RASSEGNA 24 MAGGIO 2009 DEL ZOMPO VINCE LA PRIMA MANCHE - ATENEI NON STATALI FACILITATI - GELMINI SERIAL KILLER DEI RICERCATORI QUARANTENNI - NEI CONCORSI IL REBUS DELLA LAUREA - PRONTA LA MAPPA DI ORIENTAMENTO TRA LE EQUIVALENZE - SE IL «MITILE» RIPOSA NELL'ALTARE DELLA PATRIA - «CERVELLI» STRANIERI, L’87% FUGGE DALL'ITALIA - SE L' ITALIA IMPORTA MENO LAUREATI DELLA TURCHIA - ALLA REGIONE ASSUNTI AMICI DEI POLITICI - EUROPARLAMENTO: POTERE SILENZIOSO - TAGLIATO UN CORSO DI LAUREA SU CINQUE - ADDIO ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE - IL LAVORO? PIÙ FACILE SE LAUREATI IN INGEGNERIA - IO disoccupato, RICERCATORE DA UN MILIARDO DI DOLLARI - UNA POLIZZA «100 E LODE» PER GLI STUDENTI MODELLO - DNA DEI NURAGICI, PARTE L’AVVENTURA - PERSONE CONNESSE - LO STRAORDINARIO SI PAGA SOLO SE È AUTORIZZATO - ======================================================= OBAMA: L'ABORTO, CRISTO E LA NOSTRA COSCIENZA - CONFRONTO LIORI-OPPI SUL PIANO PER LA SANITÀ - LA CARICA DELLE LEGGI TRAVOLGE I MEDICI - CINQUE ANNI DI CARCERE PER I CERTIFICATI MEDICI FALSI - FRANCIA: PAGELLE ON LINE A TUTTE LE CORSIE - UN WELFARE DELLE OPPORTUNITÀ CHE ANTICIPI I BISOGNI - WELFARE CHE COSA CAMBIERÀ PER I CITTADINI - ICT: CHI DECIDE E CHI GESTISCE NELLE AZIENDE DEL SSN - MEDICINE, LO SCANDALO DEL «PRENDI I SOLDI E SCAPPA - IL NUOVO MERCATO DEI FARMACI CONTRAFFATTI - CARCASSI: LA "MACCHINA" DEI TRAPIANTI - LA SAPIENZA RICORDA LE RICERCHE DI ERSPAMER SCOPRITORE DELLA SEROTONINA - II TRAPIANTO DI CORNEA È PIÙ SICURO - ALLARME MALATTIE RENALI: IN DIECI ANNNI AUMENTATI I PAZIENTI - «ALLARME ECCESSIVO SULL' INFLUENZA A» - IL FRATE AGOSTINO GEMELLI DALL' ATEISMO ALLA FEDE - ======================================================= ____________________________________________________ L’Unione Sarda 22 mag. ’09 DEL ZOMPO VINCE LA PRIMA MANCHE È in testa con 349 voti: seguono Faa (341) e Melis (266) È il primo turno della competizione per il rettorato. Il prossimo appuntamento è fissato per il 4 giugno. Eventuale ballottaggio l’11 Università. I risultati provvisori delle elezioni per scegliere il rettore del dopo Mistretta L’Università vota donna. Maria Del Zompo è il candidato-rettore più votato dell’Ateneo di Cagliari: con 349 consensi, la farmacologa che dirige il dipartimento di Neuroscienze conquista il 27,33 per cento dei votanti, fin dal primo turno della competizione elettorale. È il risultato delle votazioni di ieri che hanno visto un’altissima affluenza nei quattro seggi universitari: alle urne 1318 elettori, l’87,28 per cento degli aventi diritto. LA CLASSIFICA Subito dopo la Del Zompo, otto voti più giù, l’altro candidato di Medicina, l’anatomopatologo Gavino Faa che rastrella 341 preferenze (il 26,7 per cento). Il terzo posto è per lo sfidante del polo economico- giuridico: Giovanni Melis, con i suoi 266 voti (il 20,83 per cento), è il primo a piazzarsi fra i tre candidati schierati dal polo. Il penultimo posto è per l’ex preside di Scienze politiche Raffaele Paci che incassa 240 voti (il 18,79%); in fondo alla classifica l’economista Antonio Sassu con 81 preferenze, il 6,34 per cento. TURNI ELETTORALI Al di là della performance di ciascun candidato, nessuno - com’era prevedibile - ottiene la maggioranza assoluta dei voti, necessaria per vincere: quei 660 consensi richiesti dal regolamento (su 1318 votanti) per conquistare subito la poltrona di Magnifico, sono un traguardo irraggiungibile, almeno al primo turno. Così è scontato il prossimo appuntamento: si ritorna a votare il 4 giugno, sicuramente con un numero inferiore di candidati. Anche se per legge nessuno dei 5 è teoricamente escluso, è probabile che qualcuno si ritiri dalla competizione, in vista della presentazione di un’unica candidatura per il secondo turno. A questo punto un ruolo fondamentale lo giocherà il polo economico-giuridico che dovrà cercare di mettere d’accordo il suo bacino elettorale per far convogliare i voti su un unico nome, in modo da lasciare in gioco almeno un suo candidato in una sfida a tre con gli avversari di Medicina. Con tutta probabilità (anche al secondo turno occorre la maggioranza qualificata dei votanti), la partita decisiva si giocherà nel ballottaggio, l’11 giugno: l’auspicio di molti è quello di vedere in campo alla fine i rappresentanti di ambedue gli schieramenti, un candidato di Medicina contro quello del polo economico- giuridico. LA VOTAZIONE I risultati della votazione sono stati diffusi in tempo reale non appena sono pervenuti dai seggi. Un’ora dopo lo spoglio, iniziato alle 19 con la chiusura delle urne, i dati sono comparsi sul web, grazie alla velocità e all’impegno dell’ufficio stampa e della direzione Affari generali dell’Università. Questa mattina i dati, ancora provvisori, passeranno al vaglio della commissione elettorale che li renderà ufficiali. STRATEGIE Naturalmente è tutto da vedere. La fase che sta per iniziare è importante per costruire nuove alleanze, anche trasversali tra le varie facoltà. Nessuno per ora si sbilancia ma è facilmente intuibile che la sconfitta di Sassu porti al suo ritiro e dunque al dirottamento dei suoi voti a sostegno di uno dei 3 sfidanti in corsa. Ma a lasciare i panni del candidato potrebbe essere anche Paci che considera i suoi 240 voti «un risultato inferiore rispetto a quello atteso: ne prendo atto e nei prossimi giorni comunicherò le mie decisioni». Melis invita al confronto: «Dobbiamo cercare di presentarci con un’unica candidatura». Felice la vincitrice di questo primo turno, votata soprattutto nei seggi della Cittadella universitaria e di Ingegneria: «Sono contenta - dice la Del Zompo - ma mi sento all’inizio di un’impresa». E Faa aggiunge: «La vera campagna elettorale inizia domani». CARLA RAGGIO _______________________________________________________ ItaliaOggi 19 mag. ’09 ATENEI NON STATALI FACILITATI Per altri cinque anni un regime ancora più flessibile DI BENEDEl’l’A P PACF3,LI Strada in discesa per gli atenei non statali. Mentre le università pubbliche passano attraverso le forche caudine di decreti e interventi legislativi le università, e private e telematiche, hanno vita più semplice. Questo non significa, però, che, numeri alla mano, questi atenei potranno dormire per sempre sonni tranquilli. Ma almeno per il momento sì. A stabilirlo una nota d'indirizzo a firma del ministro dell'istruzione e dell'università, Mariastella Gelnvni, che stabilisce i requisiti necessari per queste università e che ItaliaOggi è in grado di anticipare. La norma. A dare una stretta agli atenei privati e telematici ci aveva già pensato l'ex-ministro dell'università, Fabio Mussi, che, riprendendo a sua volta un provvedimento del predecessore Letizia Moratti, aveva stabilito (decreto 54912007) che ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti minimi, «non oltre fanno accademico 201012011, per le università non statali si può tener conto dell'impegno didattico di docenti di ruolo incardinati in altre università nel numero massimo di tre per corso di studio». II che vuol dire che, ancora per un paio d'anni, per ogni corso di laurea si sarebbe potuto ricorre a soli tre insegnati esterni. Ma la Gelmini va ancora oltre e stabilisce che questo termine può essere posticipato di almeno due anni, fino all'anno accademico 2013-2014. E non solo, perché lo stesso dm 544 prevedeva determinati «piani di raggiungimento» dei requisiti necessari per i quali le università non statali già godevano di un regime particolare per i tempi di adeguamento. Tempi che, secondo quanto si legge nella nota, sono ulteriormente prorogati di un anno. Le criticità. Tutto questo non vuol dire però che anche per questi atenei non restino validi i requisiti per la docenza. E anche se ai finì del computo del numero dei docenti minimi necessari si potrà fare riferimento anche «al personale docente non di ruolo, o di ruolo in altro ateneo», i limiti devono essere comunque rispettati. E gli atenei telematici chissà se potranno ancora dormire sonni così tranquilli. Non è un segreto per nessuno, infatti, che molti dei docenti delle private sono già in ruolo nell'accademica pubblica. Lo fanno sulla base di specifiche convenzioni permettendo a quegli atenei di inserire nella propria offerta formativa corsi e nomi di prima scelta e garantendo soprattutto la possibilità di soddisfare quei requisiti che altrimenti impedirebbe loro l'avvio dei corsi. Numeri ufficiali non ce ne sono, ma analizzando sulla banca dati del ministero (cercauniversità.cineca.it) il corpo docenti di alcuni di questi atenei emerge un quadro abbastanza chiaro. A partire proprio dalle telematiche. Dalla Guglielmo Marconi che, nella banca dati, ha al suo attivo 95 nominativi tra i docenti di cui solo due professori ordinari, all'università telematica Tel.ma con nove nomi di cui sono un ordinario. E ancora dall'università Kore di Enna con 47 tra associati, ricercatori non confermati, di cui solo tre ordinari, o fino al paradosso, sempre stando ai dati Miur-Cineca, dell'università Internazionale Uninettuno, che tra 17 nomi annovera solo ricercatori a tempo. __________________________________________________ L’altro 23 mag. ’09 GELMINI SERIAL KILLER DEI RICERCATORI QUARANTENNI Anna Simone Prima I'Università Ikea presso cui è possibile acquistare crediti componibili anziché saperi dopo la riforma. Berlinguer- Zecchino, poi l'Università, violentata dalla Legge 133 che toglie milioni di euro dai budget degli atenei, ora l'Università del nuovo ddl Gelmini sul "riordino" degli atenei e sulle nuove regole concorsuali Un documento che gira in bozza, come fosse un pizzino, solo tra gli universitari. Ebbene quest'ultimo provvedimento, che probabilmente passerà in agosto quando tutti sono al mare, se approvato così rischia di diventare un vero e proprio ddl ammazza- ricercatori precari tra, i trentacinque e i quarant'anni, ovverosia la maggior parte della manodopera a basso costo precarizzata da un turbinio di contratti che vanno dal dottorato di ricerca al post-dottorato, dagli assegni di ricerca rinnovabili ai contratti da ricercatore a tempo determinato. Tutti lavori che ovviamente non consentono accesso alcuno a nessuno degli ammortizzatori sociali previsti dall'attuale diritto del lavoro, meglio noto come il diritto dei soli lavoratori a tempo indeterminato. I nuovi concorsi dovrebbero essere banditi così: ciclicamente si potrà fare domanda per avere un'idoneità nazionale per accedere ad un posto da ordinario ò da associato. Le commissioni valuteranno i titoli dei candidati e poi, una graduatoria i singoli atenei potranno poi attingere per prendersi direttamente ordinari e associati. Se entro un tot numero di anni (non ancona quantificato) gli "idonei" non sono stati chiamati a concorso da nessun ateneo ripiombano nella nomina e devono ripetere tutta la trafila. Ammesso che non si siano suicidati prima. Ma adesso arriva il meglio. L'art. 5 della bozza del ddl in questione prevede l'esclusione dai concorsi per ricercatore per tutti coloro i quali hanno superato la soglia dei cinque anni dalla chiusa del dottorato di ricerca. Il che, tradotto brutalmente, vuol dire buttare a mare tutti i ricercatori precari tra i trentacinque e i quarant'anni. T: quindi se passa questa simile abiura i ricercatori di lunga data, con tanto di pubblicazioni ed esperienza acquisita, devono farsi da parte per consentire a un neo-dottore di ricerca di prendersi il posto. Ma la cosa più assurda è che nessuno, tra i "capi"- delle cordate accademiche disciplinari, tra Rettori, Presidi é quant'altro ha osato proferire parola pubblica su questo. Viene infatti da pensare che la ministra Gelmini abbia avuto questa geniale idea di eliminare un'intera generazione di ricercatori precari in compagnia di qualcuno. Osiamo, allora, e diciamo: la Crui (Conferenza italiana dei rettori) ha qualche responsabilità in merito à questa assurdità? Perché tutti tacciono? Va bene a tutti liberarsi dei quarantenni dall'Università? Chi scrive è totalmente favorevole alla necessità di "svecchiare" gli atenei che assomigliano sempre più a dei veri e propri ospizi e in teoria non avrebbe nulla in contrario nel vedere giovani dottori di ricerca diventare a ventotto anni ricercatori, ma solo a condizione che si consenta l'ingresso a tutti gli altri. A quelli cioè che a quarant'anni non saprebbero fare nessun altro lavoro se non quello che hanno sempre fatto. Tra l'altro sono numericamente la maggior parte dei ricercatori precari presenti oggi nelle Università. Tuttavia se ora è l'età anagrafica a diventare un volano di esclusione sociale secondo la regola "più esperienza hai, più ti facciamo fuori", prima le cose non andavano meglio. I vecchi concorsi "locali" venivano gestiti seguendo la logica delle "cordate accademiche" che tradotto vuol dire: io ti sistemo questo e tu mi sistemi quest'altro. Tutti i ricercatori ritenuti "outsider" dalle stesse cordate solo perché autonomi e indipendenti nella ricerca o si trovavano i "santi" in paradiso o fuori. E così l'Università per anni si è riempita di ragionieri della filosofia e di pallottolieri della sociologia, impolitici, muti e servili. Ci si è trovati dinanzi a situazioni in cui grandi nomi della filosofia o della sociologia, persone già note e tradotte nel mondo, si sono viste "bocciate" e rimpiazzate da menti piccole e mediocri. Quantità industriali di libri editi da case editrici senza distribuzione o "a pagamento", pressappoco costruiti attraverso sintesi descrittive di cose già dette e solo perché si ha un concorso imminente, continuano ad essere le pubblicazioni più apprezzate in sede concorsuale a scapito di chi, invece, trova da solo case editrici con la distribuzione nazionale e viene letto da un numero decisamente più cospicuo di persone. Vi sono, nell'Università, addirittura persone che han-no pubblicato solo qualche articolo negli "Annali" della. propria facoltà. Articoli che nessuno potrà mai leggere salvo andare di proposito presso quelle singole facoltà. Un'idea della ricerca autoreferenziale e totalmente distante dalla necessità di far circolare i saperi per migliorare il mondo, per metterlo in discussione. Eppure dieci anni fa la parola d'ordine dell'Università sembrava essere quella dell'interdisciplinarietà. Con le nuove regole concorsuali; invece, si ripristina un'austerità disciplinare che sembrava essere scomparsa. Solo quelli che scrivono sulle riviste specialistiche delle proprie discipline avranno la meglio. Questi problemi, al di là delle orribili riforme che si susseguono, rimangono i grandi drammi dell'Università di oggi. Quali saperi devono essere apprezzati dall'Università? I saperi che si limitano a registrare quanto già scritto in modo acritico e impolitico o chi si sforza di cambiare i paradigmi osando e prendendo posizioni critiche sul mondo? Da un ventennio quest'ultima categoria di ricercatori viene sistematicamente oscurata e marginalizzata all'interno delle Università perché ritenuta troppo pericolosa proprio perché libera. Insomma se Nietzsche decise di abbandonare la cattedra deve avere avuto le sue buone ragioni. E se noi oggi continuiamo a leggerlo, criticarlo, amarlo abbiamo le nostre buone ragioni. Che ragioni hanno oggi la maggior parte degli ordinari che tacciono e accettano vigliaccamente tutto? La gerontocrazia va battuta. Ma non certo buttando a mare chi in questi anni ha lavorato nelle università sperando prima o poi di avere un posto garantito. La norma prevista nella nuova normativa gira solo in rete mentre baroni, rettori e professoroni stanno zitti. Come mai? Sono forse d'accordo? ____________________________________________________________ Il sole24Ore 18 Mag. ‘09 NEI CONCORSI IL REBUS DELLA LAUREA Spesso i bandi citano i diplomi del vecchio ordinamento e non quelli del «3+2» Eleonora Della Ratta Cristiano Dell'Oste Decimetri con centimetri, litri con ettolitri, grammi con chili: tutti a scuola hanno imparato a fare le equivalenze. Qualcosa di simile, però, bisogna farlo anche con le nuove lauree, soprattutto se si vuole partecipare a un concorso pubblico. Perché spesso i bandi non tengono conto dei titoli conseguiti secondo il nuovo ordinamento e si limitano a ricorrere alla formula generica delle «lauree equipollenti». Così, capire se si hanno le carte in regola diventa un rebus. Il Sole 24 Ore del lunedì ha passato al vaglio un campione di un centinaio concorsi pubblicati sulla «Gazzetta Ufficiale» tra l'inizio di aprile e l’8 maggio. Su 100 bandi, 38 fanno riferimento - in modo più o meno preciso-alle classi di laurea disciplinate dal Dm 909/99 (in pratica, quelle dello «3+2»). E 11 di questi citano anche le classi di laurea del Dm 270/04, che gli atenei hanno iniziato ad adottare da quest'anno accademico. Tutti gli altri, però, si limitano a indicare le lauree previste dal vecchio ordinamento. La differenza potrebbe apparire irrilevante, ma le conseguenze diventano evidenti con qualche caso concreto. Ad esempio, una laurea specialistica della classe 10/S (Conservazione dei beni architettonici e ambientali) è equiparata a un titolo in lettere ottenuto secondo le regole precedenti. Ma se il bando si limita a richiedere una laurea in lettere o un titolo equipollente,un giovane laureato potrebbe trovarsi di fronte a più di un dubbio. Di fatto, se non si specifica il codice o il nome completo della classe di laurea, come accade ad esempio nel bando del Comune di Samarate (Varese), il candidato è costretto a fare da solo l'equivalenza. Contattando gli uffici comunali, recuperando il Decreto interministeriale 5 maggio 2004 oppure rivolgendosi alla propria università, che nei casi più complicati è obbligata a chiedere lumi al Consiglio universitario nazionale (Cun). Proprio il Cun ha preparato un parere che sarà presto recepito dai ministeri competenti per stabilire l'equivalenza con le nuove classi di laurea del Dm 270/04. E anche in questo caso il problema è tutt'altro che teorico, perché presto potrebbero esserci i primi laureati secondo le nuove regole. In generale, i bandi dei ministeri, delle università e degli enti pubblici più grandi sono più precisi, mentre quelli degli enti locali-anche per una comprensibile difficoltà a maneggiare la normativa sulle equivalenze-tendono a essere più vaghi. Il Comune di San Giuliano Milanese, solo per citare un altro caso, in un bando scaduto poco tempo fa faceva riferimento a lauree, lauree magistrali, lauree specialistiche e diplomi di laurea «attinenti a scienze politiche o sociologia»> e chiedeva che l'equipollenza fosse «certificata e comprovata a cura e onere del candidato». L'area che presenta meno rischi e incertezze -e che non a caso è stata esclusa dall'inchiesta sui 100 concorsi in «Gazzetta Ufficiale» - è quella della salute. Un'azienda sanitaria che cerca un dirigente medico specifica molto bene la specializzazione richiesta al candidato. E lo stesso vale per tutte le professioni mediche, i farmacisti e gli infermieri. In alcuni casi, poi, il problema si risolve con l'iscrizione a un albo o un ordine professionale, come capita spesso per gli ingegneri e come accaduto nel recente concorso della Regione Piemonte per quattro addetti stampa. COMPLICAZIONI. Non è raro che il candidato