo, ospite della manifestazione Wine festival -. Credo che questo risultato non venga meno. C’è infatti l’impegno del governo a completare tutte le opere infrastrutturali in corso. Perdiamo un momento di grande visibilità mediatica, quei tre giorni del summit di luglio. Dall’altro lato conquistiamo un G8 sull’ambiente che si terrà a settembre e il riconoscimento definitivo della Maddalena come sede deputata a ospitare congressi nazionali e internazionali». Nell’agenda del presidente, per la prossima settimana, c’è già fissato un incontro con il ministro degli Esteri. «Ci sono diversi appuntamenti che La Maddalena potrebbe ospitare - ha precisato -. Con Franco Frattini dobbiamo fare l’inventario di quegli eventi possibili per immaginare un avvio di questo percorso consono al luogo, alla Gallura e in particolare agli investimenti che sono stati realizzati alla Maddalena». Venerdì Cappellacci era volato a Roma per un faccia a faccia con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Un incontro utile per capire il nuovo futuro pensato per l’isola della Maddalena, orfana del G8, dei militari a stelle e strisce, dell’arsenale. «Nella riunione di Roma ho avuto rassicurazioni sul completamento di tutte le opere - ha dichiarato Cappellacci -. Ma anche per la Sassari-Olbia a quattro corsie. Questo impegno, che era stato già manifestato dal governo, viene confermato oggi. Dalla prossima settimana ci potremo sedere intorno a un tavolo per parlarne». Il presidente ripercorre poi gli ultimi due giorni, vissuti come dentro un frullatore di emozioni, orgoglio, preoccupazione, solidarietà, e culminati nel vertice con il premier. «Sono andato a Roma portando con me il sentimento che credo riassuma lo spirito di ogni sardo - ha raccontato -. Quello cioè di poter essere orgoglioso di fare la nostra parte per alleviare il dolore di chi ha vissuto la tragedia del terremoto in Abruzzo. Di fronte a una situazione di questo tipo l’azione di governo non può che essere orientata al bene comune e alle priorità. I campanili vengono meno. Subito dopo, il mio pensiero è andato all’isola della Maddalena, a un territorio di talenti e di eccellenze, che nonostante le grosse potenzialità porta le ferite di una crisi congiunturale e di problemi antichi. Il G8 doveva essere una possibilità di riscatto, un grimaldello per aprire un percorso. In termini di prospettiva questa possibilità non è venuta meno». Cappellacci non crede che il futuro da perla del turismo a cinque stelle pensato per La Maddalena verrà oscurato dal trasferimento del G8. «Non sono tre giorni che possono fare la differenza - ha precisato -. Certo si tratta di tre giorni importanti per la promozione e la visibilità. Ciò che però è importante è il dopo. Ed è sul dopo che possiamo ragionare partendo dai lavori e dalle strutture che alla Maddalena sono state realizzate in questo anno e che verranno portate a termine». Nell’agenda di Ugo Cappellacci per la prossima settimana ci sarà anche l’incontro a Cagliari con il presidente della Regione Abruzzo. «Andrò in Sardegna per ringraziare personalmente il presidente Cappellacci - ha dichiarato Gianni Chiodi -. La riunione l’ho concordata con il presidente del consiglio Silvio Berlusconi». (se.lu.) ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 Apr. ‘09 GALLURA,ADDIO AL SUMMIT SENZA RIMPIANTI Nessuno si nasconde dietro un dito, e nemmeno ha voglia di farlo. Ma la premessa («il G8 di luglio sarebbe stato un’eccezionale vetrina sul mondo») lascia spazio a reazioni diverse dalla rabbia. «La decisione di spostare il summit all’Aquila non si può contestare. È giusto aver fatto prevalere le ragioni della solidarietà, per la Sardegna nulla è perduto». Le voci arrivano dalla Gallura, lì dove il turismo fa girare l’economia e vale migliaia di buste paga. Lì dove, adesso, si punta al vertice d’autunno: sempre alla Maddalena gli otto grandi del pianeta dovrebbero confrontarsi sull’ambiente, come promesso dal premier Berlusconi. «Sarà una prova di destagionalizzazione », dicono imprenditori e top manager, tutti sardissimi. COLONY CAPITAL. Renzo Persico, l’avvocato cagliaritano prestato al business, presiede il Consorzio Costa Smeralda: 4mila condomini nel lusso di Porto Cervo, il borgo passato nel 2003 alla Colony Capital del magnate americano-libanese Tom Barrack. Intanto ci sono ragioni del cuore: «L’Aquila - sottolinea Persico, oggi seduto sulla poltrona che fu del principe Aga Khan - è adesso la capitale italiana del dolore. Bisogna essere solidali». Sulla partita economica, ossia il rischio che La Maddalena perda il treno della riconversione, l’avvocato è ottimista: «Il Governo ha assicurato strumenti e terapie per non lasciare indietro l’isola. Noi sardi dobbiamo essere bravi a non spegnere il faro mediatico su La Maddalena: in questi mesi ha già recuperato nel mondo un’immagine di luogo del mito». Persico, che al G8 degli industriali ha incontrato il premier, sposa l’idea di tenere nell’arcipelago il summit sull’ambiente: «Il tema si presta ancora meglio alle peculiarità del territorio. A settembre, peraltro, i turisti hanno già celebrato il loro rito». STARWOOD. Dal colosso di White Plains, nel Connecticut (750 alberghi, di cui quattro gestiti in Costa Smeralda), parla il general manager Franco Mulas: «Non si può negare che il G8 di luglio, a costo zero, sarebbe stato per La Maddalena un’incredibile opportunità commerciale e di sulmarketing. Ma lo spostamento all’Aquila è inappuntabile: una scelta di grande importanza umana». Mulas fa appello alla Regione perché «continui a dare una mano per promuovere la Sardegna », in vista del probabile summit sull’ambiente: «Approfittiamo di questi mesi per migliorare la macchina organizzativa e mettere in rete anche l’enogastronomia. Una sfida nella sfida, ma ricordiamoci che si può tutto». Di certo il G8 mancato non avrà contraccolpi sulla stagione Starwood: «Un’agenzia - dice il manager - ci aveva contattato per prenotare delle camere. Ma, a onor del vero, non è seguita una richiesta ufficiale». La Starwood, insomma, non ha cambiato tabella di marcia con habitué e nuovi ricchi, pronti a sbarcare in Costa Smeralda. SPERANZE D’AUTUNNO. Alla Sardinia yacht service, che fa business col noleggio di vere e proprie regge galleggianti, l’idea del G8 a luglio non ha mai suscitato entusiasmi. Il patron Renato Azara lo conferma: «Proprio in un mese chiave della stagione turistica, rischiavamo pesanti restrizioni. Nessuno nega che il vertice sia una vetrina internazionale: ben venga l’appuntamento in autunno, ci aiuterà ad allungare la stagione ». All’obiettivo guardano anche da Porto Rotondo, dove Gigi Barbanzellu, agente immobiliare con clientela vip, plaude alla decisione del premier: «Il turismo sardo deve puntare anche sui mesi di spalla, speriamo che il G8 sull’ambiente inauguri un cambio di passo per il settore. Della Maddalena, comunque, si è parlato per mesi. Sono sicuro che non verrà dimenticata, ma una mano agli abruzzesi bisognava darla». ALESSANDRA CARTA ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 25 Apr. ‘09 I FONDI FAS E LE MAGIE DEL CAVALIERE Grazie all’accordo tra Prodi e Soru erano stati trovati oltre 750 milioni di euro PIERO MANNIRONI LA MADDALENA. Sono trascorsi appena due mesi dalla fine di una pirotecnica campagna elettorale, nella quale un onnipresente e incontenibile Silvio Berlusconi propagandava il suo modello di Sardegna che avrebbe dovuto «tornare a sorridere». E quella “magia”, fatta di ottimismo e di promesse, ha dimostrato di funzionare in termini di ritorno di consenso politico. Molto meno quella strategia ha dato invece sul piano della concretezza dei risultati. Lo “scippo” del G8 alla Maddalena e il suo trasferimento all’Aquila pone dunque oggi l’obbligo di una seria riflessione su quanto è accaduto realmente in questi ultimi mesi, al di là dei proclami e delle “magie” prelettorali. Il punto di partenza non può non essere che quello straordinario capitale di risorse che il “patto” Prodi-Soru aveva accantonato, utilizzando lo strumento del G8: 233 milioni di euro per il “maquillage” della Maddalena in vista del vertice dei grandi della terra e 522 milioni per quelle che tecnicamente venivano chiamate «opere collaterali». In tutto, insomma, la bellezza di 755 milioni di euro. La strategia concordata dal governo (Prodi) e dalla Regione (Soru) era, in estrema sintesi, questa: utilizzare il G8 come grimaldello per riconvertire l’arcipelago maddalenino da un’economia subordinata alla presenza militare in un’economia dinamica e moderna, destinata a ruotare intorno a uno sviluppo del turismo ecocompatibile. Di più: il G8, grazie alla possibilità di ricorrere a procedure semplificate, avrebbe dovuto accelerare la realizzazione di opere infrastrutturali per il nord Sardegna, finanziate soprattutto con i cosiddetti fondi Fas. Cioé il Fondo per le aree sottoutilizzate. Il fiore all’occhiello di questo progetto, firmato da Prodi e da Soru, sarebbe dovuta essere la strada a quattro corsie Sassari-Olbia. Ma la vittoria alle elezioni politiche di Berlusconi è stata l’inizio della fine dell’«operazione G8 alla Maddalena». Si è attivato infatti un processo di destrutturazione che, per molti mesi, ha viaggiato come un fiume carsico, nascosto. Qualcosa, per dire la verità ogni tanto è affiorata. Ma si trattava di segnali che non sono stati percepiti nella loro reale consistenza e nei possibili effetti futuri. La cornice politica dentro la quale si è giocata la partita G8 è stata il saccheggio sistematico del Fas da parte del governo. Il fondo è diventato una sorta di bancomat improprio per trovare la copertura degli oneri di interventi di bilancio di valenza nazionale. L’esempio più clamoroso è stato quello della creazione del Fondo sociale per l’occupazione (il cosiddetto Fondo ammortizzatori) nato con l’accordo sottoscritto tra Stato e Regioni il 12 febbraio scorso. Sono stati destinati otto miliardi di euro nel biennio 2009-2010 per azioni di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro. Ben 3.950 milioni sono stati “presi” dai fondi nazionali Fas e 2.650 dalle risorse regionali Fse. Cioé l’82,5% del totale. I finanziamenti statali hanno concorso quindi con un “misero” 17,5%. Il primo segnale, forte, di un’erosione dei fondi per la Sardegna era comunque arrivato alla fine del 2008, con il decreto 162 sul bilancio pluriennale 2009-2011, con il quale erano stati “sfilati” ben 111 milioni di euro destinati al G8 della Maddalena. Il 6 febbraio scorso, proprio a ridosso delle elezioni, il presidente della Regione Carlo Mannoni scopre che il “tesoretto” messo insieme per il G8 potrebbe essere svanito quasi del tutto. Si accorge infatti che il Governo aveva bloccato l’operatività dell’ordinanza firmata da Berlusconi il 29 agosto 2008, con la quale venivano impegnati 10 milioni di euro dei fondi Fas, resi disponibili dalla Regione, per il completamento dei lavori di potenziamento dell’aeroporto di Olbia e l’adeguamento della viabilità di accesso allo scalo gallurese. Opere che rientravano nel protocollo d’intesa del 10 luglio 2008, siglato dal presidente della Regione Renato Soru e dal presidente del Consiglio dei ministri. Mannoni invia subito una lettera al ministro Claudio Scajola. «Si apprende in via ufficiale - scrive il vicepresidente della Regione - che l’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri non è più operativa, dal momento che il legislatore ha ridefinito il quadro degli interventi relativi al G8, e che l’utilizzo delle risorse Fas 20072013 da assegnare alla Regione Sardegna non può essere autorizzato, in assenza di una nuova delibera Cipe che confermi l’ammontare di risorse destinate alla Regione». Ma quei dieci milioni di euro sono solo la punta dell’iceberg. Il problema vero non è infatti la mancata copertura finanziaria del progetto della nuova viabilità di accesso all’aeroporto (importo di 7 milioni 400 mila euro) e lo spostamento di un tratto della statale 125 per consentire l’allungamento della pista del Costa Smeralda. Il vero nodo del problema è che verrebbero a mancare anche i finanziamenti per tutte