17 MAGGIO 2009 CAGLIARI: LA NOSTRA UNIVERSITÀ PIÙ VICINA AGLI STUDENTI - RICERCA. IL CANDIDATO RETTORE CHIAMA GLI ESPERTI EUROPEI - PARENTOPOLI ALL’UNIVERSITÀ IL CASO SARDO - MISTRETTA: MI MERAVIGLIA QUEST’ASSALTO ALLA DILIGENZA - MAIDA: «IO MASSONE? GRANDE FROTTOLA - MARIASTELLA GELMINI:MA COM'È DIFFICILE CAMBIARE LA SCUOLA - LAUREATI ITALIANI, SPECIE IN ESTINZIONE - LA SCELTA DEGLI STRANIERI VA AI POLITECNICI ITALIANI - LO ZEN E LA FISICA DELLE PAROLE - IL CERVELLO QUANTICO ANTIDOTO ALLE CRISI - VIA AL NUCLEARE ENTRO L'ESTATE - ENTRARE NELLA MENTE - IL SOGNO NEL CERVELLO - RIFORMA MENTIS - ALLA RICERCA DI CONOSCENZA - TRE GRADINI DI MERITO PER GLI STATALI - FACEBOOK? AIUTA LA PRODUTTIVITÀ - ======================================================= SANITÀ, IN SARDEGNA VINCITORI ALLE PRESE CON SE STESSI - LIORI: LA SANITÀ SARDA SI CURA LE RIFORME - APRE A GIUGNO IL PONTE SULLA STATALE 554 - LA SALUTE VA IN RETE: LE CINQUE, MOSSE VERSO LA E-SANITA - TERRITORIO, FONDI INTEGRATIVI E HI-TECH PER IL NUOVO SSN - UN FILO DI ARIANNA PER USCIRE DAL LABIRINTO DELL'ICT IN CORSIA - ECCO IL PIANO DI BRUNETTA: DAI MEDICI IN RETE AL FSE - SANITÀ: FEDERALISMO SOSTENIBILE RESPONSABILE - LA PRESA IN CARICO - FSE: EVOLUZIONE E FUTURO DEI SISTEMI INFORMATIVI SANITARI - GLI EFFETTI DEL PIANO E-GOV 2012 - SSN, LA MALAGRAZIA FERISCE CHI È IN CERCA DI CURE - PRIMARI IN PENSIONE LE SCELTE DIFFICILI - IL SESSO DEL SUONO - CANCRO ALLA PROSTATA: I RICERCATORI BOCCIANO LO SCREENING - SCOPERTI UNDICI NUOVI GENI CAUSA DELLA PRESSIONE ALTA - PIÙ TEMPO PER LIMITARE I DANNI DELL'ICTUS - LINEE GUIDA PER LA TALASSEMIA - I DOLORI DELLA MEDICINA ESTETICA TRA COMPLICANZE ED EFFETTI COLLATERALI - ======================================================= ________________________________________________________________ L’Unione Sarda 14 mag. ’09 CAGLIARI: LA NOSTRA UNIVERSITÀ PIÙ VICINA AGLI STUDENTI 5 concorrenti che si sfidano per la poltrona di Magnifico dicono la loro anche sui corsi di studio I progetti dei candidati per i 36 mila iscritti all'Ateneo cagliaritano Seconda puntata del forum con i 5 candidati alla carica di rettore in vista del voto del 21 maggio I cinque aspiranti Magnifici, Gavino Faa, Maria Del Zompo, Giovanni Melis, Raffaele Paci, Antonio Sassu, rispondono alle domande poste da docenti, studenti e amministrativi, domande ricorrenti nei dibattiti della loro campagna elettorale. Al di là dello slogan “Cagliari città universitaria” come valorizzerete sul piano economico la presenza di 36 mila studenti? Faa: «Sia chiaro, Cagliari città universitaria per me non è uno slogan. Ma un progetto serio e concreto cui la mia squadra lavora da anni e che consentirà ad almeno tremila studenti di risiedere nei quartieri storici, rivitalizzando l'intera città». Del Zompo: «Essere di stimolo perché Regione, Comune e Ersu facciano il possibile per migliorare la ricettività. Incentivare gli studenti a “vivere la città” con convenzioni per facilitare la fruibilità di servizi: Arst per facilitare gli spostamenti, Camera di commercio per l'accesso a punti di ristoro, multisale o per l'acquisto dei libri di testo, tutto a costi prestabiliti». Melis: «Gli studenti fuori sede spendono per alloggi e vitto importi significativi nell'economia della città. Non sempre sono accolti bene, si vedano le ripetute aggressioni nella mensa di via Premuda e le presenze notturne inquietanti in viale Sant'Ignazio. Con il campus nel centro storico si può migliorare l'ospitalità e realizzare una vetrina per il patrimonio di beni culturali e museali dell'Ateneo, creando un centro importante di attrazione per il turismo». Paci: «Gli studenti devono trovare nei due campus del centro storico e di Monserrato servizi residenziali (centralizzati e diffusi) e di ristorazione, servizi didattici (aule, laboratori, biblioteche) e spazi di socializzazione e svago. È necessaria una Conferenza dei servizi con i Comuni, la Regione, l'Ersu e gli altri enti interessati». Sassu: «Oltre che città in cui ci deve essere il fermento della scienza e della formazione, Cagliari può offrire diverse opportunità agli studenti universitari. Prima di ogni cosa, uno spazio culturale e politico in cui si possa discutere, poi uno spazio musicale. Le grandi università hanno una loro orchestra e un loro coro in cui è possibile coltivare le proprie passioni. Altrettanto si può dire per le sale cinematografiche e teatrali. Anche dal punto di vista economico è possibile offrire occasioni di lavoro, basti pensare alla Casa dello studente». Come attirare più studenti stranieri? Faa: «È indispensabile migliorare e potenziare i servizi relativi all'accoglienza e all'integrazione sociale. Va subito creato un centro di accoglienza internazionale, dove i nostri ottimi funzionari lavoreranno in sinergia con le associazioni studentesche». Del Zompo: «Con la qualità della nostra ricerca e didattica per prima cosa, migliorando la ricettività, sottodimensionata. Bisogna potenziare i servizi culturali come biblioteche, aule e laboratori. E favorire l'accesso a punti di ristoro e di relax attraverso convenzioni che limitino i costi». Melis: «Forse non tutti sanno che attualmente l'accoglienza degli studenti stranieri dipende, in gran parte, dal volontariato delle associazioni degli studenti. Sono iniziative lodevoli che vanno sostenute, ma unitamente con l'Ersu e gli enti territoriali occorre potenziare l'ospitalità e sviluppare le occasioni di scambio». Paci: «Servono i servizi prima descritti ma anche un'ottima qualità della didattica e della ricerca. In alcune aree dovremo organizzare percorsi formativi in lingua inglese. L'internazionalizzazione è uno degli elementi strategici per il futuro e l'Ateneo di Cagliari può svolgere un ruolo importante al centro del Mediterraneo». Sassu: «Innanzitutto devono esserci scuole e laboratori, in genere, le strutture, in cui la ricerca sia di buona qualità. Ciò richiama, in primo luogo, gli studenti e gli studiosi stranieri. Tuttavia questo non è sufficiente. Sono necessarie strutture universitarie ad hoc ma anche accordi con i Comuni limitrofi. Molto rimane da fare». Quali criteri guideranno le vostre scelte sulla chiusura di corsi di laurea e sedi staccate? Faa: «La qualità dei corsi e la loro integrazione con il tessuto economico e sociale sono la risposta vincente. Verranno mantenuti i corsi meglio organizzati, con livelli di docenza elevati e che forniscono agli studenti maggiori opzioni per inserirsi nel mondo del lavoro. Non ho preconcetti sui corsi nelle sedi staccate». Del Zompo: «Non chiuderei neanche una scuola elementare con 5 alunni! Ma ora dobbiamo razionalizzare le risorse. La mia idea è progettare la creazione di Università monotematiche, con sedi in città diverse da Cagliari: progetto ambizioso ma possibile sfruttando i fondi Por. Criteri: qualità della didattica e della ricerca, possibilità di internazionalizzare i corsi, sede unica per quella laurea che richiami studenti da tutta l'isola, valutazione delle risorse». Melis: «L'insularità non può essere ignorata nell'articolazione dell'offerta formativa. Inoltre vanno difesi quei corsi che esprimono il patrimonio culturale specifico dell'Ateneo. Per salvare le iniziative più radicate (Nuoro, Oristano, Iglesias), occorre uscire dall'attuale situazione di precarietà e realizzare un investimento durevole negli organici e nelle strutture». Paci: «Vi è stata una proliferazione delle sedi distaccate che ha portato sprechi e inefficienze. È necessario ora definire con la Regione e l'Università di Sassari un disegno strategico che porti alla creazione di un sistema regionale della conoscenza con il mantenimento di poche presenze qualificate nel territorio». Sassu: «Ciò che è importante, nelle sedi staccate, è il bacino di utenza e l'utilità per il territorio. Spesso la domanda da parte degli studenti è stata progressivamente decrescente per varie ragioni e l'Università non è stata capace di influire sull'ambiente». L'introduzione di criteri meritocratici rischia di far retrocedere l'Università nelle classifiche nazionali? Faa: «Il valore dei ricercatori del nostro Ateneo è riconosciuto a livello internazionale. Ma vanno potenziate le attività di sostegno alla ricerca. Penso a un Ufficio per i progetti europei; a un ampliamento dei fondi; a un numero maggiore di borse per le scuole di dottorato. Con queste modifiche prevedo la promozione della nostra università, non una retrocessione». Del Zompo: «Possiamo competere a testa alta ma dobbiamo migliorare l'organizzazione della ricerca e fare “sistema” con il potenziamento dei servizi comuni per la ricerca, scientifici e amministrativi, migliore distribuzione del carico didattico, la componente tecnico-amministrativa sempre più valorizzata». Melis: «La qualità dei ricercatori non è una criticità, siamo nella media nazionale con importanti eccellenze. È la produttività della didattica che porta verso il basso il rating dell'Ateneo. Pesano la qualità della scuola media, le carenza nelle aule, nei laboratori e nei supporti per la didattica, il pendolarismo. Ecco perché vanno sostenuti i progetti per la creazione dei campus nella ex semoleria e nel centro storico». Paci: «L'introduzione di criteri di merito è una strada corretta che permetterà al sistema universitario di migliorare. Cagliari si posiziona molto male per quanto riguarda la produttività della didattica mentre sul fronte della ricerca le cose vanno meglio. Sarà quindi necessario agire con visione strategica su entrambi i fronti». Sassu: «I criteri meritocratici possono solo migliorare la performance dei ricercatori. Non c'è il rischio di una retrocessione nelle classifiche nazionali». CARLA RAGGIO ________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 10 mag. ’09 RICERCA. IL CANDIDATO RETTORE CHIAMA GLI ESPERTI EUROPEI L'Ue dà lezioni all'Università Faa: così si vince un progetto Come realizzare un progetto europeo di successo? Per scoprirlo i ricercatori sardi hanno interrogato direttamente gli esperti delle agenzie di Bruxelles, venuti a Cagliari per svelare i “trucchi” che possano aiutare la Sardegna ad accedere ai finanziamenti europei per la ricerca. Un argomento caro agli universitari e che tiene banco in questi giorni nella campagna elettorale dei cinque candidati-rettori. GIORNATA DI STUDIO L'incontro di ieri - a cui hanno partecipato ricercatori di tutte le facoltà, docenti, dottorandi, studenti e amministrativi - è stato organizzato da Gavino Faa, l'anatomopatologo in corsa per la poltrona di Magnifico. «Questa giornata è la prima di un programma che nel giro di alcuni anni ci porterà tanti soldi europei - spiega l'ex preside di Medicina - non basta un bando e scrivere un progetto, occorre un'organizzazione, una rete europea che aiuti i bravi ricercatori a predisporre tecnicamente l'idea». Di qui la promessa di Faa, che prende spunto dalla sua esperienza in Belgio: «Se per caso le elezioni andassero bene, il primo giorno da rettore costituirò un ufficio europeo, formato da amministrativi che spieghino ai ricercatori qual è la via migliore perché la loro idea diventi un progetto europeo di successo». GUIDA PRATICA Chiara Pocaterra, project manager dell'agenzia per la promozione della ricerca europea, dà alcune dritte: «Il progetto non può essere concentrato solo sulla parte scientifica e tecnologica: i risultati della ricerca devono essere utili all'Europa e i partner devono essere eccellenze da cercare non solo in Italia. Ai sardi dico: impariamo oggi per essere competitivi domani e non perdere l'opportunità dei finanziamenti per la ricerca, particolarmente utili quando non ci sarà più il cuscinetto dei fondi strutturali». I BANDI A far gola sono ora i 50 mila milioni di euro del settimo programma quadro 2007-2013. Per accaparrarseli, spiega Pierpaolo Manca, coordinatore dei fondi europei, «dobbiamo partecipare il più possibile ai bandi, sensibilizzando con gli Info-day università, centri di ricerca, piccola e media impresa a partecipare ai progetti. Finora la nostra partecipazione è stata marginale anche perché non c'è comunicazione tra Regione, imprese e università e manca un'informazione diretta su quel che si potrebbe fare. Un ufficio di euro-progettazione è lo strumento per colmare questo svantaggio». SUGGERIMENTI Sebastiano Fumero, responsabile dell'Agenzia Rea, indica i tre elementi determinanti del successo di un progetto: «L'idea scientifica innovativa, la composizione del consorzio e la compatibilità tra i partner, l'ottimizzazione delle risorse. Più si partecipa ai bandi più si entra in rete e ci si collega ad altri Stati entrando in un contesto globale che aiuta a superare il tipico isolazionismo italiano». CARLA RAGGIO ________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 mag. ’09 PARENTOPOLI ALL’UNIVERSITÀ IL CASO SARDO L’inchiesta di Nino Luca SASSARI. Si parla anche delle università sarde nel libro-indagine di Nino Luca «Parentopoli», sull’università intesa come affare di famiglia. Nel caso sardo si parla molto delle facoltà di Medicina e si fa riferimento ai figli dei rettori che lavorano all’università. I rettori Alessandro Maida (Sassari) e Pasquale Mistretta (Cagliari) dicono di non avere niente da nascondere. PIER GIORGIO PINNA SASSARI. Con il suo libro «Parentopoli», l’università come affare di famiglia, pubblicato da Marsilio, il giornalista siciliano Nino Luca è già arrivato alla seconda edizione in pochi mesi. E non c’è da stupirsi. L’inchiesta mette in luce un malcostume molto italiano: figli, nipoti, mogli, amanti chiamati a ricoprire docenze, dottorati, ruoli da ricercatore negli stessi atenei dove i loro parenti o sodali sono in cattedra. Illuminante il blog: http://parentopoli.splinder.com/. L’indagine tocca tutta la penisola e le due isole maggiori. Sviscerando, nel caso della Sardegna, situazioni che toccano Medicina più di altre facoltà. A volte con qualche storia che si trascina da tantissimo tempo e chiama in causa professori nel frattempo trasferiti dal Sud al Nord. Un lavoro che a Nino Luca (nato nel 1968 a Sydney da genitori emigrati in Australia, all’opera da anni a Corriere.it, il sito internet del «Corriere della Sera») ha richiesto parecchio impegno e ricerche ampie. Il perché lo spiega in quest’intervista. - È un periodo nel quale l’accademia è al centro di critiche. Prima c’è stato il libro di Roberto Perotti «L’università truccata». Qualche mese fa quello di Davide Carlucci e Antonio Castaldo «Un paese di baroni». Ora la sua idea: com’è nata? «In modo del tutto casuale. C’è stata la segnalazione di un concorso in Sicilia con un unico candidato. Naturalmente imparentato con un docente. Ho provato a informarmi parlando proprio con lui. Mi ha dato la sua spiegazione: “I nostri figli sono più bravi perché hanno la forma mentis di noi professori”. La risposta è andata su internet. Sono arrivate 500 mail di protesta in poche ore. Nel web si è scatenata la rabbia. Ho capito che era un argomento sentito». - Com’è proseguita l’indagine? «Molti hanno raccontato vicende personali, soprusi, arbitrii, testimonianze di selezioni-truffa. Abbiamo cominciato con le verifiche. È saltato fuori un panorama nel quale l’università appare a tutti gli effetti un affare tra parenti. Come al bar, nelle botteghe o nelle aziende di proprietà privata, in tanti dipartimenti parecchi membri della stessa rete familiare lavorano fianco a fianco. Alla fine, è arrivata una mail della Marsilio che mi ha proposto di fare un libro con il materiale raccolto. Ho accettato». - E i rettori? «Sono tra i primi a consentire che nei loro atenei vengano assunti mogli, figli, nipoti, portaborse. A pagare, ovviamente, siamo noi contribuenti». - C’è un fatto più scandaloso di altri? «Direi di no. La situazione limite è rappresentata da un malcostume allargato all’intera accademia. Basti pensare che sono 18 i rettori che hanno qualche parente in ateneo». - Qualcosa che l’ha colpita di più? «Mah, potrei citare un concorso organizzato per le 7.30 del mattino. O qualche figlio chiamato in cattedra senza alcuna pubblicazione scientifica. O selezioni fatte in solitario perché gli altri candidati sapevano che non si sarebbero potuti presentare». - Lei descrive tutto con ironia... «Volutamente: ho usato un tono leggero sia per rendere il testo più leggibile sia perché ho voluto dire agli interessati chiamati in causa: “Non ve la prendete più di tanto, non adiratevi... dopo che si sono visti certi tipi di concorso siate almeno tolleranti”». - Un capitolo è dedicato a Cagliari: come mai? «Lì l’ateneo è guidato da 18 anni in maniera incontrastata da Pasquale Mistretta. Nel web è famoso per aver dato questa risposta a chi sollecitava chiarimenti su come mai suo figlio Fausto fosse diventato ricercatore in architettura proprio nell’università nella quale il padre è rettore: “Molti figli illustri, a causa dei complessi d’inferiorità verso i padri, a volte si sono smarriti: alcuni sono finiti nel tunnel della droga”. In seguito l’ingegner Mistretta ha spiegato che gli stupefacenti erano un esempio ma slegato dal contesto. Le sue belle e umane parole sono comunque rimaste celebri». - Lei, sempre per Cagliari, scrive di «grandi famiglie che comandano nell’ateneo»: su quali basi? «È un mistero riuscire a capire come mai le famiglie dei docenti siano sempre così numerose. Non aiuta a risolverlo neppure il professor Mistretta. Soprattutto nel momento in cui sostiene che “quando un padre va in pensione, come un tempo succedeva in banca o all’Enel, è logico che esista un occhio di riguardo”». - «A Sassari ci sono i Maida’s»: così è intitolato un altro capitolo sulla Sardegna. «L’ateneo turritano conta 760 docenti e di questi “solo” due sono figli del rettore, Alessandro Maida, in carica da 12 anni. Dal maggio 2005 il professore è stato raggiunto dal figlio Carmelo. La sua università nel 2004 aveva bandito un concorso per due posti da ricercatore a Medicina (stessa facoltà del rettore). Tre domande presentate, due vincitori. Stranamente, il terzo candidato, il dottor Giovanni S., ha rinunciato alle prove». - Ma qual è il motivo per cui lei parla al plurale? «Il rettore può contare in ateneo pure sulla figlia Ivana Rita, confermata ricercatrice nel febbraio 2005: anche lei a Medicina, ma non nello stesso dipartimento del padre. Da intercettazioni su un’inchiesta giudiziaria promossa a Bologna circa un concorso controverso si apprende poi che Alessandro Maida è indicato da alcuni indagati come massone. Comunque, più in generale, sulle posizioni segnalate a Sassari ci sono i pareri favorevoli delle presidenze della Conferenza dei rettori, della Cun, della Conferenza nazionale dei presidi. Se sta bene a loro, sta bene a tutti». - Un’intera sezione della sua ricerca è riservata al professor Antonio Ambrosini, ora a Padova, in passato a lungo ai vertici della clinica di ginecologia a Sassari: che cos’ha scoperto? «Niente di diverso da ciò su cui hanno indagato in questi anni diversi magistrati e da ciò che è stato pubblicato sui giornali. Un valzer di firme per attestare la sua presenza in sala operatoria quando veniva segnalato altrove, addirittura in un viaggio in Cina». - Il docente però ha sempre parlato di un complotto ai suoi danni e chiesto che il figlio Guido fosse lasciato fuori da questa storia... «Il figlio di Ambrosini ha ereditato dal padre la passione per la ginecologia. È diventato ricercatore universitario nel 1993. Un anno dopo la laurea. Guarda caso all’università di Sassari dove il padre era direttore dell’istituto di clinica ostetrica e della scuola di specializzazione. Adesso è invece a Padova, sempre alla destra del padre». - Che cosa replicano in genere gli interessati di fronte a questo stato di cose? «Beh, ho parlato di frequente con tanti di loro. La difesa è spesso simile alle considerazioni fatte dal professor Mistretta. “Così fan tutti”, dicono in definitiva. “E voi giornalisti non siete diversi”, aggiungono. Ma io sostengo che c’è una bella differenza tra le assunzioni di parenti alla Rai e quelle fatte in un’impresa editoriale privata. Se l’azienda è pubblica, quando all’università un posto costa centomila euro all’anno, a pagare sono tutti i cittadini, non un singolo imprenditore che può buttare via i suoi soldi come vuole». - Fino a questo momento le sono arrivate querele per diffamazione o richieste di risarcimento? «Nessuna. Nelle ricerche sono stato preciso, scrupoloso. Qualche rimostranza l’ho avuta soltanto perché tra la fine della scrittura del libro e la sua pubblicazione un docente implicato in vicende giudiziarie nel frattempo è stato assolto dalle accuse». - Per quale ragione in queste relazioni familiari è coinvolta soprattutto Medicina? «Il malcostume si nota di più perché molti esercitano nelle cliniche e a volte sussistono interazioni con strutture private. L’ho potuto verificare a Napoli: laggiù esistono vere dinastie. A Roma, poi, nel numero chiuso per l’accesso a Odontoiatria si rileva un curioso, sorprendente fiorire di studenti con lo stesso cognome di illustri docenti di quel corso di laurea». - Parentopoli all’università è fenomeno solo nazionale oppure giungono cattivi esempi da atenei stranieri? «Altrove sono in corso indagini giudiziarie sulla compravendita di esami riservati a studenti cinesi. In Francia il nepotismo accademico è piuttosto diffuso. Negli Stati Uniti e in Spagna ogni tanto c’è qualcosa che non va. Ma solo in Italia non si è chiamati a rispondere di certe scelte: se viene assunta una persona che demerita, i finanziamenti continuano ad arrivare. All’estero non è così». - Davvero da noi nessuno paga mai dazio sino in fondo? «Ahimè, no. Ci sono stati condannati che non hanno perso la cattedra. Quel che rende veramente tipica, unica direi, l’università italiana è che l’andazzo viene tollerato nelle sedi dove studiano i migliori cervelli, i dirigenti del futuro. Con queste basi come si può pensare che un domani proprio loro si regoleranno in modo differente?» - Nel suo libro non ci sono prove di irregolarità o, peggio, di reati: e in effetti non è di sicuro un illecito essere parente di qualcun altro e lavorare nel suo stesso àmbito. «Certo, è così. Ma a preoccupare è la mancanza totale di etica proprio nel luogo per eccellenza della cultura». MISTRETTA: «MI MERAVIGLIA QUEST’ASSALTO ALLA DILIGENZA» CAGLIARI. Ecco il commento del rettore di Cagliari, Pasquale Mistretta: «Mi stupisce quest’assalto alla diligenza-università che da un po’ di tempo sembra essere lo sport preferito di tanti. Ma è sempre meglio che dell’università si parli comunque: in Sardegna i suoi problemi sono i problemi di tutta l’isola. Personalmente sul nostro ateneo sono sempre stato chiaro e trasparente, senza alcunché da nascondere. È vero, ho un figlio ingegnere strutturalista e per me non può che essere motivo d’orgoglio». MAIDA: «IO MASSONE? GRANDE FROTTOLA I giornalisti non facciano i giudici» SASSARI. Questa la reazione del rettore di Sassari, Alessandro Maida, alle affermazioni contenute nel libro e ribadite dal suo autore nell’intervista con «La Nuova Sardegna». Che io sia massone è una frottola più grande di una mongolfiera - spiega il professore - È corretto invece riferire che due miei figli siano ricercatori universitari. Quanto infine all’indagine su un pubblico concorso a Bologna nel quale figuravo tra i membri di una commissione, l’apertura di un’inchiesta non equivale assolutamente a rilevare l’esistenza di irregolarità. Aspettiamo fiduciosi che l’indagine si concluda: le decisioni sotto questo profilo spettano alla magistratura, non ai giornalisti». __________________________________________________________ il Giornale 12 mag. ’09 MARIASTELLA GELMINI: «MA COM'È DIFFICILE CAMBIARE LA SCUOLA» Il ministro dopo un anno di lavoro e di polemiche: «E il mondo più conservatore d'Italia, troppi privilegi intoccabili Però io non mollo: ecco come riformerò l'Università e come sarà la nuova formazione professionale degli insegnanti» Michele Brambilla M Vista da vicino, Mariastella Gelmini non fa per nulla l'impressione di quello spietato rullo compressore che si è voluto far credere che fosse, soprattutto nei cortei. Però determinata è determinata, su questo non c'è dubbio. Quando, un anno fa, è diventata ministro, aveva ben chiara in testa una cosa: la scuola italiana va riformata. Adesso, dopo un anno di esperienza, di cose in testa ne ha ben chiare due: la prima è ancora che la scuola va _riformata; la seconda è che, fra tutte le istituzioni italiane, questa è la più difficile da riformare. Guai a chi la tocca, la scuola. Più della pubblica amministrazione, signor ministro? Mariastella Gelmini sorride: «Sì, direi di sì. Credo che i miei amici Brunetta e Sacconi incontreranno meno resistenze di quante ne incontrerò io. La scuola è il mondo più conservatore d'Italia. Nel senso di conservazione dello status quo. Conservazione anche di privilegi? Anche». Ma lei aveva fatto capire che puntava a una rivoluzione copernicana, le viene la tentazione di desistere? «Nemmeno per sogno. Sto per presentare la riforma dell'Università. L'idea è quella di fare una selezione delle facoltà. Ce ne sono parecchie che non hanno alcuna ragione a essere». E