sia costretto a cercare da solo l'equipollenza CONDIZIONI PIÙ CHIARE. L'area salute precisa bene le specializzazioni richieste L'ESEMPIO DI «LETTERE» Uno dei casi più complicati di equiparazione tra titoli di studio: la corrispondenza fra il diploma di laureai n lettere prevista dal vecchio ordinamento e le nuove lauree "lunghe" (specialistiche e magistrati) introdotte dai decreti ministeriali 509 del 1999 e 270 del 2004 ____________________________________________________________ Il sole24Ore 18 Mag. ‘09 PRONTA LA MAPPA DI ORIENTAMENTO TRA LE EQUIVALENZE di Andrea Stella Il Consiglio universitario nazionale (Cun) ha approvato un parere nel quale vengono stabilite le equiparazioni tra le lauree magistrali previste dal Dm 270/2004, le lauree specialistiche previste dal Dm 509/1999 e i diplomi di laurea previsti dalla normativa precedente, allo scopo di consentire l'ammissione agli stessi pubblici concorsi a tutti coloro che possiedono titoli di studio tra loro "equiparati". È un passaggio importante, necessario e urgente per aggiornare la normativa che regola l'accesso ai concorsi pubblici dopo l'avvio dei nuovi corsi di studio sulla base del Dm 270. Le università hanno iniziato ad attivare i nuovi corsi di laurea e di laurea magistrale soltanto a partire dall'anno accademico 2008/09 e ancora non risulta che vi siano laureati nell'ambito di tali corsi. Tuttavia, è prevedibile che ciò possa accadere già nei prossimi mesi, dato che in alcuni atenei sono stati attivati contestualmente tutti gli anni dei corsi di studio ed è stata offerta agli studenti provenienti da altri corsi l'opportunità di iscriversi ad essi con il riconoscimento degli esami sostenuti. Anche sulla base dell'esperienza degli anni scorsi non è difficile prevedere che alcune amministrazioni pubbliche si limiteranno a indicare nei propri bandi di concorso, quali requisiti di ammissione, i soli titoli di studio previsti dal Dm 270 o dal Dm 909, se non addirittura soltanto quelli previsti dalla precedente normativa (si veda l'articolo a sinistra). Per tali motivi si rende necessario un nuovo decreto interministeriale nel quale siano equiparate tra loro le lauree magistrali, le lauree specialistiche e i precedenti diplomi di laurea. Decreto che verrà adottato di concerto tra il ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca e il ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione in sostituzione ed integrazione del vigente Decreto interministeriale 5 maggio 2004. Il Cun ha adottato un'impostazione secondo la quale per tutti i possibili titoli conseguiti nel Dm a7o, nel Dm So9 e nella precedente normativa sono previste equiparazioni reciproche. Questo perché, nel passare da un ordinamento a quello successivo, i decreti ministeriali talora hanno accorpato più classi in una, mentre in altri hanno proceduto in senso inverso, sdoppiando una classe per istituirne due. Perciò nei casi di accorpamento o sdoppiamento le classi corrispondenti sono state considerate strettamente correlate tra loro e nel parere del Cun sono state equiparate. Inoltre, si è reso necessario stabilire anche le equiparazioni tra le lauree di primo ciclo previste dal Dm 27o/o4 e quelle del Dm So9/99. In questo caso, tuttavia, non si è resa necessaria l'equiparazione con i vecchi diplomi universitari, dato che un precedente provvedimento legislativo aveva già stabilito le modalità con le quali coloro che hanno conseguito un diploma universitario possono ottenere il riconoscimento di un corrispondente diploma di laurea di nuovo ordinamento. Da segnalare, infine, che nel parere del Cun hanno trovato posto anche le equiparazioni relative alle nuove lauree e lauree magistrali delle professioni sanitarie, che solo recentemente hanno concluso il loro iter legislativo e sono ora in attesa di pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale». Il Cun ha anche espresso il parere che le equiparazioni indicate - oltre che per i concorsi pubblici-possano essere utilizzate per predisporre un provvedimento riguardante l’ammissione agli esami di Stato che integri il Dpr n. 328 del 5 giugno a00i. Anche in questo caso, si tratta, di un provvedimento estremamente urgente dato che, in sua assenza, i nuovi laureati del Dm 270 si vedrebbero negata l'ammissione agli esami di Stato per l'accesso alle professioni regolamentate. Il Cun, infine, ha indicato che le stesse equiparazioni possono essere utilmente considerate anche ai fini del conferimento delle supplenze d'insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, sia pure in via transitoria e in attesa della revisione delle relative classi di concorso. Anche in questo caso si tratta di far fronte ad una situazione divenuta particolarmente critica con la disattivazione delle Scuola di Specializzazione per l'Insegnamento nella Scuola secondaria (SSIS) in attesa che veda la luce la nuova normativa relativa alla formazione degli insegnanti. Coordinatore della Commissione didattica del Cun - Università di Padova ____________________________________________________________ Il sole24Ore 18 Mag. ‘09 SE IL «MITILE» RIPOSA NELL'ALTARE DELLA PATRIA Avranno pensato a quello ignoto, sepolto nell’Altare della Patria, gli studenti che davanti al test di conoscenza della lingua italiana hanno pensato bene di cercare i «mitili» in una caserma, anziché attaccati alle rocce o, tutt'al più, in un'insalata di mare. Eppure quasi la metà dei 272 studenti che hanno affrontato i test di orientamento per sociologia, all'Università di Urbino, non hanno raggiunto la sufficienza. E se la confusione tra un soldato e una cozza può essere stata solo una distrazione, sono altri i segnali che preoccupano i docenti: i risultati dei test vengono definiti allarmanti, con studenti che escono dalle scuole superiori senza saper distinguere una frase principale da una subordinata. All'orale se la cavano bene, ma è con le prove scritte che emergono le lacune maggiori e risultati tanto diversi rispetto ai colloqui. Guardando le prove si vede subito che non sono così difficili, ma vengono verificate le conoscenze di base: avverbi di tempo, verbi attivi e passivi o semplicemente il significato delle parole. Ed ecco che il senso letterale di «epifania» per qualcuno è «fine delle feste», mentre «palinsesto» è per i più una parola sconosciuta. Una situazione che riguarda un po' tutte le università e le diverse discipline: «Non sanno risolvere le equazioni di primo grado, manca la facilità nel calcolo, talvolta addirittura le tabelline sono una difficoltà spiega Alvaro Marucci, docente della facoltà di agraria dell'Università Tuscia -. Non dipende dalla scuola di provenienza, noi testiamo conoscenze che chiunque dovrebbe avere».Vanno bene le prove di informatica, buoni i risultati in inglese, ma quando si tratta di leggere, scrivere e far di conto sembra che i diplomati italiani abbiano più di un problema. A Cagliari, chi si vuole iscrivere alla facoltà di lettere deve rispondere a8o quesiti tra lingua, letteratura, storia, latino e greco. A provocare i maggiori scivoloni non sono stati la Scuola poetica siciliana o l'aoristo dei verbi irregolari, ma il significato di «equanime» o il modo corretto di scrivere «qual è». Ma ciò che più preoccupa i docenti è la scarsa consapevolezza che i ragazzi hanno delle proprie lacune e che li spinge a non preoccuparsi troppo di colmarle almeno prima della laurea. ____________________________________________________________ Il sole24Ore 24 Mag. ‘09 «CERVELLI» STRANIERI, L’87% FUGGE DALL'ITALIA I mali della burocrazia i Nicoletta Picchio ROMA Sfiancati dalla burocrazia. Dai tempi lunghi dei permessi di soggiorno, dalle barriere legislative che, per esempio, non permettono ad uno studente di portare la moglie come "familiare al seguito" ma impongono di seguire l’iter, più lungo, del ricongiungimento familiare. Di cervelli dall'estero già ne attraiamo pochi E quelli che arrivano facciamo di tutto per farli andare via. Nonostante un ciclo di dottorato di 3 anni corrisponda ad un investimento dello Stato di circa 50mila euro per studente. E nonostante il fatto che l'Italia abbia una buona reputazione: il 63% degli intervistati ritiene che il programma di studi abbia una buona o ottima qualità. Sono i risultati di una ricerca coordinata da Tito Boeri, ! professore della Bocconi e direttore scientifico della Fondazione Rodolfo De benedetti,realizzata tra studenti stranieri ( iscritti a dottorandi nelle nostre università (il campione è di 3mila persone), presentala ieri a Pisa, durante il. convegno I "Brain drain and brain gain". Sono gli studenti stessi a raccontare, nelle domande del sondaggio i casi più eclatanti di inefficienze: primo fra tutti, la lunghezza del permesso di soggiorno. «A Singapore ho ottenuto il permesso tre ore dopo la presentazione della domanda. In Italia ci sono voluti 22 mesi». Lentezze che hanno conseguenze nella vita di tutti 1 i giorni: «La banca non mi ha aperto il conto corrente senza il permesso di soggiorno, che sto aspettando da mesi. Ma così non riesco ad incassare l'assegno dello stipendio». E anche nella carriera professionale: «I dottorandi stranieri non riescono ad assistere alle conferenze internazionali perché sono costretti a stare in Italia ad aspettare i documenti. Ogni volta che riceviamo il rinnovo del permesso, è già scaduto e dobbiamo fare un'altra domanda. l tempi? Ho fatto la richiesta a giugno z008 e dopo io mesi non sono nemmeno stato convocato dalla questura», si lamenta un altro ragazzo. Anche la tutela sanitaria è un problema: spostare l'assicurazione sanitaria da un Paese europeo all'Italia è molto complicato, racconta uno studente. Mentre c'è chi descrive altri paradossi: per il permesso di soggiorno serve la copertura assicurativa sanitaria, la Asl per fornirla ha bisogno del permesso di soggiorno. Conclusione, è stata necessaria una doppia copertura, con una assicurazione privata e con la Asl, permettersi in regola. «Dobbiamo attuare norme che non scoraggino l'immigrazione qualificata», ha detto in un messaggio il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, annunciando che gli sgravi fiscali per i ricercatori da annuali diventeranno permanenti E Boeri sottolinea un altro aspetto: in fase di recessione, l'immigrazione qualificata non ha effetti negativi sull'occupazione dei residenti, al contrario di quella poco qualificata che qualche impatto negativo può averlo. Sta di fatto che f87% dì chi fa il dottorato in Italia dichiara di non voler restare nel nostro Paese, una percentuale che si ridurrebbe molto se si eliminassero le complicazioni burocratiche. Ma anche le scarse prospettive future pesano sulla scelta. 4 dottorandi su 10 ritengono che le possibilità di carriera in Italia siano pessime o scarse. ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 mag. ’09 SE L' ITALIA IMPORTA MENO LAUREATI DELLA TURCHIA In un rapporto le cifre sulla competizione internazionale per la manodopera altamente qualificata. Il confronto nelle 30 nazioni più sviluppate Sono lo 0,7% dei paesi Ocse. Molti di più i nostri «cervelli» andati all' estero Educazione superiore I «dottori» immigrati che vivono da noi sono il 12% del totale. Solo l' 1,8% ha una specializzazione post-laureaI laureati stranieri snobbano l' Italia Ne arrivano di più in Turchia C ' è un' immigrazione contro la quale non servono le motovedette per intercettare i barconi. E' quella dei «cervelli». Che da noi non vengono comunque. Fermati, prima che dai guardiani alla frontiera, dal filo spinato di una politica insensata del lavoro, della ricerca, dell' intelligenza. Xenofoba non per razzismo ma per pigrizia, clientelismo, gelosia accademica e professionale. Risultato: su 20 milioni di laureati dei paesi Ocse che arricchiscono i paesi nei quali si sono trasferiti, quelli che hanno scelto l' Italia sono lo 0,7%. Meno di quanti hanno scelto la Turchia. Un dato umiliante. Che emerge da un dettagliatissimo rapporto che animerà sabato a Pisa il convegno «Brain Drain and Brain Gain» (un gioco di parole sui cervelli in fuga e cervelli guadagnati) organizzato alla Scuola Superiore «Sant' Anna» dalla fondazione Rodolfo Debenedetti con la partecipazione, tra gli altri, di Maria Stella Gelmini. Intitolato «La battaglia dei cervelli: come attrarre i talenti» e curato da ricercatori di vari paesi (Herbert Brucker della IAB, Simone Bertoli dell' Istituto Universitario Europeo, Giovanni Facchini della Statale di Milano), Anna Maria Mayda della Georgetown University e Giovanni Peri della californiana University of Davis), il rapporto esamina «le conseguenze della competizione internazionale per la manodopera altamente qualificata dal punto di vista dei paesi che ricevono i talenti». E i numeri, che sono sì del 2001 (ultimo censimento disponibile) ma sono inediti perché elaborati in questi mesi, ci fanno arrossire. Vi si spiega infatti che, a causa dell' «attuale sistema a quote» che «non mira a selezionare i lavoratori più qualificati», gli stranieri laureati che vivono da noi «sono il 12% del totale, di cui solo l' 1,8% possiede anche una specializzazione post-laurea». Si tratta della percentuale più bassa tra i paesi dei quali sono disponibili i dati del censimento. Di più: «Gli stranieri che arrivano nel nostro Paese sono mediamente più istruiti degli italiani, ma meno degli immigrati che si dirigono in altri Paesi europei, soprattutto in quelli che adottano politiche di immigrazione selettive». Qualche esempio? In Italia ogni cento laureati nazionali ce ne sono 2,3 stranieri contro una media Ocse di 10,45. Negli Usa ce ne sono 11 abbondanti, in Austria 12, in Svezia 14, in Olanda e Gran Bretagna 16, in Nuova Zelanda 21, in Canada 25, in Irlanda 26, in Australia addirittura 44. Va da sé che il rapporto fra «cervelli» che esportiamo e importiamo è perdente. I laureati italiani che se ne sono andati a lavorare nei 30 paesi Ocse sono 395.229. Quelli che hanno fatto il percorso inverso 57.515. Con un saldo negativo di 337.714 «dottori». Saldo che, anche ad aggiungere gli 84.903 laureati arrivati da paesi non Ocse, resta altissimo: ci mancano 252.811 «teste». Gente che, mentre importavamo mungitori di mucche pakistani e raccoglitori di pomodori nigeriani, ha regalato intelligenza, preparazione, fantasia a università e istituti di ricerca e aziende e sistemi professionali meno arroccati dei nostri. Certo, non siamo i soli ad avere un saldo in rosso. Anche la Francia per esempio, rispetto al panorama import-export all' interno dell' Ocse, è sotto di circa 70mila «cervelli». La Spagna di 43mila, l' Olanda di 84mila, la Germania addirittura di 370mila. Ma tutte queste grandi nazioni (tranne la Gran Bretagna, sulla quale pesa la storica emorragia verso l' ex colonia americana) non solo attirano molti ma molti più laureati di noi ma recuperano con l' immigrazione qualificata dai paesi non Ocse fino ad andare in attivo. Peggio di noi stanno solo la Corea, il Messico e la Polonia. Quanto ai poli di attrazione, fanno invidia il Canada (che tra immigrati laureati di paesi Ocse e non Ocse va in attivo di due milioni e 200 mila unità), l' Australia (in attivo di un milione e 520mila) e gli Stati Uniti, capaci di attrarre complessivamente quasi dieci milioni di «dottori» stranieri. Una forza d' urto intellettuale, scientifica, professionale impressionante. Che straccia ogni confronto. E che proprio in momenti di crisi quale questo rischia di pesare come l' enorme differenza tra loro e noi. Con le nostre università piene di mogli, figli e cognati. I nostri istituti di ricerca asfissiati da continui tagli di bilancio. Le nostre aziende familiari dove il padre preferisce passare al figlio, magari un po' «mona», piuttosto che affidarsi a «forestieri». I nostri Ordini sbarrati con i catenacci verso i giovani «intrusi». Certo, quelle degli altri sono società «multietniche». Che qualcuno, da noi, guarda con fastidio. Ma ce la possiamo permettere una società ermeticamente chiusa e protetta non solo dalle motovedette ma anche dai vigilantes degli orticelli scientifici e professionali in un mondo in cui, come spiegava l' altra settimana sul «Sole 24 ore» Giorgio Barba Navaretti, i lavoratori immigrati sono «uno ogni quattro in Australia, ogni sei negli Usa, ogni nove in Gran Bretagna e ogni quindici in Italia»? Certo è che i risultati sono lì, nella tabella del rapporto di Pisa: dei 20.426.737 «cervelli» del gruppo Ocse che si sono sparpagliati per il mondo contribuendo alla ricchezza dei paesi prescelti, più della metà sono finiti negli Usa, un settimo nel Canada, un dodicesimo in Australia. E solo 7 su mille (sette su mille!) hanno scelto la penisola di Leonardo Da Vinci, Antonio Meucci, Enrico Fermi che non a caso forse se n' erano andati loro pure all' estero. Fate voi i conti: di questo immenso patrimonio umano e intellettuale mondiale siamo riusciti ad attingere sette gocce: la metà della Svizzera, un quarto della Francia, un settimo della Germania, un nono della Gran Bretagna. E meno male che abbiamo il sole, Venezia, Capri, la pizza, il prosecco... Gian Antonio Stella Stella Gian Antonio ____________________________________________________ L’Unione Sarda 19 mag. ’09 ALLA REGIONE ASSUNTI AMICI DEI POLITICI Bisogna scorrere l’articolo 1 della Finanziaria 2009 sino al comma 54. È lì che comincia la «porcheria bipartisan votata dal Consiglio», dichiara Luciano Melis, segretario del Sadirs, il sindacato autonomo dei dipendenti regionali. «La massima assemblea sarda - è l’attacco - ha deciso di assumere gli amici dei politici, quelli che lavorano nei gruppi consiliari. Entrano in Regione senza fare alcun concorso pubblico». Nel mirino di Melis non ci sono tanto i lavoratori miracolati («non è colpa loro»), quanto maggioranza e opposizione: «Hanno violato le norme contrattuali e la Costituzione, accogliendo una proposta dell’onorevole Luciano Uras (Sinistra e libertà), primo firmatario dell’emendamento». I sei commi della polemica sono già finiti sulla posta elettronica del ministro Renato Brunetta, a cui il Sadirs chiede di annullarli, avviando la procedura di impugnazione davanti alla Consulta. LA VICENDA. Dunque, la pianta organica della Regione si allarga, grazie a una norma votata dal Consiglio. Ma il sindacato guidato da Melis non ci sta. «Per lavorare nella pubblica amministrazione, bisogna fare un concorso. I partiti di destra e di sinistra, invece, hanno creato un corsia preferenziale. Non è accettabile». Di fatto, le assunzioni sono scattate il 14 maggio, quando la Finanziaria è entrata in vigore (lo stesso giorno in cui è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della Sardegna, come disposto all’articolo 6). «Ci risulta - continua Melis - che saranno messe sotto contratto tra le 22 e le 25 persone, tutte impiegate nei gruppi consiliari». Peraltro, passando al setaccio i commi in questione, si legge: «Al predetto personale, che è inquadrato, anche in sovrannumero, nel ruolo unico regionale e immediatamente assegnato agli uffici, si applica il contratto collettivo per i dipendenti della Regione e degli enti strumentali». In buona sostanza, «vengono riconosciute loro le indennità riservate ai lavoratori del Consiglio («tecnicamente assegno ad