le altre opere legate al G8. Non essendo più operativa l’ordinanza del Presidente del consiglio dei ministri dell’agosto 2008, si crea infatti una voragine nella copertura finanziaria di tutte le altre opere. Si dissolvono così quei 522 milioni di euro stanziati per realizzare le “opere collaterali”. Eccole: 1) la strada a quattro corsie Sassari-Olbia (470 milioni di euro); 2) deviazione della statale 125 in prossimità dell’aeroporto di Olbia e lavori di connessione della statale 199 alla stazione portuale (dieci milioni); 3) messa in sicurezza del ponte sul Rio Padrongianus alla periferia di Olbia (due milioni); 4) nuova stazione delle ferrovie di Olbia (dieci milioni); 5) realizzazione del molo di levante a Porto Torres (trenta milioni). Dice oggi il deputato democratico Giulio Calvisi: «Il Presidente del consiglio ha dichiarato che il trasferimento del G8 dalla Maddalena all’Aquila comporterà un risparmio di 225 milioni di euro. Con il collega Guido Melis ho ricordato ieri che quelli destinati all’isola della Maddalena non erano fondi dello Stato, ma fondi Fas già destinati dalla programmazione nazionale alla Sardegna e che il governo Prodi e la giunta Soru avevano deciso di utilizzare per la trasformazione dell’economia della Maddalena dopo l’abbandono della presenza militare Usa». Calvisi nel novembre dello scorso anno, accorgendosi che Tremonti aveva messo le mani sui fondi Fas, aveva presentato un’interpellanza nella quale, a proposito delle risorse per le opere collaterali del G8, diceva che «fanno parte della programmazione 2007-2013 dei fondi Fas per la regione Sardegna. Non si tratta perciò di risorse per opere che nascerebbero in virtù del G8 e, quindi, di un trasferimento di fondi statali in via del tutto eccezionale per il G8, ma di opere che nascono da fondi la cui destinazione è stata programmata in Sardegna esclusivamente per la Sardegna. Per capirci, l’Olbia-Sassari è un’opera interamente progettata dalla Regione Sardegna, inserita tra le priorità dei fondi previsti dal quadro strategico nazionale 2007-2013». Oggi, dunque, Berlusconi dice di voler risparmiare 225 milioni trasferendo il G8 all’Aquila. Ma il vero problema è un altro: sapere quanti di quei 755 milioni di euro destinati alla Sardegna con il pretesto del G8 sono svaniti grazie alle “magie” del Cavaliere. ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 26 Apr. ‘09 IL PREMIER E LA SCELTA DELL’AQUILA «IL G8 NELLA CAPITALE DEL DOLORE» «Alla Maddalena i lavori saranno completati, ospiterà altri eventi» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI - SANTA MARGHERITA DI PULA (Cagliari) — Qualche «grande» aveva paura che «una nave non fosse abbastanza sicura», per questo si è deciso di cambiare la sede dove tenere il G8 di luglio sotto la presidenza italiana. Un modo indiretto di affermare che sarebbe costato troppo per le casse dello Stato italiano fortificare quell’isola e l’area circostante per dare tranquillità ai grandi del mondo. È lo stesso premier Silvio Berlusconi a rivelare una, ma non forse la principale, ragione che lo ha indotto a indicare L’Aquila come sede del meeting mondiale. In Abruzzo di problemi di sicurezza e di logistica non ce ne sono perché i leader saranno ospitati «nelle 25 suites che di solito sono occupate dai generali della Guardia di Finanza». Una scelta che è piaciuta ad alcuni grandi e che ha già avuto il placet di Unione europea, Francia e Germania. «Mi ha guidato — dice il premier con tono accorato scandendo le parole — l’idea di portare la capitale del mondo, degli otto grandi, vicino alla capitale del dolore». Il Cavaliere è l’ospite d’onore della cena organizzata dai leader delle imprese degli otto Paesi più industrializzati tenuta al Fortevillage a conclusione del loro G8. Berlusconi, prima di sedersi a tavola per assaporare il menù preparato dallo chef Leonardo Concezzi, chiarisce, rispondendo alle preoccupazioni delle quali si sono fatti interpreti il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, con il quale peraltro lui si è incontrato a Roma in mattinata e al quale, qualcuno tra gli imprenditori mormora, gli sia stato «lasciato il cerino in mano». In ogni caso, l’improvviso cambiamento logistico, garantisce Berlusconi, non interromperà gli interventi sulle infrastrutture che attualmente impiegano circa tremila persone. «Alla Maddalena — aggiunge — i lavori continueranno e arriveranno al completamento assoluto e totale. Lì sarà realizzato il più importante centro di attrazione del Mediterraneo per accogliere qualsiasi manifestazione o incontro internazionale come il G8 Ambiente che potrà essere fatto in estate o all’inizio di settembre. E la Sardegna così avrà una possibilità in più». Del resto la Maddalena è stata un scelta «ereditata» dal governo precedente, argomenta il Cavaliere, il quale ribadisce la bontà della nuova destinazione: «All’Aquila abbiamo la fortuna di avere una cittadella della Guardia di Finanza assolutamente protetta e senza problemi di sicurezza e di difesa». C’è poi una questione di stile legata all’esigenza di una maggiore «sobrietà» che la nuova sede garantisce rispetto alla località sulla «Costa Smeralda che sarebbe stata eccessivamente lussuosa e non certo in sintonia con il momento ». Insomma, si augura il capo del governo, «gli albergatori sardi saranno lieti di non sottostare a quella sorta di requisizione che sarebbe stata il dovere dare ospitalità a migliaia di persone interrompendo il naturale flusso turistico di luglio». - Lorenzo Fuccaro ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Apr. ‘09 L’EX GOVERNATORE: «È UNA FREGATURA» Renato Soru ha scelto il consiglio regionale per un duro attacco al premier e a Cappellacci di Filippo Peretti CAGLIARI. «E’ una fregatura». A una settimana dallo scippo del G8 Renato Soru ha scelto l’aula del Consiglio regionale per sferrare un duro attacco a Silvio Berlusconi e a Ugo Cappellacci. Lo ha fatto durante la discussione generale sulla Finanziaria 2009 perché la giunta e la maggioranza di centrodestra si sono rifiutate di affrontare il caso G8 in un’apposita seduta straordinaria. Nella passata legislatura, da governatore Renato Soru e l’allora premier Romano Prodi assieme al ministro della Difesa Arturo Parisi avevano scelto La Maddalena come sede del summit dei grandi della terra per poter avviare con forza la riconversione economica dell’arcipelago appena liberato dalla base americana per sommergibili nucleari. Nell’aula del Consiglio regionale, proprio nel giorno delle celebrazioni per Sa Die, la tensione politica è cresciuta proprio sul trasferimento del G8 a L’Aquila. A porre l’argomento è stata l’opposizione con Adriano Salis (Idv), che ha formalmente chiesto che Cappellacci spiegasse all’assemblea i motivi del cambiamento di sede e riferisse quali iniziative intende prendere la Regione. Ma la conferenza dei capigruppo non ha accolto la richiesta. Giunta e maggioranza hanno detto che, prima deel dibattito, è necessario approfondire il confronto con il governo nazionale sulla prosecuzione dei lavori a La Maddalena e sulla realizzazione delle infrastrutture, come la strada Sassari- Olbia. Il «no» ha fatto mutare il clima politico in aula: l’oppsizione, che in commissione Bilancio si era astenuta, è immediatamente passata all’attacco con toni molto accesi. Il clou della giornata è arrivato proprio all’ultimo intervento, quello di Renato Soru. L’ex presidente ha parlato un quarto d’ora per demolire la Finanziaria 2009 della giunta di centrodestra e cinque minuti per il duro attacco a Berlusconi e Cappellacci sul G8. Soru ha iniziato in modo deciso ricordando che lo Statuto della Sardegna obbliga il consiglio dei ministri ad ascoltare il presidente della Regione ogni qual volta ci sono decisioni da prendere che riguardano direttamente la Sardegna. «Noi - ha rimarcato - più volte ci siamo fatti sentire». Stavolta, invece, sul caso di La Maddalena e sui 160 milioni che erano destinati a La Maddalena nell’ambito del G8 il presidente della Regione «è stato informato dalla televisione ». Nel merito della questione G8, Soru ha detto che «c’è un punto che stiamo trascurando ». E ha proseguito: «Come ormai per qualsiasi avvenimento in Italia, compresa la visita del Papa, abbiamo dato alla Protezione civile la gestione delle nostre risorse finanziarie e di un nostro luogo che avevamo appena riconquistato liberandolo dalle servitù militari». Il tutto «all’interno di un patto con lo Stato ». Ha proseguito: «A Bertolaso abbiamo detto: spende e fai come vuoi, purché ci porti a casa qualcosa che resti. Ma ora quel patto si è rotto e del G8 che avevamo pensato rimane solo una fregatura». Di cui - ha insistito Soru per rimarcare la prevaricazione di Berlusconi «siamo stati informati dalla televisione, compreso il presidente della Regione che, poi, ha avuto qualche dettaglio in più nella casa privata del premier». ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Apr. ‘09 G8 NO, CI LASCINO I FONDI FAS Il Consiglio provinciale chiede le infrastrutture Consiglio comunale e consiglio provinciale insieme per discutere dello spostamento del G8 in Abruzzo. Un coro di dissenso da parte degli amministratori che chiedono il rispetto degli impegni per la realizzazione delle infrastrutture. Nella sala conferenze dell'hotel “Le Nereidi” i consiglieri comunali e provinciali, e diversi sindaci del territorio, hanno cercato ieri pomeriggio di analizzare lo spostamento del G8 in Abruzzo e calcolarne le conseguenze in fatto di immagine e di fondi. Il presidente del consiglio provinciale Piero Sotgiu ha ritenuto «non valide le ragioni che avrebbero spinto il governo a trasferire altrove il vertice, oggi l'Abruzzo ha bisogno di tutto, fuorché di un G8». Il sindaco maddalenino Angelo Comiti, nel sottolineare la solidarietà alle popolazioni abruzzesi, ha affermato che «stiamo vivendo una realtà kafkiana visto che il governo non ha ancora emesso il decreto che prevede lo spostamento del summit». Insomma non è ufficializzato e non si sa ancora se realmente il vertice sarà a L'Aquila. «Il mancato completamento delle opere - ha aggiunto Comiti - e la perdita d'immagine per La Maddalena può essere quantificata in 300 350 milioni di euro, che, in qualche modo dovranno essere restituiti alla Sardegna». Anche il deputato Pd Giulio Calvisi ha parlato di perdita secca intorno agli 800 milioni di euro complessivi tra opere dirette e collaterali (strade, aeroporto e infrastrutture varie): «Perché oggi a rivitalizzare l'economia di un paese sono i grandi eventi internazionali che qui non si vedranno più». Sui fondi Fas ha detto: «Erano fondi della Regione sarda, programmati per realizzare infrastrutture qui». Pier Franco Zanchetta ha chiesto di individuare subito «una strategia comune per riappropriarci dei fondi Fas che dovevano servire a riconvertire l'economia di tutto un territorio, e non solo di riconvertire un arsenale o un ex ospedale». In questo disegno di recupero la Regione dovrebbe fare la sua parte come proprietaria dei beni. «La stessa Regione - ha concluso Zanchetta - deve far sì che i lavori siano terminati dando garanzie sulle ricadute occupazionali». Un segnale distensivo è venuto da Francesco Bardanzellu (consigliere comunale): «L'evento G8 è inutile e non serve a niente, se non a far girare soldi, ma in questo spostamento ci sono responsabilità di tutti, anche dei consiglieri locali. Ora occorre stare uniti e, invece di andare dal presidente Cappellacci a protestare, suggerisco di chiedergli tutto quel che ci spetta: innanzitutto tutte le strutture dismesse passino al comune, un'efficiente portualità, una viabilità. Ed i gestori delle strutture presentino subito un piano per dirci cosa hanno intenzione di fare». Gianni Giovannelli, sindaco di Olbia: «Un fatto certamente negativo per l'isola e la Gallura, ora bisogna tutelare quegli imprenditori che hanno realizzato investimenti, grandi o piccoli che siano, sulla possibilità dell'evento, le imprese che hanno speso in attrezzi, gli alberghi che hanno subito disdette, e tutti coloro che hanno speso per sopportare il peso della situazione. La