quindi? «Andranno chiuse». Non sarà facile. «Molti si opporranno. Ma chiudendo le facoltà inutili si recupereranno risorse per quelle necessarie. La riforma ci sarà, e non sarà una riforma di facciata». Università vuol dire anche ricerca. «Mi fa piacere che ne parli. È un tema che sembra non interessare mai a nessuno. E, mi permette un'osservazione? Prego. «I lo l'impressione che della ricerca non importi un granché soprattutto ai giornali e alle tv di centrodestra. La sinistra ne parla solo per denunciare "lo scandalo dei precari". Ma il centrodestra non ne parla proprio. Anche quando ci sono notizie importanti da comunicare». Ad esempio? «Ho stanziato milioni di euro per favorire il rientro in Italia dei "cervelli" finiti all'estero. E altre risorse per attirare qui in Italia gli stranieri. L'ho detto, ai giornali; eppure non ho visto una riga». Quando invece annuncia il ritorno dei grembiuli... «Appunto. È la solita distorsione mediatica. Ormai ho capito che funziona così. Ministro Gelmini, al di là dei tanti provvedimenti che ha preso o che sta per prendere, sembra che la sua sia anche e soprattutto una battaglia culturale. Per favorire, dopo tanti anni di «lassismo», vero o presunta che sia, un ritorno alle regole. È così? «Sì, questo resta il filo rosso che accompagna tutti i miei provvedimenti. Veniamo da anni di norme, burocrazia, progetti. Ma non c'è chiarezza su che cosa debba essere la scuola. Io voglio che alla scuola sia restituita la sua funzione educativa». II 5 in condotta rientra in questa filosofia? «Certo. È una delle tante novità che possono favorire il ritorno del rispetto dell'autorità. Basta studenti che danno del tu al professore? «Mi auguro di sì. Non esiste che professori e studenti siano amici, così come non esiste che lo siano genitori e figli». Eppure proprio la famiglia potrebbe esserle di ostacolo. Veniamo da anni in cui il cocco ha sempre ragione; i genitori vanno ai colloqui con i prof per contestare l’insufficienza; dopo le bocciature, fioriscono i ricorsi al Tar. Non crede che anche la famiglia debba cambiare passo? -In gran parte è così come dice lei. Ma le assicuro che anche lì i tempi sono maturi per un cambiamento. Vedo che i genitori sono sempre più preoccupati per l'educazione dei figli. Capiscono che i stampa ad uso esclusivo del destinatario, non ragazzi hanno bisogno di regole chiare e di punti di riferimento. Nella scuola italiana è venuto meno il rapporto tra insegnante e ragazzo. Stiamo lavorando per recuperarlo». Qualche idea in proposito? «Tante. Adesso sto riformando la formazione degli insegnanti. Sa come avveniva, fino a poco fa?». No. «Con le Siss, le scuole di insegnamento speciale superiore. Gli aspiranti insegnanti le fanno dopo la laurea. E debbono in pratica ripetere esami già dati all'università. Sono inutili, insomma. Servono solo all'università per fare business». Davvero non servono ad altro? «Sono convinta di sì. Anche perché quelle scuole sono una fabbrica di disoccupati. Non è che chi le supera abbia la garanzia di un posto: ha solo la garanzia di mettersi in fila a graduatorie già stracolme. La sinistra, che ha voluto quelle scuole, parla tanto di lotta al precariato, ma di fatto le Siss sono una fabbrica di nuovi precari». E dunque, che provvedimenti ha preso lei? «Intanto le ho sospese. Poi, a breve, presenteremo il nostro progetto per sostituirle». Che consisterà in...? Può anticiparci in sintesi di che cosa si tratterà? «Meno teoria, e quindi basta doppioni di esami già dati all'università, e più pratica. A fare l'insegnante si impara sul campo. Con un tirocinio nelle scuole». Un po' come i magistrati, che cominciano come uditori senza funzioni? Sì, più o meno sarà così». Signor ministro, lei dice che a voler cambiare la scuola si incontrano più resistenze che in altri campi. Chi la sta ostacolando di più? La sinistra? «Non è tanto la sinistra, quanto le sacche di abitudini e privilegi. Le resistenze sindacali». Qualche esempio. Io voglio che sia premiato il merito. E questo spiazza i sindacati. Perché così la promozione non passa per un contratto collettivo. Io sono per 1a massima collaborazione con i sindacati. Ma il sindaca to deve capire che non può essere sempre per la conservazione dell'esistente». Torniamo alla sua battaglia a lassismo e permessivismo. Non crede che alcuni suoi provvedimenti rischino di produrre eccessi opposti? Ad esempio: la bocciatura alle medie inferiori per chi ha una sola insufficienza. «Ha ragione. Quella norma l'abbiamo tolta. Era frutto della cattiva scrittura di un testo», Nei giorni scorsi, a commento dell’incontro del presidente Napolitano con le vedove Pinelli e Calabresi, qualcuno ha ricordato che i nostri ragazzi non sanno nulla della nostra storia recente. Anni fa in un liceo milanese fecero fare un tema su piazza Fontana e ci fu chi scrisse che la strage era stata opera delle Brigate Rosse, capeggiate da Renato Vallanzasca. «Per parlare a scuola di storia recente bisognerebbe toccare i programmi, e non è semplice. In più, quelli sono temi spinosi perché c'è il rischio di strumentalizzazioni politiche. Però è vero che i ragazzi dovrebbero sapere, che so, chi è stato Martin Luther King; chi era Kennedy; il Muro di Berlino; il ruolo di Giovanni Paolo II. Qualcosa sui programmi va fatto, ma non a breve, è una faccenda complessa. Intanto si potrebbero promuovere incontri o conferenze fuori programma, no? «Può essere un'idea. La conoscenza del nostro passato recente è importante». Che cosa pensa quando legge di scuole che aboliscono la festa di Natale per rispetto di due o tre alunni musulmani? «Che è un delitto. Non è rispetto nei confronti degli altri, è un abdicare alla propria identità culturale. Uno sradicamento delle nostre tradizioni. Un relativismo esasperato che non dà punti di riferimento a chi frequenta la scuola». I professori guadagnano poco? «Sì». E come glielo aumentiamo, lo stipendio? «L'unica strada è ripensare la spesa per la scuola nel suo complesso. Bisogna tagliare gli sprechi. E poi premiare il merito. Non tutti i professori devono avere lo stesso,stipendio. Certo, tutti devono avere un minimo garantito: ma poi la retribuzione deve crescere per merito, non per scatti prefissati e uguali sia per chi fa bene il suo lavoro, sia per chi timbra il cartellino». Resistenze? «Moltissime. Ma anche l’Ocse ci chiede di andare in questa direzione. Davvero è convinta che la scuola sia il fortino più difficile da espugnare? I sindacati, sempre i sindacati... Chissà che cosa penserà sua sorella, che è della Cgil. Mariastella Gelmini torna a sor ridere: «Siamo diverse su tutto. Ma unite da un grande amore di sorelle». Siamo diverse su tutto. Ma unite da un grande amore Sì, la scuola è l'istituzione più difficile da rinnovare. I suoi sindacati sono per la conservazione assoluta». Le facoltà Sono troppe, taglierò tutte quelle che non servono Le ho sospese, sono inutili Le sostituirò con il tirocinio La Storia I ragazzi devono sapere chi sono Kennedy e Luther King E professori stipendi bassi, ma gli aumenti verranno dati a chi merita dotta L'ho introdotto per recuperare il rispetto dell'autorità Per il ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini «bisogna premiare il merito. Basta ton lo stipendio uguale per tutti» [Olycorn] ________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 11 mag. ’09 LAUREATI ITALIANI, SPECIE IN ESTINZIONE L’Italia è quart’ultima nella classifica dei paesi europei Ottiene il diploma solo il 19 per cento della fascia tra i 25 e i 34 anni di Manlio Brigaglia Un’altra statistica che ci dice che siamo ultimi in Europa. Ultimi o quasi, facciamo quartultimi sui 27. Stavolta si parla di laureati, e si sa che le statistiche che riguardano il nostro sistema degli studi e i suoi risultati Paese sono sempre le più dolorose. Hanno fatto il conto di quanta gente si laurea in Italia. Risultato, 19 per cento nella fascia tra i 25 e i 34 anni, con una larga maggioranza di donne. Questa delle femminilizzazione, come si dice, degli studi e del titolo di laurea è peraltro fenomeno diffuso in quasi tutti i paesi europei: la differenza è che altrove fra maschi e femmine la distanza è molto meno notevole. Da cosa deriva? L’istituto che ha fatto questi studi (l’Eurostat, che è l’ufficio statistico della Commissione europea) ne indica la causa nella diversa possibilità di arrivare alla laurea per studenti di famiglie povere e studenti di famiglie ricche: povere e ricche in termini di disponibilità economica, e povere e ricche in termini di tradizione di studi all’interno della stessa famiglia. In Italia i figli di famiglie ricche e dove ci sono, per esempio, tutti e due i genitori laureati hanno la possibilità di arrivare alla laurea sette volte più di chi proviene da una famiglia povera e con genitori a basso grado di scolarizzazione. La statistica precisa che questa differenza non esiste in quasi nessun altro paese d’Europa. Quindi la causa va addebitata anche alla diversa capacità dei singoli Stati di assicurare l’ascesa nell’itinerario degli studi anche a chi non ha i mezzi necessari. Un sistema di premi, incentivi, assegni e borse di studio permette in quasi tutti i paesi europei di studiare anche a chi non possiede risorse economiche. Quello che vale, altrove, è il merito: che apre la strada a chiunque mostri di avere capacità che lo Stato ritiene preziose. In Italia questo non succede, sebbene la stessa Costituzione proclami, all’articolo 34, che “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi” e che “la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze”. La Sardegna, tutto sommato, sta un po’ meno peggio, in fatto di attenzione delle istituzione alla promozione dei meritevoli, grazie non tanto al Governo centrale quanto alla Regione e altri enti. A partire dalla prima legge sul diritto allo studio del compianto Paolo Dettori per finire con le iniziative prese dalla giunta Soru nella penultima legislatura sarebbe difficile negare che questa attenzione ci sia stata. Anche se, per esempio, si fa notare che qualche volta qualcuno degli obiettivi è stato mancato: è il caso dei provvedimenti legati al cosiddetto “master and back”, che concedeva borse di studio di una non irrilevante dimensione per permettere ai laureati meritevoli di andare all’estero, conseguire la specializzazione presso Università o istituti prestigiosi e poi tornare in Sardegna portando con sé il patrimonio delle conoscenze acquisite. È successo invece che quelli che hanno potuto poi mettere a frutto questo supplemento di studi, lo hanno fatto in genere fuori della Sardegna o addirittura fuori d’Italia, in genere nello stesso Paese dove avevano conseguito la specializzazione: sicché un intervento volto a far tornare in Sardegna i destinatari della borsa di studio, ha finito per entrare nel calderone delle leggi che in qualche misura favoriscono la temuta fuga dei cervelli. __________________________________________________________ Il Sole24Ore 13 mag. ’09 LA SCELTA DEGLI STRANIERI VA AI POLITECNICI ITALIANI Ingegneria e architettura , raddoppiano i dottorandi PAGINAA CIJRA DI Massimiliano Del Barba Le facoltà italiane di Ingegneria, Architettura e Design aprono all'internazionalizzazione. Nell'ultimo biennio, ai Politecnici di Milano e Torino come nelle Università di Firenze, Venezia e Roma, il numero di studenti stranieri è infatti quasi raddoppiato: merito, secondo ì presidi di facoltà, dello snellimento burocratico che ha notevolmente accorciato tempi e iter d'iscrizione, della firma di accordi di partnership fra atenei italiani e stranieri, ma soprattutto dell'inserimento di corsi totalmente in lingua inglese che hanno cancellato d'un colpo le barriere comunicative che frapponevano l'Italia al mondo. AL Politecnico di Milano, per esempio, le immatricolazioni per fanno accademico 2008-09 hanno registrato l’11,7% di ingressi di studenti stranieri, portando la quota di internazionalizzazione dell'ateneo al 5,9% su triennio e laurea specialistica e, addirittura, al 115,8% per quanto riguarda i dottorati, «E il segno che la popolazione universitaria sta cambiando - spiega il prorettore Giovarmi Azzone -, ed è la risposta a una forte scelta di campo abbracciata dall'istituto universitario che da tre anni ha attivato una serie di corsi in lingua inglese. I numeri ci soddisfano, poiché sono ormai vicini alla media europea». Ma perché uno studente straniero sceglie l'Italia? «Le università italiane - continua Azzone - offrono titoli di studio di qualità e concrete possibilità di inserimento nel mondo del lavoro attraverso percorsi di stage studiati ad hoc> come appunto il progetto "Formare ingegneri stranieri in Italia", attivato dal Politecnico nel 2005 proprio per far incontrare l'offerta delle aziende export oriented con la domanda di studenti stranieri portatori del valore aggiunto di conoscere la lingua e la cultura del Paese di provenienza». Operazione analoga è stata compiuta al Politecnico di Torino, dove la forte crescita di studenti stranieri viene letta come il diretto risultato del piano varato nel 2007 che ha permesso di inaugurare completamente in inglese un primo triennio, un corso completo di ingegneria dell'autoveicolo e sette corsi di laurea, oltre ai numerosi programmi di cooperazione internazionale, come l'Università e il Campus italo-cinese. Visibili i risultati, dato che oggi il Politecnico torinese è primo nella classifica dell'internazionalizzazione delle facoltà tecniche italiane con il 9,1% di studenti non italiani. «Abbiamo creato un settore specifico per la gestione degli studenti stranieri che vanno seguiti nelle molteplici esigenze didattiche e logistiche», aggiunge il prorettore Marco Gilli. Scorrendole tabelle dell'ultima ricerca pubblicata dal centro studi Vision, dopo i due Politecnici, al terzo posto per percentuale di studenti stranieri sul numero totale di iscritti si è piazzata l'Università di Firenze con il 4,8 per cento: «Nel nostro caso -racconta il preside di Architettura, Raimondo Innocenti - abbiamo tradizionalmente un alto numero di studenti greci, iraniani, albanesi e turchi, pur se ultimamente l’appeal di una città storicamente e artisticamente importante come il capoluogo toscano ha richiamato aspiranti architetti e ingegneri anche dalla Cina e dal Giappone». Livelli alti di internazionalizzazione - almeno per la media italiana - si registrano anche allo Iuav di Venezia, dove sono attivi tre corsi di laurea, Architettura> Arte e Design e Pianificazione del territorio, seguiti da circa 8mila studenti, 14,3% dei quali sono discenti non italiani. «L'apertura all'estero - commenta il prorettore Armando Dal Fabbro - non è una novità qui a Venezia. In facoltà da tempo abbiamo attivato partnership con una sessantina di atenei internazionali, che in particolare hanno portato a importanti e costanti scambi sia di studenti che di docenti con le università sudamericane di Brasile e Argentina». Anche alla Sapienza di Roma, infine, è stato recentemente aperto un corso in inglese. L'impressione dunque, almeno a sentire ì presidi di Facoltà, è che finalmente, anche in Italia sia stata imboccata la strada del cosmopolitismo, sentiero obbligato per uscire dallo stretto recinto della dimensione provinciale: «Per assurdo - conclude Dal Fabbro – l’università italiana da regionale è diventata europea, saltando la dimensione nazionale». __________________________________________________________ TST 13 mag. ’09 LO ZEN E LA FISICA DELLE PAROLE Il mio progetto con le nanotecnologie salverà le lingue in estinzione Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà». Cosi, nella prima lettera ai Corinzi, l'apostolo Paolo annunciava la scomparsa del carisma delle lingue. Ma, forse, proprio la devozione verso gli antichi testi religiosi, coniugata all'high tech e a un po' di follia, salverà il fragile patrimonio polifonico delle lingue. La prova è nella storia di Luisa Zini, una fisica italiana specializzata in scienza dei materiali che vive negli Usa. «Dopo il PhD in chimica all'Università di Los Angeles, sono finita a Portland - racconta -. Cercavo una comunità di tango argentino, una delle mie passioni. Iniziai a lavorare alla Norsam e un giorno si presenta una monaca buddhista che arriva dall'Australia con una singolare richiesta» La Norsam Technologies è un'azienda dell'Oregon che usa le nanotecnologie e strumenti come i laser a eccimeri e i «Fib» - Focused ion beam, fasci di ioni concentrati - per creare oggetti miniaturizzati ed eseguire operazioni delicate come incidere i numeri di serie sui diamanti. Li arriva la monaca, con un sogno: comprimere tutti i 600 testi in 98 volumi del canone tibetano «Kangyur» in un pendente grande quanto una moneta, affinchè chiunque potesse tenere le venerate parole sempre con sé, accanto al cuore. «lo, che sono buddhista da 20 anni - dice la Zini - non potevo che essere subito conquistata da un progetto simile e così ho iniziato a occuparmi di Rosetta». La Rosetta in questione è un metodo di archiviazione ad alta densità di dati, analogici e digitali, iscritti su superfici metalliche destinate a durare millenni. La tecnica, nata nei laboratori di Los Alamos per memorizzare le informazioni sui siti di stoccaggio dei rifiuti nucleari che, per legge, vanno conservate per 10 mila anni, è un processo micro-fotolitografico: simile a quelli in uso nell'industria dei semiconduttori, è talmente preciso da permettere incredibili densità di scrittura. Su un disco di poco più di 5 centimetri di diametro possono essere incise fino a 200 mila pagine (se l'informazione è letta da un microscopio elettronico) o 20 mila (con un microscopio ottico). In questo caso la dimesione di ogni pagina è di 400 micron (meno di mezzo millimetro), con una risoluzione di 4 mila pixel per 4 mila. Il nodo infinito Spronata dall'ispirazione, la Zini ha sviluppato un software di controllo del processo di microincisione che compone i testi in un raffinato disegno visibile a occhio nudo. Poi ha trovato il modo di realizzare copie plastiche dai master metallici, ottenendo riproduzioni a basso costo. «Abbiamo creato un oggetto davvero interessante: nel piccolo disegno di un nodo infinito è contenuto l'intero canone "Kangyur". L'ho mostrato al mio maestro che si è sorpreso, ricordando come in Cirna gli stessi testi ricoprano le pareti di intere caverne. A quel punto ho sentito che il mio la oro assumeva un significato diverso, al di là del piacere di sperimentare». E' così che la fisica-artista si è buttata in un altro progetto, non meno fantastico: il Disco di Rosetta. Questa versione rivista e corretta della celebre stele che permise di decifrare i geroglifici egizi è un'idea della «The Long Now Foundation» di San Francisco: diretta dalla linguista della Stanford University Laura Welcher ' prevede la collaborazione internazionale tra università, biblioteche, linguisti, antropologi e piccole comunità e punta a preservare la «biodiversità» linguistica del mondo. Dato che dal 50 al 90% delle 6 mila lingue attualmente parlate scompariranno entro un secolo (e molte non lasceranno traccia), la «Long Now» ha avviato diverse iniziative di salvaguardia, dalla creazione di un archivio permanente online fino al Disco di Rosetta. Pazienza da amanuense E qui Luisa Zini si è conquistata un ruolo di primo piano. Alla Norsam, con la pazienza di un amanuense, ha scannerizzato oltre 13 mila pagine di testi e le ha incise per mezzo del «Focused ion beam» su un disco di nickel di 7,1 cm di diametro. Ogni pagina, larga mezzo millimetro (come 5 capelli), può essere letta da un microscopio ottico con un ingrandimento di 650 volte. Quindi, in definitiva, il disco è un oggetto analogico, più che digitale. «Volevamo un sistema di archiviazione semplice e duraturo - conferma la Welcher -. Alla "Long Now" ' dove si pensa in chiave di millenni, ci siamo resi conto che i sistemi di stoccaggio dei dati sono effimeri, perché sono soggetti al sempre più rapido cambiamento delle tecnologie. Per quanti anni una foto salvata su Cd o Dvd sarà leggibile? Abbiamo definito questo problema "The digital Dark Age" e abbiamo cercato una soluzione». La soluzione si chiama «Dirsco di Rosetta». E' contenuto in una sfera di cristallo e acciaio, garantita per 2 mila anni. Il lato visibile mostra un'immagine della Terra circondata da una spirale composta dalle parole «Lingue del mondo», tradotte negli 8 idiomi più parlati. Sul lato inferiore sono presenti 1500 versioni dei capitoli 1-3 della «Genesi», scelta come «testo parallelo». Inoltre, di 2500 linguaggi sono forniti 10 elementi descrittivi, dal sistema di scrittura a quello fonetico, dalla morfologia e dalla sintassi fino a una sede di testi originali. Così se in futuro una lingua estinta risulterà incomprensibile, la si potrà decifrare, traducendola in un'altra più longeva. «La scelta dell'Antico Testamento non ha alcun significato religioso - precisa la Welcher e è un testo davvero ubiquo ed è il più tradotto». Le cinque copie del prototipo, che hanno richiesto otto anni di lavoro, sono state consegnate a un gruppo di sostenitori, che hanno donato 25 mila dollari ciascuno, e nel frattempo è stata creata una versione economica in Dvd, visibile sul sito www.rosettaproject.org. «Uno dei nostri principi - conclude la linguista - è quello chiamato "care&conimunity": se molta gente si prende cura di qualcosa, farà in modo che possa resistere anche per il futuro». Cosi, ora, la «Long Now» sta spostando il suo database linguistico verso un archivio Internet (www.archive. org) e ne imposterà la struttura in FreeBase, un progetto di Web semantico che si costruisce a partire da tutti i contributi spontanei forniti dagli utenti. L'obiettivo, adesso, è riuscire a costruire una Wikipedia parallela, con una pagina per ogni lingua conosciuta e completata da uno strumento di geolocalizzazione. Così chiunque potrà partecipare a una nuova Torre di Babele virtuale, dove la diversità linguistica sarà una ricchezza e non più una maledizione. Perché nella prima epistola di Paolo è anche scritto che la carità - nel senso lato di amore e di partecipazione - non avrà mai fine. _____________________________________________________________________ TST TUTTO SCIENZE E TECNOLOGIA 13 MAG. ’09 IL CERVELLO QUANTICO ANTIDOTO ALLE CRISI Tempi speciali richiedono pensieri eccezionali. Per esempio quelli che nascono da una disciplina emergente - la «quantum brain research» - in cui la fisica quantistica si intreccia all'intelligenza artificiale e ai sistemi neurali. Così biologia dei neuroni e trascendenza dei pensieri iniziano a dialogare nelle dimensioni delle particelle che appaiono e scompaiono dentro i super-acceleratori e polverizzano i confini, ormai sterili, delle specializzazioni estreme. Ervin Laszlo è uno dei più celebri filosofi della scienza e a questo ungherese poliglotta e cittadino del mondo le ambizioni non mancano: vuole cambiare la testa alla maggior parte degli scienziati. Ancora pochi - dice lui - stanno elaborando i paradigmi intellettuali del XXI secolo e il ritardo ci sta costando caro. Proprio perchè viviamo in tempi eccezionali (dalle crisi finanziarie alle sfide energetiche) si batte perché vinca una logica diversa da quella tradizionale, condita di linearità e meccanicismo. Non contento di spiegarlo nei suoi saggi, prepara un grande evento a Londra, come racconterà alla Fiera del Libro di Torino. Professore, che cosa sta organizzando? «Sarà una sorpresa, organizzata il 9/9/2009. Poi seguiranno altre iniziative il 10/10/2010 e l’11/11/2011, fino a quella del 21/12/2012, la data che io e gli studiosi del "Club di Budapest" consideriamo simbolica, percne segna un ideale punto di non ritorno per la soluzione delle emergenze planetarie». In pratica che cosa succederà? «Mobiliteremo i grandi nomi della scienza, affrontando i pericoli che ha di fronte l'umanità e allo stesso tempo le opportunità per mettere mano a progetti globali che ci permettano di sopravvivere». Non pensa di peccare di ottimismo? «Molti scienziati sono conservatori: prendono in considerazione solo i singoli elementi delle ricerche - dalle cellule ai ghiacci - senza creare connessioni. Einstein diceva che un problema non si risolve con lo stesso tipo di pensiero che l'ha generato, mentre Heinseberg sottolineava che il problema dei fisici non è che non imparino, ma che facciano fatica a dimenticare». Come definisce il nuovo paradigma? «Sistemico oppure - con un termine alla moda - olistico. Bisogna vedere la foresta, non solo i singoli alberi». Chi sono i campioni della nuova logica? «I neuroscienziati quantistici. Ma anche la fisica quantistica è olistica e così le scienze ecologiche, in cui i processi degli organismi e della natura sono interconnessi dalle leggi della complessità. Gli umani, in effetti, sono un sottosistema della biosfera». La scienza a cui lei si riferisce dev'essere totalmente libera o subire dei controlli? «Non si deve confondere la scienza che fa ricerca e insegue la verità dei fatti con le applicazioni tecnologiche. La prima dev'essere autogestita, dotandosi di un forte punto di vista etico: conoscere non può mai essere un male. La seconda, invece, spesso è