personam non riassorbibile»). «Migliaia di euro in più ogni anno », va avanti il segretario. LE RICHIESTE. Proprio su questo fronte, Melis non lo manda a dire: «Se si accetta il principio di estendere le indennità agli amici dei politici, vuol dire che lo stesso trattamento deve essere riservato a tutti i dipendenti regionali». Melis assicura: «Non si tratta di una provocazione, ma è una richiesta formale, su cui attendiamo una risposta». Non finisce qui. Ricostruito lo scenario della querelle, il Sadirs fa partire l’affondo. «Chiunque abbia approvato questa norma, si deve vergognare. A noi risulta che il primo firmatario dell’emendamento sia il consigliere Uras. Questa legislatura doveva rappresentare la discontinuità con la giunta Soru, quando decine di persone sono state assunte senza concorso. Purtroppo il copione continua a ripetersi». Melis lancia un appello al presidente Cappellacci: «Non sappiamo nemmeno se il governatore fosse in Aula, al momento del voto. Ma confidiamo nella sua sensibilità e coerenza governativa, perché blocchi i contratti. Intanto gli chiediamo un incontro urgente». AL MINISTRO. In attesa di capire cosa succederà in Consiglio, il sindacato ha informato il ministro Brunetta (Pubblica amministrazione). «Il Governo nazionale deve impugnare la norma, nel rispetto delle leggi e della Costituzione. Si parla di riorganizzazione della macchina amministrativa, per aumentare efficienza e trasparenza. Mi sembra che lo scandaloso voto bipartisan del Consiglio si muova in direzione opposta ». Melis chiude con un’ultima osservazione: «Spero che il ministro ci risponda, ci aspettiamo un provvedimento formale da parte del Governo». Per il Sadirs c’è una sola strada da percorrere: l’impugnazione della norma davanti alla Corte costituzionale. «Diversamente - chiude Melis - la disparità di trattamento tra lavoratori non può che portare all’apertura di contenziosi all’interno dell’amministrazione». ALESSANDRA CARTA ____________________________________________________________ Il sole24Ore 24 Mag. ‘09 EUROPARLAMENTO: POTERE SILENZIOSO VERSO IL VOTO PROGRAMMI Lobbismo metodico. Il dura lavora delle commissioni conta a Strasburgo molto più dei grandi dibattiti politici Astensionismo. Secondo il sondaggio Eurobarometro il 66°l0 dei cittadini del Vecchio continente potrebbe non andare a votare Europarlamento, potere Snobbato dagli elettori, orienta l’8Q% delle leggi Adriana Cerretelli BRUXFLLES. Dal. nostro inviato Dovunque in giro per l'Europa c'è generale disinteresse per l'Europa. E ancora di più per il suo parlamento: un oggetto misterioso e lontano di cui non si coglie esattamente l'utilità, di cui si parla quasi unicamente per denigrarlo, quando qualcuno ne denuncia, anche a sproposito, prebende d'oro, "dolce vita", sprechi, abusi e assenteismi diffusi. Niente di cui stupirsi, allora, se alle europee del 7 giugno i sondaggi danno un unico grande vincitore: l'assenteismo. Secondo il sondaggio Eurobarometro, potrebbe raggiungere i166% in media, un picco senza precedenti, che in Italia potrebbe toccare oltre il 7o0ia. Ente inutile? AL contrario. Da quando trent'anni fasi decise di eleggerlo a suffragio universale, i suoi poteri co- legislativi non hanno cessato di aumentare anche se paradossalmente i cittadini hanno continuato a snobbarlo con convinzione crescente. Bizzarrie di un'Europa dove, da quando è arrivato il mercato unico, la legislazione nazionale è diventata per oltre l’8o% di matrice europea ma dove, con il progredire dell'integrazione, le vecchie spinte federaliste sono state soppiantate da crescenti pulsioni nazionaliste. Per questo la presenza di una delegazione forte e competente all'europarlamento è più importante che mai. In particolare per un paese come il nostro che tradizionalmente non brilla per attenzione alle meccaniche legislative e decisionali euìropee. Salvo accorgersi in ritardo dei regali avvelenati dei partner e allora giocare disperatamente di rimessa per ridurre i danni. Ma quali sono i dossier più importanti che attendono i 72 eurodeputati italiani che il 14 luglio inaugureranno la nuova assemblea di 736membri in rappresentanza di quasi mezzo miliardo di cittadini dell'Unione? A Strasburgo a incidere non sono i grandi dibattiti politici ma il duro lavoro nelle commissioni, il lobbismo metodico in difesa degli interessi di un settore economico-industriale o di una politica, dell'immigrazione, ambientale o energetica che sia, in breve degli interessi del sistema paese. Esattamente come avviene nei parlamenti nazionali, con la differenza che quello europeo spesso detta l’agenda di quelli che oggi a torto si ritengono più sovrani di lui. Sarà amplissima, come sempre,l'agenda del prossimo quinquennio. In parte imprevedibile perché dipenderà dagli eventi. E anche dall'entrata in vigore o meno del Trattato di Lisbona: in caso positivo, gli eurodeputati potranno legiferare anche su immigrazione legale, agricoltura e pesca, sport e su tutte le spesa del bilancio comunitario. Per ora di sicuro dovrà riprendere in mano dossier lasciati pendenti dal parlamento uscente, proposte legislative presentate dalla Commissione ma non ancora licenziate dal Consiglio e nuove iniziative in cantiere. Prendiamo ambiente e energia, dossier trai più sensibili per gli interessi industriali in gioco e in vista della conferenza di Copenaghen in dicembre sul post-Kyoto. Ci sarà da decidere sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IPPC): sui tempi di entrata in vigore dei nuovi limiti di emissione per i grandi impianti di combustione, sulle licenze nazionali per derogare dai valori limite. Poi sulla modifica delle direttive sull'etichettatura energetica. E sulle apparecchiature elettriche ed elettroniche per regolamentarne i rifiuti e fuso di sostanze pericolose. Attese le proposte sul carbon leakage, sui settori energivori a rischio delocalizzazione che potranno beneficiare di permessi gratuiti di emissione in base a parametri tecnologici e di efficienza Sui limitinazionali alle emissioni di sostanze inquinantie sui veicoli fuori uso. Sul pacchetto telecom, saltato in maggio, da ridiscutere ì diritti degli utenti di internet, spettro radio, nuova Autorità Telecom, separazione funzionale e quadro normativo per le reti di nuova generazione. Nel sociale: direttiva sul congedo di maternità, possibili nuove proposte sull'orario di lavoro, politiche per l'occupazione. E poi diritto per i malati di curarsi in un paese diverso da quello di residenza altre che più qualità nella donazione di organi. Per i mercati finanziari, in calendario le direttive su hedge funds, private equity e remunerazioni dei top manager delle società quotate. Nei trasporti: più diritti per passeggeri di traghetti e autobus, norme per garantire il pagamento delle multe per infrazioni gravi dei codice stradale, anche se commesse in un paese diverso da quello di immatricolazione, infine modifica dell'eurobollo per finanziare la tutela ambientale. Anche la politica di immigrazione sarà la croce e delizia del nuovo emiciclo con le nuove regole sul diritto di asilo, più tutela per i rifugiati ma anche più solidarietà tra gli Stati Ue. Con l'adeguamento della banca dati sulle impronte, la lotta all'immigrazione clandestina, il potenziamento di Fronte- Davvero dopo questa rapida carrellata si può concludere che feur4parlarnento è lontano, votare non serve e lavorarvi seriamente neppure?. ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 mag. ’09 TAGLIATO UN CORSO DI LAUREA SU CINQUE La Sapienza ne elimina 46, Siena 34. La mappa da Firenze a Messina ROMA — Venti per cento di c o r s i i n m e n o , i n c i f r e 1.000-1.100 tra lauree triennali e specialistiche. È l’effetto della cura dimagrante per l’università avviata dalla Moratti e portata avanti da Mussi. Termine ultimo per perdere peso il 15 giugno. Dopo quella data, se l’offerta formativa sarà ridondante, ovvero conterrà troppi corsi privi dei necessari requisiti, a partire dal numero dei prof delle materie di base, verrà ridimensionata a colpi di forbici dal ministro Gelmini. Nel senso che l’offerta fuori norma non verrà riconosciuta, non avrà valore legale. Negli ultimi due mesi i Senati accademici hanno tagliato decine e decine di corsi di laurea, in qualche caso anche facoltà. «La Sapienza» di Roma ha cancellato più di tutti. Il mega ateneo, il più grande d’Italia e uno dei maggiori in Europa, è stato quello che ha tagliato più in profondità: 46 corsi. A Siena ce ne sono 34 in meno. Firenze e Genova hanno previsto un taglio dell’offerta rispettivamente del 20 e 15 per cento. La Federico II di Napoli, lo scorso anno, ha cancellato 9 corsi di laurea e ora si appresta a tagliare 100 insegnamenti. Roma Tre, Bologna, Ferrara e Bergamo elimineranno da uno a due corsi. Il Politecnico di Milano un corso nella sede distaccata di Cremona. Ancona ha soppresso 10 corsi e 100 insegnamenti. Messina si è privata di una facoltà, quella di Statistica, e di 15 corsi di laurea. L’Orientale di Napoli perderà circa la metà dei corsi di laurea. In tutti gli atenei del Paese i Senati accademici stanno facendo i conti. E alla fine, tranne poche eccezioni, l’offerta didattica per il nuovo anno è a segno meno. Sono spariti gli insegnamenti creati più per ragioni accademiche che per soddisfare una reale domanda degli studenti. Sorti come funghi, spesso non sono riusciti ad attrarre iscritti. Ed hanno confuso le idee a tanti giovani con offerte stravaganti quanto prive di utilità: uno, tra i tanti, s’intitolava «Benessere del cane e del gatto». Gli atenei hanno accorpato insegnamenti simili col risultato di utilizzare in modo più razionale i docenti. «Per i prossimi tre anni il governo punta alla perdita di un 20 per cento di docenza — spiega il professor Nino Luciani dell’ateneo di Bologna —. Mettiamo che un ateneo abbia 30 corsi di laurea con delle materie comuni nel primo anno. Non servono 30 professori. Si accorpano gli insegnamenti e un docente insegna a più studenti ». Aggiunge il rettore dell’Università di Ancona, Marco Pacetti: «Spariranno i corsi e gli insegnamenti che sono nati per dare visibilità al docente. Ci sono professori che insegnano in quattro-cinque corsi simili con pochi studenti. Tutto ciò non è possibile». A Messina è saltata addirittura una facoltà, quella di Statistica, l’unica in tutta la Sicilia. «Gli studenti iscritti ai due corsi della facoltà si erano ridotti a trenta — afferma il rettore Francesco Tomasello —. Con la crisi che c’è bisogna avere coraggio, bisogna dimostrare di saper gestire le istituzioni. Nel prossimo anno accademico al sistema universitario mancheranno circa 500 milioni di euro. E col Pil in caduta non è ragionevole aspettarsi un miracolo da parte del governo». Giulio Benedetti ____________________________________________________ L’Unione Sarda 21 mag. ’09 ADDIO ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE , dubbi sugli insegnanti del futuro Come si costruisce la professionalità di un docente? Quali sono le caratteristiche di un buon insegnante? È possibile stabilirle con oggettività e trasparenza? Proprio nelle settimane in cui si chiude l'anno scolastico i docenti attendono un nuovo regolamento ministeriale che, colmi il vuoto legato all'abolizione delle Ssis, le Scuole di specializzazione destinate ad andare in pensione dal prossimo primo settembre. Per stimolare un dibattito tra insegnanti vecchi e nuovi, nei giorni scorsi l'associazione nazionale dei formatori insegnanti supervisori e la Ssis di Cagliari hanno organizzato nell'aula magna del liceo Euclide un seminario dal titolo “Insegnanti che sappiano insegnare”. Non una noiosa tavola rotonda ma un'occasione «per parlare di fatti che riguardano da vicino migliaia di persone e per avvicinare», come ha affermato Stefano Meloni, supervisore della Ssis, «i principali interessati a un processo decisionale che li ha tenuti in larga parte a debita distanza». Tra i temi più discussi, l'innata ostilità dei docenti italiani nei confronti della valutazione e il rischio di buttare via, con l'abolizione delle Siss, il bambino con l'acqua sporca. Soprattutto per quel che riguarda il legame tra scuola e università che, come ha ricordato il presidente dell'Anfis, Riccardo Scaglioni, «si fonda sull'idea sempre valida secondo la quale il mestiere dell'insegnante non si impara a bottega, come per l'artigiano, ma con la specializzazione, come per il medico o il pilota d'aereo». ( lo. m. ) ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 18 mag. ’09 IL LAVORO? PIÙ FACILE SE LAUREATI IN INGEGNERIA Anche studiare per diventare infermieri o ostetriche è un buon investimento Studio dell’Istat sugli sbocchi dopo l’università: rivalutati i corsi triennali. Gli abbandoni più frequenti nel gruppo geo-biologico ROMA. Per non penare troppo nella ricerca di un lavoro è meglio laurearsi in ingegneria o studiare per diventare infermieri. E’ la conclusione a cui si arriva leggendo l’ultimo aggiornamento dello studio «Università e lavoro: orientarsi con la statistica» diffuso dall’Istat. Tra quanti hanno concluso corsi lunghi, la percentuale più alta di occupati in modo continuativo dopo aver messo in tasca l’ambito «pezzo di carta», riguarda i laureati in ingegneria. A tre anni dalla laurea ha un’occupazione continuativa l’88,9% degli ingegneri meccanici, l’88,1% di chi ha scelto ingegneria delle telecomunicazioni e l’84.9% di coloro che hanno optato per ingegneria chimica. Buone prospettive occupazionali mostrano pure le lauree in Farmacia (82,5), Economia aziendale (76,3), Odontoiatria e protesi dentaria (75,4). Sul fronte dei corsi triennali, le lauree acchiappa-lavoro sono soprattutto quelle relative alle professioni infermieristiche e ostetriche: il 72,4% dei laureati ha un’occupazione continuativa iniziata dopo la laurea. Un buon assorbimento sul mercato del lavoro si registra anche per scienze e tecnologie farmaceutiche (67,3%) e delle scienze e tecnologie informatiche (66,4%). Superiori alla media sono anche le percentuali di occupati relative ai laureati in scienze della mediazione linguistica (62,4) e in disegno industriale (61). I livelli più bassi di occupazione continuativa si osservano, invece, per i laureati del gruppo giuridico (solo 22 su 100 hanno un lavoro continuativo dopo il conseguimento del titolo); seguono i laureati dei gruppi geo-biologico (31,3%), psicologico (32,2%) e letterario (35,3%). Per quanto riguarda gli stipendi, a poco più di tre anni dal conseguimento del titolo i laureati che svolgono un lavoro iniziato dopo la laurea (continuativo e a tempo pieno) guadagnano in media circa 1.300 euro ed è lievemente più elevato lo stipendio mensile netto dei laureati in corsi lunghi (1.310 euro contro i 1.293 relativi ai triennali). Dallo studio emerge pure che il numero delle matricole, dopo annate che hanno fatto registrare decisi cali nel numero dei neo-iscritti, si è stabilizzato: poco più di 307mila nell’anno accademico 2007-2008. Nello stesso anno la gran parte delle immatricolazioni (83,4%) si è indirizzata vero i corsi di durata triennale, mentre il 15,5% delle matricole ha scelto corsi di laurea a ciclo unico (medicina, farmacia, lauree magistrali in giurisprudenza, ecc..). Su cento nuovi iscritti, inoltre, 56 sono donne e la loro presenza è particolarmente alta (oltre l’80%) nei gruppi insegnamento, psicologico e linguistico. La fetta più consistente di «fuori sede» riguarda i giovani del Mezzogiorno che nel 19,2% dei casi vanno a studiare negli atenei del Centro- Nord. La disaffezione allo studio si rivela in genere precocemente: gli abbandoni o le interruzioni di frequenza, infatti, avvengono per lo più all’inizio del corso di studi. Gli abbandoni più consistenti si registrano per i corsi del gruppo geo-biologico, scientifico e chimico-farmaceutico. ____________________________________________________________ Il sole24Ore 21 Mag. ‘09 IO, RICERCATORE DA UN MILIARDO DI DOLLARI La storia. Gino Beggiolin, scienziato italiano in cassa integrazione, che ha studiato una molecola antitumorale di Daniele Lepido La strana storia di Gino Beggiolin, 52 anni ad agosto, è quella di un ricercatore "valutato" un miliardo di dollari dalla stessa azienda che lo ha appena lasciato a casa. Pizzetto sale e pepe e occhi arrabbiati di chi non vuole arrendersi al magro destino della cassa integrazione, Beggiolin è considerato il "papà" del pixantrone, una molecola anticancro studiata a Bresso, nei laboratori della Cell Therapeutics, il gruppo di Seattle che ha deciso di chiudere i battenti portando Oltreoceano i risultati di uno studio ventennale. Quello stesso pixantrone, in fase di approvazione presso la Food and Drug Administration, che ha superato la fase tre della sperimentazione sull'uomo e che potrebbe fruttare «uri miliardo di dollari entro i12014» come ha comunicato la società alla Consob il i9 marzo, con tanto dì nota ufficiale del presidente Craig Fhilips. Concetto ribadito e un poco "aggiustato" quattro giorni più tardi (un miliardo «è l'obiettivo strategico, non una stima») preciserà un nuovo comunicato su richiesta dell'ente di vigilanza sulla Borsa per fugare il dubbio di aggiotaggio. Perché sull'onda di queste aspettative, ma anche dei tagli che sono arrivati puntuali (la Borsa può essere molto cinica), la Cell Therapeutics ha messo a segno negli ultimi sei mesi a Piazza Affari una performance strabiliante: +700% contro il +3,2% dell'S&P/Mib. La notizia di cronaca è però un'altra: dal 18 maggio la Cell Therapeutics ha chiuso i suoi laboratori di Bresso, tagliando il posto di lavoro ai 54 ricercatori che, assieme a Beggiolin, hanno affinato in fase pre clinica le proprietà della molecola Ma a cosa serve, allora, il pixantrone? «Glielo dico con parole semplici -dice il ricercatore : si è rivelato efficace contro il linfoma non Hodgkin, che è un tumore maligno del sistema linfatico, e in particolare contro quelli aggressivi e recidivati, quindi i più bastardi, mi passi il termine». Beggiolin ha iniziato a far ricerca sul pixantrone nel z99o, quando la Boehringez' Mannheim viene ceduta al gruppo Roche, passando ancora di mano alla Novuspharma per essere poi rilevata dalla Cell Therapeutics e nel 1998 diventa project leader. La sua biografia è di quelle eterodosse per uno scienziato "non laureato", come svela lui stesso. «Dopo il diploma in chimica all'istituto Molinari mi sono iscritto a biologia, ma dopo quattro esami ho mollato perché avevo bisogno di lavorare». Così vince una borsa di studio all'istituto Mario Negri di Silvio Garattitv, dove inizia ad occuparsi di ricerca antitumorale. È il 1979 e da allora Beggiolin, che sul suo vecchio biglietto da visita è definito l'harntacology in vivo scientist, come chi invece il "pezzo di carta" l'ha conseguito, ha al suo attivo una quarantina tra pubblicazioni e abstract, ma soprattutto trent'anni passati tra provette e laboratori. «Il punto di forza del pixantrone è ch e ha degli effetti collaterali limitati – sostiene - perché al contrario di molecole come la doxorubicina e il mitoxantrone, ha una cardio tossicità contenuta, non fa male al cuore». Beggiolin non sa cosa farà ora, così come gli altri 54 ricercatori che comunque non hanno nessuna