soluzione è di creare una specie di lista della spesa, sedere i sindaci a un tavolo, formare una commissione, con o senza Cappellacci, e rigidamente ma cordialmente chiedere al governo il conto delle promesse mancate, prima che si spengano le luci della ribalta». Per il consigliere provinciale Giuseppe Fasolino (Pdl), tutti dovrebbero autosospendersi dal partito per protesta. Anzi, si dovrebbero autosospendere, sindaci e parlamentari sardi, e tutti insieme scendere a Cagliari. Anche Confcommercio e l'Unione delle Camere di commercio hanno preso posizione sulla questione G8. «Se così deve essere - si legge in una nota diffusa ieri - se ci viene chiesto di fare un passo indietro, si sappia che non intendiamo fare retromarcia e subire altri smacchi sul piano delle infrastrutture. La prima delle quali si chiama strada a quattro corsie Alghero-Sassari-Olbia». Aggiungendo: «Le ragioni della solidarietà non si discutono e la Sardegna ha dimostrato di essere sempre in prima linea su tale fronte ma le realizzazione di alcune opere serve a colmare un debito storico dello Stato nei confronti dell'Isola». FRANCESCO NARDINI ======================================================= ___________________________________________________________________ Sardi New 30 Apr. ‘09 EFISIO ASTE (EX ASL 8) VERSO L’AZIENDA MISTA Il giro delle poltrone, si parte dalla sanità La Sardegna torna a sorridere. Questo lo slogan vincente scelto da Ugo Cappellacci per la sua campagna elettorale e a sorridere torna soprattutto il centrodestra, di nuovo alla guida della Regione dopo cinque anni. La macchina amministrativa regionale, uscita quasi trasformata dagli anni di Renato Soru in viale Trento, subirà nei prossimi mesi un profondo ricambio nei dirigenti più importanti, a metà strada tra lo spoil system anglosassone e la consueta spartizione di poltrone, manuale Cancelli alla mano, per accontentare tutti i partiti della coalizione. Le riforme volute dalla precedente Giunta lasciano però in eredità ad Ugo Cappellacci una Regione più snella, con meno Enti strumentali ma con nuove Agenzie di complessa gestione (come le agricole Agris, Laore ed Argea), o dalle competenze ancora non del tutto chiarite (Sardegnapromozione, Conservatoria delle Coste) e addirittura una società in house (Sardegna IT). I primi a essere sostituiti, come naturale che fosse, sono stati i direttori generali che facevano capo alla presidenza: Fulvio Dettori, protagonista anche della discussa vicenda Saatchi&Saatchi e Giulio De Petra, direttore generale per l’Innovazione tecnologica Regione Sardegna. Ancora non si conoscono i nomi dei sostituti, ma nello staff ristretto del presidente ci sarà spazio come capo di Gabinetto o direttore Generale per Mariano Mariani, direttore del Parco del Molentargius e braccio destro di Cappellacci durante la campagna elettorale. Il ruolo di capo ufficio stampa, tenuto negli ultimi cinque anni da Umberto Cocco, sarà ricoperto dal giornalista di Videolina Valerio Vargiu passato dallo sport alla più ostica economia. Uno dei nomi a lungo accostati allo staff del presidente è quello di Francesco Lippi, che invece dovrebbe essere il capo di Gabinetto di Andreina Farris, paracadutata dalla Prefettura all’assessorato all’Industria a poche ore dall’insediamento. Uno dei settori da sempre più ambito e controllato dai partiti è quello della Sanità, dove il neo assessore Antonello Liori avrebbe già scelto l’ex direttore generale dell’Asl 6 di Sanluri Chicchi Trincas come direttore generale. Sarà però sulle direzioni delle Asl la battaglia vera, in cui l’Udc di Giorgio Oppi e i Riformatori non staranno a guardare. A rischio la poltrona di Ninni Murru, direttore dell’Azienda mista di Cagliari, in scadenza nel 2010 e che potrebbe essere sostituito da Efisio Aste, già direttore della Asl di Cagliari, cacciato non senza polemiche da Nerina Dirindin. Sembrano per ora blindate le posizioni di Benedetto Barranu(Asl 8) e di Giorgio Sorrentino (Brotzu), nominati negli ultimi mesi della Giunta Soru e per legge non immediatamente sostituibili, se non davanti a motivazioni molto gravi. Anche le Asl di Sassari e Olbia, guidate da Giovanni Mele e Giorgio Lenzotti, hanno i direttori generali in scadenza nel 2010 e probabilmente le decisioni saranno prese tra un anno, anche per non alterare gli equilibri all’interno della coalizione di centrodestra. L’assessorato al Turismo, affidato ai Riformatori con Sebastiano Sannittu, dovrà sciogliere il nodo dell’agenzia Sardegna Promozione, nata per controllare e pianificare la promozione degli eventi, favorire i flussi turistici e promuovere i prodotti dell’artigianato e dell’agrindustria sarda, ma che non ha mai ricevuto le deleghe dagli assessorati competenti. Alla sua guida Adamo Pili, nominato solamente alla fine dell’estate scorsa, ma già in probabile uscita, perché su quella poltrona siederà Ada Lai, superdirigente del Comune di Cagliari, data come probabile candidata del centrodestra per la poltrona di sindaco di Cagliari del dopo Emilio Floris. Una carica ambita anche dal leader dei Riformatori Massimo Fantola. Sicuro anche il nome del capo di gabinetto dell’assessorato, che sarà l’ex consigliere regionale dei Riformatori Franco Sergio Pisano. All’Ambiente, conquistato dall’Udc di Giorgio Oppi, potrebbe approdare come direttore generale l’ex prefetto di Cagliari Efisio Orrù, mentre il capo di gabinetto potrebbe essere Francesca Atzei, dirigente della Sanità. Da capire anche qui il futuro di una nuova Agenzia, la Conservatoria delle Coste, uno dei simboli della politica ambientale di Renato Soru, secondo alcuni addirittura a rischio chiusura. L’attuale direttore Alessio Satta, in carica da poco più di un anno, potrebbe essere sostituito dal docente universitario Felice Di Gregorio, ma non è esclusa la soppressione dell’agenzia, che al momento attuale non godrebbe di molte simpatie in viale Trento. La Giunta Cappellacci ha speso molte promesse sul rilancio dell’Agricoltura in Sardegna e al neo assessore Andrea Prato è affidato un compito impegnativo. Forse per questo è facile immaginare che saranno lasciati per ora al loro posto i tre direttori delle agenzie Laore, Argea e Agris: Giancarlo Rossi, Gianni Ibba e Giuseppe Pulina. Interventi efficaci presuppongono una conoscenza approfondita della macchina amministrativa, non scontata con nomine nuove di zecca. Molto probabile la nomina a direttore generale di Agostino Correli, che arriva proprio dall’agenzia Laore. Anche Giorgio La Spisa, potente assessore al Bilancio, ha già sceso il suo capo di Gabinetto e sarà l’ex sindaco di Pattada Gianfranco Lavena, già coordinatore provinciale di Forza Italia a Sassari. Merita un discorso a parte SardegnaIT, la società in house della Regione, con un amministratore unico Lucio Forastieri che faceva capo direttamente alla presidenza e che si occupa di fornire alla stessa Regione il supporto nei processi innovativi. In pratica la gestione di tutti i siti istituzionali, che hanno rappresentato uno dei punti più qualificanti della Giunta Soru, all’avanguardia per interattività e trasparenza amministrativa. Una vera e propria struttura esterna alla Regione, con personale e dirigenti chiamati da fuori, che hanno costruito una rete informatica complessa, che non avrebbe senso smantellare ma che ha attirato le attenzioni dell’attuale maggioranza già durante la campagna elettorale. Nel programma elettorale di Cappellacci si leggeva esplicitamente di una riorganizzazione e di un ridimensionamento di Sardegna IT, probabilmente in favore di un maggiore coinvolgimento di competenze interne all’amministrazione, come nel caso del Centro elaborazione dati - il Ced - della Regione, sfrattato dalla sede di via Posada proprio in favore della Sardegna IT. Restano altre due poltronissime ambite il prima possibile dai vincitori delle elezioni regionali: la presidenza della finanziaria regionale Sfirs (ora guidata dal sociologo Gianfranco Bottazzi, in scadenza fra un anno) e la presidenza di Sardegna Ricerche (ora diretta da Giuliano Murgia). I successori? Si conosce solo il nome per la Sfirs: Alberto Meconcelli. È passato poco più di un mese dalle elezioni e dalla rovinosa sconfitta del centrosinistra, ma per i sostenitori di Renato Soru non sembra cambiato nulla. L’entusiasmo è lo stesso della Fiera di Cagliari, pochi giorni prima dell’apertura dei seggi, quando ancora si pensava di poter vincere le elezioni. Sono quasi in duemila ad affollare il centro congressi del Rosy Hotel di Sanluri sabato 28 marzo , convocati con una semplice mail pubblicata sul sito renatosoru.it, perché in molti non aspettavano altro che quello, un gesto del leader sconfitto, che aveva scelto il silenzio nelle ultime settimane. “L’invito vero, oggi, non è il mio, è il vostro, siete voi che avete invitato me. È a quest’invito che oggi, tutti assieme, abbiamo aderito” Renato Soru esordisce così, spiegando la nascita della nuova associazione Sardegna Democratica che non sarà “ una corrente del Pd, ma un punto d’incontro per coloro che si vogliono impegnare per il bene comune. È nella tradizione dei partiti e della società sarda associarsi, con l’obiettivo della promozione della cultura politica. Un’associazione aperta a tutti, per incontrarsi, per dibattere sui temi che ci stanno a cuore e su quanto avviene nel nostro territorio. Leggendo i vostri commenti, ascoltando i vostri suggerimenti, mi verrebbe da dire ‘iscrivetevi tutti al Pd, ne sarei felice, come sono stato felice di aver sentito che Prodi ha rinnovato la tessera. Non riesco neppure ad immaginare la deriva per la Sardegna e l’Italia se il progetto del Pd fallisse: spero vada avanti e voglio lavorare lealmente perché vada avanti”. Ma proprio l’adesione al Partito Democratico sembra lasciare perplessi i sostenitori di Renato Soru, che invece sembrano cullare la tentazione di andare da soli, anche e soprattutto contro quei politici del PD che hanno “tradito” la causa, favorendo la vittoria del centrodestra. A loro, ai soriani, l’ex presidente della Regione si rivolge invocando un ritorno alla partecipazione ed una spersonalizzazione della politica. “Durante la campagna elettorale il candidato presidente è in prima fila ed è ovvio che sia il simbolo di una moltitudine. Ma ora credo sia arrivato il momento di spersonalizzare, parliamo di programmi politici, non personali. Vorrei che il mio sito non avesse più il mio nome, ma il nome dell’associazione: come in una grande comunità di amici, non va bene incontrarsi a casa di uno solo, ci vuole una casa più grande, che sia di tutti. Una rivista telematica che sia la casa di tutti quelli che vogliono aderire e che ci aiuti ad coordinarci. Occorre che vi organizziate provincia per provincia, comune per comune, che individuiate dei luoghi dove potete trovarvi insieme per discutere e dove possiamo incontrarci”. Molti i politici presenti in sala, quasi tutta la ex Giunta, più i fedelissimi Mario Bruno, Francesca Barracciu, Chicco Porcu, Marco Meloni, Marco Espa, Caterina Pes, Francesco Sanna. Nessuno però ha preso la parola dopo Renato Soru, lasciando la platea ai rappresentanti della base, che hanno compreso e condiviso le parole del loro leader, come ha spiegato Gavino Ricci, uno degli organizzatori “Prendiamo coraggio e muoviamoci, non c’è più bisogno di avere sempre Renato al fianco. Ora ci sono tanti Renato Soru”. Sardegna Democratica non è una corrente quindi e non è nemmeno un nuovo partito, che ripercorra i passi di Progetto Sardegna, ma una associazione politica che possa includere il maggior numero di elettori di centrosinistra, delusi, che faticano a ritrovarsi negli attuali partiti. Un progetto sicuramente ambizioso, che avrà bisogno di molte gambe e teste, ma che dovrà lavorare forse anche senza la guida diretta di Renato Soru, che dietro il desiderio di tornare ad occuparsi della propria azienda e di spersonalizzare la politica è sembrato voler fare un passo indietro, magari solamente temporaneo. ___________________________________________________________________ Sanita New 30 Apr. ‘09 SMI: TRE NUOVE PROPOSTE PER IL RILANCIO DELL’EX GUARDIA