trascinata dal business a tutti i costi». Non contento- da esperto di teoria dei sistemi - lei aggiunge che il cambiamento deve investire la società e parla di una coscienza trasformata. «Alla base del nuovo paradigma scientifico ci deve essere una rinnovata coscienza della cultura. La globalizzazione è l'emblema di questa condizione: abbiamo trasformato il mondo senza esserne consapevoli e senza capire che il cambiamento non è un processo lineare, ma procede per salti improvvisi, generando instabilità. Ecco perché è urgente la rivoluzione concettuale che promuove la mia organizzazione, il "Club di Budapest"». Come si farà ascoltare dagli scienziati? «La storia della scienza è rivelatoria: il passaggio da un paradigma a un altro è sempre difficile e sono le nuove generazioni di ricercatori a imporle contro i vecchi. E' il motivo per cui la dichiarazione che presenterò a Londra sarà aperta: venite sul mio sito http://www. clubofbudapest.org/ e scopritelo». __________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’09 VIA AL NUCLEARE ENTRO L'ESTATE Energia. Scajola stringe i tempi per l'atomo- Oggi il voto al Senato del Ddl Sviluppo poi il passaggio blindato alla Ca Previsti sconti sui carburanti nelle regioni che ospiteranno nuovi rigassificatori Federico Rendina ROMA Prima dell'estate il via libera definitivo del Parlamento al nuovo nucleare italiano» azzarda Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico. L'aula del Senato dirà con tutta probabilità sì entro oggi al ddl "sviluppo" che contiene il corposo pacchetto di provvedimenti pro-atomo (sulle altre materie riferiamo a pagina 39). Un ultimo passaggio "blindato" alla Camera e a quel punto l'Esecutivo potrà esercitare, in sei mesi, un'ampia delega per decidere quale tecnologie scegliere («non solo la francese Epr» ripete il viceministro Adolfo Urso), come piazzare le nuove centrali e come compensare le popolazioni che accetteranno gli impianti, che godranno dell'autorizzazione unica e nel caso di ulteriori intoppi potranno sorgere anche in aree definite a forza "strategiche", perfino in territori militari. Aree che comunque «vanno ancora definite», possibilmente «con un processo partecipativo» precisano Scajola e Urso. Nel frattempo il Governo allestirà l'agenzia per la sicurezza nucleare pescando dalle strutture dell'Enea e dell'Ispra, nominando il ponte di comando (un presidente e quattro membri) con il dovere però di garantirne l'indipendenza. LA SORPRESA Per le compagnie petrolifere aumenta dal 5,5% al 6,5% l’addizionale sull'aliquota Ires introdotta con la Robin Tax Il tutto in sei mesi a partire, ben inteso, dal fischio definitivo d'inizio. Ieri sera il Senato ha concluso le votazioni sull'intero provvedimento. La seduta di è arenata, per mancanza del numero legale,proprio ad un passo dal voto finale, atteso oggi. Ma in ogni caso manca almeno un ulteriore passaggio del ddl- sviluppo alla Camera, dove il testo varato dal Senato approderà inversione "blindata", senza escludere - lasciano intendere nel Governo - il ricorso alla fiducia. L'ultima accelerazione al 5enato sembra legittimare l’ottimismo di Scajola. Ieri è stata fatta piazza pulita di tutti gli emendamenti non graditi alla maggioranza. E anche si quelli che essa aveva prima gradito e poi sgradito. Cosi per la proroga dei tetti antitrust per l’Eni oltre la scadenza dei 2010 e almeno fino al 2015: l'emendamento (Bubbico, Pd) era passato in commissione ma è stato cassato, tornando a far compagnia alle infruttuose proposte di attuare la promessa separazione dell’Eni dalla proprietà di Snamrete Gas. Rimane il più blando emendamento della maggioranza (Casoli) che invita il Governo a studiare entro un anno misure pro-concorrenza nel metano. Per il resto è stata data un impronta pro-infrastrutture anche alla misura che accresce dal 7 al 10%, a partire dal primo gennaio scorso, le royalty sull'estrazione di idrocarburi in italia (che sarà in compenso facilitata da norma più snelle, anche nella contestata area dell'Alto Adriatico) per finanziare la riduzione del prezzo dei carburanti nelle regioni dove si trivella: un emendamento approvato ieri estende lo sconto anche alle regioni che ospiteranno i nuovi rigassificatori. Confermata anche la misura che sostituisce il vecchio obbligo per le compagne petrolifere di rendere pubblici giornalmente i prezzi consigliati dei carburanti (misura sgradita all'Antitrust, che la vede come possibile strumento di "cartello") con l'obbligo peri singoli gestori delle colonnine a comunicare i prezzi effettivi al ministero dello Sviluppo. La brutta sorpresa, per le compagnie petrolifere, è un'altra addizionale sull'aliquota Ires introdotta con la Robin Tax diventa più pesante, passando dal 5,5% al 6,5%. L'emendamento, introdotto per coprire il ripristino dei fondi all'editoria nel biennio z009-zoio, ha avuto il si unanime di maggioranza e opposizione. __________________________________________________________ Il Sole24Ore 18 mag. ’09 ENTRARE NELLA MENTE «LE DECISIONI SONO FRUTTO DI TRE COMPONENTI: IL CALCOLO IMPLICITO, LE EMOZIONI E LA COSCIENZA». PAROLA DEL NEUROPSICOLOGO Alfonso Caramazza Il team internazionale del Cimec di Rovereto dà il via alla spedizione scientifica più ardua entrare nella mente DI FEDERICO PEDROCCHI Forse, che i libri siano oggetti con tante pagine sottili da sfogliare c'entra con il fatto che abbiamo cinque dita, molto mobili, nelle mani. Questo per dire: le tante informazioni contenute nei libri sono raggiungibili perché abbiamo uno strumento adatto a percorrerle. A Rovereto sta nascendo un centro - Cimec, Center for mindlbrain sciences - che è la mano che può sfogliare il libro. Titolo: «Il cervello e il comportamento animale», umani compresi. Perché qui troviamo lo strumento più adatto all'oggetto da studiare? La risposta sta in un mix di fattori umani e tecnologici. AL Cimec agiscono, riunite, le 5 fondamentali dita operative per analizzare la macchina complessa della mente: 4 tecniche strumentali -Tms, Eeg, Rmf, Meg (nella scheda a fianco) - e un'attività su pazienti in stretto contatto congli ospedali della zona. A usare questa mano c'è una struttura interdisciplinare che dà il via a una delle spedizioni scientifiche più ardue: entrare nella mente, iniziando da una signora che se parla della sua giovinezza, sotto le bombe degli alleati nella II guerra mondiale, è solita dire che la sua casa «fu distrutta da quelle cose che buttavano gli inglesi», mentre di un'altra casa, comprata di recente con amici. lei non sa dire nè dove si trovi nè il nome degli amici, però sa bene che hanno idee religiose diverse dalle sue. «Di solito i disturbi del linguaggio tagliano le parole astratte e non quelle concrete, dice il neurologo Gabriele Miceli. La signora è unraro caso di inversione OS in tutta la letteratura, al momento). Il cervello pare giocare con quelli che vogliono studiarlo: per ogni comportamento regolare offre casi anomali che mischiano le carte. «Se ci vengono presentati in rapida sequenza un segnale visivo, un suono e poi i due segnali insieme, e ci è chiesto di scegliere a cosa reagire, nella stragrande maggioranza dei casi predomina il segnale visivo – racconta Francesco Pavani, neuropsicologo-, ma se facciamo lo stesso esperimento coi bambini otteniamo il suono». Il cervello degli adulti non è la stessa macchina, evidentemente, di quello dei bambini. E nemmeno di quello dei tassisti londinesi ai quali è richiesto, per avere la licenza, di avere in testa la mappa della città. «In un famoso studio sulla loro memoria - osserva Marialuisa Gorno Tempini, neurologa, con una lunga esperienza negli Usa e ora tornata in Italia per lavorare al Cimec - si è scoperto che il loro ippocampo destro, dove è attiva la produzione di nuovi neuroni, è più sviluppato della norma». Dunque la macchina è difficile da capire perché non è sempre la stessa e si presenta con una mappa ingannevole. Un certo stimolo sembra attivare una certa area, ma se poi quell'area è danneggiata, la funzione trasloca in un'altra zona. Un vantaggio? Sì. Lo è sempre? Non è detto. Gravi lesioni all'emisfero sinistro attivano il destro. «Così scopriamo che il controllo della mano destra, che normalmente dipende dall'emisfero sinistro, si sposta a destra» spiega Christoph Braun, neuroscienziato, proveniente dall'Università di Tubinga. Allora, ha senso parlare di zone del cervello depositarie di specifiche funzioni? La risposta è ambigua perchè come spiega Marco Buiatti, fisico e neuroscienziato, in una certa zona della corteccia si è accertato che la percezione degli esseri viventi afferisce a un'area che sta più a nord- se il nord è la fronte rispetto a quella degli oggetti. Tuttavia, vi sono segnali che attivano più zone del cervello, contemporaneamente, e «una delle cose più difficili da capire è la relazione di causa-effetto» dice Jorge Jovicich, fisico e neuroscienziato, proveniente dalla Harvard Medical School. Quale area è di fatto direttamente connessa allo stimolo? Si sa ancora poco di questo fenomeno: un soggetto vede qualcosa e più aree si attivano, ma alcune sono ingannevoli, e se «le inibiamo con un impulso generato da un campo magnetico scopriamo che il soggetto continua a vedere», racconta Luigi Cattaneo, neurologo e specialista del settore. Al Cimec si lavorerà anche sulle menti di pesci, uccelli e roditori. Giorgio Vallortigara, etologo e neuroscienziato, con il suo team si pone il seguente interrogativo: con che genere di conoscenze noi, animali, veniamo al mondo? «Dopo soli tre giorni divita sottoponiamo unpulcino a un esperimento in cui deve riconoscere la differenza fra due insiemi di oggetti per quanto riguarda la loro quantità. Ebbene, il pulcino le distingue». «Ci sono regioni del cervello che lavorano con la numerosità, e abbiamo trovato che sono le stesse nei neonati umani di tre mesi e nei macachi», spiega Manuela Piazza, ricercatrice a Londra, poi a Parigi, e ora approdata a Rovereto. Dove questo grande viaggio nella mente sta per cominciare. f.pedrocchi@italianapplications.com __________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’09 IL SOGNO NEL CERVELLO Progetto d'eccellenza. Alfonso Caramazza dirige il laboratorio di Neuropsicologia cognitiva alla Harvard University, ed è uno dei ricercatori di livello mondiale in questo campo. Di origini italiane, ha però un percorso professionale che si è sviluppato negli Stati Uniti, ma l'idea di lavorare anche in Italia è sempre stata un suo progetto. È da questa tensione che nasce il Cimec di Rovereto, da lui oggi diretto. È un progetto con caratteristiche singolari, tutte in positivo, nel panorama della ricerca italiana e, forse, uno dei segni più evidenti sono le condizioni tii lavoro dei giovani ricercatori - e sono tanti -che operano nel centro. Le loro ricerche sono direttamente finanziate dal Cimec, mentre i ricercatori senior devono procurarsi i fondi con le solite procedure, quelle che passano dal Cnr o da finanziamenti europei. Una convergenza di interessi e scelte è comunque alla base della formula originale del Cimec. La Provincia di Trento voleva sviluppare ricerca nel suo territorio. L'Ateneo ha avuto il coraggio di aprire unanuova area di ricerca, molto trasversale, creando un centro interdipartimentale. E poi la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto ha messo a disposizione i fondi necessari a operare in tempi e modi che in Italia, normalmente, sono difficilmente praticabili dagli iter pubblici. La miscela è vincente per duttilità ed efficienza. Il Cimec arriva in un momento molto significativo nella storia delle neuroscienze. Perla prima voltasi hanno a disposizione delle tecniche che, integrate, possono aprire verso grandi scenari sia conoscitivi sia terapeutici, un obiettivo per il quale abbiamo, in Italia, una struttura di ricerca che è di assoluta frontiera. __________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’09 RIFORMA MENTIS COME I VIDEOGAME, INTERNET E IL SOCIAL NETVVORKING CI RENDERANNO DIVERSI DI LUCA TREMOLADA Come prendere le misure di una generazione ormai irrimediabilmente esposta a internet,videogiochi e social networking? Nei laboratori di tutto il mondo occidentale psicologi, neuroscienziati, educatori e scienziati sociali hanno messo sotto il microscopio la mente ipertestuale dei nativi digitali. Ma per ottenere delle risposte sui meccanismi dell'apprendimento di questa generazione che non ha più di 32 anni ce ne vorranno almeno dieci. Troppi per provare ad addomesticarli. «Anche se i maggiori scienziati dovessero concludere che l'impatto di queste tecnologie è negativo, sarebbe troppo tardi», osserva Domenico Parisi, ricercatore dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr.In questo arco temporale, i nativi digitali saranno già parte integrante della società e probabilmente l'avranno già trasformata. In che modo non è dato sapere. Ma su un punto scienziati ed educatori sono d'accordo: non apprendono e non comunicano come i loro padri erano abituati. «In particolare tra zero e otto anni costruiscono la realtà creando connessioni completamente nuove - osserva Paolo Ferri, esperto di new media e docente di Tecnologie didattiche all'Università Bicocca di Milano -. Mentre noi adulti cerchiamo sempre un "manuale" o abbiamo bisogno di strumenti per inquadrare concettualmente un oggetto di studio prima di dedicarci a esso, questi "nativi digitali" apprendono per esperienza e per approssimazioni successive. Noi assorbiamo informazioni in sequenza logica, loro giocano con le informazioni, tagliano e incollano saperi diversi, hanno una cultura delle immagini più sviluppata, una "manualità" nell'apprendere che si manifesta al computer. Non è detto che sia un dato positivo ma è un fatto. Piuttosto che interpretare configurano; piuttosto che concentrarsi su oggetti statici, vedono il sapere come un processo dinamico; piuttosto che essere lettori o spettatori sono attori e autori attivi». Sia chiaro, ogni generazione ha il privilegio di essere diversa da quella precedente ma per la prima volta tecnologie e media digitali stanno plasmando il modo con cui impariamo, la nostra capacità di entrare in relazione e, in futuro, forse, il modo di intendere il lavoro, la politica e la società. Proprio per questo i sociologi hanno prodotto a getto continuo scatole concettuali ed etichette accattivanti per catalogare una "nuova specie di mutanti", narcisista, facile alla noia, con un bassissima capacità di concentrazione. Sui giornali invece paper e studi scientifici puntano il dito sui possibili rischi di dipendenza da web e videogame. Senza però fornire alcun tipo di certezza. «Sui giochi elettronici - spiega Luca Chittaro professore di Interazione uomo-macchina all'Università di Udine - ci sono moltissime ricerche e articoli scientifici. In particolare, la relazione tra video game violenti e aggressività è materia di studio nella dodicesima edizione del manuale di psicologia sociale più autorevole degli Stati Uniti. Così come un articolo di Nature ha analizzato la capacità di attenzione e i riflessi concludendo che se normalmente riusciamo a concentrarci al massimo su tre oggetti in un istante, un gamer incallito arriva fino a quattro». Gli studi sono solo all'inizio ed è presto per preconizzare un nuovo tipo di intelligenza. Chittaro spiega che i testi delle chat e degli istant messanger sono elaborati e analizzati al computer per capire l'efficacia della comunicazione mediata. «È apparso chiaro che chi risponde a una chat come se rispondesse a una telefonata tende a distrarsi maggiormente rispetto a chi si è adattato al nuovo media. Chi intuisce la natura asincrona dello strumento di comunicazione modifica naturalmente i propri protocolli sociali dando vita a una comunicazione mediata lineare priva di incomprensioni. Chi invece scrive una mail come se parlasse rischia di caricare emotivamente dei passaggi senza volerlo». L'adattamento a questi nuovi media che qualifica questa generazione però non spiega la difficoltà che gli educatori incontrano. «Chi ha più di cinquant'anni e ignora la realtà di schermi che compone la cameretta di un adolescente rischia di non trovare terreno comune di confronto», sostiene Ferri. «Imparare attraverso il fare è motivante e ha oggettivi vantaggi - sottolinea Parisi - ma più del piano cognitivo sono i corollari sociali che appaiono più problematici. Questa generazione studia e collabora in rete, è sempre connessa, non ha filtri, fatica a riconoscere autorità e rifugge il conflitto. Sono menti meno autonome». Eppure, sanno individuare i propri maestrie spesso li riconoscono non attraverso i ruoli o lo status ma grazie alla capacità di trasmissione del sapere. «Vivono un presente orizzontale dove tutto sembra sullo stesso piano» racconta Francesco Morace, sociologo e presidente de1 Future concept lab. «Faticano a misurarsi con la profondità del passato. Non è un caso che, come illustra una ricerca internazionale sui teenager, la cartolina che più ricorda loro un momento di felicità è quello che li vede insieme ai nonni intenti ad ascoltare una storia. In un certo senso saltano una generazione. Lamentano difficoltà di comunicazione con i genitori, ma trovano nel racconto analogico dei nonni una prospettiva che il digitale non è in grado di dare». 1uea.tremolada@ilsolea4ore.com __________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’09 ALLA RICERCA DI CONOSCENZA PRIMA CON IL SISTEMA DI MATHEMATICA, ORA CON IL MOTORE COMPUTAZIONALE: Stephen Wolf:am PUNTAAD AMPLIARE GLI STRUMENTI PER LA DIFFUSIONE DELLE SCOPERTE SCIENTIFICHE Wolfram Alpha usa il calcolo simbolico per incrociare i dati. E risponde a domande in linguaggio naturale DI DAV1D ORBAN La civiltà umana si basa sulla capacità di raccogliere, memorizzare e analizzare la conoscenza. Nei millenni questa capacità si è progressivamente affinata e si è dotata di strumenti sempre più efficienti. Inizialmente la quantità di esperienza pratica e teorica necessaria per effettuare correttamente le operazioni stagionali di una società agricola era tale da potersi trasmettere oralmente. Molto presto si è resa necessaria l'invenzione di codici indiretti, della scrittura, e di sistemi di organizzazione degli elementi di conoscenza così codificati. Tavole, libri, biblioteche sono i passaggi di questa rapida evoluzione. Ma da un'organizzazione passiva di conoscenza codificata, stiamo velocemente passando tutta la cultura umana in una nuova forma attiva, digitale, meglio accessibile, più corrispondente alle esigenze correnti. Oggi approfittiamo dei computer e delle reti di computer, di internet, per un lavoro che altrimenti non sarebbe più possibile affrontare. Anche il modo in cui i computer ci aiutano a organizzare la conoscenza sta evolvendo. Ci siamo già abituati a diversi di questi nuovi strumenti. Con Google vengono indicizzate le pagine accessibili online e poste in relazione con i testi contenuti, attraverso i collegamenti che ne rafforzano la rilevanza. Wikipedia permette a ogni persona di aggiungere e rivedere pagine che descrivono e illustrano argomenti diversissimi, in una collaborazione volontaria su scala planetaria. A questi due metodi, l'indicizzazione automatica e la collaborazione volontaria, si sta aggiungendo un nuovo metodo, già accessibile a livello locale, ma tra poco portato su internet: quello del calcolo simbolico della conoscenza. Il motore di conoscenza computazionale di Wolfram Alpha. Questo nuovo protagonista, atteso con molto interesse, conta su due elementi principali. Da una parte c'è il motore di calcolo simbolico maturato attraverso vent'anni di esperienza di Mathematica. Questo programma, che si può anche acquistare per utilizzo personale, è particolarmente diffuso presso fisici, matematici, ingegneri e con Wolfram Alpha viene portato su internet, in una nuova proposta di cloud computing, cioè di accessibilità universale. Dall'altra parte si trovano database di fatti e volumi statistici, accuratamente rivisti per completezza e coerenza daunteam di cento persone. L'insieme di questi due elementi viene interfacciato con un sistema di interrogazione che, inizialmente in modo abbastanza modesto, permette di impiegare espressioni in linguaggio naturale e con una visualizzazione unificata che crea una pagina di risultati completa e accattivante che fonde elementi descrittivi, con equazioni e grafici interattivi. I campi in cui Wolfram Alpha può essere utilmente interrogato sono tutti quelli in cui una risposta completa e formale possa essere appunto calcolata: ingegneria, economia, , biologia, chimica, fisica, matematica... per elencarne alcuni. In passato è stato tentato da parte di motori di ricerca che oggi risultano perdenti la strada di una valutazione, dei contenuti che però è risultata non sostenibile per la crescita esponenziale dei contenuti sul web che dovevano essere recensiti. I curatori dei database di Wolfram Alpha non hanno questo problema, in quanto la maggior parte dei dati che assumono, per esempio le caratteristiche degli elementi chimici, una volta che sono stati introdotti, rimangono fissi. È probabile che la nuova categoria dei motori di conoscenza computazione vedrà solo per poco Wolfram Alpha come unico elemento. Già Google ha presentato una propria iniziativa di visualizzazione e analisi di dati pubblici. Ognuna delle proposte però dovrà affrontare la necessità di bilanciare accuratamente la sete di conoscenza degli utilizzatori e le necessariamente limitate risorse che ognuno di questi potrà in un dato momento ricevere. La gioia di esplorare apparentemente in totale libertà nuovi spazi interattivi per trovare risposte a domande che non si sapeva nemmeno di poter fare può presto scontrarsi con limitazioni fondamentali a quello che il nostro formalismo simbolico può calcolare. Forse uno dei risultati maggiori di Wolfram Alpha sarà proprio quello di dare una percezione concreta e quotidiana di che cosa in ogni momento la scienza umana può permettere di calcolare e di dare un quadro dinamico dell'evoluzione della conoscenza, accessibile sempre e ovunque, avanzando così il progetto della civiltà umana. >L'artefice IL SOGNO DI ORDINARE IL SAPERE Il pregio della costanza. La carriera scientifica e imprenditoriale di Stephen Wolfram esprime un ambizioso progetto: analizzare e ampliare gli strumenti che abbiamo a disposizione per la formalizzazione delle scoperte scientifiche. Wolfram, dalla tesi di dottorato in fisica teorica a vent'anni, al lavoro sugli automi cellulari e sulla complessità, attraverso la fondazione e là gestione di Wolfram Research, azienda di grande successo, ha saputo mantenere un corretto equilibrio tra obiettivi a breve termine di concretezza scientifica e profittabilità economica, e quelli a lungo termine di trasformare la matematica in una scienza sperimentale. Prima con il sistema di calcolo simbolico Mathematica, successivamente' conl'opera NewKind Of Science, che è anche alla base di scuole di perfezionamento e di approfondimento, e infine con l'ultimo progetto del motore di conoscenza computazionale Wolfram Alpha, il programma di Stephen Wolfram sta da trent'anni dispiegandosi con sempre maggiore forza. (d. or.) __________________________________________________________ Il Sole24Ore 11 mag. ’09 TRE GRADINI DI MERITO PER GLI STATALI Prove di cambiamento. Solo un lavoratore ogni 20 potrà ottenere il bonus delle eccellenze che premierà i migliori In arrivo una graduatoria che misurerà il «valore» di ogni dipendente Gianni Trovati Il bello arriva adesso. Di Pubblica amministrazione non si è mai parlato tanto come nell'ultimo anno, cadenzato dalle strette anti-fannulloni, dalle tabelle della trasparenza, dai protocolli d'intesa, dalle emoticons per misurare la soddisfazione e dalle altre iniziative messe in campo quasi quotidianamente da un Ministro che senza dubbio sa come tener vivo il dibattito. Per una coincidenza (voluta?) del calendario, però, la ventesima edizione del Forum Pa, da oggi a giovedì alla Fièra di Roma, arriva proprio al punto di svolta nell'azione del governo sulla Pubblica amministrazione. Le misure isolate o d'urgenza, gli annunci e le campagne singole devono infatti liberare il palcoscenico a un attore assai più ingombrante come la riforma complessiva («di sistema», si sarebbe detto una volta) del lavoro pubblico. Il decreto unico chiamato ad attuare la «legge-Brunetta» di marzo è pronto, e ha superato venerdì scorso il primo esame del Consiglio dei ministri. Dentro, tradotte in norme, ci sono tutte le parole d'ordine che hanno animato in questi mesi le discussioni sulla pubblica amministrazione. A partire dal merito e dalla responsabilità. Il nemico storico del merito sono i premi a pioggia, la produttività riconosciuta a tutti, le progressioni orizzontali o verticali che in certi comparti graziano 9 dipendenti su io ogni tre anni. Per fermare l’andazzo, il decreto chiederà a ogni amministrazione di dividere il proprio personale in tre famiglie: gli ottimi (uno su quattro), a cui riconoscere l'intero premio per la produttività individuale; gli intermedi (uno su due), che in busta paga troveranno un premio dimezzato; e gli ultimi (il restante zs0Mo) dovranno rinunciarci é ritentare fanno dopo, alla ricerca di una «performance individuale» in grado di far crescere il loro stipendio. Il piazzamento di ciascuno in una delle tre fasce è il presupposto di tutto il sistema premiale. Chi riesce a entrare nel gruppo di testa, per esempio, potrà concorrere al «bonus annuale delle eccellenze», che toccherà al massimo al 5% del personale e potrà aumentare la retribuzione anche del 30%. Gli "abbonati" alla fascia alta, con tre piazzamenti consecutivi o cinque non consecutivi, potranno esibire un «titolo prioritario» per le progressioni economiche (le vecchie «orizzontali») o di carriera (le «verticali»), che saranno invece una chimera per chi finisce troppo spesso in fondo. Per far funzionare davvero un'architettura così articolata servono tre cose: parametri certi, oggettivi e trasparenti (a cui la bozza di decreto dedica molti articoli), organismi di valutazione indipendenti e una nuova autorevolezza data ai dirigenti. Su questo terreno si gioca una delle prove più interessanti della riforma che, come mostrano molte indagini svolte negli ultimi anni, è attesa al varco da una classe di dirigenti pubblici in cerca di nuova autorevolezza. Il decreto punta proprio lì, attraverso due strade: quella della responsabilità, che impone di collegare ai risultati almeno il 30% dello stipendio e arriva a ipotizzare tagli iri busta paga fino all’8o% per chi non vigila sugli standard di qualità dei propri uffici e la responsabilità per danno erariale per chi non individua le eccedenze di personale. Sul piatto opposto, la riforma offre ai dirigenti un nuovo "status'.' fatto di compiti e attribuzioni pesanti: nelle loro mani, accanto a un potere organizzativo più rigidamente diviso dalle influenze politiche, il decreto pone la valutazione, e soprattutto la possibilità di proporre i profili professionali necessari al lavoro del loro ufficio. Un passo in avanti sostanziale, che aumenta il peso specifico dei dirigenti ed è indispensabile a renderli davvero responsabili dei risultati. Tutto il cantiere, però, non guarda solo all'interno della Pa, ma trova il suo scopo reale nel miglioramento dei rapporti con gli utenti, su cui entra in gioco la Pa interattiva e multimediale di cui raccontiamo nelle pagine che seguono. Ora si tratta di passare all'azione, con una consapevolezza: il continuo parlare di Pa ha ipersensibilizzato i cittadini, che oggi si aspettano un tasso di innovazione pari almeno all'intensità del dibattito di questi mesi. ________________________________________________________________ Corriere della Sera 15 mag. ’09 FACEBOOK? AIUTA LA PRODUTTIVITÀ Su Facebook in ufficio una ricerca australiana «smentisce» Renato Brunetta. Il ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione sta predisponendo un sistema di filtraggio per impedire ai dipendenti pubblici di andare sul social network più seguito del momento. Ma secondo i ricercatori dell' università di Melbourne sarebbe un mezzo autogol. Per i ricercatori australiani, distrarsi sui social network è un buon modo per migliorare la performance sul lavoro. In pratica, chi in ufficio naviga per «fini privati» non soltanto non perderebbe tempo, ma poi lavorerebbe meglio e alla fine della giornata produrrebbe di più: il loro calcolo dice il 9 per cento di lavoro in più rispetto a chi non lo fa e sta otto ore al giorno senza mai alzare la testa dalla scrivania. Questo accade perché questa piccola distrazione avrebbe un effetto-ricarica. Così come gli studenti hanno bisogno di fare piccole pause per recuperare il livello di attenzione che scema dopo una ventina di minuti, anche i lavoratori hanno bisogno di fare brevi stacchi. E la pausa, spiega la ricerca, è utile proprio perché è volontaria, mentre le distrazioni dal lavoro subìte, come una telefonata, possono essere dannose. Certo, non bisogna esagerare: il tempo massimo da dedicare alle distrazioni non deve superare un quinto del totale. Farebbero male, quindi, le aziende che censurano l' accesso ai social-network, pensando di aumentare il rendimento quando invece lo stanno riducendo. Ma l' Aidp, Associazione italiana dei direttori del personale, non è del tutto d' accordo. «Chi lavora in qualsiasi organizzazione sa che il lavoro d' ufficio non prevede mai l' isolamento assoluto e l' impossibilità di distrazione - dice il vice- presidente Paolo Iacci -. I risultati della ricerca quindi non si applicano alle normali attività d' ufficio che sono già caratterizzate da scambi di informazioni e da molti momenti di socialità e di alleviamento della tensione». Fausta Chiesa ======================================================= ________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 mag. ’09 SANITÀ, IN SARDEGNA VINCITORI ALLE PRESE CON SE STESSI Il nocciolo del problema sono gli ospedali e la «riabilitazione» delle cliniche private - Aula piena in Confindustria per il primo incontro pubblico sull'organizzazione del sistema CAGLIARI. Di sanità bisogna parlare. La giunta è cambiata, le critiche verso l'operato dell'assessore piemontese Dirindin sono state tutte espresse, ora bisogna lavorare. Il punto è come. Su quale modello. Per raggiungere quali obbiettivi. Confindustria ha una sezione dedicata alla sanità che è presieduta da Alberto Loi e ieri ha invitato la composita compagine che non è mai stata d'accordo con la giunta Soru per gettare nuove basi attraverso un dibattito moderato dal giornalista Andrea Frailis. La sala era piena e una cosa si è capita: non sarà facile trovare un'idea comune. Dopo l'introduzione di Alberto Loi, ha preso la parola Franco Meloni consigliere regionale dei Riformatori, ex manager del Brotzu. Concreto, Meloni ha spiegato che non basta aver cambiato l'assessore perché le cose funzionino. Non funzionavano bene neanche prima (della Dirindin). Inutile disseminare «le macerie lasciate da chi ci ha preceduto» di «misure mirate sul singolo problema», «ci vogliono interventi invasivi che portino il livello decisionale al punto più vicino ai cittadini». Meloni nasce manager e quindi è credibile quando afferma: «E' inutile illudersi che cambiando i manager di Soru e mettendo i nostri le cose possano cambiare radicalmente. Non basterà. Neanche il centrodestra ha 11 Sergio Marchionne chiusi in una stanza. La mia proposta è di introdurre un nuovo modello organizzativo, che sia un modello sardo perché tiene conto di tutte le nostre peculiarità, la più difficile da affrontare è la dispersione: un errore della Dirindin è stata la territorializzazione spinta dei servizi, per come è fatta la Sardegna è troppo costosa. La mia idea è a metà tra il modello marchigiano dell'Asl unica regionale e quello lombardo in cui pesano maggiormente le aziende ospedaliere. Bisogna rivedere la legge 10 (sul funzionamento del sistema sanitario) che è iperburocratica. Io credo si debbano abolire le 8 Asl, farne una sola con 8 circoscrizioni sanitarie provinciali (Csp) a metà tra distretto sanitario e Asl, con autonomia contabile e la possibilità di assumere il personale in loco. Altro pilastro: le aziende ospedaliere. Una decina, pagate con il sistema tariffario tipo privato. Controlli anche per il pubblico e concorrenza con il privato: se le aziende pubbliche non le metteremo a correre sarà difficile eliminare gli sprechi. In questo modo si assicurerà il controllo della spesa e la qualità delle prestazioni: i due obbiettivi che dobbiamo darci adesso». Nonostante la febbre, Giorgio Oppi non è mancato al primo appuntamento pubblico sul tema sanità del post Dirindin: «Canaglia la Regione lo è stata negli ultimi 5 anni, noi abbiamo sempre ripianato le perdite, tranne una volta e questo è stato ingigantito in modo meschino. Nel 2005 c'è stato il top del deficit con 300 milioni di euro. Io già nel 1992 feci la centralizzazione del sistema farmaceutico, le strutture private erano ben considerate e invece adesso guardate cosa sta succedendo, le stanno comprando gruppi di fuori. Il budget imposto ha penalizzato i meno abbienti. La legge 10 è stata una sanatoria per chi non possedeva titoli per certi ruoli, bisogna rifare il piano sanitario che è stato interamente gestito dalla giunta prevaricando consiglio e commissione. C'erano le risorse per aprire rsa per anziani, sei non sono state aperte, le risorse le hanno usate diversamente senza il parere del nucleo di valutazione del ministero che è obbligatorio. E a Jerzu hanno diminuito il budget per un centro privato e, quando questo è stato comprato da una cordata loro amica, glielo hanno aumentato». Paolo Fadda deputato della Margherita ex assessore alla sanità: «Soru ha commesso un gravissimo errore portando l'assessore piemontese. Quando ci incontrammo in consiglio regionale feci una battuta: io sono il diavolo. Soru rispose: e io l'acquasanta. L'acquasanta sono stati gli elettori che lo hanno spazzato via. Certo che molte cose non vanno bene, ma la Sardegna è il nord del sud. Il Tar ha bocciato la razionalizzazione della rete ospedaliera. Io chiedo: perché non è stata varata quella elaborata dal consiglio regionale 12 anni fa? Non sono carenti gli strumenti di programmazione, ma i piani non vengono applicati. Una sola Asl è difficile da realizzare, ma ci sono tutte le condizioni per rivedere la legge 10. Il rapporto tra pubblico e privato è un problema che esiste, ma è gravissimo quello che sta succedendo: perché tante case di cura le stanno vendendo a operatori non sardi?». Rivolto ai rappresentanti di Confindustria: «Forse non è il caso che vi mettiate in discussione anche voi e cerchiate di esprimere soluzioni che siano utili ai cittadini? Certo, un errore che Soru ha fatto è stato dichiarare guerra al settore privato, anche se non c'è dubbio che il sistema dell'accreditamento vada rivisto. Ci vogliono riforme, tra un anno non avremo più lo Stato che copre i buchi e nel 2016 ci sarà il federalismo. Abbiamo cinque anni per programmare la riqualificazione del privato che ora vive nell'incertezza». Raimondo Ibba presidente Ordine dei medici: «La trasformazione necessaria è di tipo culturale: bisogna costruire punti di eccellenza internazionali, ma bisogna anche allargare il mercato interno perché altrimenti si esaurisce la fonte economica perché i costi sono più alti». L'assessore alla sanità Antonello Liori: «Sull'Asl unica avrei un ripensamento, anche nelle Marche, dove c'è la metà dei nostri abitanti, stanno tornando indietro. Il piano sanitario è scaduto e quasi non attuato, alcune proposte del passato sono valide, sugli ospedali vanno rivedute le scelte perché non c'è certezza dei finanziamenti, la realizzazione è lunga e non bisogna costringere i cittadini alle attese infinite». ________________________________________________________________ L’Unione Sarda 12 mag. ’09 LIORI: LA SANITÀ SARDA SI CURA LE RIFORME L'assessore apre all'opposizione: le buone idee non hanno colore Una sanità da riformare. L'assessore propone un patto bipartisan tra maggiroanza e opposizione. Tempo di riforme per la sanità sarda. «Un paziente grave», ammonisce Confindustria che, ieri, ha chiamato a raccolta centrodestra e opposizione per fare il check-up a «uno dei settori più importanti di una moderna comunità democratica». La politica ci sta, apre al rinnovamento e dopo quasi tre ore di dibattito, molte proposte e qualche bordata bipartisan alla gestione Soru-Dirindin («un fallimento»), mette d'accordo tutti. Sintesi finale affidata all'assessore regionale Antonello Liori che chiarisce: «Metteremo al centro le necessità dei cittadini, non degli ospedali». VERSO LE RIFORME «Quale sanità per la Sardegna». Era il questo il titolo del forum organizzato da Confindustria Province della Sardegna meridionale. «Vogliamo sapere cosa ci attende per i prossimi anni e auspichiamo un confronto pacato e fruttuoso», dice Alberto Loi, presidente di settore nell'associazione. L'invito è bipartisan e nessuno rinuncia a raccoglierlo. A cominciare dall'assessore Liori che anticipa qualche pilastro del futuro modello organizzativo. Con una premessa: «Faremo le riforme con larghe intese. Non solo la maggioranza ha idee buone per la sanità». ALTRE PRIORITÀ L'esponente dell'esecutivo ribadisce il «no» al nuovo ospedale di Cagliari. «Completeremo il policlinico universitario, che sarà dei cittadini solo quando verrà realizzato il pronto soccorso». Il polo centrale della sanità diventerà Is Mirrionis e «sostituirà il San Giovanni di Dio». Nell'agenda dell'assessore ci sono i concorsi: «Negli ospedali sardi l'età media supera i cinquant'anni. Dobbiamo preparare una nuova generazione di professionisti. Lo faremo anche con gli infermieri, tanti giovani sardi sono motivati"» Sulla veterinaria la posizione è chiara: «Ogni anno entra nell'Isola una malattia. Troppe epidemie stanno mettendo a rischio il comparto zootecnico, fondamentale per la nostra economia». ALTRE PROPOSTE Insomma, l'assessore ha le sue idee, ma tra i consiglieri regionali fioccano i contributi. Il primo a tracciare la strada è il presidente della commissione Felicetto Contu (Udc) che chiama alla modifica della legge 10 del 2006, (Tutela della salute e riordino del servizio sanitario regionale). Quella stessa che Franco Meloni (Riformatori) accompagna con tre proposte: «Serve un'azienda sanitaria unica per la Sardegna, a cui si possono affiancare otto Csp (circoscrizioni sanitarie provinciali)». E poi gli interventi sulla spesa, «visto che nel 2008 sono stati destinati al settore 2.800 milioni e la Sardegna deve fare i conti con un deficit che si aggira intorno ai cento milioni». Proprio sull'eredità lasciata dalla giunta Soru, è pesantissimo l'altro consigliere Udc, Giorgio Oppi (Udc), ex assessore alla Sanità. «Nel 2005 è stato raggiunto il top del disavanzo, con 300 milioni. Noi dobbiamo rifare il piano sanitario regionale. Ci metteremo al lavoro senza protervia, a differenza di quanto fatto dal precedente esecutivo». Un fronte, questo, su cui interviene un altro ex assessore alla Sanità, Paolo Fadda (Pd), oggi parlamentare, che spiega: «Per fare della sanità sarda un polo attrativo e ridurre i viaggi della speranza, tutti devono mettersi in discussione, pubblico e privato». Poi una bordata all'ex giunta: «I sardi ci hanno già giudicato alle urne. Adesso tocca a voi farci sapere cosa volete fare. Noi siamo pronti a collaborare. In ogni caso, la Sardegna i suoi piani innovativi li ha avuti. Ma spesso non vengono attuati». Mondino Ibba, presidente dell'Ordine dei medici nella provincia di Cagliari, è netto: «Perché le riforme siano efficaci, si tratta di trovare una misura. Non ha senso buttare via tutto insieme». Più morbido il sindaco di Cagliari, Emilio Floris: «Vero è che la nostra sanità ha tanti problemi. Ma non dimentichiamo le strutture d'eccellenza». ALESSANDRA CARTA ______________________________________________________ L’UNIONE SARDA CAGLIARI 10 mag. ’09 APRE A GIUGNO IL PONTE SULLA STATALE 554 Monserrato. La Provincia: «Lo svincolo a quadrifoglio pronto entro settembre» Rimossa la rotonda all'incrocio per la Cittadella universitaria Il ponte strallato prende forma e dalla 554 (allo svincolo per Sestu e Monserrato) scompare la "chicane" che rallentava il traffico. Tra un mese il ponte strallato sulla statale 554 sarà aperto al traffico. Ormai ha quasi preso forma: il pilone centrale sorregge una parte del ponte grazie a cinque stralli (così si chiamano i tiranti che lo tengono sospeso). Lo svincolo per la Cittadella universitaria è ormai a buon punto, tanto che venerdì pomeriggio, con un solo giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia, è stata eliminata la chicane che aggirava il cantiere, rallentando così il traffico. LA NOVlTÀ. La rotonda provvisoria sul tracciato della Statale era stata necessaria per mettere in piedi una parte consistente dell'opera. Ora si transita sotto il troncone già costruito. «Superato l'ostacolo della strozzatura sulla 554, adesso è tutto più semplice», spiega Paolo Mureddu, assessore provinciale ai Lavori pubblici: «Abbiamo sistemato i primi cinque stralli dei nove previsti, resta da realizzare un tratto più breve che sarà sorretto dalla direzione opposta». LA CONCLUSIONE. Il ponte sarà percorribile a giugno, ma solo quello: «Durante l'estate realizzeremo il quadrifoglio per accedere alla struttura da tutti gli svincoli, poi passeremo all'illuminazione e agli altri servizi», assicura Mureddu. Entro l'anno il cantiere sarà definitivamente concluso. «I;impresa», aggiunge Mureddu, «assicura che il cantiere sarà smantellato entro il 30 settembre», con la speranza che non ci siano intoppi. ! RALLENTAMENTI. Piogge e vento: la situazione meteorologica non ha aiutato lo svolgimento dei lavori. Dopo lo stop di circa sei mesi durante i quali l'impresa aveva chiesto, senza successo, di poter apportare migliorie al progetto, fondata di maltempo ha complicato le cose. Durante le bufere di vento, per gli operai era impossibile salire sul pilone centrale per agganciare gli stralli. Sono inconvenienti che potrebbero verificarsi di nuovo e rallentare la conclusione dell'opera, ma se si considera il lungo iter burocratico che a lungo ha paralizzato il cantiere, alla fine sarebbe un danno non grave. ! LAVORI. Il primo progetto definitivo era stato approvato dalla Regione, ente finanziatore dell'opera, nell'ottobre del 2003. Nel 2004, però, fu rivisto e la versione che oggi sta per essere completata risale al 2006. Stando alle date ufficiali, i lavori sono stati consegnati all'impresa Pellegrini il 14 novembre del 2006 e si sarebbero dovuti concludere già da un anno. Dopo la proroga concessa per i sottoservizi, la scadenza è stata fissata per giugno 2009. SERENA SEQUI __________________________________________________________ Il Sole24Ore 11 mag. ’09 LA SALUTE VA IN RETE: LE CINQUE, MOSSE VERSO LA E-SANITA Obiettivi ambiziosi. A regime il ministero punta a risparmi per 30 miliardi Gruppo di testa Alcune Regioni pilota stanno avviando le prenotazioni online Partenza a breve per ricette e certificati Paolo Del Bufalo Subito (entro il 2010) due miliardi di risparmi con la ricetta elettronica e il taglio dei certificati cartacei di malattia. Poi, una raffica di interventi che entro il 2012 dovranno rendere la Sanità ipertecnologica e informatizzata, con risparmi che secondo il ministro Brunetta potrebbero raggiungere il 30% della spesa attuale: cioè 30 miliardi circa. Il menu degli interventi è quello del Piano eGov 2012 del ministero dell'Innovazione, che si sta già applicando con accordi tra Governo, Regioni e Cnr. La prima mossa sarà la «dematerializzazione» di ricette e certificati. La prescrizione elettronica farà spendere circa due miliardi in meno visto che ogni anno circa SSo milioni di ricette "viaggiano" su carta al costo medio di un euro ciascuna, ma soprattutto per la riduzione degli errori sulle prescrizioni e le maggiori verifiche sulle esenzioni, con un taglio del 7-8% della spesa farmaceutica e specialistica che vale; circa 14 miliardi. Accanto alla ricetta elettronica, a «dematerializzarsi» saranno poi anche i 12 milioni di certificati di malattia annuali: anche qui, sarà possibile un monitoraggio in tempo reale che oggi richiede almeno sei mesi. In prima linea per la Sanità elettronica sono aziende e Regioni, ma lo sviluppo sul territorio è ancora «altamente differenziato» secondo Paolo Donzelli, direttore dell'ufficio Studi e progetti per l'innovazione digitale del dipartimento per l'Innovazione di Palazzo Vidoni. «I cittadini - spiega - non vedono risultati tangibili e domanda e offerta di Ict in Sanità sono frammentate: va promossa la diffusione di standard condivisi, l'aggregazione della domanda per aumentarne la qualità». Gli obiettivi del Piano sono cinque: rete dei medici di base con la connessione di tutti i medici di medicina generale (Mmg) e i pediatri di libera scelta; certificati di malattia digitali; ricetta digitale al posto delle prescrizioni specialistiche e farmaceutiche in formato cartaceo; fascicolo sanitario elettronico con la realizzazione e diffusione di una soluzione federata in linea con lo scenario internazionale; prenotazioni online con un sistema sovra-regionale e la diminuzione dei tempi di attesa. E grazie all’online sarà anche possibile portare la scuola in ospedale: 6 interventi sono previsti entro dicembre 2009, coinvolgendo almeno 15 scuole. Il primo obiettivo è la rete dei medici di base. «Oggi - spiega Donzelli- circa l’80% di generalisti è dotato di Pc e utilizza un software di gestione dei dati del paziente; la metà dei medici dotati di Pc è collegata in rete, soprattutto per scambio dati con altri professionisti, e sono in corso diverse iniziative regionali per la connessione. Tra questi ci sono i progetti "Servizi in rete per Mmg" delle otto Regioni del Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) a cui si aggiunge il Lazio e gli interventi coordinati dall'Economia per l'attuazione della ricetta elettronica». Poi toccherà al fascicolo sanitario elettronico per la consultazione e l'aggiornamento online della "storia" medica del cittadino. Infine le prenotazioni online. Per ora Umbria, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Trento sono già impegnate nello sviluppo di un sistema di questo tipo. Ma il Piano e-Gov 2012 parla chiaro e nel giro di tre anni dovrà essere realizzato un sistema sovra-regionale per la prenotazione e gestione delle risorse, per facilitare l'accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie e diminuire e monitorare i tempi di attesa con vantaggi in termini di maggior facilità di accesso da parte dei cittadini ai servizi sanitari. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 TERRITORIO, FONDI INTEGRATIVI E HI-TECH PER IL NUOVO SSN Il ministro Sacconi presenta il documento sul futuro del Welfare: così l'assistenza sarà riorganizzata nel segno dell'«universalismo selettivo» Avanti con la deospedalizzazione e le forme associative per i medici Fisco federale e "secondo pilastro" per raddrizzare i conti Più efficienza con le tecnologie: sì al fascicolo elettronico Più territorio e meno corsie, cominciando a chiudere i battenti dei piccoli ospedali e poi "deospedalizzando" quanto più possibile. Medici associati in gruppo per dare più cure e servizi, più ore al giorno e durante tutta la settimana, con l'aiuto delle tecnologie come il fascicolo sanitario elettronico. E poi spazio alla Sanità integrativa perché in tempi di «universalismo selettivo» bisogna dimenticarsi una volta per tutte l'utopia del "tutto a tutti". È questa la ricetta per riorganizzare il Ssn dell'atteso Libro bianco sul futuro del Welfare («La vita buona nella società attiva») che il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha presentato la settimana scorsa (nelle due pagine pubblichiamo due estratti). Un documento che deve rappresentare una specie di bussola per la Sanità che verrà e che il Governo proverà a concretizzare con misure e provvedimenti nei prossimi anni. Voglia di sostenibilità. Un federalismo sanitario «sostenibile e responsabile» che a colpi di costi standard raddrizzi i conti delle Regioni, troppo spesso in rosso. Le cure sono da spostare sul territorio perché concentrare tutto sugli ospedali, soprattutto se mini-strutture con una manciata di posti letto, vuoi dire sprecare tante preziose risorse. E con le tecnologie - a c o m i n c i a r e dal fascicolo personale elettronico - pronte a dare una mano alla rete di servizi e alle nuove forme associative tra medici che dovranno nascere per garantire una effettiva «presa in carico» della persona: per i bisogni più semplici e cure più complesse, per tutta la settimana e per più ore al giorno. Nella Sanità del futuro, vista con gli occhi del ministero del Welfare, ci sarà insomma sempre più attenzione all'efficienza e alla «sostenibilità», vero nuovo totem attorno al quale ricostruire il Servizio sanitario nazionale. Che rimarrà sempre un pilastro cruciale del Welfare, ma sarà affiancato dalla «crescita di un nuovo secondo pilastro - avverte il Libro bianco - con le nuove forme integrative di assistenza sanitaria e socio-sanitaria» che si affideranno sempre di più alla contrattazione collettiva con «forme di Welfare negoziale». La Sanità integrativa è, infatti, uno degli snodi cruciali per ridisegnare il Ssn nel segno dell'«universalismo selettivo» che costringe tutti dai cittadini alle Regioni fino allo Stato - a fare i conti con «la scarsità delle risorse», prevedendo il ricorso anche a dolorose misure: come le «tariffazioni» e la «compartecipazione» dei costi dei servizi. Territorio avanti tutta. Il passaggio dal Welfare «assistenziale» a quello delle «responsabilità condivise», richiede dunque un ripensamento dell'offerta sanitaria che non mette più l'ospedale al centro come «luogo di risposta predominante ai bisogni di salute e assistenza» ma «lascia spazio a una filiera di servizi di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione assolutamente innovativi». In questo scenario, accanto a ospedali sempre più hi-tech organizzati in grandi reti, sarà il territorio a ricoprire un ruolo strategico con i servizi di assistenza a casa e le forme di residenzialità destinate soprattutto ai non autosufficienti e ai disabili - vera bomba sanitaria del futuro -, concretizzando finalmente la «gestione unitaria dei servizi socio-sanitario- assistenziali». Anche il vecchio medico di famiglia cambierà volto, non farà più Albrecht Diihrer - Cristo tra i dottori ( 1506) il «solista», ma con le nuove forme di associazione e collaborazione dovrà diventare il «collettore» di tutte le «energie e risorse presenti sul territorio»: dalle reti del volontariato ai presìdi come le farmacie, «chiamate ad assolvere funzioni più ampie di servizio e supporto al cittadino». E con inedite sinergie come quelle con il servizio postale «con la sua capacità di validare le ricette elettroniche trasmesse o garantire il deposito protetto di dati sensibili». "Chi rompe paga". La promessa è, poi, che l'avvento del federalismo sanitario non si tradurrà nell'abbandono di «intere aree geografiche». Anche se per tutti deve essere chiaro un monito: d'ora in poi chi rompe paga. La spesa extra, «quella generata dalle inefficienze», sarà a carico delle Regioni «che dovranno provvedere - avverte il Libro bianco - alla copertura, aumentando la pressione fiscale o spostando risorse all'interno dei loro bilanci». Sono questi i presupposti irrinunciabili per superare uno dei problemi più gravi del Paese: «II risultato peggiore dell'assetto tradizionale - spiega il ministero del Welfare - è la frattura tra i buoni modelli di un Nord sviluppato e agganciato alle Regioni più avanzate d'Europa e le inefficienze sistemiche di un Sud arretrato e carente di opportunità e tutele soprattutto per le persone più deboli». Alcune Regioni hanno, negli anni, mantenuto o addirittura «modelli organizzativi obsoleti» per cui a elevati livelli di spesa corrisponde una bassa qualità dei servizi: «Ne è riprova il fatto che sono sempre più consistenti i flussi di mobilità di pazienti dal Sud al Nord». Per questo è necessario un governo della qualità e quantità della spesa sanitaria, «se è vero - aggiunge il Libro bianco - che ben tredici Regioni registrano un disavanzo di gestione, mentre l'85 per cento del disavanzo complessivo si concentra in Lazio, Campania e Sicilia». Insomma gli stessi livelli essenziali di assistenza da assicurare in tutto il Paese, «sono diventati talora l'alibi per coprire inefficienze e sprechi, anche perché privi di efficaci meccanismi di controllo e monitoraggio». Niente più sconti, insomma, come ha ricordato anche il ministro Sacconi che ha avvertito: «Entro l'estate arriveranno nuovi commissariamenti nelle Regioni che hanno sforato i deficit sanitari». Marzio Bartoloni Le parole del nuovo Welfare «L'universalismo selettivo» Per garantire la sostenibilità ed evitare il razionamento delle prestazioni è necessario tener conto delle possibilità di spesa. E questo il principio guida dell'universalismo selettivo, che ne segna la distanza dall'utopia di un universalismo assoluto, che non fa i conti con la scarsità delle risorse e con la sostenibilità. Tariffazioni e compartecipazione ai costi sono due strumenti utili alla realizzazione dell'universalismo selettivo. «La sussidiartela verticale: il federalismo fiscale» II passaggio dal finanziamento dalla spesa storica (che finanzia i servizi e l'inefficienza) a quello del costo standard (che finanzia solo i servizi) permetterà, in un quadro che non pregiudicherà i livelli essenziali dei servizi, una razionalizzazione della spesa pubblica diretta a evitare che si confonda la solidarietà con la difesa di clientele, sprechi e rendite. «Il Welfare delle opportunità» È fondato sulla "presa in carico" della persona attraverso un'ampia rete di servizi e di operatori - indifferentemente pubblici o privati - che offrono, in ragione di precisi standard di qualità ed efficienza validi per tutto il territorio nazionale, non solo semplici servizi sociali e prestazioni assistenziali, ma anche la promessa di un miglioramento della vita quotidiana. Esistono, purtroppo, malattie inguaribili, ma non esistono malati "incurabili", cioè persone a cui non si possano fornire cura, aiuto e sollievo. «il secondo pilastro» La crescita di un nuovo secondo pilastro con nuove forme integrative di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, rivisitando anche lo strumento delle società di mutuo soccorso, è rilevante anche al fine di valorizzare nuove forme di produzione dei servizi che fanno tradizionalmente parte dell'offerta dello Stato sociale. «Clmical governante, e-medicine, health technology assessmeni | risk management» \ Sono parole chiave, mutuate dal mondo anglosassone che introducono una nuova cultura del governo sanitario, già praticata anche nelle realtà più avanzate del nostro Paese. Il cambiamento di cultura è profondo. Comporta una dialettica strutturata tra gli attori delle politiche sanitarie che includono le competenze mediche, tecnologiche e manageriali. Né può prescindere dallo sviluppo di processi di aziendalizzazione e da una accelerazione meritocratica che investe l'intero mondo sanitario. «Salute come benessere fisico e psichico» Salute non identifica più semplicemente la cura della malattia ma, prima ancora, la promozione del benessere e lo sviluppo delle capacità personali^ tenendo conto delle differenti condizioni di ciascuno. È una autentica rivoluzione che incide sui modelli di organizzazione sanitaria spostando l'attenzione dalla fase acuta alla prevenzione primaria e secondaria, alla promozione di corretti stili di vita, ai rapporti tra salute, sicurezza, ambiente di vita e di lavoro. . «Politiche integrate sulla vita» L'integrazione socio-sanitario-assistenziale è il principio cardine per garantire il passaggio da un Welfare assistenziale a un Welfare delle responsabilità condivise. Politiche integrate sulla vita agevolano il passaggio da un'offerta settoriale a un'offerta di interventi rivolti alla persona e alla famiglia, sostenendo le fragilità, favorendo lo sviluppo di capacità individuali e la promozione di reti di relazioni. j« «I valori: persona, famiglia, comunità» Le politiche sociali possono essere ripensate partendo dall'idea, così antica eppure così moderna, che riconosce come primo fattore di costruzione sociale la responsabilità umana. È una sfida che deve identificare con chiarezza i riferimenti e i valori intorno a cui orientare l'opera di ricostruzione del sistema di Welfare. Il primo tra questi valori è la centralità della persona. La famiglia è un attore sociale. Anzi, è la relazione sorgiva del sociale, perché connette in modo unico generi e generazioni, attraverso la dimensione dell'amore come dono reciproco. «Partecipazimte e bilateralità» Bilateralità e partecipazione rappresentano la soluzione più autorevole e credibile per superare ogni residua cultura antagonista nei rapporti di produzione e avviare, in un rinnovato clima di fiducia e collaborazione, una virtuosa alleanza tra capitale e lavoro sui temi della crescita, dello sviluppo e della giustizia sociale in un mondo ragionevolmente destinato a sopportare frequenti cause di instabilità. __________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’09 UN FILO DI ARIANNA PER USCIRE DAL LABIRINTO DELL'ICT IN CORSIA Si moltiplicano i cantieri della salute elettronica tra iniziative nazionali e regionali: è sempre più urgente creare un modello di governance del sistema Servono una rete di Poli regionali e un coordinamento per mettere in comune tutte le esperienze - Gli standard vanno decisi insieme all'industria ai numerosi cantieri istituzionali nel settore della «Salute in rete» (connected health) si evince una consapevolezza sempre più forte dei ministeri (Welfare, Innovazione, Economia) sul proprio ruolo di promozione di iniziative per un utilizzo diffuso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel nostro sistema sanitario e del ruolo che le aziende sanitarie devono assumere in questo contesto, con l'aiuto delle Regioni e dello Stato. L'introduzione di modelli organizzativi innovativi e, più in generale, una modernizzazione del sistema socio-sanitario può esse re resa possibile o enfatizzata dalla gestione appropriata delle risorse legate all'informazione, alla comunicazione e alle conoscenze, con benefici per i cittadini e per il sistema. Inoltre una riqualificazione della domanda da parte delle aziende sanitarie e delle Regioni permetterà di espande re il mercato, al momento in grave crisi, con maggiore certezza negli investimenti e conseguente miglioramento dell'offerta, specialmente sul lato dei servizi forniti dalle Pini, con ricadute positive di breve, medio e lungo periodo, sia sull'indotto industriale che sull'occupazione nel settore della Sanità elettronica. Le iniziative in ambito nazionale si affiancano alle notevoli attività intraprese dalle singole Regioni e dalle aziende sanitarie e al (lento) andamento ordinario del mercato. È evidente la vastità crescente delle tematiche da affrontare, che richiede un nuovo modello di governance del fenomeno. Infatti gli operatori del settore non riescono più a far fronte alle necessità di coordinamento che emergono dalla massa di iniziative ed esperienze; si moltiplicano i tavoli strategici e i gruppi di lavoro, sia a livello nazionale che europeo. Occorrono più persone nelle attività di pianificazione, coordinamento, raccolta e armonizzazione del know-how. Solo la costruzione di una rete di poli regionali (con un opportuno coordinamento interregionale), può consentire di portare a fattore comune le esperienze acquisite e di mettere in grado lo Stato, le Regioni, le Asl-Ao e i Comuni di coordinarsi con efficacia, formulando una pianificazione incisiva sull'introduzione dell' Ict, in funzione -dei rispettivi piani sanitari e sociali. La rete porta alla creazione di un "movimento" per individuare, armonizzare e diffondere le soluzioni efficaci e per permettere decisioni strategiche più consapevoli, ma soprattutto per favorire il consenso sulle strategie e l'adesione all'introduzione dell'innovazione. Ogni polo regionale deve poter assumere in modo permanente, a tempo pieno, giovani da formare ed esperti da affiancare ai pochi che già sono presenti sul campo, per acquisire e armonizzare il know how esistente nella propria Regione, per armonizzarlo a livello nazionale, e per restituirlo in modo pro- attivo a livello locale (corsi di aggiornamento, gruppi di lavoro, seminari, manuali, centro di documentazione, forum di discussione, newsletter ecc.). Dovrà inoltre contribuire, insieme all'industria, allo sviluppo di standard nazionali e all'adattamento degli standard internazionali, sia su prescrizioni, referti, certificati e prenotazioni, sia sui dati clinici da condividere nei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali, per ottenere la massima interoperabilità tra gli attuali sistemi informativi. In ogni Regione il Polo adotterà la - forma organizzativa più adatta al proprio contesto; si veda a esempio il consorzio «Arsenal» tra le aziende sanitarie del Veneto o il ruolo degli assessorati o delle agenzie sanitarie in altre Regioni. Parte delle risorse dovrebbe essere rivolta alla collaborazione con i Centri di competenza già esistenti da tempo nei Paesi più reattivi (soprattutto nell’ Unione europea, in Canada, Usa e Australia), che dispongono di decine di addetti sulle politiche per la Sanità elettronica. Ogni Polo regionale avrà il compito di descrivere la predisposizione all'innovazione e la sua evoluzione nella propria Regione (cultura informatica, stato di informatizzazione, programmi in atto ecc.), con indicatori e benchmark definiti a livello interregionale. Una iniziativa promossa da Forum PA e Federsanità-Anci, in accordo con il Dipartimento Innovazione, prevede di costruire e adottare nelle aziende sanitarie un modello per la misura dei «Livelli di innovazione tecnologica in Sanità» (Litis), a cui possa poi corrispondere in tempi brevi un efficace modello di intervento: governare un fenomeno significa innanzitutto saperlo misurare. Lo scopo è di armonizzare per quando possibile analisi, metodologie e soluzioni, senza forzare decisioni totalmente uniformi tra le Regioni e tra le aziende sanitarie, ma innalzando il livello di consapevolezza su tali decisioni, valorizzando le esperienze già in atto ed evitando di perseverare in differenziazioni nate casualmente per puri motivi storici. II Dit stringe un'alleanza. con il Cnr su tre fronti dell'e-government Un programma di interventi per l'innovazione digitale nel settore della salute è l'obiettivo del protocollo d'intesa tra ministero per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione e Consiglio nazionale delle ricerche fumato il 19 marzo scorso. Il Piano e-Government 2012 del ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione prevede, tra gli obiettivi prioritari di legislatura, un programma di interventi per l'innovazione digitale nella salute, finalizzato a semplificare e digitalizzare i servizi elementari (prescrizioni e certificati di malattia digitali, sistemi di prenotazione on-line) e a creare le infrastrutture per un'erogazione di servizi sanitari sempre più vicini alle esigenze dei cittadini (fascicolo sanitario elettronico e innovazione delle strutture delle aziende sanitarie), migliorando il rapporto costo- qualità dei servizi e limitando sprechi e inefficienze. II Piano intende favorire l'efficace applicazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel settore della salute, al fine di sviluppare un'offerta di servizi sempre più vicina alle esigenze dei cittadini, nonché aiutare i soggetti più deboli a condurre in modo autenticamente pieno la propria vita sociale. II Consiglio nazionale delle ricerche è un ente pubblico di ricerca nazionale con il compito di svolgere, promuovere, diffondere, trasferire e valorizzare attività di ricerca nei principali settori di sviluppo delle conoscenze e delle loro applicazioni per lo sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale del Paese. II Consiglio nazionale delle ricerche opera prevalentemente per grandi progetti di ricerca da realizzarsi, in attuazione delle scelte adottate dal Paese anche su indicazione delle amministrazioni dello Stato, inseriti nel più ampio contesto internazionale e in particolare europeo, finalizzati alla produzione di conoscenze utili allo sviluppo e al miglioramento della competitività del sistema Paese. II Dit e il Cnr intendono collaborare per realizzare un programma di interventi comuni finalizzati ad accelerare il processo di innovazione digitale nel settore della salute, nel contesto del piano di e-Government 2012, con particolare riferimento ai seguenti progetti: a) progetto "Infrastruttura tecnologica del fascicolo sanitario elettronico", finalizzato a sostenere il processo di realizzazione e diffusione di una infrastruttura federata di fascicolo sanitario elettronico del cittadino, condivisa a livello nazionale e allineata allo scenario internazionale, con attenzione ai temi della sicurezza e della privacy; b) progetto "Salute in rete", con l'obiettivo di accelerare il processo di digitalizzazione dei servizi relativi al settore salute, con particolare attenzione al ciclo prescrittivo (ricette e certificati di malattia) e alla realizzazione di un sistema a rete dei centri unici di prenotazione (Cup) territoriali, migliorandone il rapporto qualità-costo e limitando sprechi e inefficienze; c) progetto "Smart inclusion", con il fine di garantire a bambini che non possono frequentare la scuola per problemi di salute, l'opportunità di seguire virtualmente, ma in maniera continuativa, attraverso servizi di teledidattica, le attività di una classe di scuola primaria o media, con la possibilità di mantenere in tal modo anche contatti diretti con docenti e compagni. La partnership su fascicolo sanitario, ricette, certificati e "smart inclusion" LE ASL PROVANO A MISURARE I LIVELLI DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA Tavolo permanente di lavoro sulla Sanità elettronica per i vertici del management di Asl e Ao. A costituirlo sono state a fine 2008 a Venezia Federsanità Anci, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere che fa capo all'associazione dei Comuni d'Italia e Forum PA. La novità espressa da questo Tavolo è costituita dal fatto che i vertici apicali si siano trovati a lavorare intensamente insieme per due giorni sull'innovazione tecnologica. Ancor più importante è che da loro tragga origine una nuova spinta alla Sanità elettronica: nella convinzione che la definizione di una strategia per f Ict e la sua piena integrazione nelle strategie aziendali, sia determinante non solo per l'efficienza, ma soprattutto per il miglioramento della performance e della qualità dell'assistenza. Di contro, è stato confermato lo scarso grado di maturità tecnologica dei sistemi informativi sanitari e il divario nei livelli di informatizzazione delle singole aziende e nella loro offerta minima di servizi ori fine. In questi mesi il Tavolo ha posto le basi per il lancio di un'azione sulla Sanità elettronica che abbia come fondamento metodologico un modello per la misura dei "Livelli di innovazione tecnologica in Sanità" (Litis), a cui possa poi corrispondere in tempi brevi un efficace modello di intervento coordinato tra Stato, Regioni e aziende sanitarie. Tale modello, sviluppato con il contributo scientifico del Cnr, prevede diversi punti di vista: -)le funzioni, ossia i servizi-informazioni fruibili dalle diverse categorie di utenti: cittadini, medici e altro personale socio-sanitario, manager, personale amministrativo; -)le componenti abilitanti, che di per sé non forniscono servizi agli utenti, ma rappresentano il prerequisito per implementare le funzioni; ) gli ambiti operativi all'interno dei quali si sviluppano le funzioni e le componenti abilitanti (reparto-servizio, distretto, azienda, sovra-aziendale, Regione ecc.); ) mera disponibilità di infrastrutture. La metodologia tratta funzioni e non sistemi informatici, non soltanto perché questi ultimi sono spesso disomogenei nella composizione delle funzioni offerte e dei livelli di servizio, ma soprattutto perché si vuole focalizzare l'attenzione e quindi la misurazione sui processi, nella loro accezione più ampia possibile. Le funzioni possono essere suddivise in base alle categorie di utenti cui si rivolgono e alle attività da loro svolte: - funzioni per la partecipazione del cittadino e la semplificazione; - funzioni per la prevenzione, l' assistenza e le cure; - funzioni per la gestione e il governo della Sanità. Inoltre viene presa in considerazione la predisposizione a una governance efficace del fenomeno della "salute in rete", attraverso la valutazione di parametri strutturali quali l'esistenza di piani di sviluppo espliciti, l'eventuale presenza di un project manager a tempo pieno, il numero e i profili degli addetti Ict, il livello attuale e previsto di finanziamenti. II modello prevede anche la costruzione di un indice cumulativo numerico e la classificazione delle aziende sanitarie in 5 classi omogenee di maturità nell'adozione dell'innovazione tecnologica (a esempio "soluzione base", "essenziale", "soddisfacente", "attuale", "avanzata"), in modo da poter seguire, in futuro, gli andamenti temporali e quindi valutare gli effetti dei piani di co-finanziamento delle Regioni e dello Stato. e gli obiettivi di sistema e i benefici indotti dalle funzioni. II modello decsrive la realtà della Sanità elettronica attraverso le funzioni, superando un approccio preparatorio - fatto proprio da quasi tute le rilevazioni, anche della Unione europea e dell'Ocse - ancorato alla ECCO IL PIANO DI BRUNETTA: DAI MEDICI IN RETE AL FSE Entro il 2012 servizi digitalizzati e prime infrastrutture Recentemente il ministro dell'Innovazione, Renato Brunetta, ha presentato il suo piano per l'innovazione in tutti i settori del Sistema Italia. La salute è affrontata nell'obiettivo 4. Entro il 2012 saranno semplificati e digitalizzati i servizi elementari (prescrizioni e certificati di malattia digitali, sistemi di prenotazione on- line) e create le infrastrutture per un'erogazione di servizi sanitari sempre più vicini alle esigenze dei cittadini (fascicolo sanitario elettronico e innovazione delle strutture delle Asl), migliorandone il rapporto costo- qualità dei servizi e limitando sprechi e inefficienze. I progetti riguardano: - connessione in rete di tutti i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta del Ssn; -digitalizzazione del ciclo prescrittivo (ricetta e certificato di malattia digitali); - realizzazione del fascicolo sanitario elettronico del cittadino; - realizzazione di un sistema articolato a rete di Centri unici di prenotazione (Cup); . innovazione delle aziende sanitarie; - smart inclusion. Nella tabella la sintesi dei singoli progetti. MEDICI IN RETE + Risultati attesi dei progetto. Connettere in rete i medici di base e i pediatri di libera scelta dei Ssn; valorizzando le infrastrutture regionali. + Situa~ attuale. A oggi vi sono in Mia 48.000 medici e 7.200 pediatri dei Ssn di cui l'80% è già dotato di personal computer e il 40'6 di connessione in rete. Sono in corso vari interventi a livello regionale e centrale finalizzati alla connessione in rete dei medici: II contratto quadro Spc è disponibile e consente servizi omogenei ed economie di scala.' DIGITALIZZAZIONE DEL CICLO PRESCRITTIVO + Risultati attesi da! progetto. Sostituzione delle prescrizioni (farmaceutiche e specialistiche) e dei certificati di malattia cartacei con gli equivalenti documenti digitali, in coerenza con gli standard dei Fse. II progetto prevede che lo sviluppo delle linee guida e del sistemi per i medici sia completato entro il 3111212009, e che il 1007. dei medici sia abilitato entro il 3111212010. . Situazione attuale. II Mef, in collaborazione con il ministero dei lavoro, salute e politiche sociali, il Dit, flnps e le Regioni, è impegnato nell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 50 dei DI 269/2003, convertito con legge 326/2003 e modificato dalla LF 2007 per l'introduzione della trasmissione dei dati delle ricette in modalità elettronica e dei certificato di malattia digitale. La trasmissione di dati dalle farmacie al Mef è operativa da alcuni anni. ' REALIZZAZIONE DEL FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO DEL CITTADINO + Risultati attesi dei progetto. Realizzazione e diffusione di una soluzione federata di fascicolo sanitario elettronico dei cittadino in linea con lo scenario internazionale. II progetto prevede- che lo sviluppo delle linee guida e delle soluzioni di riferimento sia completato entro i1 2009.11 15% delle Asl dovrà avviare il sistema per la gestione dei fascicolo entro il 2009; per arrivare al I 0TI. nel 2012. + Situazione attuale. Il Dit, in collaborazione con il ministero dei Lavoro, salute e politiche sociali, è impegnato nel coordinamento di progetti regionali volti a sviluppare e garantire interoperabilità dei Fse a livello regionale, nazionale ed europeo. A oggi la situazione sul territorio è ancora frammentata, anche se oltre 15 Regioni sono attivamente impegnate a sviluppare soluzioni condivise e l'Italia partecipa con altri I I Stati membri a un progetto per l’interoperabilità dei Fse finanziato dalla Commissione europea. SMART INCLUSION + Risultati attesi dei progetti. Garantire il servizio scolastico anche al più deboli, permettendo a piccoli pazienti lungodegenti di vivere a distanza l'insegnamento di una normale scuola primaria o media. Si prevede la realizzazione di 6 interventi entro dicembre 2009, coinvolgendo almeno 12 scuole. + Situazione attuale. È stata completata nel mese di febbraio 2009 la prima realizzazione in partnership con Telecom Italia nell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna + Modalità di attuazione. Protocollo d'intesa con Cnr. La piattaforma Innova Scuola può offrire, ove non già presente, l'ambiente necessario per la didattica a distanza. RETE DI CENTRI DI PRENOTAZIONE + Risultati attesi da! Progetto. Realizzare un sistema articolato a rete di centri unici di prenotazione (Cup) che consentano ai cittadini di prenotare le prestazioni Ssn su tutto il territorio nazionale. + Situazione attuate. Sono disponibili diverse soluzioni di sistemi di prenotazioni presso le Regioni. Lo stato attuale di informatizzazione dei Cup è molto diversificato sul territorio. I Cup esistenti operano spesso in modalità isolata e con canali differenziati. INNOVAZIONE NELLE AziENDE SANITARIE + Risultati attesi dal progetta. Incrementare efficacia ed efficienza delle aziende sanitarie, aumentando il tasso di innovazione digitale nei processi di organizzazione in tema e di erogazione dei servizi ai cittadini. + Situazione attuale. In Italia esistono a oggi 254 aziende sanitarie, di cui 157 Aziende sanitarie locali e 97 Aziende sanitarie ospedaliere. Pur essendo al centro dell'erogazione dei servizi sanitari per i cittadini, il tasso di innovazione digitale delle aziende italiane è alquanto disomogeneo, con 113 circa delle strutture che si attestano a un buon livello e I/3 che si presenta abbastanza arretrato. Recenti indagini hanno evidenziata che la carenza di fondi è in motti casi solo un ostacolo marginale: la mancanza di linee guida e di percorsi di investimento affidabili risultano invece essere gli elementi più preoccupanti per i direttori generali delle aziende. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 ECCO IL PIANO DI BRUNETTA: DAI MEDICI IN RETE AL FSE LE STRATEGIE DEL GOVERNO Entro il 2012 servizi digitalizzati e prime infrastnitture Recentemente il ministro dell'Innovazione, Renato Brunetta, ha presentato il suo piano per l'innovazione in tutti i settori del Sistema Italia. La salute è affrontata nell'obiettivo 4. Entro il 2012 saranno semplificati e digitalizzati i servizi elementari (prescrizioni e certificati di malattia digitali, sistemi di prenotazione on-line) e create le infrastnitture per un'erogazione di servizi sanitari sempre più vicini alle esigenze dei cittadini (fascicolo sanitario elettronico e innovazione delle strutture delle Asl), migliorandone il rapporto costo-qualità dei servizi e limitando sprechi e inefficienze. I progetti riguardano: • connessione in rete di tutti i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta del Ssn; • digitalizzazione del ciclo prescrittivo (ricetta e certificato di malattia digitali); • realizzazione del fascicolo sanitario elettronico del cittadino; • realizzazione di un sistema articolato a rete di Centri unici di prenotazione (Cup); • innovazione delle aziende sanitarie; • smart inclusion. Nella tabella la sintesi dei singoli progetti. I singoli progetti del Dit MEDICI IN RETE • Risultati attesi del progetto. Connettere in rete i medici di base e i pediatri di libera scelta del Ssn, valorizzando le infrastnitture regionali. • Situazione attuale. A oggi vi sono in Italia 48.000 medici e 7.200 pediatri del Ssn di cui l'80% è già dotato di personal computer e il 40% di connessione in rete. Sono in corso vari interventi a livello regionale e centrale finalizzati alla connessione in rete dei medici. Il contratto quadro Spc è disponibile e consente servizi omogenei ed economie di scala. DIGITALIZZAZIONE DEL CICLO PRESCRITTIVO • Risultati attesi dal progetto. Sostituzione delle prescrizioni (farmaceutiche e specialistìche) e dei certificati di malattia cartacei con gli equivalenti documenti digitali, in coerenza con gli standard del Fse. Il progetto prevede che lo sviluppo delle linee guida e dei sistemi per i medici sia completato entro il 31 /12/2009, e che il 100% dei medici sia abilitato entro il 31/12/2010. • Situazione attuale. Il Mef, in collaborazione con il ministero del Lavoro, salute e politiche sociali, il Dit, l'Inps e le Regioni, è impegnato nell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 50 del DI 269/2003, convcrtito con legge 326/2003 e modificato dalla LF 2007 per l'introduzione della trasmissione dei dati delle ricette in modalità elettronica e del certificato di malattia digitale. La trasmissione di dati dalle farmacie al Mef è operativa da alcuni anni. REALIZZAZIONE DEL FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO DEL CITTADINO • Risultati attesi del progetto. Realizzazione e diffusione di una soluzione federa- ta di fascicolo sanitario elettronico del cittadino in linea con lo scenario intemazionale. Il progetto prevede che lo sviluppo delle linee guida e delle soluzioni di riferimento sia completato entro il 2009. Il 15% delle Asl dovrà avviare il sistema per la gestione del fascicolo entro il 2009, per arrivare al 100% nel 2012. • Situazione attuale. Il Dit, in collaborazione con il ministero del Lavoro, salute e politiche sociali, è impegnato nel coordinamento di progetti regionali volti a sviluppare e garantire interoperabilità del Fse a livello regionale, nazionale ed europeo. A oggi la situazione sul territorio è ancora frammentata, anche se oltre 15 Regioni sono attivamente impegnate a sviluppare soluzioni condivise e l'Italia partecipa con altri 11 Stati membri a un progetto per l'interoperabilità del Fse finanziato dalla Commissione europea. SMART INCLUSION • Risultati attesi del progetto. Garantire il servizio scolastico anche ai più deboli, permettendo a piccoli pazienti lungodegenti di vivere a distanza l'insegnamento di una normale scuola primaria o media. Si prevede la realizzazione di 6 interventi entro dicembre 2009, coinvolgendo almeno 12 scuole. • Situazione attuale. È stata completata nel mese di febbraio 2009 la prima realizzazione in partnership con Telecom Italia nell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna. • Modalità di attuazione. Protocollo d'intesa con Cnr. La piattaforma Innova Scuola può offrire, ove non già presente, l'ambiente necessario per la didattica a distanza. RETE DI CENTRI DI PRENOTAZIONE • Risultati attesi dal progetto. Realizzare un sistema articolato a rete di centri unici di prenotazione (Cup) che consentano ai cittadini di prenotare le prestazioni Ssn su tutto il territorio nazionale. • Situazione attuale. Sono disponibili diverse soluzioni di sistemi di prenotazioni presso le Regioni. Lo stato attuale di informatizzazione dei Cup è molto diversificat o sul territorio. I Cup esistenti operano spesso in modalità isolata e con canali differenziati. INNOVAZIONE NELLE AZIENDE SANITARIE • Risultati attesi dal progetto. Incrementare efficacia ed efficienza delle aziende sanitarie, aumentando il tasso di innovazione digitale nei processi di organizzazione intema e di erogazione dei servizi ai cittadini. • Situazione attuale. In Italia esistono a oggi 254 aziende sanitarie, di cui 157 Aziende sanitarie locali e 97 Aziende sanitarie ospedaliere. Pur essendo al centro dell'erogazione dei servizi sanitari per i cittadini, il tasso di innovazione digitale delle aziende italiane è alquanto disomogeneo, con 1/3 circa delle strutture che si attestano a un buon livello e 1/3 che si presenta abbastanza arretrato. Recenti indagini hanno evidenziato che la carenza di fondi è in molti casi solo un ostacolo marginale: la mancanza di linee guida e di percorsi di investimento affidabili risultano invece essere gli elementi più preoccupanti per i direttori generali delle aziende. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 SANITÀ: FEDERALISMO SOSTENIBILE RESPONSABILE La sostenibilità del siste>VLi ma sanitario è correlata ad alcuni presupposti e fattori primari (deospedalizzazione, innovazione tecnologica, consolidamento del "governo clinico", sviluppo dì forme di assistenza integrativa) e a un sistema di governante che favorisca responsabilità, solidarietà, equità, nonché rigorosi principi di efficienza ed efficacia del modello erogatorio pubblico e privato. Una rinnovata governante dovrà sostituire il finanziamento derivato dal bilancio dello Stato attraverso il Fondo sanitario nazionale e promuove la responsabilizzazione di amministratori pubblici e cittadini nella gestione delle risorse pubbliche. Nella prospettiva di un federalismo sostenibile e responsabile le risorse necessarie a finanziare il complesso delle prestazioni sanitarie ricomprese nei livelli essenziali sono generate, Regione per Regione, da un mix di fonti. La spesa eccedente rispetto al livello efficiente dovrà rimanere, completati i processi riorganizzativi, a carico delle Regioni e trovare copertura in aumenti della pressione fiscale, nello spostamento di risorse all'interno del bilancio, o in compartecipazioni da parte dei fruitori. Federalismo sanitario non significa ovviamente abbandonare a se stesse intere aree geografiche o ancorare la spesa al reddito prodotto in loco e al conseguente gettito fiscale, ma il passaggio dal finanziamento della spesa storica - che spesso incorpora alti livelli di inefficienza ai costi standard, ovvero al finanziamento dei servizi erogati secondo principi di efficienza e appropriatezza. Tali costi vanno individuati in termini sintetici in rapporto alla popolazione sulla base delle migliori gestioni regionali e lo stesso correttivo demografico deve essere calcolato secondo le esperienze più efficienti rispetto alle fasce anziane della popolazione regionale. I costi standard sono lo strumento più equo ed efficace per guidare i processi di cambiamento e rappresentano la base per determinare la futura allocazione delle risorse. Il differenziale tra costi standard e costi storici costituisce la misura di quanto deve essere recuperato in termini di migliore efficienza, appropriatezza delle cure e del modello organizzativo. I livelli essenziali di assistenza (Lea) vanno ripensati come uno strumento in grado di conciliare sostenibilità del sistema, diritti del cittadino, accesso ai servizi, appropriatemi e. sicurezza delle cure. I Lea devono trovare una dimensione oltre che qualitativa anche quantitativa, correlata alle migliori pratiche diagnostiche e terapeutiche. alla meditimi basata sulla evidenza, a processi di benchmarking almeno interregionali sui costi delle principali funzioni assistenziali. Una distorta applicazione dei Lea si traduce, di fatto, in mia maggiore spesa a carico del cittadino e in un razionamento iniquo delle prestazioni. L'aumento della domanda e dei bisogni conseguenti alla rivoluzione epidemiologica dell'ultimo ventennio comporierà una crescente spesa sanitaria difficilmente sostenibile dalla fiscalità generale anche in presenza di una gestione più virtuosa della spesa. E necessario pertanto die il pilastro a capitalizzazione reale si sviluppi anche in ambito sanitario e assistenziale, valorizzando le possibili sinergie e complementarità con il pilastro pensionistico privato, anche su impulso di una attenta riconsiderazione degli aspetti di organizzazione funzionale e di quelli di trattamento fiscale, La crescita di un nuovo se- condo pilastro con nuove forme parte dell 'offerta dello Stato sociale. Pubblico e privato debbono porsi in posizione sinergica rispetto rispetto ai bisogni di salute da soddisfare e pertanto adeguarsi alla programmazione sanitaria in termini di tipologia dell'offerta, modalità di erogazione delle prestazioni e dei volumi di attività ritenuti congrui rispetto ai bisogni. La questione della govemance e della sostenibilità si pone anclte per le Aziende ospedaliere universìtarie e per i Policlinici. Occorre sviluppare nuove modalità gestionali improntate a princìpi manageriali che responsabilizzino nelle scelte economiche, assistenziali, didattiche e di ricerca tutti i soggetti interessati e massimizzino la sinergia con il sistema ospedaliero regionale. La Regione, per affermare realmente la centralità della persona rispetto all'offerta, deve assumere una posizione "terza" di controllare neutrale della qualità, della libera scelta del paziente, della sicurezza delle cure, della conformità medica delle prestazioni e dei relativi volumi. Devono essere introdotti modelli in grado di premiare e incentivare le realtà più virtuose, penalizzando di conseguenza le realtà meno efficienti e non rispondenti il le mutate esigenze dei pazienti della qualità complessiva del i stema. Erogatori pubblici e privati hvranno adeguare i loro modelli organizzativi di offerta ai trend intemazionali consolidati che impongono una consistente riduzione del numero di ospedali generalisti per acuti (soprattutto di piccole dimensioni), la creazione di reti ospedaliere a elevata tecnologia e contenuto professionale, lo sviluppo della filiera assistenziale territoriale di cure primarie ed extraospedaliere ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 LA PRESA IN CARICO Un Welfare delle opportunità è fondato sulla "presa in carico " della persona attraverso una ampia rete di servizi e di operatori indifferentemente pubblici o privati - che offrono, in ragione di precisi standard di qualità ed efficienza validi per tutto il territorio nazionale, non solo semplici servizi sociali e prestazioni assistenziali, ma anche la promessa di un miglioramento della vita quotidiana. Esistono, purtroppo, malattie inguaribili, ma non esistono malati "incurabili", cioè persone a cui non si possa fornire cura, aiuto e sollievo. Le moderne tecnologie informatiche permettono oggi di seguire lo sviluppo integrale della persona, i suoi percorsi diagnostico-terapeutici così come i suoi percorsi educativi e formativi e di lavoro, centralizzando i flussi informativi che vengono poi liberamente messi a disposizione degli operatori presenti sul territorio e dei servizi di prossimità alla famiglia e alla persona. Uno degli strumenti essenziali per la presa in carico globale è il fascicolo personale elettronico, destinato a raccogliere le informazioni inerenti alle varie fasi della vita, nonché gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi e più in generale tutte le informazioni utili per l’integrazione sociale e la partecipazione attiva al mercato del lavoro. Sul versante della salute il fascicolo elettronico deve essere finalizzato a raccogliere e trasmettere dati clinici individuali in modo da garantire la massima continuità delle tutele attraverso i diversi servizi- Ciò consente una immediata disponibilità, in caso di bisogno, di importanti informazioni sul paziente a prescindere dal luogo o situazione in cui si trovi. La costruzione del fascicolo, la sua implementazione nel tempo, l'utilizzo delle informazioni e la loro tracciabilità pongono una grande sfida dì innovazione tecnologica, ma soprattutto di cambiamento culturale, di responsabilità del cittadino verso la propria salute e del medico nei processi decisionali e terapeutici. Il governo dei percorsi anche individuali di salute pone il problema, oltre che della rilevanza delle politiche extraospedaliere, anche di una rifondazione della medicina di base e delle cure primarie, delle reti di offerta. La sperimentazione di fanne associative e assistenziali innovative (medicina di gruppo, in rete, Utap, casa della salute) consente di verificare la concreta possibilità di presa in carico del cittadino in riferimento a tutte le attività socio-sanitarie che lo riguardano, di incentivare la prevenzione primaria, secondaria e terziaria, di sviluppare forme di assistenza domiciliare, dì fornire un fondamentale supporto alla gestione della cronicità. La medicina generale può diventare il "collettore " di tutte le energie e risorse presenti sul territorio, le reti del volontariato, i presìdi come le farmacie, chiamate ad assolvere funzioni più ampie dì servizio e supporto al cittadino, il servizio postale in relazione alla sua capacità di validare le ricette elettroniche trasmesse o garantire il deposito protetto di dati sensibili. Queste reti possono costituire un prezioso tessuto connettivo tra cittadino e strutture sociali e sanitarie, in grado di avvicinare i servìzi primari alla persona soprattutto se anziana e fragile. Sul versante del lavoro il fascicolo elettronico deve essere finalizzato a raccogliere e trasmettere informazioni strategiche sui percorsi educativi, formativi, occupazionali e assistenziali in modo da prevenire il bisogno e favorire un ottimale inserimento nel mercato del lavoro. Esso sarà lo strumento a disposizione in primo luogo della persona che potrà liberamente decidere in merito alla circolazione delle informazioni che la riguardano. Il fascicolo sarà peraltro liberamente accessibile anche a tutti i servizi competenti al lavoro che necessitano di informazioni collegate in una ottica integrata in quanto fondamentali per l'inclusione sociale e la occupabilità. Pensiamo a una banca dati che, nel connettere e rendere effettivamente fruibili servizi oggi frammentati (libretto formativo, conto corrente delle posizioni assicurative presso le diverse gestioni previdenziali, sequenza dei rapporti di lavoro, titolarità di un sussidio da disoccupazione o sospensione del lavoro, assegni familiari ecc.) aiuti a ricomporre in un disegno unitario carriere e percorsi formativi. Emerge un nuovo concetto, quello di "percorso di lavoro", che può svolgersi in settori diversi e con mansioni o tipologie contrattuali molto differenziate e richiedere competenze e conoscenze anche piuttosto lontane tra loro. E la sicurezza legata all'inserimento continuativo in ima stessa organizzazione produttiva che viene meno in questo nuovo contesto del mercato del lavoro. E questa sicurezza deve oggi essere ripensata attraverso politiche attive personalizzate e sostenute da un efficiente sistema dei servizi al lavoro che accompagnino le libere scelte delle persone nelle sempre più frequenti transizioni professionali. Il nesso tra occupazione e libertà costituisce il primo tassello delle riforme avviate con la legge Bìagi: Pensiamo al mercato del lavoro come a un luogo libero ma regolato. Anzi, libero perché regolato. Dove la libertà è, da parte della utenza, la possibilità di scegliere il sevizio e gli erogatori che più si ritengono idonei e, da parte degli operatori dei servizi, la possibilità di definire innanzitutto le attività che si intendono esercitare e poi la forma e lo scopo degli stessi. Le persone, soprattutto nei momenti di transizione, devono poter essere accompagnate da un sistema di servizi che risponda unitariamente a una pluralità di esigenze. Si pensi ai lavoratori che accedono a percorsi di riqualificazione e contemporaneamente hanno anche la necessità di avere una occupazione o un sussidio sufficiente al loro mantenimento». ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 FSE: EVOLUZIONE E FUTURO DEI SISTEMI INFORMATIVI SANITARI OBIETTIVO STANDARD E CONDIVISIONE Modelli di codifica e nomenclatori Massimo Mangia Lo sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico (Fse) che vede impegnate, a vari stadi di realizzazione, tutte le Regioni italiane, apre un interessante scenario sull'evoluzione e il futuro dei sistemi informativi sanitari a livello di aziende locali e ospedaliere, regionale e nazionale. Nonostante l'attenzione sia ancora fecalizzata sulle modalità tecniche di implementazione del Fse e le sue ripercussioni organizzative, inizia a farsi strada, specie nelle Regioni più avanzate in questo percorso, una discussione sulle opportunità che questo strumento può offrire per superare il concetto di debito informativo e, più in generale, rivedere l'architettura dei sistemi. Prima di approfondire questi aspetti è però necessario ricordare le principali caratteristiche del Fse che pongono alcuni vincoli ben precisi alle scelte progettuali che si possono valutare, fi Fse è basato su una logica documentale e sul concetto di indice che viene costruito con le informazioni di sintesi dei documenti (contenute nell'header del Cda nel caso dell'Infrastnittura di base della Sanità elettronica - Ibse). L'indice non contiene informazioni di dettaglio (del body del Cda in Ibse) e ha quindi limitate capacità di navigazione e aggregazione. L'introduzione del Fse richiede-quindi, da parte dei sistemi informativi sanitari, la produzione di documenti clinici nei formati previsti (HL7 Cda versione 2 in Ibse) che andranno a costituire l'indice del fascicolo. Tutto ciò comporta la necessità di standardizzazione dei documenti, l'adozione di sistemi di codifica e nomenclatori, giusto per citare alcuni dei problemi che oggi si sta tentando di affrontare. Nato per condividere documenti tra diverse organizzazioni, il Fse può anche essere impiegato per implementare sistemi regionali superando la logica dell'applicazione centralizzata o del debito informativo. Nel caso delle reti di patologie, queste possono essere viste, dal punto di vista informatico, come un'aggregazione logica di documenti clinici, in alternativa a una soluzione che preveda invece un database centrale. Questa scelta implica che la logica di una rete di patologia deve essere imperniata sui documenti che descrivono e documentano gli eventi, contengono le informazioni cliniche, descrivono il processo (percorso) di cura. La Regione Lombardia sta seguendo questa strada nella realizzazione delle proprie reti di patologia che prevedono l'uso del Fse del Crs-Siss. La prima realizzazione riguarda la Rete oncologica lombarda. Rimane aperto il problema di come realizzare le viste che una rete di patologia richiede. Le scelte possibili sono l'implementazione di funzioni di ricerca tipo "Google" sui documenti oppure la creazione di sovraindici dedicati che estendano le informazioni dell'indice dell'Fse*con dati contenuti nell'header del documento (HL7 Cda v. 2), e dai dati contenuti nel body. È evidente che tale scelta dovrà essere valutata con grande attenzione anche in relazione alle problematiche sulla privacy inerenti al Fse. Il Fascicolo può anche essere utilizzato per sostituire i registri regionali di patologia, a esempio il Registro regionale dei diabetici. In questo caso andrebbe predisposto un documento che certifichi l'iscrizióne di un paziente nel registro. La struttura standard dell'indice del Fse potrebbe essere in grado, senza ulteriori modifiche, di consentire la gestione del registro. La possibilità di estrarre informazioni dal corpo dei documenti che formano il Fse può anche essere adoperata per ricostruire una cartella clinica del paziente. È quanto sta provando a realizzare la Regione Basilicata neir ambito del progetto Lumir (rete dei medici di medicina generale) con l'obiettivo di costruire la Cartella clinica virtuale del paziente. Più in generale è possibile ipotizzare una nuova generazione di soluzioni, imperniate sul Fse, basate sulla condivisione dei documenti clinici che permettano non soltanto di rappresentare le informazioni ma anche le fasi e i dati dei processi. Si tratta di un grande cambiamento in quanto occorre ripensare le logiche applicative su una base documentale, sia pure estesa nel modo che abbiamo appena descritto, ma coerente con quanto si sta facendo. Sarebbe un modo per valorizzare il Fse e accelerarne la diffusione, fornendo nuovi ambiti di utilizzo che giustificano gli investimenti e gli sforzi che le Regioni stanno compiendo per la sua introduzione. Presidente HL7 Italia - Consulente di Sanità in rete La rete richiede unaa raccolta organizzata dei dati cìmici rilevanti del paziente Le tappe del fascicolo sanitario Utilizzo allargato anche a ricetta elettronica, certificato digitale e prenotazione on line In un mondo pervaso da reti di comunicazione (Internet, reti pubbliche e private) e nodi per l'elaborazione di dati (personal computer e sistemi informativi di varia complessità e ampiezza) è inevitabile che la proliferazione delle informazioni in formato elettronico assuma l'aspetto di una miriade di dati sparsi qua e là, della cui reale dimensione e disseminazione nemmeno il cittadino - a cui peraltro sono riferiti - riesce ad avere un'idea precisa. Assumendo il punto di vista del professionista sanitario, è difficile nascondere che la rapidità delle trasformazioni tecnologiche in corso e il delinearsi di uno scenario complesso possa generare persino ambiguità e incertezze. Esistono varie forme di documentazione che scaturiscono dai contatti e dalle attività svolte, per esempio: • cartella clinica locale, come diario e considerazioni di un professionista (Electronic medicai record, cartella infermieristica, note di operatori sociali); • documenti operativi (prescrizioni, tracce di prenotazioni, referti, resoconto di operazione chirurgica, rapporto sulla vaccinazione, certificati, lettere di dimissione ecc); • questionali, appunti e commenti dell'interessato e dei suoi coadiutori informali; • dati provenienti dalla strumentazione (es. apparecchiature domiciliari). La consapevolezza della disponibilità potenziale di tale serie di dati sul paziente, più ampia che nel passato, fa maturare un'esigenza di visibilità sulle informazioni cliniche correlate all'assistito, che va tradotta in opportune procedure operative per mettere il medico in condizione di attuare metodi di cura sempre più efficaci ed efficienti. Si prospetta ora la possibilità concreta di fornire a ogni cittadino un proprio "fascicolo sanitaro" in rete, come mera raccolta dei documenti clinici (rilevanti), con accesso sicuro da parte dei professionisti. L'utilizzo di archivi informatici presso le varie unità territoriali pone un'ulteriore questione, legata alla stabilità e alla tracciabilità del dato sanitario in formato digitale presente nei sistemi locali. Una diagnosi rilasciata su un referto cartaceo è "prigioniera" della volontà del paziente di esibirla o meno al medico di fiducia, ma nel momento in cui un dato clinico è contenuto in un sistema informativo sorgono una serie di interrogativi. Illustriamo in questa pagina le principali questioni. Le classi di utenti II fascicolo serve a fornire informazioni a diverse tipologie di utenza, nel rispetto della privacy. Stabilito che il cittadino è il destinatario principale, ci sono diverse classi di utenti che possono essere abilitate ad accedervi, in consultazione o in aggiornamento. Per le finalità di cura, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta possono consultare e aggiornare il fascicolo. La consultazione può essere estesa agli specialisti che hanno in trattamento l'assistito: in questo caso, si può delineare l'ipotesi di un accesso temporaneo ai dati indispensabili al trattamento specialistico, per completare il percorso di cura sul singolo episodio. Per finalità legate