intenzione di «disperdere le loro competenze» fruttate alla Cell Therapeutics una molecola da un miliardo. Una cifra, comunque, non casuale: il bilancio del gruppo di Seattle è quello di un'azienda al collasso che ha deciso di trasformarsi in un'entità commerciale. Azienda che al primo trimestre 2009, chiuso il 31 marzo scorsa, mostrava in bilancio 20mila dollari di ricavi e perdite nette superiori, guarda caso, al miliardo di dollari (1.325.444.000). Ecco, forse, a livello finanziario, a cosa servirà il pixantrone "inventato" in Italia dai tanti piccoli e grandi Beggiolin della ricerca, daniele.lepido@ilsole24ore.com ____________________________________________________________ Il sole24Ore 23 Mag. ‘09 UNA POLIZZA «100 E LODE» PER GLI STUDENTI MODELLO Assicurazioni. Tasse universitarie pagate in tutto il monda ai diplomati meritevoli Sottoscrizione entro i 9 anni con un premio da 550 euro Riccardo 5abbatini Avete un figlio con gli occhi vispi, che vi interroga sulle costellazioni celesti, studia con profitto e, al cinema, preferisce "Jurassilc Park" alla "Carica dei 100"? La polizza "100 e lode" potrebbe fare al caso vostro. E la prima assicurazione meritocratica a misura di studente modello. Se questi conclude la maturità con il massimo dei voti (z00 e lode) l’assicuratore si impegna a pagare le successive tasse universitarie, in qualsiasi ateneo al mondo, fino ai 120mila euro. Il costo della scommessa "meritocratica" è,tutto sommato, accettabile: un premio di 550 euro, eventualmente rateizzabile. Lo propone Arfin, piccola compagnia specializzata nei rami cauzioni e credito (i 5 milioni di premi raccolti nel 2008) e che, attraverso la sua iniziativa - è scritto nelle note informative - si propone di «azzerare per quanto possibile ì privilegi della nascita, dando la possibilità ai ragazzi di autorealizzarsi sulla base del loro impegno e del loro merito». Superando la barriera d'ingresso rappresentata dalle alte tasse d'iscrizione delle migliori università. Normalmente l'assicuratore, in una polizza di "puro rischio", paga quando si verifica un evento luttuoso o comunque, sgradevole: la morte del beneficiario, un infortunio, un incidente d'auto. In questo caso, invece, il "sinistro" è un accadimento lieto sul quale- questa è un'altra anomalia nei tradizionali modi di fare degli assicuratori - il beneficiario può influire con i suoi comportamenti, studiando sodo prima della maturità. Anche per questo e per evitare il rischio di antiselezione - cioè che le polizze siano richieste unicamente dai genitori dei "primi della classe" - la sottoscrizione del contratto è consentita soltanto fino al nono anno di età. «Esistono studi realizzati all'estero - spiega Francesco Jacini, amministratore delegato di Axfin- che consentono di poter stimare in modo attendibile la futura performance di uno studente già a dieci anni di età». In una garanzia assicurativa così atipica come è stato possibile stimare il rischio della compagnia? «Normalmente la percentuale di coloro che concludono la maturità con il massimo dei voti - è ancora Jacini a parlare - si attesta intorno allo 0,7-0,9 della popolazione studentesca». Nei confronti internazionali l’Italia non è ai primi posti. «Secondo il Pisa-test condotto dall'Ocse che stima il livello effettivo di conoscenza raggiunto al termine delle scuole superiori, le regioni settentrionali della penisola sono allineate al livello europeo, quelle centrali sono lievemente sotto la media mentre quelle meridionali sono al fanalino di coda. A guardare i risultati delle pagelle, però questo divario non risulta». In pratica dietro diplomi d'eccellenza possono nascondersi studenti mediocri. E così per evitare "falsi positivi" la polizza prevede che lo studente superi anche il test in lingua inglese Sat (scholastrc aptitude test) reasoning test che gli studenti in Usa sostengono per accedere all'università. Gli Stati Uniti sono il regno della meritocrazia. ________________________________________ LA NUOVA Sardegna 24 mag. ’09 DNA DEI NURAGICI, PARTE L’AVVENTURA Diventa operativo il laboratorio di archeologia molecolare di Tigellio Sebis VILLANOVAFORRU. Gli assenti hanno sempre torto. E ad avere avuto torto ieri mattina è stata la Regione che è mancata nei suoi massimi livelli ad uno di quegli appuntamenti destinati a segnare un cambio di rotta nella fruizione dei beni culturali: la presentazione nel Museo del Territorio de "Sa Corona Arrubia" del Lani (Laboratorio archeologia molecolare) con il quale si andrà alla identificazione del Dna dei nuragici. Una assenza tanto più colpevole perché la mattinata di studio ha di fatto rappresentato una sorta di svolta storica capace di coniugare ricerca, divulgazione scientifica e turismo. Con la Sardegna che diventa apripista della nuova stagione a livello nazionale ed europeo. Una "intuizione" quella di abbinare scienza ed archeologia nata nel 2001 a seguito dell'incontro tra il grande vecchio di Marmilla, lo storico presidente de Sa Corona Arrubia Giovanni Pusceddu, e Mario Pirastu, direttore dell'istituto di genetica del Cnr nonché presidente della società Shardna, il quale di fronte ad un patrimonio di 16 mila denti ritrovati nei siti archeologici del Consorzio, pensò di andare alla ricerca del Dna primigenio delle genti di Sardegna. Una proposizione condivisa e sostenuta anche Luca Cavalli Sforza, lo scienziato di fama mondiale delle università di Stampton nonché di Pavia che in occasione di una visita ai laboratori di ricerca nell’ormai lontano 2005 ebbe a dire: «I musei, quando intesi come tabernacoli intoccabili, sacrari per reliquie più o meno importanti, invecchiano inesorabilmente. Farli diventare, invece, luoghi di sperimentazione, ricerca ed informazione in divenire li rende invece vivi ed interessanti, degni d'essere visitati». Ed ieri la giornata evento che se da un lato ha di fatto reso operativo il Laboratorio - costato un milione 500 mila euro a valere su una misura Por 2000-2006 - dall'altro sono state presentate al pubblico le potenzialità insite alle attività legate alla ricerca, allo studio e alla didattica in ambito archeologico e genetico nonché gli attori di tale processo. Vale a dire le figure professionali, 17 operatori altamente qualificati ed appositamente formati con il corso Team: un corso di alta formazione nel campo della museologia, della comunicazione scientifica e nella gestione di impresa i quali hanno seguito un percorso formativo realizzato dall'Ifolf, Fondazione Adriano Buzzati Traverso e dalla Space, finalizzato appunto all'acquisizione di competenze nella gestione del Centro di divulgazione scientifica dell'archeologia molecolare del museo de Sa Corona Arrubia. L'importanza della nuova proposizione firmata "Corona Arrubia" è stata sottolineata dal presidente del consorzio Alessandro Merici e dal presidente della società di gestione del museo Daniele Mascia. L'assessore alla cultura Rossella Pinna ha detto che la specializzazione dell'offerta turistica è la strada da seguire. Ricerca scientifica archeologia e. turismo E questa la nuova sfida che lancia il museo di Sa Corona Arrubia con il progetto del Lam il laboratorio di archeologia molecolare ____________________________________________________________ Il sole24Ore 21 Mag. ‘09 PERSONE CONNESSE Quattro miliardi di chiamate per Olli-Pekka Kallasvuo DI LUCA DE BIASE Un'invenzione della Nokia di anni fa, consentiva di ascoltare la radio col cellulare mandando messaggini agli altri ascoltatori: doveva essere l'ennesimo gadget per i maniaci delle comunicazioni nel ricco Occidente. Ma è stato snobbato. È diventato invece un successo in Africa: le persone si riuniscono intorno a quelle radioline per poi scambiarsi notizie e commenti con gli amici dei villaggi vicini. Il senso della tecnologia è scritto da chi la usa. La lezione degli sms si rinnova: all'inizio dell'epopea dei telefonini digitali, i progettisti del sistema di messaggistica per i tecnici del Gsm non potevano immaginare quello che gli utenti ne avrebbero fatto. È stato un caso di scuola, uno tra molti. Come interpretarli? «È tutto molto complesso. Sempre più complesso». Lo sguardo di Olli-Pekka Kallasvuo, il capo della Nokia, esplora il suo mondo. Cerca parole che forse non esistono. Vorrebbe poter descrivere per i lettori di Nova quello che sta accadendo ai 4 miliardi di persone che usano il cellulare: il più grande fenomeno tecnologico della storia si è trasformato in un gigantesco insieme di novità sociali e culturali. La sintesi cui giunge è tanto semplice quanto disarmante. «Le persone sono tutte diverse. E non esiste un cellulare che possa andare a bene per tutti». La sorpresa, spesso, è nell'ovvio. Forse, l'ossimoro della personalizzazione di massa è finora bastato a spiegare l'enorme successo della Nokia: i cellulari con il marchio finlandese sono usati da un miliardo di persone, tutte diverse, e sono stati acquistati l'anno scorso da mezzo miliardo di persone, tutte diverse. Ma per guardare avanti, specie nel corso di una profonda crisi globale, occorre accettare una grande sfida intellettuale. La Nokia si era data la missione di connettere le persone e ci è riuscita più di ogni altra azienda del mondo: ma quelle persone connesse sono diventate le vere fonti del valore delle sue tecnologie. Kallasvuo sa che il segreto del futuro è nelle reti sociali che adottano le tecnologie e le reinterpretano. In ogni parte del mondo. Per rispondere alle vecchie domande la Nokia sta sviluppando domande nuove. Che cosa coinvolge? Che cosa ispira? Chi sono i leader culturali? «L'Italia è un laboratorio per il pianeta» dice Kallasvuo. «È il mercato più sofisticato del mondo. Solo ciò che ha successo in Italia può avere successo altrove, per quanto riguarda le soluzioni più avanzate». I ruoli sono chiari: ci sono i «leader tecnologici» che adottano e sperimentano tutte le nuove funzionalità e ci sono i «giovani esploratori» che aspirano a possederle pur restando in budget limitati. Ma questa è solo una delle situazioni possibili. Le dinamiche culturali che generano il senso dei cellulari per le persone sono infinite. Per rispondere, la Nokia si è data un percorso di ricerca. Interroga un gigantesco panel di 64 mila persone, cercando segnali precoci. Ha teorizzato l'esistenza di una quindicina di stili di vita. A parte i classici impallinati della tecnologia, ci sono quelli che pensano alle esigenze della famiglia e quelli che cercano solo le cose più semplici, quelli che vogliono pragmaticamente delle soluzioni e quelli che puntano sulla tecnologia per organizzarsi la vita. Ma le sfumature sono importanti come le tipologie principali. E se, per esempio, l'Italia è la terra dei «giovani esploratori» è anche il luogo nel quale si stanno moltiplicando i «cercatori di semplicità». Il problema è enorme. I cellulari non sono più da tempo solo dei pezzi di plastica intelligente dedicati a telefonare. I produttori li hanno trasformati in strumenti personali dalle molteplici capacità di comunicazione, memorizzazione ed elaborazione, in macchine fotografiche e lettori di musica, bussole e torce elettriche, terminali di accesso all'universo di servizi generati dall'infinita cornucopia internettiana. Ma anche se i produttori possono pensare le utilizzazioni, solo l'ecosistema dei consumatori e degli sviluppatori ne può esplorarne il vero valore. «In passato il problema era capire come le persone usano il telefonino. Oggi contano le applicazioni. Per noi, quindi, si tratta di progettare non più cellulari ma soluzioni, che integrino terminali e servizi per i diversi contesti» dice Kallasvuo. «Un esempio adatto agli europei, è l'offerta di un cellulare che contiene un lettore di mp3 e, insieme, l'accesso libero a tutta la musica per un anno. Ma in India le esigenze sono diverse. In molti villaggi il cellulare è l'unico strumento per comunicare voce e dati. Sta diventando la porta di accesso degli agricoltori o dei pescatori alle preziose informazioni sui prezzi di mercato. In Cina, dove Nokia è leader, molti fenomeni sono guidati dall'entusiasmo tecnologico dei giovani internettari. AL Cairo abbiamo dovuto trovare il modo di alzare il volume delle suonerie, perché altrimenti il rumore della città le rende inservibili. E ovunque i contenuti devono essere locali». Il significato dei cellulari cambia nei diversi contesti. E le tecnologie che riconoscono il luogo dove si trova il cellulare, da tempo ai nastri di partenza, si preparano a farsi interpretare. «Oggi possiamo avere informazioni su un palazzo di Milano semplicemente inquadrandolo con la fotocamera». Le applicazioni commerciali sono molteplici. Ma l'adozione sarà frutto del modo in cui la società le riconoscerà e le farà proprie. La complessità del racconto che viene dalla Nokia è lo specchio fedele della ricerca amplissima che l'azienda finlandese sta compiendo su un insieme gigantesco di miliardi di persone. Forse è più facile lanciare messaggi semplici per aziende più focalizzate come Apple e Google. Ma la ricerca della complessità è un compito necessario. E qualcuno lo deve svolgere. II leader non si può ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’09 LO STRAORDINARIO SI PAGA SOLO SE È AUTORIZZATO Il servizio di guardia medica necessita di una autorizzazione preventiva per determinare il diritto al compenso per lavoro straordinario. Le prestazioni svolte oltre il normale orario di lavoro non sono retribuibili neppure ai sensi dell'art. 2041 Cc, «perché l'iniziativa unilaterale del lavoratore non può sopperire all'apprezzamento organizzativo dell'amministrazione stessa in ordine dell'utilità o meno di tale lavoro e, quindi, non è in grado di dimostrare che l'amministrazione si sia effettivamente arricchita in modo indebito». Sulla retribuzione per il lavoro straordinario si è pronunciato il Tar Sardegna ( sentenza n. 48/09 ), respingendo il ricorso di un docente, assistente ordinario, che chiedeva ad Asl e Università il risarcimento del danno. Tra il 2002 e il settembre 2003, il professore lamentava di aver svolto ore eccedenti il normale orario di lavoro nell'ambito del servizio di guardia medica e di non aver goduto di sei giornate festive, non fruendo del riposo settimanale. Il Tar ha riunito i ricorsi e li ha rigettati. Per le ore di straordinario svolte per coprire i turni di guardia medica il docente aveva presentato una nota del responsabile del personale attestante che, alla data del 24 settembre 2003, «residuano n. 632 ore da recuperare e n. 6 giorni festivi da recuperare». Ma tra gli atti depositati dal docente - afferma il tribunale - «non vi è traccia della preventiva autorizzazione alla prestazione del lavoro straordinario e neppure un successivo riconoscimento da parte dell'organo deputato circa l'indifferibilità della prestazione». Infondata, dunque, la pretesa del ricorrente, secondo un consolidato orientamento (Cds n. 3117/2001; Tar Sicilia n. 139/2004). Accolta, invece, la richiesta di risarcimento danni per le prestazioni lavorative espletate anche nel giorno destinato al riposo settimanale (senza avere successivamente fruito, per esigenze di servizio, del riposo compensativo). I giudici hanno sottolineato che l'art. 22 del Ccnl del 5/12/1996 «non impedisce che l'espletamento del servizio festivo debba essere risarcito al dipendente con una somma che, in via equitativa, si determina moltiplicando il numero delle ore svolte per l'indennità di straordinario dovuta nel periodo di riferimento». P.Mart. ======================================================= ____________________________________________________________ Il sole24Ore 19 Mag. ‘09 OBAMA: L'ABORTO, CRISTO E LA NOSTRA COSCIENZA DISCORSO ALL'UNIVERSITA’ DI NOTRE DAME di Barack Obarna L a vostra generazione, giovani laureati dell'Università dì Notre Dame, entra nel mondo adulto in un momento di grande rilevanza per la nostra nazione e per il pianeta: uno di quei rari punti di svolta nella storia, dove le dimensioni e la portata delle sfide che ci troviamo ad affrontare ci impongo no di fare in modo che il nostro mondo rinnovi la sua promessa. E’ un privilegio e una responsabilità che poche generazioni si vedono offrire; ed è un compito che voi siete chiamati ad assolvere. Questa generazione, la vostra generazione, è quella che deve trovare una via per tornare alla prosperità e decidere quale risposta dare a un'economia globale che lasciava indietro milioni di persone ancora prima della recente crisi: un'economia dove spesso ciò che' veniva compensato erano l'avidità e le idee di corto respiro, invece dell'equità> del rigore e delle oneste fatiche quotidiane. La vostra generazione deve decidere come muoversi per salvare il creato da cambiamenti climatici che minacciano di distruggerlo. La vostra generazione deve cercare la pace in un momento in cui vi sono persone che non si fermano davanti a nulla pur di arrecarci danno, e in cui armi nelle mani di pochi possono distruggere molti. E dobbiamo trovare uri modo per riconciliare il nostro mondo, sempre più piccolo, con la sua diversità, sempre più grande: diversità di pensiero, diversità di cultura e diversità di credo. In breve, dobbiamo trovare un modo per vivere insieme come un'unica famiglia umana. Ed è di quest'ultima sfida che vorrei parlarvi oggi. Le minacce principali a cui dobbiamo fax fronte nel XXI secolo - si tratti della recessione globale o dell’estremismo violento, della diffusione delle armi nucleari o delle pandemie - non fanno distinzioni. Non si curano delle frontiere. Non vedono il colore. Non prendono di mira determinati gruppi etnici. E nessuna persona, nessuna religione o nazione possono affrontare queste sfide da sole. Mai come oggi, in questo momento storico, una maggiore collaborazione e una maggiore comprensione reciproca fra tutte le persone, di tutti i luoghi, sono state tanto necessarie. II soldato e l'avvocato possono amare questo Paese con la stessa passione, ma giungere a conclusioni molto diverse sulle misure specifiche necessarie per proteggerci. Il militante omosessuale e il pastore evangelico possono deplorare entrambi le grandi sofferenze provocate dal virus Hiv, ma non riuscire a colmare il divario culturale che li separa e unire i loro sforzi. Chi è contrario alla ricerca sulle cellule staminali magari lo fa sulla base di un'ammirevole fede nella sacralità della vita, ma 19 stessa motivazione muove i genitori di un bambino malato di diabete giovanile, convinti che questa ricerca possa alleviare le sue sofferenze. La domanda allora è: come possiamo fare per risolvere questi conflitti? Siamo in grado di unire le nostre mani in uno sforzo comune? Come impegnarci in un dibattito acceso in quanto cittadini di una democrazia vivace e variegata? Come può ciascuno di noi non arretrare sui propri principi e al tempo stesso lottare per quello che consideriamo giusto, senza demonizzare, come diceva padre Iohn, chi dall'altra parte nutre convinzioni altrettanto salde? E naturalmente la questione dell'aborto è il tema dove queste domande insorgono con maggior forza. Ragionando sulle polemiche che hanno accompagnato la mia visita in questa università mi sono ricordato di un incontro che avevo avuto durante la mia campagna