MEDICA E DELLE ATTIVITÀ TERRITORIALI PROGRAMMATE Roma, 02 mag. - Si è svolta lo scorso 23 aprile la riunione straordinaria della Commissione nazionale per continuità assistenziale (ex guardia medica) e medicina dei servizi, organizzata dalla segreteria nazionale del Sindacato Medici Italiani (SMI). Un incontro degno di nota nel corso del quale sono stati stabiliti e raggiunti obiettivi fondamentali per il futuro del servizio medesimo. I lavori della Commissione si sono conclusi, infatti, con la produzione di un articolato che introduce tre importanti novità in merito alla normativa che regola il settore della continuità assistenziale. Il primo punto riguarda la tutela dei medici con doppio incarico (quota oraria e capitaria). In relazione all’attuale normativa che prevede la perdita del mandato della continuità assistenziale (e quindi dello stipendio) per gli operatori sanitari che superano il tetto massimo di 650 assistiti, lo Smi chiede che venga previsto il passaggio graduale dall\'attività di medico di guardia a quella di medico di assistenza primaria. E che si tenga conto della reale proporzione tra numero di ore lavorate e pazienti in carico, in maniera tale da realizzare il ruolo unico del medico di medicina generale. Il secondo punto consiste nel riconoscimento della "condizione di lavoro usurante notturno" per la continuità assistenziale. Nel terzo punto il Sindacato Medici Italiani suggerisce, inoltre, che vengano applicate al lavoro dell’ex guardia medica le stesse tutele previste per la medicina dei servizi territoriali (gravidanza e/o malattia), nonchè il pagamento del ristoro psico-fisico. Nel contempo è stato proposto un adeguamento degli emolumenti dei medici impiegati nella medicina dei servizi territoriali a quelli della continuità assistenziale. «Siamo molto soddisfatti del lavoro della Commissione – ha dichiarato Pina Onotri dello Smi-Lazio – abbiamo riscontrato un'ampia convergenza di tutti i delegati regionali in merito ai punti proposti. Il Sindacato ringrazia Paola Volponi, responsabile nazionale medicina di famiglia Smi e Anna Lampugnani, responsabile nazionale continuità assistenziale Smi per l'impegno che hanno deciso di portare avanti al tavolo delle trattative nazionali, accogliendo le richieste delle Regioni. A loro va il nostro augurio di buon lavoro». (Sn) ___________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Apr. ‘09 SACCONI: COSTI STANDARD «PER SINTESI» Secondo il ministro del Welfare Sacconi non servono meccanismi troppo analitici Piani di rientro: le decisioni rinviate all'estate dopo le elezioni europee P.D.B. Niente costi standard «analitici» con calcoli troppo sofisticati, ma costi «di sintesi»: la spesa per abitante delle Regioni d'eccellenza, con una pesatura in base all'età per dare risposta all'invecchiamento della popolazione. E soprattutto senza perdere tempo, con Regioni (il Veneto) che faranno da apripista e già dal 2010 sperimenteranno il nuovo meccanismo di riparto sul loro territorio regionale. E poi le Regioni con i conti in rosso: Campania, Molise, Sicilia e Calabria (quest'ultima però ancora senza un Piano di rientro). «Quello che emerge dai tavoli di monitoraggio (V. tabelle e 11 Sole-24 Ore Sanità n. 14/2009) dovrà essere seguito dalle sanzioni: daremo tempo fino all'estate (dopo le elezioni europee, ndr.) poi decideremo sui commissariamenti. Ma per evitarli servono fatti». L'ultimatum e il menu delle scelte federaliste per recuperare appropriatezza di Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, è arrivato la scorsa settimana al convegno «Dalla spesa storica ai costi standard», organizzato a Milano da Federsanità Anci. «Quello che faremo entro l'estate - ha spiegato Sacconi è decisivo per il futuro. È un problema non del Governo, ma delle Regioni e del Paese. I tavoli di monitoraggio mettono in evidenza la necessità di sanzioni: daremo un tempo non brevissimo, ma nemmeno lunghissimo nel quale si potranno prendere le decisioni, per fare atti positivi, ma se non ci si arriva ci vogliono le sanzioni, senza le quali non ci sarà il futuro Patto per la salute». E Sacconi si è rivolto al coordinamento della Regione per chiedere «una specifica alleanza» che coinvolga «le Regioni virtuose e lo Stato» per creare «un blocco politico e sociale che voglia il bene dell'Italia. A questo blocco - ha detto - chiedo di muoversi in sintonia e alle Regioni di non essere gli avvocati del peggio, di non difendere il peggio». Costi standard e sanzioni a chi aumenta il deficit, ma anche l'eliminazione dei piccoli ospedali con meno di 20 posti letto che sono «un pericolo pubblico» sono gli ingredienti che Sacconi indica nella sua ricetta per riequilibrare le "due Italie" in cui è diviso il Paese. «L'esperienza insegna - ha detto - che c'è rapporto stretto tra qualità e responsabilità. Si è imboccata una strada positiva al Nord e nella parte di Centro virtuoso e queste zone possono diventare punti di riferimento per non avere più inefficienze». Gli esempi di Sacconi sono Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna e il ministro ha messo a confronto alcuni indicatori strutturali e di qualità di queste Regioni con gli analoghi di quello con i deficit "consolidati", sottolineando che per ora l'unica Regione del Sud che sembra aver intrapreso un percorso virtuoso è la Sicilia. Gli esempi che emergono dai dati di Sacconi (v. tabella e altro articolo in fondo alla pagina) parlano chiaro. A esempio sul versante dell'appropriatezza il tasso di ricoveri per mille abitanti va dai 103 della Toscana ai 166 del Molise. O gli anziani trattati in assistenza domiciliare integrata vanno dal1' 1,3% della Campania al 5,6% del Veneto. O ancora quella che per Sacconi è la pietra dello scandalo: in Italia gli ospedali con meno di 60 posti letto sono circa il 16,5% del totale, ma raggiungono il 29,3% in Calabria e crollano al 9% in Lombardia. E agire su questo fronte si può evidentemente se, come ha sottolineato il ministro, tra gli anni '90 e il 2007 sono stati "chiusi" circa 300 ospedali e quasi tutti al Centro-Nord. «Un'operazione coraggiosa», l'ha definita Sacconi che ha rilanciato: «Solo ora il presidente della Calabria si rende finalmente conto che è giunta l'ora di chiudere gli ospedali da 20 posti letto, definendola un'impresa dura: una situazione inaccettablie, alla popolazione virtuosa non possiamo chiedere di sostenere una spesa "dannosa"», ha concluso il ministro. Critico tuttavia il presidente dei governatori, Vasco Errani, che ha sottolineato come «la Sanità italiana in questi anni stia facendo un faticoso percorso di miglioramento, in particolare con il Patto per la salute 2007-2009, con il quale a fronte del finanziamento triennale del Ssn ciascuna Regione si è assunta impegni, obblighi e relative sanzioni. Certo - ha detto - ci sono nel Paese differenze importanti e storiche, e realtà da risanare e modernizzare: ma tutte le Regioni, e in particolare quelle del Mezzogiorno, hanno dimostrato consapevolezza di fronte a compiti gravosi». Per questo secondo Emani la critica generalizzata e in alcuni casi liquidatoria del ministro Sacconi a intere aree del Paese «non aiuta», ma Governo e sistema Regioni (non solo le cosiddette «virtuose») devono invece lavorare assieme «alla sfida decisiva che vogliamo vincere: quella per un Ssn per tutti, che offra qualità e appropriatezza, investa sul territorio e tenga in ordine i conti. È possibile farlo - ha aggiunto Errani - se lavoreremo davvero insieme, senza inutili polemiche e risolvendo il tema dell'adeguato finanziamento del prossimo Patto per la salute 2010-2012, vista la grave sottostima (7 miliardi) contenuta nell'ultima Finanziaria, come da tempo denunciano le Regioni». ___________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Apr. ‘09 I NUMERI DELL'ASSISTENZA TRANSFRONTALIERA Ogni anno 70mila italiani si curano oltre confine Mar.B. Ogni anno sono almeno 70mila gli italiani che si fanno curare all'estero, soprattutto in Europa. Di questi almeno 12miìa fanno le valigie per i cosiddetti "viaggi della speranza", per cercare cioè quelle prestazioni ad alta specializzazione che l'Italia non è in grado di assicurare (gli ultimi dati però risalgono al 2002). Le mete preferite dai nostri connazionali nel Vecchio Continente restano, ormai da diversi anni, ospedali e centri francesi, seguiti a distanza da quelli tedeschi e belgi. A favore dell'Italia si calcolano, invece, quasi 60mila fatture emesse dagli altri Paesi per cure erogate dalle nostre strutture, mentre nel 2006 si sono contati 41 mila ricoveri negli ospedali italiani di cittadini europei, residenti e non. Ma quali sono i motivi che spingono gli italiani ad andarsi a curare all'estero, e quali i problemi che si riscontrano? Dalle segnalazioni giunte nel corso del 2008 a Cittadinanzattiva-tribunale per i diritti del malato - diffuse la scorsa settimana - sono due le motivazioni principafrontare in Italia (41% dei casi), oppure la ricerca di cure utili a contrastare malattie rare (19 per cento). A seguire: un 13% si sposta verso centri specializzati, e altrettanti per sottoporsi a terapie innovative, il 6% per un trapianto, il 2% per visite specialistiche o particolari esami diagnostici. Tra chi si cura all'estero, 1 su 5 lo fa fuori dall'Ue. Al di là del motivo scatenante che spinge a recarsi all'estero, gli ostacoli riguardano, per il 24%, tutto ciò che precede il viaggio (difficoltà burocratiche a relazionarsi con Asl e centri di riferimento regionali, rifiuto dei medici ad autorizzare le cure, mancato rilascio modello El 12 e assenza di motivazioni nei casi di diniego) e, per il 18% per tutto quanto li attende in Italia. Tra questi la confusione delle Asl sulle prestazioni da rimborsare, la legittimità dei pagamenti richiesti e infine la mancata conoscenza dei diritti garantiti dalla tessera sanitaria europea di assicurazione malattia. Gli europei ricoverati in Italia (2006)Regione Piemonte V. d'Aosta Lombardia Pa Bolzano Pa Trento Veneto Friuli V.G. Liguria Emilia R. Toscana Umbria Regione Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale Dimessi 979 7.068 882 101 2.700 1.298 70 996 1.785 1.589 1 41.327 Dimessi 1.760 167 5.446 3.697 827 2.965 852 1.446 2.945 2.830 924 j li: la necessità di un intervento chirurgico di alta specia- lizzazione o meno invasivo di quello che si dovrebbe af- ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Apr. ‘09 NUOVO OSPEDALE CIVILE: IN FORSE I 120 MILIONI GIÀ STANZIATI di Gabriella Grimaldi SASSARI. Potrebbe allontanarsi la realizzazione del sogno di un nuovo ospedale per Sassari. Al momento, infatti, la direzione generale della Asl è in attesa di notizie dal nuovo assessorato regionale sulla effettiva disponibilità dei famosi 120 milioni di euro stanziati con apposita delibera del 28 ottobre 2008. Ma è chiaro che i dubbi e le paure non mancano. Una situazione ben diversa da quella di fine 2008 quando la Asl di Sassari presentò alla città il progetto preliminare dell’ospedale. L’azienda infatti aveva appena scelto, fra quelli messi in gara, il progetto per la realizzazione del nuovo ospedale civile sulle ceneri di quello attuale. Se lo era aggiudicato una una associazione temporanea di imprese sarde e non (la Ttpmi di Milano, la Europroject srl di Brescia, Respect srl Ingenia srl e lo studio Tramontin di Cagliari), che proponeva una soluzione in linea con quelle più avanzate dal punto di vista tecnologico e sotto il profilo alberghiero. L’ex assessore Nerina Dirindin, in quel momento in piena campagna elettorale pro Sour che nel frattempo si era dimesso dall’incarico di Governatore, aveva manifestato tutta la sua soddisfazione per un traguardo così importante per la città e il suo territorio. Oggi che la guida della Regione è cambiata e la sanità è stata assegnata ad Antonello Liori la Asl attende di sapere qual è l’orientamento in merito ai fondi per la realizzazione del nuovo ospedale. «La direzione dell’azienda — dicono i responsabili — ha tutto l’interesse a proseguire l’iter per arrivare alla costruzione del nuovo ospedale. Attendiamo quindi di conoscere le scelte che verranno