all'apertura di un contatto con strutture erogatrici di servizi nell'ambito del Ssn, anche gli operatori sanitari autorizzati (a esempio presso il Cup) possono accedere ad alcune informazioni, per effettuare le prenotazioni di visite specialistiche: si può implementare un possibile uso del fascicolo nella gestione delle degenze ospedaliere (accettazioni e dimissioni del paziente). In generale, il fascicolo si può arricchire di informazioni provenienti dagli altri poli di erogazione di servizi sanitari (ambulatori, ospedali, farmacie, altri enti prescrittori ed erogatori). Il fascicolo potenzialmente può contenere un'ampia raccolta di dati che, aggregati e resi anonimi, potrebbero essere utilizzati per ricerca o per ricavare indicatori utili al governo della spesa. Tuttavia tali usi appaiono secondari rispetto alla finalità principale: fornire uno strumento avanzato e innovativo per migliorare le procedure atte a garantire il diritto alla salute dei cittadini. I contenuti e il set minimo di informazioni II fascicolo è unico nell'ambito dell'intero territorio nazionale (un cittadino non può averne due) e chi ne ha diritto può consultarlo nel luogo e nel momento in cui effettivamente sono necessarie le informazioni in esso contenute. È opportuno approfondire quali sono i principali dati che lo compongono, individuando il set minimo delle informazioni digitali che concorrono alla sua completezza, con la consapevolezza che, almeno a livello teorico, qualunque dato correlato a un evento clinico o a un percorso di cura in atto può andare ad alimentare il fascicolo. Il contenuto minimo del fascicolo dovrebbe comprendere una componente anagrafica (i dati identificativi del titolare e quelli del medico di base che ha in carico il soggetto) e un insieme di altre informazioni: • varie forme di patient summary, con informazioni sintetiche sul paziente, a cura del medico di base sia generiche che legate a particolari eventi o problemi di salute (es. malattie croniche); • l'emergency data set un insieme di dati sintetici per effettuare un intervento medico in emergenza e per i trattamenti di pronto soccorso in generale, che può essere costituito da un sottoinsieme dei dati del patient summary; • i referti (di laboratorio, di radiologia, di pronto soccorso, di altre indagini); • le lettere di dimissione ospedaliere • le prescrizioni (farmaceutiche, specialistiche ecc); • le certificazioni (di malattia, di infortunio); • i dati sulle prenotazioni di indagini cliniche e di visite specialistiche; • i dati sull'Assistenza domiciliare integrata (Adi). Altri dati da rendere disponibili nel fascicolo possono riguardare le informazioni anamnestiche, le vaccinazioni obbligatorie e facoltative effettuate, le informazioni sui ricoveri, la lista di medicinali abitualmente assunti dal paziente, le eventuali allergie. Il fascicolo potrebbe contenere annotazioni e osservazioni del medico curante relativamente a particolari episodi clinici, al trattamento di malattie croniche, alle richieste ed esiti di consulti; si può inoltre estendere agli eventi della sfera socio-sanitaria, soprattutto per pazienti con specifiche esigenze legate all'anzianità o alla presenza di disabilità. La disponibilità dell'infrastruttura per il fascicolo, oltre a consentire la memorizzazione di dati e a creare nel tempo la storia clinica del cittadino, può risultare utile per l'erogazione di servizi sanitari, come a esempio quello della prescrizione elettronica e del certificato digitale, nonché della prenotazione on line delle prestazioni a carico del Ssn. È appena il caso di accennare che i presupposti normativi per attuare un simile complesso processo sono da rintracciare nel Codice dell'amministrazione digitale, che riordina e sistematizza la legislazione in materia di informatizzazione e dematerializzazione. ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 GLI EFFETTI DEL PIANO E-GOV 2012 Paolo Donzelli, responsabile del Dit, spiega gli effetti del Piano e-Gov 2012 per Regioni, Asl e ospedali Ai maxi risparmi provvede l'e-health Minori costi per 2 miliardi con la ricetta elettronica - «Taglio» di 12 milioni di certificati malattia Paolo Del Bufalo 11 risparmio più immediato (nel giro di due anni, entro la fine del 2010 secondo il Piano e-Gov 2012) è quello sulle ricette: la prescrizione elettronica farà spendere circa due miliardi in meno visto che ogni anno circa 550 milioni di ricette "viaggiano" su carta al costo medio di un euro ciascuna, ma soprattutto per la riduzione degli errori materiali e d'uso delle prescrizioni, disallineamenti tra anagrafi, difficoltà verifica sulle esenzioni ecc. che porteranno a un taglio del 7-8% della spesa farmaceutica e specialistica che vale circa 14 miliardi. «L'innovazione digitale in Sanità può portare a un miglioramento del servizio, all'aumento dell'efficienza e al taglio dei costi», spiega Paolo Donzelli, direttore dell'Ufficio studi e progetti per l'innovazione digitale del Dipartimento per l'Innovazione e le tecnologie del ministero per la Pubblica amministrazione. Ma l'obiettivo della digitalizzazione è ben più alto. Secondo il ministro Renato Brunetta, se l'elettronica e le tecnologie entrassero nel mondo sanitario, i risparmi sui costi sarebbero immediati e di forte impatto: circa il 307f dei costi, più o meno 30 miliardi l'anno. Accanto alla ricetta elettronica poi a "dematerializzarsi" saranno anche i 12 milioni di certificati di malattia l'anno: oltre al risparmio dell'abolizione della carta sarà possibile anche un monitoraggio in tempo reale del fenomeno che oggi richiede almeno sei mesi per comprendere le cause di assenze e infortuni. La Sanità elettronica però richiede anche investimenti nelle infrastnitture che abilitano il Paese allo sviluppo: la domanda indotta di servizi Ict è stimata ogni anno in 400 milioni nel breve periodo, un miliardo nel medio periodo e due miliardi nel lungo periodo. Aziende e Regioni sono in prima linea per gli interventi di Sanità elettronica, ma lo sviluppo sul territorio è ancora «altamente differenziato» secondo Donzelli. «I cittadini non vedono risultati tangibili e domanda e offerta di Ict in Sanità sono frammentate: occorre promuovere la diffusione di standard condivisi, l'aggregazione della domanda per aumentarne la qualità». E gli obiettivi del Piano per l'innovazione in Sanità sono cinque, quelli di e-Gov 2012: rete dei medici di base con la connessione di tutti i generalisti e i pediatri di libera scelta; certificati di malattia digitali con la sostituzione di quelli in formato cartaceo; ricetta digitale con la sostituzione delle prescrizioni specialistiche e farmaceutiche in formato cartaceo con i documenti digitali; fascicolo sanitario elettronico con la realizzazione e diffusione di una soluzione federata in linea con lo scenario internazionale; prenotazioni on- line con la realizzazione e diffusione di un sistema sovra-regionale e la diminuzione dei tempi di attesa. «Attualmente - spiega Donzelli - circa l'80% di Mmg è dotato di Pc e utilizza un software di gestione dei dati del paziente; circa il 50% dei medici dotati di Pc (il 40% del totale) è collegato in rete, soprattutto per scambio dati con altri professionisti e sono in corso diverse iniziative regionali per la connessione tra cui i progetti "Servizi in rete per Mmg" delle 8 Regioni del Sud (Abruzzo. Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) a cui si aggiunge il Lazio e gli interventi coordinati dall'Economia per l'attuazione della ricetta elettronica». L'obiettivo finale è anche il fascicolo sanitario elettronico che «consente la consultazione e l'aggiornamento on line della "storia" medica del cittadino e rappresenta la base di un'assistenza sanitaria più efficiente, efficace e vicina alle esigenze di cittadini sempre più mobili sul territorio», sottolinea Donzelli. E infine le prenotazioni on line. Il Piano e-Gov 2012 prevede la realizzazione di un sistema sovra- regionale per la prenotazione e gestione delle risorse, per facilitare l'accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie e diminuire i tempi di attesa con vantaggi in termini di maggior facilità di accesso da parte dei cittadini alle erogazioni sanitarie, ottimizzazione della gestione delle risorse sanitarie sul territorio, monitoraggio dei tempi di attesa, innovazione delle relazioni di front-end per migliorare la qualità percepita dal cliente. «Umbria, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Trento - ha concluso Donzelli - sono già impegnate nello sviluppo di un sistema di prenotazione on line in grado di operare a livello aziendale, interaziendale, regionale e interregionale, per ottimizzare i processi di gestione delle risorse sanitarie disponibili sul territorio, facilitare l'accesso alle prestazioni sanitarie e diminuire i tempi d'attesa». ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 SSN, LA MALAGRAZIA FERISCE CHI È IN CERCA DI CURE PIT SALUTE 2008/ Tribunale del malato: malpractice al primo posto su oltre 25mila segnalazioni, ma preoccupa soprattutto l'incuria Bianco: «Recuperare spazi al dialogo medico- paziente» - Fazio: «Più umanizzazione nell'Ecm» - Sud in sofferenza Costa sempre di più. E mostra sempre meno il volto sorridente dell'infermierina immortalata da Oliviero Toscani nella campagna immagine "Pane, amore e Sanità", voluta dall’ allora ministro Iivia Turco. L'italico Ssn una svolta l'ha fatta. Forse non delle migliori. Ma vivaddio - dopo anni che se ne discorre non è la malpractice (spesso sinonimo d'ignoranza) - il principale problema dei malati alle prese con le cure pubbliche. Ebbene sì: nell'Anno di Grazia 2009 - come si diceva una volta - quello che più offende i cittadini - che pagano le tasse e chiedono servizi - è l'ignoranza e la maleducazione di chi sta lì pagato appunto per servirli. Nel marasma di cifre offerto come ogni anno dal Rapporto annuale Pit Salute - elaborato da Cittadinanzatfiva- Tribunale dei diritti del malato, presentato la settimana scorsa a Roma e basato quest'anno su oltre 25mila segnalazioni raccolte dai terminali sparsi in 19 tenitori - a spiccare di più nel vissuto dei cittadini è proprio la scarsa umanità e la mancanza di rispetto. Uno su 10, quando è ricoverato, avverte mancanza di umanità anche rispetto alle necessità più semplici, come il cambio del pannolone. Un vero e proprio "tradimento" da parte di quel Ssn che - dicono le cronache e ricorda il Tdm - occupa nelle classifiche dell'Oms il secondo posto al mondo per capacità di assistenza universale in rapporto alle risorse investite. Ma con le risorse che scarseggiano, che fare? «Bisogna riscoprire tempi e i luoghi delle parole: servono professionisti attenti e preparati, ma anche modelli di organizzazione del lavoro e di strutture sanitarie che garantiscano più tempo e più occasioni alle relazioni della cura», dice Amedeo Bianco (presidente FnomCeO). «Bisogna inserire l'umanizzazione nell'Ecm», ha dignostìcato il sottosegretario al Welfare con delega alla Salute, Ferruccio Fazio. Se e quanto l'Ecm "rivisitata" funzionerà lo si scoprirà tra qualche anno. Intanto restano sul tappeto i dati del Tdm che - curiosamente, visto il ridotto tasso di clienti di cui dispongono - mettono i pediatri in cima alla lista dei "cattivi" (31,87%), seguiti dai medici di medicina generale (25,4%). E che segnalano ancora la malpractice al primo posto tra i problemi segnalati dai cittadini (18%). Invariata rispetto agli anni scorsi la classifica dei presunti errori (interventi, 53%; diagnosi errate, 26%), delle strutture (al vertice quelle pubbliche, 88%) e delle aree più a rischio di impeachment (ortopedia, 17,5%; oncologia, 13,9%; ginecologia e ostetricia, 7,7%; chinirgia generale e oculistica, 5,4%; odontoiatria, 5,2%; emergenza e pronto soccorso, 2,8%). Solo il 28% - precisa però il Tdm - richiede una consulenza medico-legale in vista di una causa; e ben il 44% riceve parere negativo. «Avanzano solo 390 casi degni di eventuale azione legale che scendono a 336 se si toglie un 14% di infezioni nosocomiali», rimarca Maurizio Maggiorotti, presidente Amami. Importante perché sofferto il dato sulle invalidità, che totalizzano il 9,9% delle segnalazioni, con un aumento dell'I,7^ rispetto allo scorso anno: oltre il 40% dei malati - spesso oncologici - incontra difficoltà nell'ottenere il riconoscimento della propria condizione e dei propri diritti, in buona compagnia con pazienti cronico-degenerativi, anziani, disabili e malati rari. In deciso aumento anche le segnalazioni sulle liste d'attesa (6,7 % +1,2 rispetto allo scorso anno), individuate come fronte di criticità nel 74% delle Regioni, specie al Sud soprattutto su diagnostica (51% di segnalazioni), specialistica (23%) e interventi chirurgici (20%): le attese - spiegano i cittadini - sono incompatibili con i tempi di cura; le liste sono meno che mai "trasparenti"; il ricorso al canale privato/intramoenia è fin troppo frequente, per tempi troppo lunghi nel canale pubblico. Si aspetta fino a 720 giorni per un ecodoppler; fino a 420 giorni per una mammografia; fino a 150 per una colonscopia: davvero tropo anche per il meno ansioso dei pazienti (o per il meno aggressivo dei tumori). Purtroppo scontato anche il piazzamento al secondo posto della medicina territoriale che totalizza il 14,5% di segnalazioni: scarsa umanizzazione a parte, nei confronti dei Mmg si lamenta soprattutto la scarsa prontezza nel fornire informazioni (20,6%) e una certa tendenza a prescrivere con parsimonia sia esami diagnostici che farmaci (15%), «probabile effetto di controlli e limitazioni da parte delle Asl»; per la guardia medica si presume anche lamalpractice(31,3%). Dati ancora disastrasi per la riabilitazione (3,0%, -1.4% rispetto all'anno passato) carente soprattutto nel Sud Italia; per l'assistenza domiciliare (2,2% +0,5% sul 2007); per la salute mentale (2,4%, +0,2%); per la protesica, comunque in diminuzione (1,1%; -1,1 rispetto all'anno passato). In crescita, infine, le segnalazioni relative alle malattie rare (1,9%; +1% sul 2007) e alle cure all'estero (1,6%, +0,7%): per queste ultime l'ostacolo è soprattutto burocratico (24%). Sia all'andata che (per i più fortunati) al ritomo. Per una Sanità più differenziata (e iniqua?) che mai. Sara Todaro E i chirurghi vanno al contrattacco mg I I codice penale non tutela il lavoro dei chirurghi. Ogni volta che operiamo \ \ I andiamo incontro a una ipotesi di reato: si scaricano sul medico tutte le responsabilità di disservizi e carenze nonostante sia stata sottratta loro la capacità di gestire risorse umane e materiali, pertinenza esclusiva degli amministratori». La denuncia del presidente Sic (società italiana di chinirgia), Enrico De Antoni, è giunta in coincidenza con la presentazione del Rapporto Pit Salute 2009 che cita al primo posto tra i motivi di doglianza proprio malpratice e chinirgia, in occasione della presentazione del congresso di primavera della società scientifica che punta a recuperare la fiducia dei cittadini, risolvere i paradossi giurìdici che gravano sulla professione, e instaurare un dialogo più costruttivo con l'opinione pubblica. Nel mirino ancora una volta i dati emersi in una recente indagine della Sic: nel corso della propria vita professionale 8 medici su 10 riceveranno una richiesta di risarcimento e molti di loro incorreranno in un processo giudiziario accusati ingiustamente di "malpractice", i chirurghi passano 1/3 della propria carriera sotto processo, il costo delle assicurazioni personali per colpa professionale è salito negli ultimi anni del 300%, le compagnie assicurative arrivano oggi a incassare circa 500 milioni di euro per i premi in ambito sanitario, col risultato che il 78% dei medici ricorre alla medicina difensiva almeno una volta nella vita. Tra le richieste avanzate alle istituzioni, la polizza sanitaria obbligatoria a carico di tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private, per la responsabilità civile nei confronti degli assistiti, senza previsione di rivalsa nei confronti dei dipendenti (tema peraltro oggetto di un Ddl in materia all'esame della Igiene e Sanità del Senato) e, l'istituzione di unità di risk management in tutti i presidi. Il trend delle segnalazioni M m g 2008 (2007) 18,0% (/ 8,2%) 53,0% 26,0% 9,9% (8,2%) 40,0% 20,0% 6,7% (S,5%) SI,0% 23,0% 2,5% (3,0%) 25,0% 20,6% 0,6% (0,8%) 31,8% 27,0% 0,7% (0,7%) 31,3% 25,0% 3,0% (2,6%) 21,0% 15,0% 2,2% (1,7%) 61,0% 39,0% Segnalazione Presunta malpractice * interventi * diagnosi errate Invalidità • riconoscimento » rivedibilità Liste d'attesa * diagnostica • specialistica • poca fiducia, poco rispetto • poche informazioni Pediatri * poca fiducia, poco rispetto • scarsità di scelta Guardia medica • presunta malpractice * difficoltà reperimento Riabilitazione • scarsa umanizzazione • scarsa qualità Assistenza domiciliare • assistenza sanitaria • assistenza sociale raccolte dal Pit Salute Segnalazione Salute mentale • abbandono « difficoltà d'accesso Assistenza residenziale • comportamenti operatori • costi elevati Assistenza protesica • burocrazia • fornitura servizi Ricoveri • scarsa assistenza • scarse informazioni Dimissioni • sottovalutazione esigenze • scarse informazioni Farmaceutica • difficoltà accesso • distribuzione Malattie rare • diagnosi • cure Cure all'estero • burocrazia Intramoenia • abuso del canale « costi elevati 2008 (2007) 2,4% (2,2%) 24,8% 23,0% 2,0% (2,0%) 18,0% 17,0% 1,1% (2,2%) 32,0% 20,0% 2,4% (3,2%) 24,6,0% 14,5% 1,7% (2,0%) 26,9% 6,0% 3,9%3,2% (3,9%) 30,0% 14,0% 1,9% (1,8%) 20,0% 24,0% 1,6% (0,9%) 24,0% 1,0% (1,3%) 23,0% 20,0% ìriscopio sui disservizi regionali Ventuno Sanità diverse ormai le abbiamo. Ma sono ventuno anche le mappe del disagio? Non esattamente. Il focus sulle segnalazioni raccolte dalle ' 19 sedi regionali del Tdm dice che sul fronte dei disagi l'Italia della Sanità rischia di essere più unita che mai. Almeno a livello di "eventi sentinella", visto che le enumerazioni di Cittadinanzattiva non hanno la «pretesa di elevarsi a dati statistici». Dall'analisi emerge le liste d'attesa sono un cruccio in 14 Regioni; la malpractice in 9 (soprattutto del Nord). Mentre maleducazione e mala-burocrazia imperano in quasi il 50% dei casi. Ecco i dettagli. ABRUZZO. Il maggior numero di segnalazioni riguarda assistenza territoriale ( 16,6%), liste d'attesa ( 16%), carenza di informazione (13,2%). Al top, per la territoriale, le prestazioni domiciliari e la residenziale. BASILICATA. La classifica cambia poco: in cima ci sono le lamentele per le liste d'attesa ( 17%) da inquadrare nel più vasto problema dei rapporti con le amministrazioni. Ospedali al quarto posto ( 11,7% di segnalazioni). CALABRIA. Come nel resto del Sud il picco di segnalazioni riguarda le liste d'attesa (14,5%): seguono disservizi amministrativi e aspetti burocratici (3° e 5' posto), per una quotazione complessiva dei disservizi del 18,5 per cento. CAMPANIA. Ne! mirino soprattutto le pratiche di invalidità (16%), la malpractice (11%) e l'handicap (barriere architettoniche, 7%). Reclami plurimi anche sull'assistenza territorale (es. salute mentale e protesica) e sulla domiciliare, vittima dei ritardi di pagamento dei Comuni. EMILIA R O M A G N A Carenza d'informazioni (23%), cattivi comportamenti ( 13%) e disservizi vari (42,3%) i temi più segnalati. Seguono ospedaliera ( 11,7%) e territoriale (5%, con I' 1,7% riferito ai servizi di salute mentale). FRIULI VENEZIA GIULIA. Al top la malpractice (22%), seguono liste d'attesa (8%) e cattivi comportamenti (7%): l'assistenza territoriale (Mmg, riabilitativa, Rsa eco) assomma il 19,2% delle segnalazioni. LAZIO. Assistenza territoriale al primo posto (19,4% delle segnalazioni), seguita da malpractice, liste d'attesa e carenza di informazioni. In cima al malessere, l'assistenza domiciliare (4°), la residenziale (5') e la riabilitativa (6"). LIGURIA. La malpractice (22%) e le liste d'attesa (14%) sono i temi più sentiti. Terza assistenza ospedaliera (13,5%). Il problema dell'invalidità civile raggiunge invece il 9,4% di segnalazioni. LOMBARDIA. Malpractice al primo posto (19%; i dati si riferiscono all'anno dello scandalo del S. Rita), liste d'attesa al secondo (8 %), emergenza al terzo (7%). Lamentele gravi anche sul comportamento degli operatori (6,5%) e sulla mobilità sanitaria (3,6%). MARCHE. Prime le liste d'attesa (11%), seconda l'emergenza (9%), terza la malpractice (7%). Seguono a ruota i comportamenti "non adeguati" degli operatori, la carenza di informazioni, i disservizi amministrativi. MOLISE. Al primo posto in Molise spiccano le segnalazioni sulla Legge 210/92 (sangue infetto, 36%) e i problemi relativi all'invalidità ( 14%). Seguono segnalazioni su disservizi amministrativi (9,6%) e liste d'attesa (5,3%). PIEMONTE. Primi i presunti errori ( 17,5%), seconde le attese (8,5%). Al terzo posto - singolarmente - le segnalazioni sull'odontoiatria (7%), che fanno riferimento anche alle denunce sul costo elevato delle protesi. PUGLIA. Prime le liste d'attesa ( 11,9%), secondi ( 10%) i disservizi, terzi i cattivi comportamenti di amministrativi e operatori (6,5%). Al quarto posto i tagli ai servizi: dalla riduzione dei posti letto, alla farmaceutica. SARDEGNA. Troppi errori( 13%) e difficoltà a ottenere informazioni (9%) sono le problematiche più sentite. Grande anche il ricorso dei cittadini al privato e all'intramoenia (4,1 %), per aggirare le liste d'attesa. SICILIA. Che si tratti di ottenere una prestazione ( 15,3% di segnalazioni) o di sbloccare un'invalidità ( 15,3%), sono le attese interminabili a stressare i pazienti siciliani, in crisi anche su assistenza domiciliare (3,5%) e accesso ai farmaci. Lamentele anche su assistenza domiciliare (3,5%) e tagli (es. farmaci, presidi, posti letto). TOSCANA. Malpractice (25%) e maleducazione degli opeatori ( 12%) affliggono anche i cittadini toscani. Seguono le liste d'attesa (9%), la carenza di informazione (8,6%) e i disservizi amministrativi (6,3%). T R E N T I N O A L T O ADIGE. Presunti errori (18%) e cattivi comportamenti degli operatori sanitari ( 11,2%) sono i temi più segnalati, anche se complessivamente è la medicina territoriale a totalizzare il maggior numero di segnalazioni (24,1 %). Gettonatissime l'assistenza riabilitativa (4,8%) e i servizi per la salute mentale (4,3%). VENETO. Malpractice al vertice ( 18,1 %), seguita da liste d'attesa (7,6%), carenze di informazione (7,3%) e comportamenti scorretti degli operatori (6,8%). L'assistenza ospedaliera si assesta al 7,7 per cento. UMBRIA. Problemi cruciali: attese (17%), malpractice (15%) e tagli ai servizi (riduzione di posti letto, carenza di personale e difficoltà di accesso ai farmaci 8,5%) ________________________________________________________________ Corriere della Sera 10 mag. ’09 PRIMARI IN PENSIONE LE SCELTE DIFFICILI Sanità, le scelte difficili L' articolo di Simona Ravizza «Rottamazione dei primari» solleva un problema di cui si discute da anni senza mai arrivarne a capo. Quando devono andare in pensione i primari degli ospedali e i professori dell' università? A 67, a 70 anni? In Lombardia ci sono ospedali fra i migliori del Paese ma dentro c' è di tutto, primari bravi e bravissimi, e altri che a 60 anni non hanno più la voglia di fare che avevano una volta. E nemmeno le conoscenze che servono. E c' è chi ha più interesse per la sua professione privata che per i malati dell' ospedale. Medici così dovrebbero capire da soli che è il momento di farsi da parte per lasciare posto ai giovani. Perché negli ospedali solo il 4 per cento dei medici ha meno di 35 anni, in Canada, per fare un esempio, è il 30 per cento. E se si guardano i numeri dell' università è anche peggio. Da noi ragazzi pieni di entusiasmo con la voglia di dedicarsi a tempo pieno agli ammalati dell' ospedale, dopo anni di studio e di sacrifici non trovano lavoro. Ma senza giovani per ospedali e università non c' è futuro. Presto robot e computer sostituiranno tanti degli atti medici di oggi e nessuno potrà fare il dottore senza conoscere alla perfezione i segreti del Dna. Ma al tempo stesso si dovranno fare i conti con la straordinaria mole di conoscenze che la medicina ha accumulato negli ultimi vent' anni. Per mettere insieme cose così diverse servono giovani preparati e insegnanti di valore che abbiano grande esperienza e non c' entra l' età. Ci sono oggi a Milano medici che hanno fatto un pò di storia della medicina per aver capito le cause di certe malattie e trovato i rimedi. Ma per poter continuare a lavorare, questi medici e questi professori devono prendersi un avvocato, fare ricorso e sperare che il tribunale gli dia ragione. Peccato, perché dovremmo andare tutti fieri di questi medici, che non sono nemmeno molti. Dovrebbero essere i direttori degli ospedali e i rettori che chiedono loro di rimanere. Ma bisogna avere il coraggio di dire «tu sì e tu no» e farlo con criteri obiettivi. C' è un chirurgo nel mio ospedale capace di fare interventi che nessuno fa così bene, in Italia e forse in Europa. Opera bambini piccolissimi. Ha ancora tanto da insegnare a tanti chirurghi. Dobbiamo chiedere loro di farsi da parte? Giuseppe Remuzzi __________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’09 IL SESSO DEL SUONO Ci vogliono gli estrogeni per elaborare le informazioni uditive. Lo hanno scoperto i ricercatori dell'Università di Rochester, che hanno pubblicato sul Journalof Neuroscience» i risultati ottenuti sugli uccelli canori modificando la concentrazione ormonale e registrando quanto accade in singole zone cerebrali. In particolare, hanno visto che il livello di estrogeni aumenta nelle aree che decodificano i suoni e che se si bloccano gli ormoni o se si impedisce la loro produzione in quelle stesse zone, la sensibilità uditiva diminuisce notevolmente; inoltre, hanno dimostrato che t'azione degli estrogeni si esplica nell'arco di pochi millisecondi e non, come accade in altre parti del corpo, di giorni o settimane, e che essa comporta l'attivazione di geni specifici che innescano l'immagazzinamento nella memoria del suono ascoltato. I dati confermano molte osservazioni degli anni scorsi che avevano posto in evidenza il nesso tra calo di ormoni, per esempio, da menopausa e l'emergere di deficit uditivi. _____________________________________________________________ l’Unità 11 mag. ’09 CANCRO ALLA PROSTATA: I RICERCATORI BOCCIANO LO SCREENING Sul «New England Journal of Medicine» i risultati di due studi effettuati in Europa e negli Usa. Il rebus della «sentinella» della proteina Pse e l'eccesso di trattamenti. «Nemmeno l'ecografia é esauriente». CRISTIANA PULCENELLI ROMA L'Associazione europea di urologia il mese scorso ha detto ufficialmente che «i dati finora pubblicati non sono sufficienti per raccomandare l'adozione dello screening di massa per il cancro alla prostata da parte della sanità pubblica». In sostanza, é meglio non offrire alla popolazione maschile il test che può indicare la presenza di cancro alla prostata, così come avviene invece con la mammografia per le donne oltre i 50 anni. La decisione è stata presa sulla base di due recenti studi pubblicati sul New England Journal of Medicine. Il primo è uno studio condotto in Europa su 182.000 uomini seguiti per 9 anni, il secondo è uno studio condotto negli Usa su 77.000 uomini seguiti per 10 anni. I ricercatori hanno visto che fare lo screening ha un effetto molto ridotto (nel caso dello studio europeo) o addirittura nullo (nel caso dello studio americano) sulla mortalità per questo tipo di cancro. D'altra parte, lo screening può avere effetti collaterali. In particolare può portare a molti falsi casi di cancro al la prostata che vengono trattati come se fossero veri casi di malattia. TEST E DISTURBI Lo screening per questo cancro si basa soprattutto su un esame del sangue che cerca una proteina, chiamata Psa (prostate specific antigen). Il livello di questa proteina è elevato nel caso di cancro alla prostata, ma si può alzare anche per altri motivi. Dunque, solo una biopsia successiva ci può dire se effettivamente si tratta di tumore maligno. I favorevoli al test dicono che permette di scoprire il tumore quando è all'inizio e può essere trattato in modo più efficace. I contrari dicono che questo tumore ha normalmente una crescita molto lenta, perciò quando si identifica un tumore molto piccolo non si può sapere se arriverà mai a dare disturbi al paziente. La conseguenza è che il trattamento diventa inutile in molti casi. Trattare questo tumore con radiazioni, ormoni o chirurgicamente ha effetti collaterali pesanti come impotenza, incontinenza, infezioni, diarrea, problemi nel defecare. C'è chi afferma che oltre al test Psa si possa fare l'ecografia prostatica trans rettale per diagnosticare la malattia. Così si legge ad esempio nel sito www.prevenzionetumoreprostata.it. Tuttavia, l'efficacia di questo esame per la diagnosi precoce è fortemente in discussione. «L'uso della ecografia prostatica è abbandonato - spiega Stefano Canitano, radiologo all'Istituto Tumori Regina Elena di Roma - ed infatti non è presente in nessuna delle linee guida per la diagnostica. L'ecografia é utile solo come guida alla biopsia, che comunque, in caso di sospetto davvero fondato, non può essere limitata alla eventuale nodularità ma essere estesa a campione su tutta la ghiandola. Infatti questa ecografia, chiamata TRUS, é gravata da oltre i145% di falsi negativi (ovvero cancri che non si vedono) e circa altrettanti falsi positivi (noduli che non sono cancri). Usarla per decidere se mandare un paziente a fare la biopsia produce una grande quantità di biopsie inappropriate». IL LINK PER SAPERNE DI PIÙ www.oncocare.it ________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 11 mag. ’09 SCOPERTI UNDICI NUOVI GENI CAUSA DELLA PRESSIONE ALTA Alla ricerca internazionale ha collaborato il Cnr di Cagliari ROMA. Tracciata la mappa genetica della pressione alta: sono stati scoperti nuovi geni legati alla regolazione della pressione del sangue grazie a un vastissimo studio internazionale che ha coinvolto anche ricercatori italiani. La ricerca, pubblicata in due articoli sulla rivista Nature Genetics, ha identificato 11 geni, presenti in otto regioni del genoma umano, le cui mutazioni sono collegate alla pressione alta. Lo studio è stato condotto dal consorzio Global blood pressure genetics (Global BPgen) che include 159 ricercatori di 93 centri negli Stati Uniti e in Europa, e dal consorzio Charge. Per l’Italia hanno partecipato le università di Torino e Federico II di Napoli, l’Istituto di Neurogenetica e neurofarmacologia del Cnr di Cagliari, l’Istituto Nazionale Ricovero e Cura per Anziani (Inrca) di Roma. Lo studio ha coinvolto in tutto 130.000 persone ipertese, delle quali è stato analizzato il genoma. Si è scoperto in questo modo che sei delle otto regioni del Dna nelle quali si sono scoperte mutazioni legate all’ipertensione erano finora sconosciute, ovvero non collegate in alcun modo ai meccanismi di regolazione della pressione sanguigna. Si apre in questo modo la strada alla ricerca di nuovi meccanismi responsabili della malattia e di nuovi bersagli farmacologici. L’ipertensione, che in Italia colpisce oltre 15 milioni di persone (circa il 30% della popolazione) e causa 240.000 morti ogni anno, pari al 40% di tutte le cause di decesso, è uno dei principali fattori di rischio per infarto e ictus e ogni anno causa nel mondo sette milioni di morti. Finora erano noti alcuni geni legati all’ipertensione comune, in studi su piccoli campioni di individui. Le nuove ricerche hanno invece coinvolto migliaia di persone ed hanno permesso di scoprire molti geni collegati alla pressione alta. Tra questi: Atp2B1, che produce una proteina di membrana per il trasporto dello ione calcio; Cacnb2, un’altra proteina per il canale del calcio; Cyp17A1, un enzima necessario alla produzione di steroli. Le mutazioni a carico di questi e altri geni trovati nello studio insieme sono capaci di aumentare in modo rilevante il rischio individuale di soffrire di pressione alta. ______________________________________________________________ CORRIERE DELLA SERA 17 mag. ’09 PIÙ TEMPO PER LIMITARE I DANNI DELL'ICTUS Molecola antinfiammatoria nuova speranza nelle emergenze cerebrovascolari Anche nell'ictus, come nelle malattie del cuore, l'infiammazione dei tessuti fa la sua parte di danno: curandola con un prodotto specifico, già in commercio, si potrebbero ridurre le conseguenze provocate dalla brusca interruzione nell'apporto di sangue. Lo suggerisce uno studio, per ora condotto solo su modelli animali, appena pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Neurology e condotto all'Istituto Mario Negri di Milano. «Non si tratta di un qualunque antinfiammatorio, - precisa Maria Grazia De Simoni, che ha coordinato il gruppo di ricercatori, in collaborazione con gli olandesi di Pharming Technologies - ma di una sostanza, chiamata inibitore del Ci, che blocca un passaggio particolare della cascata di eventi che si verifica durante l'infiammazione». La molecola, creata in laboratorio sulla falsariga di una analoga che normalmente viene prodotta dall'organismo, è già utilizzata per curare i portatori di una malattia detta angioedema, dovuta proprio alla carenza congenita o acquisita di questo mediatore. I vantaggi rispetto alle cure attuali potrebbero essere notevoli. Oggi solo il 7 per cento di coloro che vanno incontro a un grave fatto ischemico cerebrale riceve una cura efficace: l'unica terapia disponibile, infatti, punta a sciogliere il trombo che ha bloccato il flusso di sangue con un prodotto, l'attivatore tessutale del plasminogeno (tPA), che è gravato da pesanti effetti collaterali; inoltre, il trattamento è efficace solo se viene effettuato nelle primissime ore dall'esordio dei sintomi. «Anche nei topi l'intervallo in cui questo medicinale funziona è molto breve. Invece, la sostanza oggetto del nostro studio, - spiega De Simoni - che agisce con un meccanismo del tutto diverso, si è dimostrata efficace anche 18 ore dopo: Abbiamo quindi ragione di sperare che un'analoga, se non proprio uguale, differenza tra i due tipi dì cura si possa risconterare anche nell’uomo». Per sapere quanto tempo in più potrebbe lasciare ai soccorritori la nuova terapia, ma anche per capire se produce risultati migliori di quella esistente, occorrerà dunque aspettare gli studi sugli esseri umani. R. V. Indagini Esami neurologici in ospedale per un caso di ictus Negli animali di laboratorio la sostanza si è dimostrata efficace anche 18 ore dopo l'episodio di ictus ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 LINEE GUIDA PER LA TALASSEMIA Le proposte della Società italiana Site in occasione della giornata mondiale della patologia Obiettivo primario è anche un censimento dei centri di cura esistenti Ogni anno nascono 330mila malati Nuovi scenari con le migrazioni La talassemia (o anemia mediterranea o morbo di Cooley) è una malattia ereditaria che si caratterizza per l'incapacità dei globuli rossi a sintetizzare l'emoglobina, cioè la proteina che ha il compito di trasportare l'ossigeno in tutto il corpo ed eliminare l'anidride carbonica. La forma più severa della talassemia, detta major, si manifesta quando sono colpiti da mutazione entrambi i geni, uno ereditato dalla madre e l'altro dal padre e si presenta a partire dal quarto-sesto mese di vita con una serie di sintomi tra cui una progressiva anemia, subittero, l'aumento del volume della milza e del fegato causato dall'eccessivo lavoro di distruzione dei globuli rossi alterati e modificazioni della struttura scheletrica specie delle ossa del capo e del viso. L'origine della talassemia risale alla notte dei tempi e, come suggerisce il nome, colpisce le popolazioni a contatto con l'acqua, il mare (dal greco "thalassa", appunto). Ha infatti un'alta prevalenza nel bacino del Mediterraneo (Italia, Grecia, Turchia, Cipro) e nel Sud-est asiatico (India, Vietnam e Cambogia). Nel nostro Paese è malattia endemica: si contano 7.000 malati distribuiti su tutto il territorio nazionale in particolare in Sicilia, Sardegna, le Regioni meridionali e il Delta del Po e 3.500.000 portatori sani. Nel mondo ogni anno nascono 330.000 bambini affetti da sindromi talassemiche: di questi il 17% è affetto proprio da talassemia, il rimanente da Anemia falciforme. La prima descrizione risale al 1925 quando due pediatri statunitensi, Thomas Cooley e Pearl Lee, descrissero all'American Pediatrie Society il caso di cinque bambini a cui era stata diagnosticata una pseudo-leucemia, con ingrossamento della milza e del fegato, colorazione giallastra e presenza nel sangue di globuli bianchi e rossi immaturi. I due pediatri avevano però notato altri elementi clinici di particolare rilevanza come l'allargamento delle ossa del cranio e del volto, lo scolorimento della pelle e vistosi cambiamenti nelle ossa lunghe. Esaminando diversi casi, Cooley si rese conto che i pazienti avevano quasi sempre un'origine mediterranea e che la malattia presentava una forte familiarità, cioè si trasmetteva dai genitori ai figli. Da allora lunghe ricerche e grandi sforzi sono stati fatti per capire il meccanismo della malattìa e identificare le cure più appropriate, anche se solo negli anni '80 la sopravvivenza dei pazienti e la loro qualità di vita si sono profondamente trasformate. Mentre infatti fino a 20 anni fa la malattia non dava scampo, nel senso che chi ne era affetto moriva nei primi anni di vita, oggi il paziente talassemico riesce a raggiungere la quinta decade di vita e a condurre una vita pressoché normale. Tenere sotto controllo i sintomi della malattia con trasfusioni sistematiche, utilizzare terapie ferrochelanti che permettono di eliminare gli effetti tossici dell'accumulo di ferro legato alle trasfusioni a carico degli organi vitali, la possibilità di effettuare un trapianto di midollo osseo sono stati passi importantissimi e fondamentali. Tuttavia, molte cose restano ancora da fare sia in termini clinici che di assistenza in senso generale. Primo fra tutti è il problema della diagnosi precoce delle cardiopatie dovute ad accumulo di ferro che costituiscono la principale causa di morte (50% dei casi). Per fare ciò è necessario che le strutture ospedaliere che curano i malati di talassemia siano dotate di una risonanza magnetica particolare (MRI-T2*) cui sottoporre il paziente almeno una volta l'anno. La ridotta disponibilità di questo strumento diagnostico, che dal 2000 ha assunto un'importanza fondamentale per la personalizzazione della ferrochelazione, è un ostacolo che impedisce al momento di creare ancora delle condizioni ottimali di cura. Questo va a ledere in un certo senso anche alcuni traguardi già raggiunti come, per esempio, la cosiddetta "tailored therapy", la terapia su misura, che oggi è possibile mettere in atto grazie alla più vasta scelta di farmaci ferrochelanti che abbiamo a disposizione, ma che può essere applicata solo sulla base di tecniche di misurazione dei livelli di ferro il più precise possibili. In senso più generale, è necessario inoltre fare un'altra considerazione. FI paziente talassemico oggi viene, normalmente seguito da diversi specialisti: ematologi, pediatri, trasfusionisti ecc. La diversa formazione di questi operatori sanitari può generare una diversità nelle modalità di approccio al paziente con differenti esiti in termini di cura e talvolta una disparità qualitativa in termini assistenziali. E proprio, dunque, partendo da queste vantazioni che la Site si sta muovendo per colmare le lacune al fine di creare un contesto di più alta qualità dove la disponibilità di tecnologie, di terapie ma anche e soprattutto di una rete assistenziale solida e omogenea sia veramente correlata alle esigenze concrete dei malati. La stesura di Linee guida sulla ferrochelazione nonché il censimento dei centri di cura su tutto il territorio nazionale costituiscono al momento quindi gli obiettivi primari della nostra Società che intende, attraverso il contributo dei maggiori esperti del settore, identificare azioni efficaci dal punto di vista terapeutico ma anche formativo per preparale professionisti sempre più specializzati. Si tratta in effetti di consolidare e migliorare le conoscenze scientifiche e organizzative finora raggiunte e creare un sistema sanitario maturo che tenga conto delle esigenze dei pazienti in un'ottica di valutazione delle risorse e, là dove possibile, anche dei costi. Questo in visione di uno scenario che si sta evolvendo per effetto delle migrazioni di popolazioni a rischio in Italia. I nostri reparti stanno infatti accogliendo bambini stranieri affetti da sindromi talassemiche che potrebbero trasformare la malattia in un'emergenza sanitaria, come si sta già verificando nel Nord Europa e in alcune regioni italiane come la Lombardia, l'Emilia Romagna e il Lazio, e che ci deve mettere in allarme a fronte di una patologia con ripercussioni notevoli in termini di salute e sociali. Paolo Clanciulli Presidente Società italiana talassemie ed emoglobinopatie (Site) ________________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’09 I «DOLORI» DELLA MEDICINA ESTETICA TRA COMPLICANZE ED EFFETTI COLLATERALI: ecco le proposte degli esperti Non solo liposuzione: anche peeling, laser e trattamenti dermocosmetici possono essere rischiosi La formazione dei professionisti è cruciale per prevenire errori e contenziosi PIER ANTONIO BACCI Le sessioni dedicate alla gestione del rischio in estetica e alla prevenzione del tromboembolismo prevedevano un'attuazione pratica delle conclusioni. Le due sessioni parallele hanno sottolineato l'importanza della diagnostica dinico- strumentale associata sempre allo studio dei parametri più importanti della cascata emocoagulativa. La liposuzione è uno degli interventi più richiesti in estetica ma la complicazione trombo embolica, gassosa o ematica, ne costituisce un serio pericolo, così come nell'addominoplastica, nella chirurgia venosa e ortopedica. Teresa Lucia Aloi e Massimo Pisacreta hanno sottolineato il ruolo della fisiopatologia; Vincenzo Gasbarro di Ferrara e Marcello Izzo hanno ricordato l'importanza preventiva della compressione nell'evoluzione del linfedema; Lucia Ricci, primario diabetologo dell'AsI 8, e Stefano Mancini, della scuola chirurgica senese, ne hanno dimostrato le possibilità sia nel piede diabetico che nel trattamento delle ulcere venose. Matteo Bucalossi e Fabrizio Mariani hanno presentato i risultati della "Compression Conference" organizzata dal Ctg (Compression therapy group) con le linee guida per una corretta terapia compressiva. Nelle conclusioni Guido Bellandi, primario chirurgo vascolare dell'AsI 8, ha sottolineato la sinergia fra terapia farmacologia e compressiva, non solo per un equilibrio emodinamico e trofico dei tessuti, ma anche come prevenzione di complicazioni. È stata quindi presentata una proposta affinchè le calze elastiche compressive e curative, che costituiscono un presidio assolutamente necessario per tutta la vita, possano essere offerte nel mercato con un abbattimento dell'Iva al 4% come avviene in altri Stati europei, al fine di favorire quei pazienti affetti da una vera e propria invalidità. Tale richiesta sociale in un congresso medico ha omaggiato lo scopo stesso dell'evento, tutto finalizzato alla gestione del rischio e delle complicazioni in un orizzonte di giustizia e solidarietà. La sessione sull'estetica ha preso in esame le frequenti complicazioni di trattamenti medici, chirurgici e dermoestetici presentati da Pier Antonio Bacci in un filmato organizzato dal Frac (Forum risk and complications group) che vede la partecipazione di vari Paesi su problemi reali che spesso sono sottovalutati. Sotto la presidenza di Torello Lotti, direttore della scuola dermatologica fiorentina, sono state mostrate complicazioni di peeling, laser e trattamenti dermocosmetici con Ilaria Ghersetich, Piero Campolmi, Simonetta Giorgini e Silvia Betti, mentre Giuseppe Izzo si è soffermato sulle tecniche di infiltrazione di fìllers, Emanuele Bartoletti ha ricordato tecniche e rischi della tossina botulinica mentre il dermatologo Laurenza ha mostrato una incredibile casistica di danni da laser. Maurizio Ceccarelli di Roma e Alberto Massirone di Milano hanno sottolineato l'importanza della formazione come momento di prevenzione delle complicazioni, mentre Pier Antonio Bacci ha ricordato il fatto che in medicina e chirurgia estetica non esiste una specialità per cui sono la dermatologia, cardiologia, chirurgia e chirurgia plastica che dovrebbero creare perfezionamenti nelle varie metodologie. Con la collaborazione della Confartigianato di Firenze e Arezzo è stata dimostrata la possibilità di valorizzazione anche di operatori non medici dell'estetica, come tatuatori ed estetiste, per mezzo di corsi organizzati a un livello didattico superiore per costituire un corpo ben preparato anche se non facente parte del settore sanitario. Sotto la direzione del giudice di Cassazione Francesco Bonito, dell'avvocato aretino Chiara Fabbroni e del dirigente dell'azienda ospedaliera viareggina Giancarlo Sassoli si è tenuta la presentazione dello stato dell'arte legale relativo a problemi di risarcimento e di danno, dove non sempre il consenso informato può essere ritenuto esaustivo nel momento informativo, pur se può essere inteso anche come prevenzione del rischio, come ha sottolineato Giancarlo Nepi della Gutenberg. A evidenziare come non tutti i trattamenti dermocosmetici siano esenti da effetti collaterali è stato preso in considerazione l'aumento di richieste di risarcimento anche per estetiste. Il gruppo operativo nazionale della Theseusmed, con gli avvocati Lerro di Roma e Tramacere di Milano, hanno sottolineato sia l'obbligo d'informazione che l'uso responsabile dei dispositivi medici, mentre l'avvocato Impieri di Roma, presidente dell'Animec, ha proposto la sostituzione del consenso informato con un vero e proprio contratto fra medico e paziente che stabilisca una parità e che preveda un momento formativo preventivo sia per il medico che per il paziente, con l'istituzione di un "bollino blu" per medici e pazienti, dato da un board superiore, riconosciuto e non legato alle varie società scientifiche, che stabilisca livelli di professionalità e preparazione, e un "bollino verde" di mantenimento annuale. Sta proprio in questo aggiornamento della formazione il vero processo evolutivo sia nella gestione del rischio e delle complicazioni che nella eventuale fase giudiziale, una fase che, come ha sottolineato Pasquale Macrì, medico legale dell'Università di Siena, spesso esce da qualunque schema di buon senso nel rapporto interpersonale. Dov Klein di Tei Aviv e Victor Garcia dell'Università di Barcellona hanno evidenziato il fatto che la reazione granulomatosa tessutale conseguente all'infiltrazione di sostanze biorivitalizzanti o riempitive, possa essere quasi sovrapponile sia per le sostanze riassorbibili che per quelle non riassorbibili, aprendo così un importante tavolo di discussione sull'utilità e sulla pericolosità di tali sostanze, sia a fini clinici che legali, con necessità di tracciabilità e monitorizzazione, come già proposto nel documento consegnato all'allora ministro Livia Turco e al direttore dell'Iss senatrice Monica Bettoni nell'ambito del Forum Risk 2007 da Bacci e da Impieri. Riassumendo i dati emersi nello svolgimento delle sessioni Pier Antonio Bacci, coordinatore delle sessioni, ha proposto al ministero competente un documento finale con alcune proposte operative: a ) Eiminazione del consenso informato e suo sostituzione con arbitrato o conciliazione, come da proposta già presentata al ministro Turco nell'ambito del Forum Risk di Arezzo del 2007; b ) Creazione di un album delle complicazioni da proporre a un gruppo superiore di studio per favorire la loro prevenzione; e) Corso di alta formazione sulle metodologie a fini estetici per medici usando la tecnica di simulazione; d) Costituzione di un board di studio per patologie estetiche che sia al di sopra delle società scientifiche, questo per l'impossibilità di avere una specializzazione mirata di medicina e chirurgia estetica, richiedendo così la supervisione della dermatologia e della cardioangiologia (per la medicina estetica) e della chirurgia generale e della chirurgia plastica (per la Chirurgia estetica); e) Proposta di revisione delle specialità medicochirurgiche in Italia, per adeguare i processi formativi al resto del o mondo e innalzare la professionalità < degli operatori con formazione di due sole aree di prima specialità postlaurea, medica e chirurgica con: - tre anni per specialista in cllnica medica generale e tre anni per specialista in chirurgia generale (con parte pratica da farsi obbligatoriamente negli ospedali periferici); - ulteriori tre anni per le varie branche mediche o chirurgiche settoriali; - corsi di aggiornamento sulle varie metodologie con conseguente autorizzazione a eseguire quella tale metodica, quindi eliminazione dei soggetti "tutto fare" e creazione di specialisti settoriali di alto livello autorizzati su specifiche metodiche. f) Proposta di revisione déle certificazioni medico legali in modo da obbligare il redattore di qualunque certificato a inviare o comunicare al collega che ha effettuato l'intervento una copia del certificato stesso, tutto ciò al fine di evitare ricatti o lobbies professionali; g) Depenalizzazione della colpa medica, a parte casi selezionati, con definizione arbitrale di ogni contenzioso in sei mesi; h ) Organizzazione di un registro delle denunce o delle segnalazioni, in m o d o da organizzare una tracciabilità dei comportamenti dei medici e dei pazienti; i) Promozione di un "bollino blu" per medici dato da un board superiore e non legato a interessi societarì per quegli operatori con trasparente formazione, con trasparente attività professionale, con tracciabilità dei presidi sanitari usati e della cartella cllnica e di un "bollino verde" annuale di controllo, come da proposta già presentata al ministro Turco nell'ambito del Forum Risk di Arezzo del 2007; j ) Organizzazione di un registro per la tracciabilità dei presidi utilizzati a fini estetici, come fillers o protesi; k) Corsi di alta formazione per estetiste (eseguiti con simulazione) con passaggio delle stesse al comparto parasanitario. •