per il Senato, che ho descritto nel mio libro L'audacia della speranza. Pochi giorni dopo aver conquistato la nomination per il partito democratico, ho ricevuto una mail da un medico che mi diceva di aver votato per me nelle primarie dell'Illinois, ma che temeva fortemente che questo tema potesse impedirgli di darmi il suo voto alle elezioni generali. Si autodefiniva un cristiano fortemente contrario all'aborto, ma diceva che non era questo che rischiava di farmi perdere il suo voto. A turbare quel medico era uno dei punti inseriti dai miei collaboratori sul sito della mia campagna elettorale, dove era scritto che intendevo battermi contro «quegli ideologi della destra che vogliono privare la donna del diritto di scegliere». Il medico diceva che dava per scontato che fossi una persona ragionevole che era favorevole alle mie iniziative politiche per aiutare i poveri e migliorare il nostro sistema scolastico, ma che se veramente io fossi stato convinto che ogni antiabortista non era altro che un ideologo desideroso di infliggere sofferenze alle donne, allora ne doveva concludere che ' non ero poi così ragionevole. Scriveva: ' «Non le chiedo di opporsi all'aborto, solo di affrontare questo tema usando parole equilibrate». Parole equilibrate. Dopo aver letto questa lettera, ho risposto al mittente ringraziandolo. E non ho modificato la mia posizione di fondo, ', ma ho detto ai miei collaboratori di cambiare quelle parole che comparivano sul mio sito. E quella sera ho pregato di riuscire a concedere agli altri la stessa presunzione di buona fede che lui aveva concesso a me. Perché quando facciamo una cosa del genere, quando apriamo il nostro cuore e la nostra mente a coloro che possono non pensarla esattamente come noi o non credere esattamente in quello in cui crediamo noi, è in quel momento che scopriamo almeno la possibilità di un terreno comune. È in quel momento che iniziamo a dire: «Forse non siamo d'accordo sull'aborto, ma possiamo comunque essere d'accordo sul fatto che questa decisione straziante per ogni donna non viene presa alla leggera, che è una decisione che ha implicazioni sia in senso morale che spirituale». E perciò lavoriamo insieme per ridurre il numero delle donne che ricorrono all'aborto, riduciamo le gravidanze indesiderate. Rendiamo più facile l’adozione. Garantiamo cure e sostegno a quelle donne che scelgono di portare fino in fondo la loro gravidanza. Rispettiamo la coscienza di chi è contrario all'aborto ed elaboriamo una nonna equilibrata sull'obiezione di coscienza, facciamo in modo che tutte le nostre politiche sanitarie siano fondate non soltanto su comprovate verità scientifiche, ma anche su principi etici chiari e sul rispetto per l'uguaglianza delle donne. Queste sono cose che possiamo fare. Voglio che una cosa sia ben chiara, laureati del 2009: io non sto suggerendo che il dibattito sull'aborto debba cessare. Perché per quanto possiamo cercare di eluderlo - pur sapendo che le opinioni della maggior parte degli americani sull'argomento sono complesse e perfino contraddittorie - il dato di fatto è che da un certo punto di vista le opinioni dei due schieramenti sono inconciliabili. Ognuna delle due parti continuerà a perorare la sua tesi presso l'opinione pubblica con passione e convinzione. Ma certamente possiamo fare tutto questo senza ridurre le opinioni altrui a caricature. Cuori aperti. Menti aperte. Parole equilibrate. E un modo di vivere che è sempre stato nella tradizione di Notre Dame. Questa tradizione di cooperazione e comprensione è una lezione che ho appreso nella mia vita molti anni fa, anche con l'aiuto della Chiesa cattolica. Vedete, io non sono cresciuto in una famiglia particolarmente religiosa, ma mia madre mi ha instillato la passione di servire e amare il prossimo, e questo mi ha portato, finita l'università, a impegnarmi nell'attività sociale a livello locale. Un gruppo di chiese cattoliche di Chicago contribuì a fondare un'organizzazione chiamata Progetto per lo sviluppo delle comunità, e lavorammo insieme per il recupero di quei quartieri del South Side devastati dalla chiusura dell'impianto siderurgico locale. Eravamo una squadra piuttosto eclettica - chiese cattoliche e protestanti, militanti ebrei e afroamericani, operai neri, bianchi e ispanici che vivevano là - tutti con esperienze diverse,tutti con convinzioni diverse. Ma tutti abbiamo imparato a lavorare fianco a fianco, perché tutti vedevamo, in questi quartieri, altri esseri umani che avevano bisogno del nostro aiuto> per trovare lavoro e migliorare le scuole. A legarci tutti era la volontà di servire gli altri. Ed è successo qualcos'altro nel periodo che ho trascorso in quei quartieri, forse perché le persone di chiesa con cui lavoravo erano così accoglienti e comprensive; forse perché mi invitavano alle loro funzioni e cantavano con me i loro inni, forse perché ero in bolletta e mi hanno dato da mangiare. Forse perché sono stato testimone di tutte le opere buone che la loro fede li spingeva a compiere mi sono trovato attratto non solo dall'idea di lavorare insieme alla Chiesa: mi sono trovato attratto dall'idea di far parte della Chiesa. t stato attraverso questo impegno che mi sono avvicinato a Cristo. Ora voi, laureati del a009; vi apprestate a entrare nella fase successiva della vostra esistenza in un periodo di grande incertezza. Sarete chiamati a ricostruire un libero mercato che sia anche equo nei confronti di chiunque sia disposto a lavorare. Sarete chiamati a cercare nuove fonti di energia per salvare il nostro pianeta, a offrire alle generazioni future la stessa occasione che avete avuto voi di ricevere un'istruzione straordinaria E sia che scegliate di servire la collettività, sia che vogliate semplicemente essere cittadini attivi, sarete esposti a una quantità di idee e di opinioni senza precedenti, veicolate attraverso una varietà di mezzi di comunicazione senza precedenti. Sentirete presentatori televisivi urlare sulle reti via cavo, leggerete blog che pretendono di essere in possesso della verità indiscutibile, vedrete politici che fingono di sapere di che cosa stanno parlando. Di tanto intanto, potreste essere tanto fortunati da vedere questioni importanti discusse da gente che sa davvero di che cosa parla, persone bene intenzionate, con una mente brillante e la piena conoscenza dei fatti. Anzi, credo proprio che tra di voi si nasconda qualcuna di queste persone speciali. E in questo mondo di concezioni contrastanti su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, abbiate fiducia nei valori con cui siete stati cresciuti ed educati. Non abbiate paura di esprimere il vostro pensiero quando sono in gioco tali valori. Tenetevi stretta la vostra fede e usatela come punto di riferimento nel vostro viaggio. In altre parole, siate un faro. Ma ricordate anche che potete essere un crocevia. Ricordate anche che l’ironia ultima della fede è che essa, necessariamente, contempla ii dubbio. La convinzione in cose invisibili. Conoscere con certezza ciò che Dio ha previsto per noi, o ciò che Egli ci chiede, va al di là delle nostre capacità umane. E chi di noi crede deve confidare nel fatto che la Sua saggezza è superiore alla nostra. E questo dubbio non deve spingerci lontano dalla nostra fede. Ma deve renderci più umili. Deve temperare le nostre passioni, indurci a diffidare del moralismo eccessivo. Deve costringerci a rimanere aperti e curiosi, ansiosi sì di continuare il dibattito spirituale e morale che tanti di voi hanno avviato qui tra le mura della Notre Dame. E nella nostra vasta democrazia, questo dubbio deve ricordarci, senza venire assolutamente meno alla nostra fede, di persuadere il prossimo usando la ragione, facendo appello ogni volta che possiamo a principi universali, non principi limitati e di parte, e soprattutto attraverso l'esempio costante delle opere di bene, della carità, della gentilezza e dello spirito di servizio capace di smuovere la mente e il cuore. L'articolo è un ampio stralcio del discorso che i1 presidente americana ho tenuto domenica scorsa all'Università di Notre Darne nel(7ndiono (Traduzione di Fabio Gulimberti) L’VIMPEGNO DEI GIOVANI «Entrate nel mondo adulto in un momento di grande rilevanza per la nostra nazione. È un pregio e una responsabilità» Alla Notre Dame. Barack Obama il presidente Usa all'Università cattolica: «Quando apriamo la nostra mente a chi non pensa come noi, scopriamo la possibilità di un terreno comune» ____________________________________________________ Sardegna 22 mag. ’09 CONFRONTO LIORI-OPPI SUL PIANO PER LA SANITÀ Il numero reale di posti letto, il settore della medicina psichiatrica e la situazione delle scuole per gli infermieri professionali. Sono solo alcuni dei punti toccati ieri mattina dall'assessore regionale alla Sanità, Antonello Liori, in audizione alla Settima commissione Sanità, presieduta da Felicetto Contu. Solo una prima consultazione, un primo confronto sull'organizzazione delle strutture dell’assessorato e di quelle sanitarie, dalle singole situazioni ospedaliere, alla rigidità della spesa. In pratica, tutto ciò che riguarda il piano sanitario e la opportunità di una sua rivisitazione. «L’assessorato - ha sottolineato Liori - ha avviato una intensa attività, e specifiche consultazioni con le aziende sanitarie, per verificare la situazione e valutare concretamente i singoli problemi. Ma reimpostare il Piano sanitario richiede tempo». Alcune priorità sono state già affrontate, ha precisato l'assessore: la questione della medicina veterinaria, il problema delle medicina penitenziaria con l’apertura di apposite strutture ad esempio nell’Ospedale di Is Mirrionis a Cagliari. Il direttore generale dell’assessorato, Franco Trincas, ha precisato che il numero degli iscritti alle scuole professionali, da 320 a 400. Giorgio Oppi (Udc) ha posto alcuni interrogativi: come affrontare la questione dei direttori generali? Come affrontare il contenimento delle spese, soprattutto in alcune Direzioni generali? «Ci vuole un intervento deciso - ha detto Oppi - posto che i problemi si possono affrontare solamente "insieme"». Pierluigi Caria (Pd) ha detto che «occorre affrontare il tema del personale con criteri nuovi, sulla base dei posti letto e delle esigenze dei territori». Giorgio Locci ha richiamato l’esigenza di ridurre nelle varie Asl le spese di rappresentanza e delle consulenze. Mentre Roberto Capelli ha ricordato che il peso maggiore del bilancio regionale è proprio sulla Sanità. ____________________________________________________ Corriere della Sera 22 mag. ’09 LA CARICA DELLE LEGGI TRAVOLGE I MEDICI Focus Salute e giustizia I protagonisti Sono soprattutto i medici di famiglia a dover far fronte ai nuovi impegni dettati dalle norme Le segnalazioni Un tempo c'erano soltanto quelle relative alle malattie infettive, oggi le denunce sono tante, a partire dai maltrattamenti Il consenso Prima di qualsiasi trattamento il medico deve avere dal paziente «l'autorizzazione a procedere» Il rifiuto C'è chi si informa su Internet e poi chiede farmaci o analisi: il medico può rifiutare Dagli immigrati agli statali: obblighi giuridici in aumento Il contrasto con la deontologia. «La formazione non esiste» Adriana Bazzi G li ultimi obblighi riguardano gli immigrati clandestini e gli statali con poca voglia di lavorare. Dal decreto sicurezza è sparita, è vero, la norma che imponeva ai medici di segnalare l'immigrato irregolare che si presentava in ambulatorio per farsi curare, ma l'introduzione del reato di clandestinità obbliga, di fatto, i medici, almeno quelli delle strutture pubbliche, a denunciare alla questura o ai carabinieri il paziente senza permesso di soggiorno. Nel decreto Brunetta, invece, è entrata la sanzione (pecuniaria, ma anche penale) per i medici di famiglia che firmano certificati di malattia a dipendenti pubblici che invece poi risultano sani. Si tratta soltanto degli ultimi due di una serie impressionante di obblighi giuridici (con relativa pena per mancato adempimento) che assalgono (e qualche volta travolgono) soprattutto i medici di base, e che contrastano sia con quel Giuramento di Ippocrate, appena rivisto in chiave moderna, che si pronuncia subito dopo la laurea, sia con il codice deontologico che impone al medico di curare chi ha bisogno, senza distinzione di razza, di religione, di sesso (e di cittadinanza). «Non a caso la deontologia è nata, a partire dal Seicento, quando la legge ha cominciato a diventare troppo invadente - commenta Amedeo Santosuosso, giudice del Tribunale di Milano e fra i fondatori della Consulta di bioetica - e si è rafforzata nel secondo dopoguerra, dopo i processi contro i medici nazisti». La questione del rapporto fra obblighi previsti dalla legge e regole dettate dalla deontologia non è, dunque, nuova, ma si sta complicando. Gli ambulatori dei medici di famiglia sono ormai un «territorio di confine» dove i professionisti della sanità sono costretti a barcamenarsi fra norme vecchie e nuove, spesso nebulose, non solo in conflitto con la coscienza, ma a volte in contrasto anche fra loro. Una giungla che cresce e si infittisce attorno a un nucleo originario, quello degli obblighi di legge «classici»: la denuncia obbligatoria di certe malattie infettive che rappresentano un pericolo per la sanità pubblica (come il colera) e per le infezioni veneree (la sifilide o la gonorrea, come da legge del 1956) oppure l'obbligo della visita prima di produrre un certificato di malattia. Ma la visita, dicono i medici rispondendo al ministro Brunetta, non basta a decidere se, ad esempio, l'emicrania o un altro sintomo dichiarato dal paziente è vero o falso. «I medici - dice Claudio Cricelli - sono obbligati alla visita, ma possono anche certificare, specificandolo, sintomi lamentati dal paziente». Cricelli, medico e presidente della Simg, la Società italiana di medicina generale, ricorda un'altra situazione molto delicata in cui il medico, nella sua pratica quotidiana, si deve confrontare con la legge: i casi di lesioni gravi che fanno sospettare un reato. Succede sempre più spesso, ad esempio, che il medico di famiglia noti sul corpo delle sue pazienti lividi che fanno pensare a maltrattamenti. E capita che la stessa ipotesi il pediatra possa arrivare a farla davanti ai lividi sul corpo di un bambino. «Il nostro obbligo - spiega Cricelli - è quello di riferire all'autorità competente, che approfondirà le indagini». Il medico lo «deve» fare, ma deve anche agire con cautela per non sbagliare e creare danni peggiori. La cronaca racconta casi come quello di Valentina, cinque mesi, morta, secondo le prime ipotesi, perché la mamma l'aveva scossa troppo e le aveva procurato danni al cervello (è la cosiddetta shaken baby syndrome, la sindrome del bambino scosso). Alla fine l'autopsia ha svelato che, in realtà, si trattava di una gravissima polmonite emorragica e così tutti, medici, investigatori, inquirenti hanno dovuto chiedere scusa. Dal medico di famiglia, poi, si presenta la donna che vuole abortire, che bisogna aiutare nel percorso legale che deve fare per arrivare all'interruzione di gravidanza; c'è la ragazzina che ha lo stesso problema e non vuole dirlo ai genitori. E così via, in un elenco interminabile. C'è poi il capitolo delle cure, governato, oggi, dalla legge sul consenso informato. Il medico, prima di qualsiasi trattamento o indagine diagnostica, deve acquisire il consenso, cioè deve avere «l'autorizzazione a procedere» dal paziente al quale devono essere spiegati i benefici e i possibili rischi ai quali può andare incontro. E non si possono attuare trattamenti sanitari obbligatori «tranne - precisa Santosuosso - in alcuni casi, come quello di certe vaccinazioni perché prevale il bene della comunità rispetto a quello del singolo oppure quando una persona diventa pericolosa per sé e per gli altri e allora il medico richiede il ricovero coatto al sindaco». Il medico, dunque, non può costringere una persona a curarsi, ma può rifiutarsi di curarla. Il caso Di Bella ha fatto storia: all'epoca sono dovuti intervenire i magistrati per imporre un trattamento anticancro che, secondo la maggior parte dei medici, non aveva alcuna efficacia. Oggi un numero sempre maggiore di persone arriva dal medico dopo aver acquisito informazioni via Internet e pretende prescrizione di esami diagnostici o di farmaci. «Il medico - dice Santosuosso - deve sempre fare delle scelte nell'interesse del paziente, ma ha anche la libertà professionale di rifiutare la prescrizione se non la ritiene opportuna». Ci sono poi prescrizioni «opportune» secondo la letteratura scientifica, come quelle di farmaci oppiacei contro il dolore, che rischiano di essere limitate dall'eccesso di regole (e l'Italia è l'ultima in Europa nell'uso di questi medicinali). I medici, in particolare i più giovani, hanno poca dimestichezza con leggi e codicilli sui quali non esiste una vera e propria preparazione universitaria. Per tutti, poi, sono troppo poche le occasioni di formazione per gli opportuni aggiornamenti. Tutta questa voglia di legge lascia però perplessa una parte dei medici, e forse anche dei pazienti, che vorrebbero un ritorno a una medicina più tradizionale e meno tecnologica. «Bisogna ritornare a essere medici come una volta, a guardare il malato come una volta - suggerisce Pasquale Spinelli della Federazione italiana della società medico-scientifiche (Fism).