fatte dall’assessorato». C’è da dire che i fondi stanziati per l’ospedale civile di Sassari erano in gran parte a carico dello Stato: per l’esattezza 114 milioni, mentre soltanto 6 milioni dovrebbero essere sborsati direttamente dalla Regione. Il tutto sulla base di un accordo di programma Stato Regione che stabiliva la realizzazione di tutta una serie di opere in ambito sanitario. E sulla base di quell’accordo la Regione, con la delibera del 28 ottobre 2008, aveva stanziato oltre 208 milioni di euro per l’azienda sanitaria di Sassari su un totale di 862 milioni destinati alla sanità nell’intera isola composti da fondi regionali 2008-2009, fondi Por Fers 2007- 2013 per l’ammodernamento tecnologico e Case della salute, fondi statali ex legge 67/88, fondi Fas regionali 2007-2013 e fondi statali (Programma salute del Mezzogiorno). A quanto pare di capire in questo momento la Regione è in attesa di sapere a sua volta che aria tira a livello ministeriale. Ma gli uffici si sentono di dire che è alquanto improbabile che il progetto dell’ospedale venga cancellato. Tuttalpiù ci potrebbe essere uno slittamento nel trasferimento dei fondi dallo Stato a causa di intervenute emergenze, un esempio per tutti il sisma in Abruzzo. Ma sono tutti rumors in attesa di conferme reali. La Asl comunque spera di poter procedere alla progettazione definitiva dell’ospedale da 480 posti letto di viale Italia per arrivare presto alla gara d’appalto per la realizzazione. ___________________________________________________________________ Repubblica 26 Apr. ‘09 SUD, SANITÀ MALATA COSÌ 3 MILIARDI L’ANNO VANNO FUORI BERSAGLIO Studio del ministero: ricoveri inutili e troppi cesarei MARIO REGGIO ROMA — Immaginate una gara di tiro con l’arco. In pedana gli arcieri delle 19 Regioni e delle due Province autonome di Trento e Bolzano. A disposizione dieci frecce. Oltre il fossato ventuno bersagli colorati: dal verde al centro al rosso sul bordo esterno. Dieci frecce ovvero altrettanti indicatori dell’efficienza sanitaria: sei per l’assistenza ospedaliera, quattro per quella farmaceutica. Chi le piazza al centro o nelle prossime vicinanze sta lavorando bene, le Regioni che arrivano in affanno ai bordi esterni stanno nei guai. Purtroppo non è un gioco, ma l’innovativo studio scientifico, affidato dal sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, ad un’équipe di esperti che già lavora per la Regione Toscana con l’obiettivo di capire non solo perché la situazione è critica in Abruzzo, Lazio, Molise, ma anche Campania, Calabria e Sicilia, ma da quali guai strutturali vengono fuori ogni anno miliardi di euro di debiti. Per essere precisi più di tre nel 2007. Lo studio, che sarà oggetto domani della trasmissione Report su Rai Tre, è agli sgoccioli e verrà presentato nelle prossime settimane agli assessori regionali alla Sanità. «L’obiettivo è studiare percorsi condivisi per trovare una serie di vie d’uscita dalle criticità che rischiano di diventare endemiche — afferma Ferruccio Fazio — e lo studio va proprio in questa direzione: non basta essere a conoscenza dei deficit di alcune regioni a rischio ma individuare le cause, quindi trovare i rimedi». Partiamo dalla Calabria. I «bersagli» forniscono un quadro sconsolante. Tutti i parametri, le frecce, si fermano ai bordi: quindi il giudizio è «scarso o molto scarso». E per una Regione che ha accumulato più di 2 miliardi di deficit il futuro non è allegro. «Eppure alcune amministrazioni sembrano aver paura del commissariamento — commenta il sottosegretario Fazio — ad esempio Piero Marrazzo, nominato commissario nel Lazio, sta lavorando bene perché riesce a muoversi con tempestività. Il problema è che non c’è tempo da perdere». La Calabria, che ha fornito i bilanci delle Asl solo due mesi fa, presenta un quadro desolante: ricoveri infiniti e spesso inutili, appropriatezza delle cure bassa, pazienti che entrano in chirurgia ed escono senza essere mai stati operati, migliaia di cittadini che emigrano in altre regioni per farsi curare, parti cesarei in percentuali abnormi. Va un po’ meglio in Campania, ma lo spartito cambia di poco: ricoveri, cesarei, terapie costose e fuori norma. Le cose vanno molto meglio in Veneto, con una sola ombra: la scarsa prescrizione di farmaci equivalenti. Quasi tutte le frecce al centro per l’Emilia Romagna, ma dai primi dati la quasi eccellenza è stata raggiunta anche dalla Toscana e dalla Lombardia. Regioni nelle quali la qualità delle prestazioni sanitarie fa rima con bilanci in pareggio. Quali strategie mettere in campo per colmare il baratro che divide l’Italia in due? «L’unico rimedio è ridisegnare la mappa della sanità, cosa che le Regioni virtuose hanno iniziato a fare molti anni fa — conclude il sottosegretario Ferruccio Fazio — partendo dai medici di medicina generale, ridurre i posti letto e l’ospedalizzazione. Quindi gestire il ritorno dell’assistenza sul territorio attraverso gli ambulatori per decongestionare gli ospedali dai ricoveri impropri. Assieme a queste strategie il potenziamento dell’assistenza domiciliare per gli anziani». ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 30 Apr. ‘09 PSICHIATRIA, REINTEGRATI TURRI E MACCIONI Sanità. Revocati i provvedimenti di sospensione dei due medici del Santissima Trinità La Asl 8: «Vogliamo ristabilire un fattivo clima di dialogo» «Sono venute meno le condizioni che hanno condotto alla loro sospensione». Questa la motivazione della Asl. «Sono venute meno le condizioni che hanno condotto alla loro sospensione». Con questa motivazione il direttore generale della Asl Benedetto Barranu ha reintegrato, con decorrenza 16 maggio («tempi tecnici»), i dirigenti medici Paolo Turri e Antonio Maccioni, sospesi con provvedimento dell'ex direttore generale, Gino Gumirato, rispettivamente il primo aprile e il 28 ottobre 2008. Le delibere di reintegro sono datate 24 aprile, ma la notizia è stata ufficializzata solo ieri, dopo che i diretti interessati ne sono stati messi a conoscenza TURRI La sospensione di Turri, primario di Psichiatria del Santissima Trinità, era stata decisa dopo il suo rinvio a giudizio per omicidio colposo: è accusato di essere in qualche modo responsabile della morte di Giuseppe Casu, un ambulante quartese deceduto il 22 giugno del 2006 a causa di un'embolia polmonare dopo una settimana di contenzione nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell'ospedale di Is Mirrionis. Per impedirgli di continuare a lavorare - in un momento in cui la Asl stava cambiando radicalmente approccio alla malattia mentale - l'ex massimo dirigente della Asl 8 aveva applicato per la prima volta in Italia un comma del contratto nazionale di lavoro (il numero 2 dell'articolo 19) prima che il medico venisse condannato (il processo è in corso). IL CASO MACCIONI Diverso il caso di Maccioni. La sua sospensione era ritenuta inevitabile dopo il suo arresto, avvenuto il 16 maggio del 2008, nell'ambito del filone-bis della stessa inchiesta: è accusato di soppressione di parti di cadavere, frode processuale, favoreggiamento, falso materiale e ideologico. Secondo l'accusa (anche questo processo è in corso) sarebbe responsabile della misteriosa scomparsa dei reperti autoptici dell'ambulante deceduto. A giudizio della Procura, avrebbe sostituito le parti anatomiche prelevate dal paziente durante l'autopsia con quelle di un altro uomo, anch'egli morto per trombo embolia, ma dovuta ad un tumore. Reintegrato alla fine delle indagini, era stato nuovamente sospeso un mese dopo per decisione del gip (poi della Asl) che aveva ritenuto fosse ancora alto il pericolo di inquinamento delle prove e quello di commettere nuovamente gli stessi reati da parte di Maccioni. «CLIMA DI DIALOGO» Indipendentemente dal processo, insomma, la loro sospensione era figlia di un clima di scontro nell'ambito della Psichiatria. A difesa di Turri, peraltro, si era apertamente schierata gran parte degli psichiatri sardi e il mondo politico sardo, compreso il Pd, che aveva criticato sia Gumirato che l'ex assessore alla Sanità Nerina Dirindin. Ora è proprio il clima di dialogo che si vuole ristabilire. «Fatti salvi i provvedimenti conseguenti all'esito dei processi in corso, si ritiene che il reintegro dei due dirigenti medici possa contribuire a creare un fattivo clima di dialogo fra le risorse umane che operano in azienda e una maggiore condivisione degli obiettivi di lavoro da parte di tutti gli operatori nello svolgimento delle prestazioni previste dal nostro sistema sanitario», è scritto nella nota, che segna - è evidente - un nuovo corso della Sanità. I COMMENTI Soddisfatti i protagonisti: «Ero fiducioso che si potesse arrivare a questo», dice Turri, «e sono grato all'attuale direzione aziendale e all'assessore regionale alla Sanità che con questo atto hanno voluto riportare la Asl ad un clima corretto e ad un funzionamento rispettoso delle regole». Il suo laconico commento, Maccioni l'ha affidato ad uno dei suoi avvocati, Antonio De Toni: «Sono contento di poter riprendere il mio lavoro». (f. ma.) ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 30 Apr. ‘09 LE REGOLE PER I TEMPI MASSIMI? INAPPLICATE SANITÀ MALATA METTERSI IN FILA E ASPETTARE MESI PER VISITE, ESAMI E INTERVENTI ITALIA IN ATTESA PIÙ DI UN ANNO PER FARSI VEDERE DA UN CARDIOLOGO, DUE PER LA LOGOPEDIA, 420 GIORNI PER UNA MAMMOGRAFIA E SEI MESI PER UN SEMPLICE PAP TEST. LE REGOLE PER I TEMPI MASSIMI? INAPPLICATE. E ORA NE ARRIVANO DI NUOVE FEDERICA CAVADINI Avere bisogno della chemioterapia e sentirsi dire che il primo posto libero è fra due mesi. Prenotare una mammografia in una struttura pubblica a gennaio e ottenere un appuntamento a marzo, ma dell'anno prossimo: 420 giorni dopo. Duecentosettanta giorni d'attesa per una visita al seno. E nel caso dovesse servire l'intervento di protesi al seno bisognerebbe saperlo con un anticipo di almeno mille giorni. L'alternativa è pagare, in tal caso le stesse prestazioni sono disponibili subito o quasi. Chi ha un'assicurazione privata otterrà un rimborso, a volte soltanto parziale e dopo diverse settimane, gli altri spendono di tasca propria e non recuperano un euro. Chi non ha né l'assicurazione, né il denaro necessario si mette in lista e aspetta, anche se il medico curante ha detto «dovrebbe cominciare la terapia il prima possibile», anche quando avere una diagnosi in tempi brevi fa la differenza. La denuncia ancora una volta arriva dal Tribunale del malato- Cittadinanzattiva che adesso annuncia di voler creare un pool di avvocati e dare il via a una battaglia legale «perché il diritto alla salute è nella nostra Costituzione e questo sistema sanitario lo nega», attacca Teresa Petrangolini, segretario generale dell'associazione. E snocciola i numeri della vergogna sulle liste d'attesa contenuti nell'ultimo rapporto Pit Salute, che il Corriere della Sera Magazine anticipa: 720 giorni per un ecocolordoppler, 360 per un'ecografia al seno, 300 per una risonanza magnetica al ginocchio, 180 per un semplice pap test. Non è soltanto un problema di esami diagnostici, lo stesso disservizio riguarda le visite (390 giorni per farsi vedere da un cardiologo) e gli interventi chirurgici (540 per l'operazione al menisco), ed è trasversale a tutti i settori, dall'oncologia all'ortopedia, alla ginecologia, fino alla riabilitazione (600 giorni per iniziare un ciclo di logopedia). Segni di miglioramento purtroppo non ce ne sono, rispetto al rapporto precedente il numero delle segnalazioni è aumentato ancora. NUOVE REGOLE L'indagine-denuncia arriva al ministero (Lavoro-Salute-Politiche Sociali) e la commenta senza esitazioni il sottosegretario, con delega alla Salute, Ferruccio Fazio (medico radiologo a Milano): «Abbiamo ben presente il problema, stiamo lavorando alla stesura di nuove linee guida per le Regioni, il confronto è iniziato prima dell'estate ed entro sei, massimo otto mesi il dispositivo sarà pronto». A prescindere dai tempi, le intenzioni sono buone ma il punto è che le regole ci sono già, ci riferiamo alla legge 255 del 2005, alla Finanziaria del 2006 e al Piano di contenimento delle liste d'attesa approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nel marzo 2006. Per esempio: erano state definite 52 prestazioni (che dovevano diventare 100 nell'arco del triennio, entro il 2008) con tempi massimi, cioè è vietato sforare almeno per le visite, gli esami e gli interventi inclusi in quella lista. Che fine hanno fatto quelle disposizioni? «Inapplicate», secondo l'indagine indipendente di Cittadinanzattiva, anche se a marzo 2007 i piani attuativi delle Regioni erano stati consegnati. «O applicate a macchia di leopardo: la Lombardia ha "garantito" anche più di 52 prestazioni, altre regioni molte di meno». Dunque il Piano, per cui erano stati stanziati 150 milioni di euro, non è stato rispettato. Ma nessuno ha fatto i controlli. Risultato, la maggior parte dei cittadini-pazienti ha fatto esami, visite e interventi privatamente. Ecco alcuni costi segnalati da chi ha scelto (si fa per dire) il canale "intramoenia", a pagamento: 20mila euro per un intervento al femore, 3mila per un parto, 200 per una visita neurologica. Le aree specialistiche in cui c'è stato un maggior ricorso al privato sono state l'oncologia (42%) e la ginecologia (38%). E adesso? Le vecchie regole restano e in più arrivano le linee guida annunciate da Fazio. Il meccanismo sarà diverso, non più tempi massimi per un certo numero di prestazioni ma una divisione per categorie: maggiore è l'urgenza, minore è l'attesa. Spiega Fazio: «Per l'oncologia le prestazioni urgenti dovranno essere garantite entro 3 giorni, quelle standard entro 15, per patologie tumorali a bassa aggressività il limite sarà di 30 giorni e di 60 per terapie palliative. Nel caso delle patologie cardiovascolari il paziente con dolore improvviso verrà visto in pronto soccorso, nel caso di un'aritmia con assenza di sintomi entro 10 giorni, entro 30 nel caso di un dolore toracico atipico per sospetta angina». CONTROLLI E SANZIONI Indicazioni precise ma, di nuovo, non è chiaro chi farà i controlli. «Sono linee guida molto innovative e le risposte saranno diverse, certo alcune regioni potranno risultare più virtuose di altre», è la risposta del sottosegretario. Di sanzioni non se ne parla. «Anche quelle già previste nel Piano del 2006 non sono state applicate, vanno da mille a 6mila euro, le Regioni possono punire le Asl che non rispettano i tempi ma non ci risulta che questo avvenga», dice Petrangolini. Sono fuorilegge anche le liste d'attesa bloccate (l'impossibilità di prendere un appuntamento con motivazioni tipo «è tutto pieno fino a giugno poi non abbiamo le agende») eppure questa pratica sopravvive. Altra "rivoluzione" rimasta sulla carta è quella dei Cup, i centri unici di prenotazione voluti per garantire trasparenza e tempestività ai cittadini. Nonostante i 50 milioni di euro destinati al progetto, «non tutti li hanno realizzati». E ancora: «Era stato deciso che sui siti web delle Asl i pazienti avrebbero trovato le informazioni sui tempi di attesa ma così non è»: un'indagine del ministero ha rivelato che soltanto il 22% dei siti (di 367 strutture) fornisce questi dati. Eppure l'assenza di trasparenza sulle liste è punibile con sanzioni da 5 a 20mila euro. La buona notizia, annunciata dal sottosegretario, è che da oggi il ministero utilizzerà come feedback la banca dati di Cittadinanzattiva che dal 2000 svolge un monitoraggio continuo del servizio sanitario con lo strumento dell'Audit civico, un migliaio di cittadini volontari misurano servizi e disservizi della nostra Sanità. Per entrare nell'albo dei "valutatori civici" bisogna essere abilitati e seguire il corso organizzato dall'associazione (www.cittadinanzattiva.it). In attesa di vedere applicate vecchie e nuove regole. Å Tempi massimi segnalati per visite specialistiche 390 270 180 180 150 150 150 120 120 120 giorni Visita cardiologia Visita senologica Visita neurochirurgia Esame vestibolare Visita chirurgica Visita urologia Visita gastroenterologica Visita ortopedica Visita oculistica Visita reumatologica Cittadinanzattiva- Tribunale per i diritti del malato Tempi massimi segnalati per prestazioni diagnostiche giorni 720 480 420 360 360 300 300 300 240 180 Ecocolordoppler Eco tessuto molle Mammografia Ecografia seno RMN cranio senza contrasto Ecocolordoppler tiroideo RMN ginocchio Test cardiovascolare da sforzo Ecocolordoppler TSA PAP Test Cittadinanzattiva- Tribunale per i diritti del malato Tempi massimi segnalati per interventi chirurgici giorni 1.080 1.080 1.080 540 450 390 360 360 360 240 Protesi d'anca Protesi al ginocchio Intervento di protesi al seno Intervento al menisco Intervento asportazione sacca lacrimale Intervento setto nasale Intervento ginecomastia Intervento urologico Intervento collo osseo Asportazione lipoma Cittadinanzattiva- Tribunale per i diritti del malato COME CI SI PUÒ TUTELARE LISTE D'ATTESA BLOCCATE Segnalare con raccomandata a/r alle amministrazioni pubbliche (modulo sul sito www.cittadinanzattiva.it); rivolgersi al Cup; se c'è l'urgenza chiedere al medico di famiglia l'accesso prioritario TEMPI MASSIMI NON RISPETTATI Segnalare ad Asl, Regione, Tribunale del malato e chiedere che venga garantita la prestazione, anche in intramoenia ma senza oneri aggiuntivi, pagando solo il ticket Foto: MONITORAGGIO I cittadini possono segnalare liste d'attesa "fuorilegge" e assenza di trasparenza ___________________________________________________________________ La Stampa 30 Apr. ‘09 CHIRURGHI ITALIANI AL TOP MA NESSUNO LO SA SIAMO I PRIMI IN EUROPA MA ABBIAMO UNA PESSIMA FAMA. SOPRATTUTTO IN CASA NOSTRA Andrea Sermonti I seimila chirurghi italiani della Società italiana di chirurgia (Sic) sono preoccupati: da molti anni in Italia l'attività chirurgica non gode di buona fama presso l'opinione pubblica. C'è, in sostanza, una forbice tra la «qualità percepita» dagli utenti relativa alle prestazioni fornite e la «qualità reale» erogata dagli ospedali. Pochi sanno che in alcune discipline - ad esempio nei trapianti d'organo, nella chirurgia robotica e in quella laparoscopica - la chirurgia italiana è la prima in Europa e tra le prime al mondo. Eppure si è radicato un clima di sfiducia e diffidenza da parte dei cittadini nei confronti di strutture, servizi e personale che popolano il mondo della chirurgia. Clima favorito anche dalla mancanza di un'adeguata comunicazione. «Sfiducia e diffidenza favorite anche dai mass media - sottolinea Paolo Innocenti, direttore del Dipartimento di Scienze chirurgiche dell'Università G. D'Annunzio di Chieti -, che mettono spesso in primo piano notizie di segno negativo per accendere l'attenzione dei lettoriascoltatori: cosa che ha portato a un aumento esponenziale (+184% negli ultimi 10 anni) di denunce per malasanità». E non sembra un problema da poco. Il senso di frustra- zione si è impadronito di molti e i giovani si stanno allontanando progressivamente dalla chirurgia: «Sono sempre meno coloro che si iscrivono alle scuole di specializzazione in chirurgia - aggiunge Innocenti - e non sono infrequenti concorsi senza candidati». Chirurgia italiana da buttar via, quindi? La ricognizione dei dati disponibili effettuata dai chirurghi va in senso assolutamente opposto. Secondo la Sic l'analisi compiuta per l'area dei trapianti (cuore, rene, fegato) ha infatti evidenziato che «i risultati nazionali complessivi relativamente alla sopravvivenza dei pazienti, confrontati con i dati europei, con i dati dell'Organizzazione nazionale degli Stati Uniti (UNOS) e con i dati relativi all'Europa del Collaborative Transplant Study risultano sovrapponibili con le casistiche internazionali e talvolta, come nel caso del trapianto di rene, anche superiori». Addirittura, l'impiego della tecnologia robotica in chirurgia, con più di 1.500 casi trattati alla fine del 2007, pone l'Italia ai primi posti nel mondo, seconda solo agli Stati Uniti. S ___________________________________________________________________ Il Sole24Ore 27Apr. ‘09 SANITÀ, FONDI PER LA PREVENZIONE C'È TEMPO FINO AL 20 MAGGIO Unione europea. Il programma per il periodo 2008-2013 mette a disposizione più di 365 milioni di stanziamenti Sanità, fondi per la prevenzione C'è tempo fino al 20 maggio per concorrere alle risorse di «Salute 2009» Maria Adele Cerizza Come migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini e promuoverne la salute riducendo le disparità sanitarie e potenziando la diffusione d'informazioni? Con questi obiettivi l'Unione europea ha messo a punto il secondo programma per la salute 2008-2013 (approvato con la decisione n. 1350/2007/Ce), che mira a integrare e conferire valore aggiunto alle politiche degli Stati membri, contribuendo ad aumentare la solidarietà e la prosperità nella Ue. Il 26 febbraio Bruxelles ha reso noto il programma di lavoro per l'anno in corso e l'invito a presentare progetti per "Salute 2009", composto di quattro parti: - l'assegnazione di un contributo finanziario a iniziative specifiche in forma di progetti. Questi dovranno fornire un elevato valore aggiunto europeo, essere innovativi nelle loro caratteristiche e durare di norma non più di tre anni. L'impatto previsto del progetto verrà misurato attraverso adeguati indicatori; - l'assegnazione di un contributo finanziario a iniziative specifiche in forma di conferenze. I temi da affrontare vertono sul miglioramento della previdenza sanitaria dei cittadini, sulla promozione della salute, compresa la riduzione delle disuguaglianze in materia sanitaria, e l'elaborazione e diffusione d'informazioni e conoscenze in campo sanitario; - l'assegnazione di un contributo finanziario per enti non governativi e reti specializzate (sovvenzioni di funzionamento). Saranno preferite le organizzazioni impegnate nell'assistenza sanitaria transfrontaliera, nelle malattie rare, nel personale sanitario, nella sicurezza dei pazienti, nella donazione e trapianto di organi, nella prevenzione del cancro, nella vaccinazione antinfluenzale, nell'uso prudente degli antibiotici, nella vaccinazione dei bambini, nella salute mentale e giovanile; - un invito agli Stati membri e ai Paesi partecipanti a presentare azioni congiunte. I contributi Ue potranno essere assegnati solo a un ente pubblico o a un'organizzazione senza scopo di lucro, designata mediante una procedura trasparente dallo Stato membro o dall'autorità competente interessata e approvata dalla Commissione. Il budget totale per il 2009 è di 48,26 milioni di euro. Il bilancio per l'invito a presentare proposte per i progetti (call for proposal) è stato ridotto rispetto all'anno scorso: sono disponibili 24.130.500 euro (la metà del bilancio operativo). Il programma di lavoro 2009 prevede infatti un maggior ricorso ai bandi di gara (call for tender) per cui sono disponibili 9.652.000 euro (pari al 20% del budget) e ad altri meccanismi di finanziamento, quali le azioni congiunte (7.239.000 euro, pari al 15% del budget) e le sovvenzioni di funzionamento (circa 2,5 milioni, pari al 5% del budget). Ciò allo scopo di ottimizzare l'efficienza e il valore aggiunto delle azioni finanziate, affinché gli stanziamenti raggiungano più efficacemente gli obiettivi del programma. I soggetti interessati hanno tempo fino al 20 maggio 2009 per sottoporre alla Commissione Ue i loro progetti. Le proposte relative al programma in materia di salute devono essere interamente conformi ai traguardi, obiettivi e metodi fissati nella decisione che istituisce il programma. Dai dati disponibili, relativi ai progetti finanziati dal primo programma 2003-2008, emerge che l'Italia ha ottenuto stanziamenti per 31 progetti, su circa 330 complessivamente finanziati, con importi che sono andati da un minimo di 216.237 euro destinati all'Asl numero 20 di Verona a un massimo di 1.754.012 euro ottenuti dalla Asl di Brescia, capofila in un progetto in partenariato con altri cinque Paesi europei. IN ITALIA TANTI PROGETTI E MOLTE BOCCIATURE Anche per l'Italia ci sarà tempo fino al 20 maggio per provare ad aprire il forziere Ue e conquistare così i fondi che ogni anno Bruxelles promette a chi presenta progetti per difendere la salute degli europei. Non solo dalle più classiche malattie, ma anche dai nuovi e vecchi pericoli