- Si deve ricreare un rapporto vero con il paziente. Ma oggi il sistema non lascia spazio per far questo. E nemmeno l'università lo insegna. Qualche volta le leggi servono soltanto a deresponsabilizzare il medico». abazzi@corriere.it ____________________________________________________ Corriere della Sera 20 mag. ’09 CINQUE ANNI DI CARCERE PER I CERTIFICATI MEDICI FALSI Sanzioni per dottori e dipendenti "fannulloni" ROMA — La riforma è quel la lì, quella che il ministro Re nato Brunetta ha pensato e scritto per ribaltare i criteri della pubblica amministrazio ne con l’intento di premiare i dipendenti capaci e i merite voli e non già tutti quanti, in distintamente, a pioggia. Ma adesso questa riforma tira in ballo anche i medici. E preve de il carcere. Proprio così. Poche righe nel decreto legislativo sulla produttività del lavoro pub blico per dire che per le false attestazioni o certificazioni è prevista «una sanzione pena le che può arrivare da uno a cinque anni, oltre ad una mul ta che va da 400 a 1660 euro». Vale per tutti. Medico. E pa ziente. Che questa volta non è necessariamente un dipen dente. A spiegarlo è lo stesso mini stro Renato Brunetta: «Que sto è un provvedimento mira to a punire la connivenza tra medico e paziente. Non ho dubbi che quello dei certifica ti medici falsi è un malcostu me dilagante. Ed era giunta l’ora di prendere di petto il problema». Il certificato medico falso è già un reato in sé, è un falso in atto pubblico. «Ma con questo provvedimento vole vo colpire direttamente e con più visibilità», spiega il mini stro Brunetta, forte dei risulta ti già ottenuti con i suoi pre cedenti decreti nella pubblica amministrazione. Dice, infatti: «È bastato sta bilire che dopo i primi dieci giorni di assenza dal lavoro ai dipendenti pubblici venisse tolta la cosiddetta componen te premiale dello stipendio. Stiamo parlando di una cifra che si aggira tra i 10 e i 12 eu ro al giorno. Stiamo parlando del decreto 112 che è diventa to la legge 33 ed è servito ad abbassare il tasso di assentei smo di circa il 40%». Non soltanto certificati. Nel testo del decreto legislati vo scritto dal ministro Brunet ta (che entrerà in vigore en tro i prossimi sessanta gior ni) è prevista una punizione penale anche per chi atteste rà falsamente la propria pre senza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di ri levamento della presenza o con altre modalità fraudolen te. Per capire: basterà anche far timbrare il proprio cartelli no da un’altra persona per rischiare da uno a cinque anni di carcere e da 400 a 1600 eu ro di multa. «Credo che gli obiettivi del ministro Brunetta siano con divisibili, ma bisogna stare attenti », commenta Amedeo Bianco, presidente della Fede razione nazionale degli ordi ni dei medici. E dice: «Intan to non sono convinto che sia necessaria l’entità della pena a scoraggiare un medico dal fare un certificato falso. Baste rebbe la certezza della pena. Cinque anni di carcere mi sembra davvero esagerato». Ma non solo. Amedeo Bian co ha un altro timore più for te rispetto al provvedimento del ministro Brunetta. Spie ga: «Stiamo parlando di falso certificato, ma come faccia mo a stabilirne le caratteristi che? Intendiamoci: un pazien te viene da me e mi dichiara un forte e persistente mal di testa per il quale io gli faccio un certificato con tre giorni di riposo. Bene. Quel pazien te, poi, viene trovato dentro un bar che gioca a scopetta o a biliardo. Io che colpa posso avere?». Il ministro Renato Brunet ta taglia corto: «Sono convin to che grazie a questo provvedimento i medici saranno molto più attenti e agiranno con scienza e coscienza». Il ministro Brunetta: «Quello dei certificati medici falsi è un malcostume dilagante» ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’09 FRANCIA: PAGELLE ON LINE A TUTTE LE CORSIE FRANCIA/ A regime il portale con cui il Governo d'Oltralpe fotografa le strutture sanitarie Oltre 1.200 i centri censiti: dall'identikit ai punteggi per le performance Valutazioni in base a cinque categorie Il neo vice-ministro del Welfare, Ferruccio Fazio , ci sta pensando da un po': un portale della Sanità italiana che faccia da bussola ai cittadini, fornendo dati sulla qualità e sulla quantità dei servizi disponibili. Al di là delle Alpi, però, ci si è già messi in moto. Certo servono ancora molti correttivi, ma la piattaforma sulle strutture sanitarie denominata "Platines" ( www.platines. sante.gouv.fr ), rilanciata nei giorni scorsi dal ministero della Salute, ma di fatto avviata un anno fa, è ormai una realtà. Che l'attuale titolare del dicastero, Roselyne Bachelot , ha ereditato dal suo predecessore, Xavier Bertrand , il quale ne aveva fatto un baluardo della trasparenza e della qualità degli ospedali transalpini, pubblici e privati. Il portale raccoglie attualmente la fotografia di 1.264 realtà appartenenti alla Francia metropolitana e ai dipartimenti d'Oltremare tra centri ospedaliero-universitari e istituti di lotta contro il cancro, strutture pubbliche e cliniche private. Che sono stati raggruppati in base alle loro dimensioni (numero di letti a disposizione), allo statuto e alla specificità. Così, collegandosi al portale l'utente può aprire una finestra non solo sulle caratteristiche della struttura (posti letto, dotazione tecnologica e attività generale), ma anche sulle sue performance: dalla maternità alle urgenze, dalla presa in carico dell'infarto del miocardio ad alcuni interventi di chirurgia ambulatoriale. Fino alla valutazione dell'ospedale sul fronte della lotta alle infezioni nosocomiali. Qui, infatti, sulla base di una classificazione messa a punto nel 2003 dall'Alta Autorità della Sanità (Has), le strutture sono inserite all'interno di cinque categorie: dalla A, cui corrispondono i punteggi più elevati, alla E, che rinvia alle performance peggiori. Non solo. A ciascun ospedale viene poi assegnato un punteggio che esprime la valutazione su 31 criteri differenti. Tutti legati alle strategie messe in campo per contrastare le infezioni (uso di prodotti idro-alcolici, lavaggio delle mani, ricorso agli antibiotici ecc.). Il portale, naturalmente, non contiene verdetti. Tanto più che il sito non presenta indicatori finanziari o di produttività, ma rende pubblici dati amministrativi che sono già raccolti nell'ambito del Programma di medicalizzazione dei sistemi di informazione (Pmsi) e raggruppati poi anche nella Statistica annuale degli ospedali (Sae). E che il ministero ha voluto fossero raggiungibili sia dai cittadini che dagli operatori. Con un'attenzione particolare ai tagli cesarei. Qui l'analisi dei dati delle strutture sembra mostrare che i fattori clinici (primiparietà, ipertensione materna ecc.) non sono i soli a determinare la scelta di un intervento di questo tipo. Che pare essere influenzato, almeno a giudicare dalle percentuali riportate nel sito, anche dal livello di classificazione della maternità (attrezzata o meno per affrontare le gravidanze problematiche) e dalla natura pubblica o privata della struttura. Così si scopre che le percentuali più elevate di cesarei sono registrate nelle maternità di livello 3 (quelle in cui sono accolte le gravidanze più a rischio), ma solo nelle grandi strutture. Che sono dotate di servizi specializzati per garantire assistenza a madri e neonati problematici. Mentre negli ospedali più piccoli, spesso sprovvisti di reparti ad hoc per le emergenze, i tassi più alti si presentano nelle maternità di livello inferiore, dove sono gestite le future mamme e i nuovi nati che non necessitano di particolari cure. Celestina Dominelli © RIPRODUZIONE RISERVATA ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’09 UN WELFARE DELLE OPPORTUNITÀ CHE ANTICIPI I BISOGNI DOPO IL LIBRO BIANCO DI ANGELO LINO DEL FAVERO * Dopo un'analisi dello scenario attuale, caratterizzato dal contesto della grande crisi, e la riflessione sui limiti e le potenzialità del modello sociale italiano, il recente «Libro bianco» riafferma il contesto valoriale sul quale fondare il Welfare del futuro. Innanzitutto la centralità della persona, nella sua mulitidimensionalità e nelle sue proiezioni affettive come la famiglia, e ancora il lavoro in quanto luogo privilegiato per realizzare il proprio progetto di vita che deve proiettarsi solidalmente nel contesto della comunità e del territorio. Si parla di un Welfare delle opportunità e delle responsabilità che vuole anticipare il formarsi del bisogno nell'ottica dell'eccellenza dei servizi. Si desidera condurre l'evoluzione dell'attuale modello sociale verso la valorizzazione delle funzioni pubbliche in sussidiarietà con la famiglia, le realtà private profit e non, e tutti i corpi intermedi che concorrono a costruire la comunità. Bisogna puntare su una valorizzazione diffusa del capitale umano, per combattere la solitudine e l'emarginazione e proporre una visione del lavoro come leva essenziale per far crescere l'autonomia delle persone e delle famiglie. Sostenibilità ed equità sono le grandi dimensioni che devono essere coniugate nel prossimo futuro per garantire l'ulteriore sviluppo del nostro sistema sociale. L'attenzione ai bisogni non può essere dissociata dall'attenzione ai meriti, così come la preoccupazione per la redistribuzione della ricchezza non può essere disgiunta dalle esigenze di uno sviluppo produttivo che riduce il bisogno, stimola la mobilità sociale, crea nuove opportunità di lavoro. Il nuovo modello di Welfare vuole servire la persona in una logica unitaria e globale che supera la frammentazione dei bisogni e quella logica assistenzialista che induce ulteriore disuguaglianza sociale, non rispondendo più alle esigenze organizzative di una società moderna. In questo contesto di riorientamento complessivo del modello sociale italiano, anche il Servizio sanitario deve rinnovarsi. Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità i sistemi sanitari devono perseguire tre fondamentali obiettivi: migliorare lo stato di salute della popolazione; rispondere alle aspettative di salute e di assistenza sanitaria (prevenzione, cura, riabilitazione) dei cittadini; assicurare le cure sanitarie a tutta la popolazione secondo modelli di finanziamento della spesa propri di ogni Paese. Per essere coerenti con quanto proposto da questi tre macro-obiettivi bisogna determinare un significativo ridisegno delle funzioni assistenziali che tenga conto della rivoluzione epidemiologica in atto, dello sviluppo scientifico e la sua applicazione in medicina, in sintonia con l'attesa di un miglioramento della qualità della vita. L'ospedale, come luogo di risposta predominante ai bisogni di salute e assistenza, deve lasciare spazio a una filiera di servizi di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione per la non autosufficienza assolutamente innovativi anche nelle modalità di erogazione e organizzazione, in grado di rispondere con appropriatezza e puntualità alle richieste dell'utente. Tutto ciò, paradossalmente, con un minore costo del sistema. Il modello di ospedale che si va consolidando opera in grandi reti. La tecnologia e le professionalità di cui si avvale sono elevate. Impiega metodiche di "dematerializzazione" nella trasmissione e archiviazione delle informazioni con capacità di risposta alla pluralità delle richieste del paziente, compresa la qualità e la sicurezza delle informazioni stesse. Nella dimensione territoriale acquisiscono un ruolo crescente i servizi di assistenza domiciliare, le residenzialità extra ospedaliere per non autosufficienti disabili, anche con formule innovative, quali gli ospedali di comunità e gli hospice per i pazienti in condizioni di fine vita. Lo sviluppo delle politiche di integrazione prevede una gestione unitaria dei servizi socio - sanitario- assistenziali in ambiti territoriali omogenei: la sistematicità e l'integrazione degli approcci, creando un continuum tra sistemi preposti alla cura della salute e sistemi addetti alla protezione sociale; lo sviluppo dei distretti socio-sanitari quali centri di riferimento dei cittadini e sede della integrazione operativa; la programmazione territoriale; il superamento della distinzione tra pubblico e privato attraverso il riconoscimento alle formazioni sociali di una soggettività di rilievo pubblico anche nella programmazione dei servizi. Il Welfare delle opportunità va oltre il concetto di integrazione tra ospedale e territorio, perché sa cogliere il valore della sinergia tra ambienti professionali con competenze diverse, ma assolutamente complementari nel percorso di cura e presa in carico della persona. Lo stesso vale per l'integrazione tra medici di medicina generale e altre figure professionali che operano sul territorio, promuovendo culture e saperi interdisciplinari e interprofessionali. Anche nella formula organizzativa, la medicina generale sta cambiando, con il superamento della figura del medico "solista", per approdare a nuove forme di associazione e collaborazione, che consentano di dar vita a un sicuro e stabile riferimento per il paziente lungo l'arco della giornata e della settimana. La sfida che il «Libro bianco sul futuro del modello sociale» vuole affrontare può essere espressa, in estrema sintesi, da questa volontà di declinare nella quotidianità del nostro modello sociale il costante riferimento al valore della persona inteso come fine ultimo di ogni azione politica. * Dg Ulss 7 Veneto Consulente ministro del Welfare ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’09 WELFARE CHE COSA CAMBIERÀ PER I CITTADINI Salute, meno ricoveri e più day hospital Oltre cento interventi saranno senza degenza - Medici di famiglia in attività 24 ore su 24 Paolo Del Bufalo L'assistenza che il Servizio sanitario nazionale assicura ai cittadini in tutto il Paese in modo uniforme sta per cambiare: più territorio, meno ospedale, analisi e visite specialistiche solo se davvero necessarie. E poi assistenza in gravidanza, in carcere, agli stranieri regolari e irregolari e ai cittadini italiani che hanno bisogno di cure all'estero, ma solo se in Italia non si possono ottenere in tempi ragionevoli. I nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) sono pronti - dopo le ultime limature della Salute e delle Regioni - a ridisegnare l'assistenza sanitaria. Le novità sono a tutto campo. A cominciare dall'assistenza sul territorio, che prevede un cambio di rotta nel lavoro di medici di famiglia e pediatri convenzionati: si dovranno occupare anche dell'educazione sanitaria del paziente e dei suoi familiari e di una vera e propria attività di sostegno per la gestione della malattia, della disabilità e per prevenire le complicazioni. I medici di base dovranno anche attivare «percorsi assistenziali» con valutazioni delle singole situazioni, il consulto con lo specialista e l'assistenza continua anche al momento del ricovero, durante la degenza e alla dimissione dall'ospedale. E - sulla scia del modello di assistenza «h24» presentato di recente dal ministero del Welfare, in cui l'assistenza primaria si organizza in forme associative tra più professionisti - dovranno assicurare le prestazioni territoriali "non differibili" anche di sera, di notte e nei giorni festivi e prefestivi. Sul territorio poi saranno razionalizzate visite specialistiche, indagini radiologiche e analisi, prescrivibili solo in caso di reale necessità. Niente più esami di colesterolo o trigliceridi per tutti, ad esempio: saranno possibili nella prevenzione per i malati di cuore e nei soggetti a rischio (diabetici, ipertesi e così via). Per l'assistenza ospedaliera - capitolo importantissimo anche ai fini della riduzione delle spese - è in vista una rivoluzione nei ricoveri, con 107 prestazioni che dal letto dell'ospedale dovranno passare all'assistenza in day hospital e day surgery. Tra queste alcune molto "popolari" come le tonsillectomie, una serie di interventi su fratture e lussazioni e tutti quelli sulle articolazioni e la chirurgia plastica del seno (si vedano i dettagli nelle schede qui a destra). Ma non basta. Almeno altre 25 prestazioni, che oggi sono curate in day surgery - vale dire con la chirurgia in giornata senza degenza ma con un letto a disposizione - saranno "semplificate" ancora di più e assistite solo in ambulatorio: chi si opera per la liberazione del tunnel carpale o per la cataratta se la sbriga in poco tempo e non occupa, nemmeno "potenzialmente", un posto letto. Resta invece molto limitato l'accesso ai dentisti del Servizio sanitario nazionale. Meglio identificate, però, le categorie "deboli" che possono avere denti più sani gratis. Visite, estrazioni, otturazioni e apparecchi spetteranno, oltre che ai bambini fino a 14 anni, a chi già soffre di gravi malattie e agli indigenti. E qui - come già accade oramai per moltissime prestazioni dello Stato e degli enti locali, ultima la social card - il "misuratore" del diritto sarà l'Isee, l'indicatore della situazione economica equivalente. Un capitolo a parte, ma di grande rilevanza economica, è poi quello dell'assistenza socio-sanitaria. Che come tutto il resto sposta sempre più il proprio baricentro sul territorio. La prima parola d'ordine dei nuovi Lea è «assistenza a casa». Saranno le Asl a dover autorizzare trattamenti terapeutici e riabilitativi semiresidenziali e residenziali. E solo come "ultima ratio", se proprio non ci sono altre alternative e in ogni caso per il tempo indispensabile a rispedire a casa il paziente. Il secondo punto fermo sta invece nella sigla «Pai», che sta per "piano di assistenza individuale". Le cure domiciliari per cittadini non autosufficienti o «fragili», come ad esempio i malati terminali, saranno garantite da un pool di medici, infermieri e riabilitatori integrati da operatori del sociale per il supporto alla famiglia in base a un progetto su misura. Così i risparmi del Ssn si dovrebbero coniugare con una formula in cui l'individuo diventa l'indiscusso "centro" di tutte le cure. Le novità in arrivo Medici di famiglia e pediatri di libera scelta Dovranno organizzarsi in strutture associate (a cui potranno accedere su richiestaanche gli specialistiper i consulti) conturni che garantiscano un'assistenza 24 ore su 24 sul territorio, evitando anche gli accessi impropri al pronto soccorso foto="/immagini/milano/photo/202/16/3/20090518/l_3_riferuno_marka.jpg" XY="182 113" Croprect="38 2 158 112" Assistenza in ambulatorio Venticinque tra i ricoveri oggi assistiti in day surgery dovranno "passare" all'assistenza ambulatoriale. Tra questi, la ricostruzione della palpebra, la cataratta e gli interventi sul cristallino, nonché tutta una serie di interventi agli arti, dall'artroscopia all'artoplastica Dentisti Le cure gratuite (visita, estrazioni dentarie, otturazione, terapie canalari, protesi rimovibili, apparecchi ortodontici) sono garantite alle categorie «fragili»: da 0 a 14 anni, a chi ha patologie come le malattie rare o altre che potrebbero aggravarsi senza queste cure, a chi ha difficoltà economiche certificate dall'Isee (indicatore di situazione economica equivalente) Maternità Cambiano gli accertamenti gratuiti. Si va dalla visita ginecologica di controllo preconcezionale al test dell'Hivper la coppia, fino ai controlli durante la gravidanza, indicati fase per fase. Restano garantite le visite ostetrico - ginecologiche periodiche, i corsi di accompagnamento alla nascita e una visita specialistica dopo il parto Visite specialistiche e analisi Visite specialistiche,diagnostica strumentale (radiologia ad esempio) e analisi seguiranno precisi piani terapeutici e quesiti diagnostici che ne certifichino la necessità. Ad esempio, le analisi sul colesterolo o i trigliceridi saranno possibili per pazienti con malattie cardiovascolari e per soggetti a rischio come diabetici, ipertesi e così via Nascituri Su prescrizione dello specialista sono gratuite le prestazioni per accertare difetti genetici, in caso di "condizioni di rischio per il feto", e quelle "appropriate" in caso di rischio per il nascituro. Garantita la diagnosi prenatale in caso si rischio prevedibile o evidente nella gestazione. Niente più amniocentesi gratuita, però, per le donne over 35. Spetta solo in presenza di precise indicazioni di rischio Protesi La procedura di erogazione si articola in alcune fasi: formulazione del progetto riabilitativo individuale, prescrizione, autorizzazione, erogazione, collaudo, follow up. Le Regioni dovranno adottare misure per semplificare, agevolare e accelerare la procedura evitando agli assistiti o ai loro familiari adempimenti non necessari Chirurgia estetica e malattie rare -Gli interventi di chirurgia estetica saranno erogati solo in caso di incidenti, malattie o malformazioni congenite -L'attuale elenco di 583 malattie rare che danno diritto alle esenzioni e all'assistenza del Ssn aumenta fino a 700 e tra queste ce ne sono 109 finora del tutto escluse Ricoveri Centrotre prestazioni ospedaliere dovranno essere eseguite non più in ricovero ordinario, ma in day hospital e day surgery (interventi in un giorno). Tra queste, ad