che - dalla "mucca pazza" fino alla Sars - ciclicamente minacciano l'Europa. La chiamata alle armi riguarda praticamente quasi tutti i protagonisti del pianeta cure e dintorni. I bandi che scadono nelle prossime settimane sono destinati, infatti, a un'ampia platea: in pole position le aziende sanitarie, gli ospedali, i centri di ricerca, le università e le Ong. Ma anche gli Stati (attraverso i rispettivi ministeri della Salute) e le Rgioni. Un'occasione che già in passato diversi organismi italiani hanno colto al volo: negli ultimi 5 anni in oltre 30 progetti è sventolata la bandiera italiana, con centinaia di migliaia di euro di finanziamenti conquistati. L'Italia è tra i primissimi Paesi per numero di progetti presentati, ma vanta, purtroppo, anche il non tanto invidiabile primato di quelli bocciati. In media, tra quelli inviati in Europa, ha successo un progetto su quattro, ma quando a presentarlo è un organismo italiano le possibilità si dimezzano: praticamente incassa i fondi una richiesta su otto. Perché? «Anche piccoli errori o semplicemente un progetto scritto leggermente meno bene può comportare una bocciatura», avverte Giovanni Nicoletti del "focal point" per i programmmi Ue del ministero del Welfare, che fornisce consulenze a chiunque voglia presentare una richiesta di finanziamento (telefono: 06/59943173 - nfp_eahc@sanita.it). I suggerimenti per redigere al meglio la propria richiesta sono diversi. Prima di tutto occorre partire da un'idea su di una materia su cui si è molto ferrati, «magari - aggiunge Nicoletti - avendo già avuto qualche esperienza di collaborazione con partner stranieri». Oltre a studiare bene le regole del programma, bisogna verificare - mediante la banca dati dell'Agenzia Ue che gestisce il programma di Sanità - l'esistenza di altri progetti finanziati in passato sugli stessi argomenti o se ci sono gà "network" europei che sono leader su quegli stessi temi. Cruciale , poi, è dotarsi di una solida rete di collaborazioni con partner di altri Paesi Ue: «I partner - chiarisce Nicoletti - devono essere qualificati nella materia in cui ci si propone e dev'essere ben chiaro il ruolo di ciascuno di essi». Se si è alla prima esperienza, infine, forse è meglio appoggiarsi a qualcuno più esperto perché chi vince non avrà solo i fondi, «ma anche numerose incombenze amministrative». Mar.B. ___________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Apr. ‘09 DAY SURGERY CERCA PERNOTTO L'allerta della società scientifica Sicads in occasione del congresso di Treviso (22-24 aprile) Effetto boomerang sui costi se si torna ai ricoveri - Dossier per Sacconi La Day surgery è una realtà che gli italiani accettano sempre più, ma sulla quale comincia ad addensarsi qualche ombra. Fino al 2006 si è avuto un costante aumento degli interventi in day surgery, passati dal 14,6% del 1998 al 36 per cento. Nel 2007 per la prima volta una leggera riduzione, al 35,2 per cento: un'inversione di tendenza solo in parte attribuibile al progressivo passaggio d'interventi chirurgici verso il regime ambulatoriale. I dati complessivi sono buoni - un intervento su tre è in regime diurno - ma è opportuna una riflessione sulla tendenza che si evidenzierà maggiormente nel 2009 per la decisione assunta a livello nazionale di non prevedere per la day surgery la possibilità di un pernottamento. Dinanzi a un'iniziale inversione di tendenza, sarebbe necessario un forte impulso in sede di programmazione nazionale e regionale. Invece la decisione di non consentire la possibilità al paziente, ove si rendesse necessario, di pernottare in ospedale dopo l'intervento, anziché tornare subito a casa, con l'illusoria motivazione di risparmiare, porterà ad un significativo ridimensionamento della day surgery. Si rischia che pazienti trattati fino a oggi in day surgery - ad esepio per correzione di ernia addominale o inguinale, emorroidi, varici degli arti inferiori, oppure artroscopia o laparoscopia - tornino ad essere assistiti nelle corsie di chinirgia generale, in un ambiente dedicato a malattie o pazienti più complessi con riduzione del comfort ed inutile dispendio di risorse. La Società italiana chinirgia ambulatoriale e day surgery, che ho l'onore di presiedere, al Congresso di Treviso dal 22 al 24 aprile ha affrontato gli aspetti qualificanti della day surgery e della chinirgia ambulatoriale, in un documento/dossier inviato al ministro Maurizio Sacconi dove s'illustra lo stato dell'arte e una strategia. Si chiede che sia definito un "Programma nazionale day surgery", in altre parole un progetto di sviluppo, coerente con gli obiettivi della programmazione, per favorire l'appropriatezza clinica e organizzativa. Il programma dovrebbe indicare strategie d'implementazione, sviluppare strumenti per documentare i risultati e delineare il domani e precisare le azioni prioritarie in un'ottica nazionale e regionale. Per primo un Osservatorio nazionale per la day surgery nell'ambito dell'Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali (Agenas), con uno o più tavoli di confronto fra ministero e Conferenza Stato-Regioni, coinvolgendo le Società scientifiche. Risulta infatti indispensabile la definizione univoca di day surgery e di chinirgia ambulatoriale e l'individuazione della tipologia degli interventi da effettuare, garantendo la necessaria sicurezza per i pazienti, senza trascurare il progressivo invecchiamento della popolazione e i requisiti fondamentali dell'assistenza. In favore della popolazione sarebbe inoltre utile decentrare l'attività in strutture extraospedaliere appositamente accreditate e sviluppare una condivisione sui vantaggi della day surgery per personalizzare l'assistenza, ridurre le liste d'attesa, migliorare il comfort ed evitare inutili permanenze in un ambiente non naturale come l' ospedale. La day surgery è variegata. Nel 2007 su 4.588.087 pazienti sottoposti a intervento chirurgico, 1.616.641 (35,2%) sono stati trattati in day surgery. Il maggior ricorso alla day surgery è stato registrato nella Pa di Trento (53,5%), seguita da Piemonte (48%), Sicilia (47,5%), Basilicata (44,6%) e Umbria (44,5%). Di contro, l'indice nel 2007 è stato del 25,3% in Lombardia, del 27,8% nel Lazio del 28,9% in Puglia e del 29,3% in Friuli Venezia Giulia. Dove si è avuta una riduzione - solo in parte attribuibile ad un incremento degli interventi chirurgici in regime ambulatoriale - si rende necessario un confronto nelle rispettive Regioni. Marsilio Francucci Presidente Società italiana chirurgia ambulatoriale e Day surgery-Sicads Direttore Struttura complessa chirurgia generale e degenza breve Unità di Day surgery _____________________________________________ La Nuova Sardegna 27 Apr.’09 TERAPIA MIRATA PER IL COLON SASSARI. Personalizzare la terapia medica per la cura del tumore al colon adesso è possibile anche a Sassari, grazie alla collaborazione tra l'Oncologia medica dell'ospedale "Santissima Annunziata", l'Anatomia patologica dell'azienda ospedaliero universitaria di Sassari e l'Unità di genetica dei tumori del Cnr di Sassari. Grazie infatti allo studio avviato dall'Oncologia medica dell'Asl sulla determinazione del K-ras cioè sulla identificazione, tramite tecnica di biologia molecolare, della mutazione di un gene del tumore del colon, è possibile proporre un trattamento specifico e mirato a quei pazienti "selezionati" nei quali il gene non abbia subito mutazioni. «Oggi a Sassari, unici in Sardegna, afferma il direttore dell'Unità operativa di Oncologia medica del Santissima Annunziata, Antonio Contu - possiamo determinare quali pazienti, portatori di tumore del colon diffuso, hanno buone possibilità di giovarsi di una terapia con un farmaco importante come il cetuximab, da solo o associato alla chemioterapia». L'utilizzo di questa tecnica è stato reso possibile grazie ad un primo finanziamento dell'associazione di Oncoematologia "Mariangela Pinna" Onlus, che ha permesso all'Oncologia medica dell'ospedale sassarese di iniziare i primi studi, quindi di avviare la collaborazione col professor Francesco Tanda e il dottor Antonio Cossu dell'Anatomia patologica dell'Aou di Sassari e con l'Unità di Genetica dei tumori del Cnr guidata da Giuseppe Palmieri. In quest'ultima struttura già da diversi anni si effettuano ricerche genetiche di questo tipo ed è stata raggiunta una elevata affidabilità nella determinazione delle alterazioni molecolari «Tale studio - riprende Antonio Contu - ci ha consentito di testare i preparati istologici di oltre 40 pazienti seguiti dalle Oncologie mediche della nostra Asl, a Sassari, Alghero ed Ozieri, e di selezionare quei pazienti che possono trarre beneficio da una terapia appunto "personalizzata", con l'utilizzo dei cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare». «Siamo in condizioni di curare i nostri pazienti con tumore del colon in maniera ancora più accurata - prosegue - selezionando quelli che potranno avere un beneficio dalla terapia, circa il 55 per cento dei casi. 1 restanti pazienti potranno utilizzare comunque le altre numerose terapie a disposizione per la cura del tumore del colon». Sono già numerose intanto le richieste per l'effettuazione della determinazione del K-ras provenienti anche dalle altre Oncologie della regione. La conferma arriva dall'Unità di Genetica dei tumori del Cnr di Sassari, che ha ricevuto ri chieste da Cagliari, Nuoro, 01bia e Macomer. Una opportunità importante per i pazienti seguiti dalle strutture oncologiche isolane, resa possibile dalla convenzione siglata tra l'Azienda ospedaliero universitaria di via Coppino e il Cnr di Sassari. Con una semplice richiesta su ricettario rosa e con il tramite dell'Anatomia patologica sassarese, si potrà richiedere l'esecuzione della determinazione del K-ras e sapere, nell'arco di tre settimane circa e con assoluta affidabilità, se un trattamento così importante abbia una reale possibilità di essere attivo, da solo o in associazione con la chemioterapia, nel tumore del colon avanzato. In questo modo possono essere limitati al massimo gli utilizzi inutili, con un importante risparmio di risorse economiche, e le eventuali tossicità alle quali verrebbe esposto A paziente. _____________________________________________ Libero 28 Apr.’09 IL POMODORO CI PROTEGGE DA ICTUS E INFARTO TAORMINA Considerato da tempo un preziosissimo alleato nella lotta contro il tumore alla prostata, il pomodoro entra ora anche nel novero delle terapie contro ictus e infarti. È quanto emerge dal Mediterranean Cardiology Meeting (in corso a Taormina). Le proprietà terapeutiche del pomodoro ruotano attorno al licopene, un antiossidante (cioè un composto in grado di combattere i radicali liberi, responsabili - tra le altre cose - dell'invecchiamento) contenuto nella buccia di tale ortaggio. Più in particolare dai dati presentati al convegno è emerso che il licopene può bloccare il processo ossidativo che colpisce i lipidi, riducendo così la formazione di placche, a loro volta responsabili di molti problemi cardiovascolari. C'è un piccolo inconveniente, però: per ottenere gli effetti desiderati bisogna assumere circa cento grammi di salsa di pomodoro al giorno - una quantità molto consistente, che corrisponde a circa un chilo di pomodori -, che per di più deve essere cotta. Solo la cottura consente infatti al licopene di diventare biodisponibile, cioè di poter essere assimilato adeguatamente dall'organismo. Per Michele Gulizia, presidente dell'Associazione italiana di aritmologia e cardiostimolazione, introducendo in modo massiccio il pomodoro nella nostra alimentazione - e non dimentichiamo che questo ortaggio ha un ruolo centrale nella dieta mediterranea si potrebbe arrivare a una riduzione del rischio cardiovascolare anche del trenta per cento. E tra i cardiologi c'è già chi parla di trasformare queste indicazioni dietetiche in un vero e proprio protocollo clinico di prevenzione alimentare delle malattie cardiache. ROBERTO MANZOCCO _____________________________________________ Il Sole24Ore 30 Apr.’09 DUBBI IN RISONANZA «Nature Neurow science» lancia l'allarme sulle ricerche che usano in maniera intensiva la risonanza magnetica funzionale. Secondo i ricercatori dell'Istituto statunitense di Igiene mentale del Maryland, gli esperimenti di imaging creano una tale mole di dati, da selezionare sulla base di determinati criteri. Il processo di selezione, però, rischia di essere circolare, ossia di considerare come rumore di fondo e quindi trascurabili proprio quei risultati che invaliderebbero le tesi di partenza. In altre parole, i ricercatori corrono il rischio di andare in cerca di conferme più che di falsificazioni. Gli studiosi hanno anche proposto una poticy per superare i rischi di circolarità: suggerimento che deve essere attentamente valutato considerata l'importanza che la Rm funzionate ha oggi nelle ricerche di neurologia. (an.car.) _____________________________________________ Il Sole24Ore 30 Apr.’09 MONDIALI DI NUOTO SENZA L'ARIA Si svolgerà domani la prima finale europea della nuova disciplina di 400 stile libero senz'aria. La Federazione internazionale del nuoto ha autorizzato in di Andrea Carobene La via sperimentale l'uso della membrana per la respirazione subacquea: un filtro che consente di estrarre l'ossigeno dall'acqua senza la necessità di girare e sollevare la testa per inspirare. Queste membrane sono frutto di una ricerca ventennale sugli idrogel attivabili con gli enzimi inaugurata da Sergiy Minko dell'università Clarkson di Potsdam. A contatto con la saliva, !a membrana modifica la sua struttura su scala nanometrica permettendo di separare l’ossigeno dall'idrogeno e dagli altri gas disciolti nell'acqua. Non è però ancora certa l'omologazione dei record che saranno sicuramente stabiliti oggi. _____________________________________________ La stampa 30 Apr.’09 AIDS, ARRIVA LA PILLOLA 3 IN 1 UN'UNICA COMPRESSA PERLE TRE MOLECOLE ANTIRETROVIRALI. UN VANTAGGIO PER LA QUALITÀ DI VITA DEI PAZIENTI E PER L'«ADERENZA» ALLA TERAPIA DI Eleonora Grassi Una novità assoluta nel trattamento dell'Hiv: arriva anche in Italia il primo farmaco che riunisce tre molecole antiretrovirali in un'unica compressa: Atripla. Finisce per i pazienti l'incubo di assumere numerose volte al giorno più pillole, rispettando rigorosamente i diversi tempi e dosaggi, grazie a un trattamento in un'unica compressa e una sola volta al giorno che associa tre molecole di efficacia e stabilità provata. «La mortalità per Aids è scesa dal 100% a meno del 10%: la stessa percentuale che si registra per le polmoniti. In questo residuo di mortalità confluiscono i soggetti che non si curano o che si curano male, persone che scoprono troppo tardi la propria sieropositività, pazienti che non tollerano i farmaci o che non li prendono con la necessaria aderenza », osserva Mauro Moroni, direttore Dipartimento Malattie infettive dell'azienda ospedaliera Luigi Sacco di Milano, aggiungendo che «l'avvento di Atripla rappresenta un grande successo rispetto a uno degli obiettivi della ricerca: la semplificazione». Negli ultimi anni la letteratura internazionale ha dimostrato che esiste un aspetto fondamentale nel trattare efficacemente un paziente per periodi molto lunghi, come quelli richiesti dalla terapia antiretrovirale: si tratta dell'aderenza, e cioè del rispetto, da parte del paziente, delle modalità di assunzione dei farmaci, che devono essere costanti e conformi alla posologia indicata dal medico. «L'aderenza è uno dei fattori principali per il successo della terapia, assieme ad altri concomitanti come la potenza del farmaco, il profilo di tollerabilità e la resistenza al virus», sostiene Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico e di Ricerca clinica dell'Istituto nazionale Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. E aggiunge: «La differenza in termini di efficacia e inefficacia si gioca oggi soprattutto sul terreno dell'aderenza. Occorre recuperare quel 25-35% di pazienti che sappiamo aderire in modo sub-ottimale alla terapia ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 26 Apr. ‘09 COME RIDURRE I COSTI DEI DENTISTI Nota è la polemica riguardo agli alti costi odontoiatrici: ampie fasce della popolazione, complice la crisi, non riescono più a curarsi dal dentista. Chiariamo i termini della questione, dando al lettore alcune informazioni fondamentali. La prima è che l' unica soluzione lungimirante è quella di impostare un programma efficace di prevenzione, a partire dall' età scolare. In questo modo, nell' arco di 8-12 anni, la necessità di cure dentali si può ridurre a valori vicini allo zero. Dove tali programmi sono stati realizzati, incluse alcune sedi italiane, i risultati sono stati del tutto convincenti. In secondo luogo occorre ricordare che, per le cure dentali, non esiste una «economia di scala»: ogni caso è un caso a sé; fare cento otturazioni significa mettere in atto cento procedure diverse. Quanto accade nell' industria, laddove produrre insieme cento pezzi costa meno che produrre cento volte isolatamente lo stesso esemplare, non vale in odontoiatria perché ogni «pezzo» è un prodotto a sé, con esigenze e procedure di assoluta personalizzazione. La macchina, insomma, è sempre fuori serie, mai fatta con lo stampino. L' unica soluzione per ridurre i costi è quella di accorpare le risorse, concentrando sedi, strumentazione, materiali, personale, procedure operative: tutto questo può costituire una «economia di scala» determinante. Fatte queste premesse la conseguenza è una sola: dev' essere lo Stato («mano pubblica») a farsi carico sia della prevenzione sia dell' accorpamento delle risorse. Lo Stato deve essere l' iniziatore esemplare di quanto proposto, per la ragione semplicissima che ha già strutture di base e totale autonomia per mettere in atto tutto questo. Le strutture di base, almeno iniziali, sono costituite dalle numerosissime sedi universitarie che, caso unico in Europa, in Italia superano la trentina; la totale autonomia è lo strumento che permette allo Stato di non dover chiedere alcun permesso per realizzare questa impresa sanitaria. Gli ostacoli che rendono difficile questa soluzione sono sostanzialmente due. Il primo è la tradizionale incapacità della «mano pubblica» a gestire in modo efficace qualunque sua impresa; il secondo consiste nella necessità di assumere una sufficiente quantità di personale odontoiatrico (dentisti, igienisti, assistenti) in grado di costituire una forza lavoro che operi, a tempo pieno, per curare chi ne ha bisogno, con tariffe low cost. Un bacino utilizzabile in questo senso potrebbero essere i giovani laureati in cerca di impiego. Ci sembra inaccettabile, invece, la soluzione contrattata, e concordata, con associazioni parzialmente rappresentative; questa soluzione tenta di trasferire sul libero professionista («mano privata») quanto è obbligo primario dello Stato riguardo al costituzionale diritto alla salute. Utilizzare il privato come elemento vicariante significa una cosa sola: «Io, Stato, non sono capace di gestire la salute pubblica». Il che è totalmente deludente e, soprattutto, inaccettabile. * professore a contratto di odontoiatria università di Milano e università S. Raffaele Guastamacchia Carlo ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 26 Apr. ‘09 ATLETI FRAGILI Troppi traumi tra i giovanissimi del Manchester United: uno studio analizza le cause e propone i rimedi. Anagrafe e crescita spesso non coincidono. E il gioco si fa duro Così, su due piedi: quanti anni dareste a Davide Santon enfant prodige dell' Inter? E a Federico Macheda, l' italiano-rivelazione del Manchester United? Insomma, genialità calcistica a parte, fisico ed età dei due giocatori vi sembrano coincidere? E quanti gliene avreste dati all' inizio della loro carriera? Per togliervi il dubbio, i medici della scuola calcio del Manchester United, appunto, propongono di sottoporre tutti gli aspiranti giocatori, professionisti e non, a un nuovo esame: una radiografia del polso sinistro, esclusa dal consueto screening di idoneità nei pochi paesi che lo fanno. Perché? Sul British Medical Journal, lo staff medico dei Red Devils spiega la sua ipotesi. La maggior parte degli sport nel mondo è suddiviso per categorie in base all' età dei giocatori. Nell' adolescenza, però, lo sviluppo segue regole proprie. L' età anagrafica può allontanarsi da quella biologica, addirittura di 4 anni. Facile per i selezionatori, allora, sbagliare categoria e di conseguenza anche programma di allenamento. I ricercatori Amanda Johnson, Patrick Doherty e Anthony Freemont hanno pensato che il numero crescente di infortuni in campo possa derivare da questo errore di fondo. Così hanno passato al setaccio i dati sugli infortuni di 292 allievi della scuola calcio del Manchester, dai 9 ai 16 anni, tra il 2001 e il 2007. In tutto, se ne sono registrati 476 (244 in allenamento e 169 in partita). Grazie all' esame radiografico ripetuto ogni anno e al Fels, un programma che analizza 111 indicatori di maturità dell' area fra mano e polso, gli studiosi hanno scoperto che circa la metà dei calciatori erano in anticipo o in ritardo di un anno rispetto allo sviluppo normale. Non solo. La maturità ossea dei ragazzi, assieme al tempo di gioco e di allenamento, influiva sul diverso tipo di infortunio per il 48 per cento. «Questo - dicono Carolyn Broderick e Damien MacKay, specialisti in pediatria dello sport dell' università di Sidney - mette in dubbio la validità dei programmi di selezione delle squadre e di preparazione atletica». Risultati inquietanti per il calcio che, certifica la Fifa, conta 265 milioni di praticanti nel mondo (5 milioni in Italia). Le statistiche mostrano universi paralleli. Sulla rivista Archives of Diseases in Childhood, un lavoro dell' università di Basilea sostiene che almeno 12 ore di calcio alla settimana aiutano a regolare il ritmo del sonno negli adolescenti. L' Istituto superiore di sanità stima in circa 300 mila gli infortuni da attività sportiva in Italia, pari a 512 casi all' anno ogni 100.000 abitanti. Quasi la metà degli incidenti (46 per cento), avviene sui campi di calcio. A livello europeo, l' Uefa ha attivato il monitoraggio dei club dal 2001 e ha addirittura calcolato la media dei rischi in allenamento: 2,6 infortuni ogni 1.000 ore, senza differenze sostanziali fra dilettanti e professionisti. Uno studio del settore medico giovanile dell' Inter, forse l' unico in Italia con 5 anni di osservazione, conferma che oltre i 16 anni, in particolare nei giovani calciatori meglio preparati, i dati delle lesioni da trauma si avvicinano a quelli del giocatore adulto. «Il nostro modello di prevenzione è ammirato in tutto il mondo, ma la ricerca è carente - sottolinea Maurizio Casasco, presidente della Federazione medico sportiva italiana -. La nostra Federazione ha 80 anni di storia e milioni di dati a disposizione, ma ce li chiedono di più gli stranieri». Società di calcio, università e Federazione non riescono a trovare un punto di convergenza. «Noi almeno ci proviamo - aggiunge Carlo Tranquilli, medico federale della Fgci e responsabile dell' Under 21 -. Con la Lega dilettanti stiamo studiando un progetto di informatizzazione delle società amatoriali, per una banca dati nazionale». Sugli infortuni, la Commissione medica della Fifa ha già detto la sua da due anni con il programma di prevenzione «The 11 Plus», basato su semplici esercizi di riscaldamento. Strano pianeta, il calcio. A dicembre, l' Oslo Trauma Center ha pubblicato sul British Medical Journal i risultati di uno studio su 125 club femminili: «Spilleklar!», come suona in norvegese il programma della Fifa, sembra funzionare. Da noi, sarà presentato oggi a Bologna. «Il rischio di infortunio c' è - spiega Andrea Ferretti, ortopedico dell' università La Sapienza di Roma, per 16 anni medico della Nazionale -, ma penso di poter tranquillizzare l' opinione pubblica. La mia lunga esperienza mi fa dire che il calcio giovanile è sicuro. Gli studi epidemiologici vanno interpretati con cautela». Ruggiero Corcella [ad esempio patologie della colonna (scoliosi, atteggiamenti scoliotici, ipercifosi, iperlordosi), del ginocchio (ginocchio valgo o varo) o del piede (piede piatto o cavo) Corcella Ruggiero