esempio, tutti gli interventi su articolazioni, vie urinarie,genitali maschili e femminili, le anomalie dei globuli rossi nei minorenni,la radioterapia, alcuni tipi di chemioterapia Immigrati clandestini Confermate le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali per malattia e infortunio e i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva: ad esempio, quelli di tutela sociale di gravidanza e maternità; della salute del minore; le vaccinazioni; la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive, nonché l'eventuale bonifica dei focolai ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’09 ICT: CHI DECIDE E CHI GESTISCE NELLE AZIENDE DEL SSN I risultati di una ricerca dell'Osservatorio della School of Management sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione Si riducono i budget di Asl e Ao ma gli investimenti non diminuiscono Chief information officer previsti solo in metà delle strutture Afronte delle opportunità che le nuove tecnologie offrono, le principali difficoltà a un loro utilizzo strategico e innovativo emergono spesso a livello politico e organizzativo. Un fattore fondamentale, in particolare, che in molti casi spiega la differenza tra livelli di performance e maturità Ict diversi, è la corretta definizione di un sistema di governance interna delle responsabilità relative alla decisione Ict che sia in grado di bilanciare le necessità di integrazione e coinvolgimento dei principali attori. Un primo fattore importante, che era già stato analizzato nella ricerca dello scorso anno, è il posizionamento del Cio all'interno dell'organigramma aziendale insieme alla sua partecipazione ai principali comitati decisionali. Nonostante la crescita di consapevolezza relativa al ruolo strategico dell'Ict, non si sono visti particolari cambiamenti organizzativi rispetto allo scorso anno: sono tutt'ora poco più della metà (57%) i Cio che riportano direttamente al direttore generale. Anche in questi casi la Direzione Ict è spesso vista non come una componente della Direzione strategica, ma come uno staff di supporto il cui peso reale è assai diverso da quello delle direzioni amministrative e sanitaria. Dall'analisi del profilo organizzativo e delle risorse quantitative e qualitative a disposizione della direzione Ict, inoltre, risulta come questa sia spesso sottodimensionata rispetto alle reali esigenze del Cio, con una particolare carenza di competenze di alto profilo relative in particolare a ruoli di project e demand management che consentirebbero una gestione più efficace e sistematica della relazione con i clienti. I modelli organizzativi adottati, inoltre, appaiono in molti casi frutto piuttosto della storia e dei vincoli allo sviluppo dell'organico che di un consapevole allineamento alle necessità strategiche dell'organizzazione. In funzione del diverso mix di risorse interne disponibili, la Ricerca ha individuato quattro modelli organizzativi: i) operativo, con una forte componente dedicata al Nucleo operativo; ii) esternalizzato, con una componente importante orientata agli acquisti di servizi e alla gestione dei fornitori; iii) progettuale, focalizzata sul project management; iv) relazionale, con una componente rilevante di risorse dedicate al Demand management. La metà delle organizzazioni del campione risulta avere un profilo operativo, ovvero un modello organizzativo caratterizzato da una prevalenza di risorse interne dedicate ad attività di sviluppo e gestione corrente delle applicazioni e dei sistemi. Il profilo molto spesso operativo della direzione si rispecchia anche nei meccanismi decisionali adottati, caratterizzati da un modesto livello di delega decisionale (9% dei casi), e nei meccanismi di coordinamento, fondati prevalentemente sulla comunicazione informale (72% dei rispondenti). Come ovvio aspettarsi il modello organizzativo e di governance interno è fortemente influenzato dai budget e dal ruolo effettivo attribuito all'Ict. All'aumentare della strategicità dell'Ict e dei budget gestiti, aumentano il livello di delega e l'utilizzo di meccanismi di coordinamento formali, e cresce la presenza di modelli organizzativi relazionali caratterizzati da una più ampia presenza di risorse dedicate al Demand management in grado di recepire in modo sistematico le esigenze degli utenti interni. La gestione dei fornitori Ict. Una corretta analisi dei profili organizzativi e delle capacità innovative di una Direzione Ict, non può prescindere da un'analisi attenta del profilo di Ict sourcing, ossia delle risorse acquisite da fornitori esterni e dalle modalità con cui queste vengono governate e integrate. In chiave di innovazione e utilizzo strategico dell'Ict, la politica di sourcing deve essere pensata e gestita non come puro strumento di efficienza, bensì come una decisione strategica, in quanto ha un impatto importante non solo su costo e qualità del servizio, ma anche sulle capacità di cambiamento e innovazione dell'impresa. A fronte dei vincoli che le organizzazioni nel settore della Sanità hanno nello sviluppo di risorse interne e della crescente complessità delle competenze richieste, il vero quesito non è tanto "se" fare ricorso all'outsourcing, quanto "come" scegliere e implementare modelli di Sourcing coerenti in modo da valorizzare al meglio il contributo innovativo dei fornitori e ridurre i rischi di impoverimento delle capacità di cambiamento e innovazione. Analizzando il livello attuale di esternalizzazione delle diverse attività Ict e il numero di fornitori a cui esse sono demandate, emerge che lo sviluppo delle applicazioni è esternalizzato nella quasi totalità e generalmente affidato, forse anche a causa della frammentazione dell'offerta, a un numero piuttosto elevato di fornitori. Meno frequente, invece, risulta l'esternalizzazione di attività di gestione delle infrastrutture e del networking, infrastrutture infrastrutture, attività che in altri settori sono più frequentemente oggetto di outsourcing. Per quanto riguarda i trend evolutivi per i prossimi anni, in palese controtendenza con quanto rilevato in altri settori, emerge una tendenza all'aumento della durata dei contratti di fornitura più di quanto è accaduto negli ultimi 3 anni. Questo trend può essere interpretato alla luce di due fattori: la particolare lentezza e complessità della predisposizione delle gare in Sanità che spinge ad allungare l'orizzonte contrattuale per evitare di ripetere procedure amministrative lunghe e costose, e lo scarso livello di standardizzazione e maturità dell'offerta che porta, in caso di cambiamento di outsourcer, a dover riavviare percorsi di formazione delle risorse del fornitore estremamente onerosi. A fronte di questi dati di tendenza, l'analisi delle politiche di make or buy delle specifiche organizzazioni permette di identificare quale sia in ambito Ict. Dalla ricerca emergono quattro profili di Sourcing: integrato, applicativo, infrastrutturale e acquisto. Il profilo maggiormente diffuso, nel 47% dei casi, è quello infrastrutturale, che prevede l'esternalizzazione di tutte le attività di sviluppo delle applicazioni - che richiedono competenze molto specializzate, spesso non presenti internamente - mentre sono mantenute all'interno le attività relative alla gestione dell'infrastruttura. Seguono, nell'ordine, il profilo integrato (33%), in cui si mantiene all'interno la quasi totalità delle attività, quello di acquisto (13%), per il quale si esternalizzano quasi totalmente tutte le attività, e quello applicativo (7%), caratterizzato da un limitato livello di esternalizzazione delle attività di sviluppo, gestione e manutenzione delle applicazioni. L'impatto delle scelte di sourcing deve essere interpretato alla luce del ruolo che l'Ict svolge a supporto della strategia dell'impresa. L'incrocio tra i profili di sourcing e il ruolo dell'Ict dà vita a cinque modelli della direzione Ict: Ict Buyer (46%), Ict Focused Factory (34%), Ict Open Lab (11%), Ict Change Agent (8%) e Ict Core (3%). Per ognuno di questi modelli è possibile individuare i modelli organizzativi interni coerenti. Dall'analisi empirica, tuttavia, emerge come molto spesso tale coerenza non si raggiunga a causa dei già citati vincoli nello sviluppo e nell'acquisizione di risorse e competenze. L'analisi delle motivazioni che spingono al ricorso all'Ict outsourcing mostrano come la ricerca della flessibilità al cambiamento e dell'innovazione rivestano oggi un ruolo crescente. Un ulteriore fattore chiave per l'attivazione di politiche di outsourcing risulta, nel 56% dei casi, l'accesso a professionalità e competenze di eccellenza che viene anche riconosciuto come uno dei benefìci principali riscontrati ex-post. L'analisi, tuttavia, evidenzia che solo in una minoranza di casi il contributo apportato dai fornitori Ict nei processi di cambiamento e innovazione è giudicato rilevante e propulsivo. Benché richiesta e potenzialmente apportabile, quindi, l'innovazione spesso non è effettivamente fornita a causa di diverse cause tra le quali un disallineamento degli obiettivi e delle aspettative reciproche tra i partner. In molti casi quindi sono la governance e il framework della relazione stessa a costituire disincentivi o, peggio ancora, veri e propri deterrenti all'innovazione. A fronte di questi risultati non sorprende come fra i rischi percepiti che ostacolano le decisioni riguardanti l'outsourcing di servizi Ict, oltre al timore ampiamente diffuso, nell'81% dei casi, della dipendenza dal fornitore, vi sia la possibile perdita di competenze (43%) e la non conoscenza del business da parte del fornitore (42 per cento). pagine a cura di Mariano Corso, Cristina Masella, Claudio Vella Responsabili scientifici Osservatorio Ict in Sanità, School of management, Politecnico di Milano (primo di una serie di servizi) Nel suo primo anno di Ricerca, l'Osservatorio Ict in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano aveva già messo in luce come le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Ict) possano rappresentare una leva strategica sempre più importante e pervasiva per le organizzazioni della Sanità e uno strumento fondamentale per rispondere alle grandi sfide che si pongono oggi per un sistema sanitario in linea con i bisogni e le aspettative dei cittadini. Nel suo secondo anno di vita, l'Osservatorio è voluto entrare nel merito dei processi di innovazione basati sull'Ict individuando percorsi di utilizzo consapevole delle tecnologie e analizzandone i benefìci per la singola organizzazione e l'intero settore sanitario. La Ricerca 2009 si è basata su un'estesa analisi empirica, che ha coinvolto attraverso Survey, oltre a 118 Chief information officer (Cio), anche 175 tra direttori generali, amministrativi e sanitari, con l'obiettivo di ottenere una più ampia visione del ruolo che l'Ict svolge all'interno delle strutture sanitarie e del diverso ruolo dei decisori chiave. Per approfondire esperienze di successo, infine, sono stati realizzati oltre 60 casi di studio tramite interviste dirette di approfondimento. Il primo dato, che appare in controtendenza con l'attuale scenario economico, evidenzia come i budget dedicati dalle aziende sanitarie agli investimenti Ict non siano affatto in diminuzione. Molte aziende (90%), soprattutto quelle che hanno già effettuato investimenti importanti negli anni passati, continueranno a investire e, in alcuni casi (34%), aumenteranno i propri budget Ict. In diminuzione appaiono, invece, i budget delle aziende, spesso localizzate nel Centro e nel Sud Italia, che già oggi si ritrovano a dover colmare un forte gap di informatizzazione. Pur a fronte di questa preoccupante polarizzazione, la visione relativa al ruolo che l'Ict svolge all'interno delle aziende sanitarie risulta pienamente condivisa. Per i Cio, così come per i membri della direzione strategica, infatti, la tecnologia è destinata a supportare in maniera rilevante e decisiva non solo i processi correnti, ma anche lo sviluppo, l'innovazione e i cambiamenti organizzativi all'interno delle aziende. I modelli organizzativi Il ruolo dell'Ict in Sanità: un confronto tra gli ultimi tre anni e i prossimi tre I profili di sourcing L'evoluzione del budget ______________________________________________ il Giornale 21 mag. ’09 MEDICINE, LO SCANDALO DEL «PRENDI I SOLDI E SCAPPA» TOTTO MILIONI FINITI NEI. NULLA L Agenzia italiana del farmaco finanzia ogni anno ricerche per le cure più efficaci, ma da 5 anni non ha risposte dagli istituti che paga. L'ente che riceve più soldi è il Mario Negri di Milano, guidato dal presidente della commissione che assegna i fondi Enza Cusmai La rivoluzione è partita in sordina. Ma i botti devono ancora arrivare. Guido Rasi, il nuovo direttore dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco in cui 'si contano ben 300mi1a pratiche pendenti, ha deciso di fare piazza pulita con le pubblicazioni editoriali milionarie senza lettori, le regalie, i ritardi, le inefficienze, la mancanza di trasparenza nella distribuzione di soldi pubblici agli istituti di ricerca. Insomma, il vento è cambiato all'Aifa. Se ne sono accorti anche 1250 dipendenti dell'istituto che per la prima volta, nella storia dell'agenzia di controllo dei farmaci, hanno dovuto restituire i lussuosi regali di Natale. A malincuore. Già, perché, i cesti, per esempio, non sono quelli che si vedono nei super, panettone, spumantino, torrone e tanti auguri. Macché, le confezioni donate ai chi manovra il destino dei farmaci erano di quelli da leccare i baffi, «bagnati» da fiumi di champagne. E poi argenti, gioielli, mica noccioline. Eppure, l'ex direttore Martini, ora inquisito per disastro colposo, aveva diramato una circolare che impediva ai dipendenti di accettare regali da «soggetti che abbiano tratto o che possano trarre benefici da decisioni o da attività inerenti all'ufficio». Parole al vento. Come conferma anche il professor Rasi che ricorda quando, nel passato, qualcuno avesse ricevuto anche imbarazzanti viaggi-premio. A cosa erano finalizzati i regali? Per velocizzare o rallentare una pratica, per esempio. Aspettare tre mesi o tre anni per il via libera di un nuovo medicinale fa la differenza per una casa farmaceutica. Ora le cose dovrebbero cambiare. «A Natale i dipendenti hanno riempito un'intera stanza di regali, qualcuno si è presentato anche con dei gioielli. Abbiamo restituito tutto ma quello che è stato spedito a casa sfugge a ogni controllo». Ma per Rasi i nodi da affrontare sono tanti. Primo tra tutti, i fondi per la ricerca indipendente. In cinque anni l'Aifa ha distribuito 78 milioni di curo a circa 60 istituzioni italiane per finanziare 151 studi comparativi trai medicinali in commercio. Che significa? «È una ricerca indipendente, non promossa dalle case farmaceutiche, - spiega Rasi - ed è orientata a selezionare il farmaco migliore per le categorie deboli, donne, bambini, anziani». In pratica, questi studi dovrebbero dire all'Aifa quale prodotto in commercio sia meno dannoso. Ma il condizionale è d'obbligo. «Dal 2005 a oggi non è uscito da questi studi neppure un resoconto, nessun risultato» sbotta Rasi. Una denuncia che fa sgranare gli occhi. Ma il direttore non molla. «Non si può aspettare quattro anni per sapere se un farmaco è meglio dell'altro, questo lavoro richiede mediamente sei mesi di lavoro». C'è da chiedersi come sia possibile distribuire a pioggia questi soldi senza ottenere un riscontro finale ma anche parziale dei lavori assegnati: «Si dovrebbero controllare gli istituti per proteggere l'investimento concesso. Ma nessuno se n'è mai occupato». Nebbia fitta dunque sui lavori svolti. E poi, svolti da chi? Ed ecco l'altra gatta da pelare. Tra l'elenco delle istituzioni selezionate, spiccano quelle che fanno capo a professor Silvio Garattini, che, guarda caso, è anche il presidente della Commissione per la ricerca e lo sviluppo, quella che decide quali sono i progetti promossi dall'Aifa. Una coincidenza che non piace a Rasi. «Circa i120% dei finanziamenti, cioè 18 milioni di curo, sono andati alle istituzioni collegate al presidente Garattini». Una destinazione che Rasi non ritiene accettabile. «Un conto è che questi soldi vadano alle università un altro è che siano devoluti sempre ai soliti destinatari». Altro annoso capitolo, le pubblicazioni specializzate costate all'istituto sedici milioni di curo. Sono opuscoletti spediti ai medici italiani che solo otto su cento ritengono "una fonte di informazione per l'aggiornamento farmacologico". Una misera consolazione se si pensa che per sei bimestrali confezionati dall'Aifa all'anno, viene pagata una redazione di sei persone, un comitato scientifico di tredici esperti e uno stuolo di collaboratori. «È un investimento perso - commenta Rasi sconfortato – è brutto che i medici non ritengano lo strumento affidabile. Ma per mandato istituzionale devo fare informazione. E cercherò di alzare la qualità del servizio». Altri buoni propositi? «Cambierò dirigenti, dovrò dotarmi di professionalità più specifiche adatte a raggiungere gli obiettivi». Come ridurre i ritardi per la commercializzazione dei farmaci. I tempi europei sono di 210 giorni per 1 'evasione di una pratica. In Italia, ne servono come minimo 387, ma anche 481 oppure 597 giorni se la procedura è decentrata. «Da noi mancano pure le banche dati, non c'è collegamento interno tra gliuffici. E se per la professionalità voto otto, - ammette Rasi - per l'efficienza non posso che dare uno uno. ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 mag. ’09 IL NUOVO MERCATO DEI FARMACI CONTRAFFATTI I prodotti Le medicine più richieste e smerciate illegalmente sono steroidi e prodotti contro l'impotenza Le contromisure L'obiettivo è una completa tracciabilità: una banca dati centrale monitorerà tutte le confezioni all'interno del sistema distributivo Voglia di spendere meno, immigrati che comprano online Così aumentano le truffe e i sequestri record di pillole La denuncia dei Nas Cresce la vendita parallela di prodotti «salvavita» privi del principio attivo e di Talidomide anti-tumore Mario Pappagallo Oltre 4.900 confezioni di steroidi, 100 mila compresse di Pramil contraffatto (medicinale con caratteristiche simili al Viagra), farmaci salvavita senza principio attivo, mercato illecito di Talidomide (cura un tumore, il mieloma multiplo, ma nonostante le rigide norme di farmaco-vigilanza, arriva come generico da India e Brasile). E farmaci off label, a carico del servizio sanitario per le indicazioni approvate, ma non per altre cure anche se funzionano: in attesa di approvazione, per risparmiare, fiorisce la loro vendita parallela. Molto pericolosa. Nas e Guardia di Finanza sono all'erta: il mercato dei farmaci risente della crisi globale e oltre alle contraffazioni sono in aumento le «truffe». L'ultima settimana è stata ricca di sequestri, soprattutto di carichi provenienti dall'Est e dal Medio Oriente. Ma a rischio vi sono anche gli acquisti online. Incidono sul mercato parallelo anche la povertà e gli immigrati che preferiscono i «loro» farmaci. E la politica fin qui adottata in Italia sui cosiddetti farmaci generici, meno costosi perché ormai fuori brevetto ma anche poco promossi (siamo al penultimo posto tra i 25 Paesi dell'Unione europea per incidenza sul mercato complessivo). O meglio, tutti ne parlano, ma nessuno li compra. Almeno in farmacia, perché poi il «falso Viagra» sequestrato alla dogana di Fiumicino non è altro che un generico prodotto in India. In tempi di nuova influenza, infine, circolano «finti» farmaci anti-virali. Effetti perversi della paura pandemica. Non si mangia carne di maiale, ma poi ci si avvelena con falsi farmaci che mercanti senza scrupoli propongono quali salvavita. La contraffazione farmaceutica è un fenomeno in aumento in tutto il mondo e, mentre sino a qualche anno fa era considerato limitato ai Paesi in via di sviluppo, oggi è in crescita anche in Europa. Purtroppo a volte le emergenze sanitarie, come l'influenza A/H1N1, possono divenire occasione per sfruttare l'ondata emotiva e immettere sul mercato, attraverso canali non controllati come Internet, prodotti contraffatti simili ai farmaci maggiormente richiesti che nella migliore delle ipotesi non hanno effetti ma, più spesso, sono tossici. Le nostre farmacie, e i negozi autorizzati, sono invece sicure poiché vendono solo farmaci protetti da un sistema di tracciatura all'avanguardia, e i controlli degli ispettorati sanitari pubblici sulla filiera produttiva rappresentano un'importante barriera contro le attività dei contraffattori: fuori da questi canali, i pazienti rischiano di perdere soldi (oltre il 50% dei siti di un recente studio Impact Italia era dedito al phishing, la truffa informatica), o peggio la salute. La nuova Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, guidata da Guido Rasi punta sulla promozione dei generici e sul progetto «tracciabilità del farmaco». Che prevede una Banca dati centrale, finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo. Un sistema che nelle intenzioni consentirà la prevenzione e la repressione di eventuali attività illegali e il monitoraggio degli approvvigionamenti di farmaci, sia negli ospedali, sia nelle farmacie territoriali, sia per la distribuzione diretta. Ovviamente, i truffatori seguono altri canali. E tocca alle forze dell'ordine intercettarli. Così le 4.900 confezioni di steroidi sequestrate ad Ancona dalla Guardia di finanza erano nascoste in mezzo ai colli del carico di un autoarticolato, sbarcato da un traghetto proveniente da Patrasso. E attenzione agli integratori per sportivi: alcuni cocktail contengono ormoni, della crescita o Epo, che dovrebbero essere in vendita solo in farmacia. Anzi, non dovrebbero proprio entrare negli integratori. Privi di scrupoli anche i «santoni» della dieta, che fanno preparare prodotti galenici brucia grassi a base di anfetamine assolutamente vietate. Qualche tempo fa, negli Stati Uniti, circolavano via Internet capsule dimagranti che contenevano le spore della tenia: il verme solitario. Alcune adolescenti sono finite ricoverate in rianimazione. Per fortuna in Italia non c'è traccia di queste compresse letali. Frode nelle pubbliche forniture, commercio di medicinali guasti e truffa al servizio sanitario nazionale sono i reati scoperti dai Nas di Livorno e Cagliari impegnati nell'inchiesta «Ubidex» fra la Toscana e la Sardegna sulla fornitura all'Asl 8 di Cagliari di un farmaco privo di principi attivi ma venduto come «salvavita» per la cura di gravi patologie cardiache. Sono finiti agli arresti domiciliari quattro dirigenti di un'industria farmaceutica toscana, la «Off» (Officina farmaceutica fiorentina) di Viareggio (Lucca). È indagata in stato di libertà la responsabile del Servizio farmaceutico dell'Asl di Cagliari per omessa denuncia delle irregolarità. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, fra il 2007 e l'anno scorso, all'azienda sanitaria locale sarda sono state vendute confezioni del farmaco «Ubidex» con gravi imperfezioni: blister completamente vuoti, capsule vuote oppure contenenti sostanza solidificate. Il principio attivo indicato nelle scatole, ubidecarenone, è impiegato per la cura di malattie genetiche rare, come l'encefalopatia mitocondriale. Pochi giorni fa, il Servizio antifrode delle Dogane di Roma 2 e la Guardia di finanza, con la consulenza dell'Istituto superiore di Sanità, ha scoperto e sequestrato 100 mila blister contenenti compresse di pramil contraffatto, un farmaco con lo stesso principio attivo del Viagra. La merce è stata rinvenuta all'interno di alcuni colli provenienti dalla Siria che, secondo quanto riportato nei documenti di trasporto aereo, dovevano contenere comuni integratori dietetici. Il «Viagra dei poveri», posto in commercio anche via Internet, avrebbe reso oltre 5 milioni di euro. «Evasione fiscale e importazione illecita di principi attivi»: sono le ipotesi di reato che hanno fatto scattare le perquisizioni in diverse sedi italiane del gruppo farmaceutico Menarini da parte dei Nas nell'ambito di un'inchiesta della procura di Firenze. Gli indagati sarebbero nove, fra cui i vertici dell'azienda. La procura contesta alla Menarini l'importazione illecita di principi attivi anche dalla Cina, grazie a triangolazioni con Paesi off- shore. Questo, secondo gli investigatori, avrebbe comportato un'evasione fiscale di diversi milioni di euro, oltre all'elusione dei diritti di brevetto farmaceutico. È stato anche scoperto un giro di farmaci che ruota tra Italia, Hong Kong, Svizzera e Norvegia. Infine il caso Cytotec, nome di un farmaco a base di misoprostol, spesso usato per provocare un aborto. Fu introdotto nel 1985 come gastroprotettore ed è registrato in 80 paesi. In Brasile e in Egitto è registrato per l'induzione del travaglio di parto. Il suo uso è ampiamente diffuso nei Paesi ove l'aborto è vietato. In Italia è utilizzato da donne straniere per provocare l'interruzione di gravidanza. Di solito si tratta di donne che non sanno a chi rivolgersi, che temono di andare ai consultori e agli ospedali, che vogliono evitare iter lunghi per loro incomprensibili o che semplicemente non vogliono far sapere dell'aborto. Un'inchiesta del procuratore di Torino Raffaele Guariniello è in corso per scoprire chi tira le fila di questo lucroso e illecito mercato parallelo. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 22 mag. ’09 CARCASSI: LA "MACCHINA" DEI TRAPIANTI L'esperienza nazionale e regionale sarda insegna che dalla segnalazione del donatore al trapianto, trascorrono mediamente 10 ore. In questo arco di tempo più di 100 persone, di discipline e strutture diverse, spesso situate in più città, interagiscono con l'evento donazione-prelievo-trapianto. Lo preciso dopo aver letto l'articolo pubblicato sabato 16 maggio col titolo "Donare gli organi: quasi impossibile". In quelle 10 ore è necessario accertare e certificare la morte secondo i criteri di legge; valutare l'idoneità del donatore nonché dei singoli organi e tessuti; consultare le liste di attesa e individuare i possibili riceventi; eseguire i test immunologici per verificare la compatibilità donatore-ricevente; assegnare i diversi organi ai pazienti selezionati, garantendo le urgenze e i programmi nazionali; attivare auto, ambulanze, aerei, elicotteri ecc. per il trasporto di campioni biologici ed équipe; convocare i riceventi nei centri di trapianto e valutarne le condizioni cliniche; eseguire il prelievo, redigere e raccogliere i verbali, chiudere il processo avvisando per via informatica il Centro nazionale trapianti. Il tutto si snoda attraverso le rianimazioni, le direzioni aziendali, il Centro di coordinamento regionale (all'ospedale Binaghi) i laboratori di immunologia, i laboratori e i servizi di diagnostica, i centri di trapianto, le centrali di soccorso e le compagnie di trasporto. Posso comprendere il dispiacere della famiglia di Iglesias per non avere avuto un riscontro sollecito sulla volontà di donare gli organi, ma la complessa macchina sopra descritta deve obbligatoriamente verificare se sia effettivamente possibile procedere al prelievo. Inoltre, il presidio ospedaliero Santa Barbara di Iglesias non è "incisivo" nel recepire le volontà di donazione semplicemente perché le sue caratteristiche rendono più rara questa evenienza rispetto ad altri ospedali sardi. Va dato atto comunque ai coordinatori, aziendale e locale, dei trapianti della Asl 7, e a tutto il personale del Santa Barbara di Iglesias dell'impegno nel compito difficile e non quotidiano di portare a termine la donazione e rispettare così la volontà dei familiari. Da gennaio ci sono state in Sardegna 10 donazioni, 4 da Nuoro, 3 da Sassari, una da Carbonia , una da Lanusei e quest'ultima da Iglesias; i trapianti eseguiti sono 9 trapianti di fegato, due di cuore, due di renepancreas e 17 trapianti di rene (13 a Cagliari e 4 a Sassari) il tutto nella media rispetto agli anni precedenti. Ai familiari del donatore, che ringrazio a nome di tutti i pazienti in lista d'attesa e di tutti gli operatori sanitari coinvolti nel processo donazione-trapianto, voglio comunicare che il loro gesto, etico, civile e solidale ha permesso a due pazienti di ricevere un rene, tanto atteso, ed ad un terzo di ricevere un fegato che mi auguro lo porti in qualche modo a "rinascere". CARLO CARCASSI Coordinatore regionale donazione, prelievo e trapianto di organi ____________________________________________________ il Giornale 23 mag. ’09 LA SAPIENZA RICORDA LE RICERCHE DI ERSPAMER SCOPRITORE DELLA SEROTONINA Il risultato di più di cinquant'anni di ricerca da parte del dottor Erspamer nel campo della biochimica comparata e della farmacologia ha prodotto l'identificazione, la descrizione strutturale, la riproduzione per via di sintesi e lo studio farmacologico generale di 17 nuove amine biogene e più di 50 peptidi bioattivi appartenenti a dieci distinte famiglie. «Le sue ricerche hanno portato alla scoperta che quasi tutti i peptidi trovati nella pelle delle rane di varie specie trovano delle corrispondenze con sostanze simili nei tessuti gastrointestinali e nel cervello dei mammiferi e quindi hanno messo in evidenza il triangolo cervello – intestino- pelle». Questa sintesi esemplare dell'opera scientifica di Vittorio Erspamer, di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita ed il decennale della morte, è del premio Nobel professoressa Rita Levi Montalcini e venne inviata nel 1991 al Comitato di Stoccolma che assegna il premio Nobel per candidare Erspamer al prestigioso riconoscimento. A sua volta Viktor Mutt, uno dei più importanti biochimici del Novecento, ha scritto che, per quanto riguarda l'avvio e l'impostazione scientifica dello studio su larga scala delle sostanze farmacologicamente attive nelle specie diverse dai mammiferi, «Vittorio Erspamer ha realizzato nel nostro tempo quello che due suoi connazionali, Cristoforo Colombo da Genova ed Amerigo Vespucci da Firenze, fecero cinque secoli fa: scoprire un continente da esplorare». L'università degli studi di Roma La Sapienza, dove Vittorio Erspamer ha insegnato e svolto ricerche dal 1967 fino alla morte, prima come direttore dell'Istituto di farmacologia della facoltà di medicina e chirurgia e poi come professore emerito di farmacologia, lo ha onorato conferendogli - unico nel mezzo secolo 1951-2000- una medaglia d'oro alla carriera (rettore il professor Tecce) e ricorda ora la figura del grande scienziato con iniziative celebrative. «L'attività scientifica e l'insegnamento, così come i tratti più personali di Vittorio Erspamer, rappresentano ancor oggi per i giovani validi esempi delle qualità e dell'impegno necessari per contribuire sia all'avanzamento delle conoscenze scientifiche, che alla collaborazione e ai rapporti tra scienziati, ma anche tra scienziati e società», afferma il rettore professor Luigi Frati, aggiungendo che è «con senso di riconoscimento e orgoglio che la Sapienza onora lo scopritore della serotonina e di decine di peptidi biogicamente attivi, di stimolare i giovani ricercatori». gloriasj@unipr.it ________________________________________________ il Giornale 23 mag. ’09 II TRAPIANTO DI CORNEA È PIÙ SICURO Il laser a femtasecondi rappresenta la nuova frontiera della chirurgia oftalmologica Il bisturi è stato sostituito per il taglio corneale da un sistema robotico superaffidabile LuigiCucchi Il trapianto di cornea è il trapianto d'organo più eseguito al mondo e quello a migliore prognosi in termini di sopravvivenza di tessuto trapiantato, grazie al ridotto rischio di rigetto. La cornea è la membrana trasparente posta davanti all'iride (con funzione, insieme al cristallino di lente convergente dell' occhio), ha uno spessore di circa mezzo millimetro e si compone di differenti strati cellulari con funzioni diverse: davanti vi è una lamina di cellule epiteliali, nel mezzo un tessuto fibroso solido, lo stroma, internamente un sottile strato di cellule, l'endotelio, importante per la trasparenza del tessuto. Parliamo del trapianto di cornea e delle patologie che lo rendono necessario con il professor Leonardo Mastropasqua, cattedra di oftalmologia all'università Gabriele d'Annunzio di Chieti Pescara. Mastropasqua, per primo a livello nazionale, ha effettuato nel 2006 un trapianto di cornea attraverso il laser a femtosecondi, un apparecchio in grado di tagliare lo spessore corneale e di rimodellare la cornea. L'intervento è stato effettuato presso la Clinica oftalmologica dell'ospedale clinicizzato della Asl di Chieti, Centro regionale di eccellenza, diretto proprio dal professor Mastropasqua. Il laser a femtosecondi rappresenta la nuova frontiera della chirurgia corneale e oftalmologica destinata a rivoluzionare nei prossimi anni l'approccio clinico terapeutico alle patologie della cornea. Il bisturi è sostituito da un sistema robotico che sfruttando l'azione di un laser a pulsazione ultraveloce emette innumerevoli impulsi di durata brevissima dell'ordine di un miliardesimo di secondo. Tanti piccoli spot laser a direzione programmabile da computer consentono di effettuare tagli corneali molto precisi, con prefissata posizione, estensione e profondità. Ogni anno i pazienti che si sottopongono a questo tipo di intervento sono circa 10mila. «Le patologie corneali che necessitano più frequentemente del trapianto della cornea sono - precisa il professor Mastropasqua - il cheratocono avanzato, malattia degenerativa giovanile della cornea checausa progressivo sfiancamento del tessuto, lo scompenso corneale endoteliale, edema cronico con opacizzazione della cornea dovuto alla perdita delle cellule endoteliali, possibile in cornee predisposte dopo intervento di cataratta o per distrofie dell'endotelio, le cicatrici corneali secondarie ad infezioni o le distrofie corneali. L'obiettivo di un trapianto di cornea (o cheratoplastica; dal greco keratos, cornea) è quello di ripristinare una visione gravemente compromessa a causa dell'opacità o della alterata curvatura della cornea, sostituendo il tessuto con una cornea sana e trasparente». Fino a qualche anno fa l'intervento di cheratoplastica più eseguito era il trapianto perforante, cioè la sostituzione di tutto lo spessore corneale; questa tecnica, sebbene chirurgicamente ben codificata da decenni di esperienza internazionale, comporta comunque rischi possibili legati a una chirurgia in cui si apre completamente il bulbo oculare. Negli ultimi cinque anni la chirurgia oftalmica della cornea ha subito una profonda evoluzione. «Le nuove tecniche chirurgiche definite lamellari o selettive, si propongono di sostituire non tutto lo spessore corneale, ma solo quello malato, riducendo le complicanze intra operatorie, in quanto si svolgono a bulbo chiuso e quelle postoperatorie legate al rigetto e all'astigmatismo. Per il cheratocono e le altre patologie come le distrofie o le cicatrici corneali in cui l'endotelio non è compromesso la tecnica chirurgica più idonea a ottenere il migliore risultato visivo e la massima riduzione delle complicanze legate alla chirurgia è la cheratoplastica lamellare anteriore profonda, tecnica che si propone di sostituire quasi tutto lo spessore corneale anteriore, lasciando in situ l'endotelio corneale, un sottile strato cellulare dello spessore di meno di un decimo di millimetro, che non è interessato dalla patologia. I vantaggi di tale tecnica sono la drastica riduzione del rischio di rigetto, e la conservazione delle proprie cellule endoteliali fattore che teoricamente consente una sopravvivenza a lungo termine del trapianto. Nelle patologie che coinvolgono gli strati profondi delle cellule endoteliali invece, come lo scompenso endoteliale, l'endotelio corneale rappresenta l'unico strato patologico della cornea, e oggi, grazie atecniche sofisticate di microchirurgia, siamo in grado di sostituire solo questo strato cellulare». La qualità di un trapianto e il conseguente benessere del paziente, da un punto di vista del recupero visivo e della sua qualità di vita, non dipendono esclusivamente e non si esauriscono solo con l'atto chirurgico. «Un trapianto di cornea, come ogni trapianto d'organo o di tessuto - afferma il professor Mastropasqua - necessita di una corretta gestione postoperatoria, basata su un'appropriata terapia medica e su esami di controllo particolarmente evolutiva. ____________________________________________________ Sanità New 24 mag. ’09 ALLARME MALATTIE RENALI: IN DIECI ANNNI AUMENTATI I PAZIENTI IN DIALISI DEL 60%, I TRAPIANTI DEL 50% Milano, 23 mag. - “In base a stime della SIN, Società Italiana di Nefrologia, negli ultimi 10 anni i pazienti in dialisi sono passati da 31.000 a 50.000, con un aumento percentuale, quindi, del 61,3%. Più in generale, oggi il 12% della popolazione italiana soffre di malattie renali: si tratta, quindi, di circa 7 milioni di persone, costituendo una vera e propria malattia sociale. Il numero delle persone in dialisi, poi, cresce al ritmo del 4% all’anno. Aumentano soprattutto i pazienti anziani: di malattie renali soffre il 15% della popolazione con più di 50 anni, il 20% con più di 60 anni, il 25% con più di 70 anni. Del totale dei malati, il 6% ha una funzione renale inferiore al 50% della norma. A livello nazionale si tratta, quindi, di oltre 400.000 persone. Il 65% dei malati sono uomini, il 35% donne” – questo l’allarme lanciato dal professor Francesco Locatelli, Presidente del Congresso Mondiale di Nefrologia, in programma dal 22 al 26 maggio a Milano a Fiera Milano City. L’evento prevede la partecipazione di oltre 10.000 specialisti da tutti i continenti e la presentazione di oltre 450 relazioni scientifiche. Ben 3600 gli abstract ricevuti dalla segreteria scientifica, 2300 quelli accettati, 100 soli accettati come comunicazioni orali. Da una indagine effettuata recentemente i pazienti in trattamento dialitico a livello nazionale risultano circa 50.000 ed i trapiantati renali 15.000. Ancora in base ai dati SIN, l’età media dei pazienti è di 58 anni: va dai 50 anni dei pazienti trapiantati ai 66 di quelli in dialisi. I dati del registro italiano di dialisi e trapianto, infine, evidenziano come il numero di pazienti sottoposti a sostituzione d’organo sia progressivamente aumentato anno dopo anno. Nel 1992 furono eseguiti 611 trapianti, nel 1997 il doppio (1.221), per passare nel 2003 a 1.487 e nel 2006 a 1.815. E i pazienti in lista di attesa sono attualmente oltre 6.300. Sempre più giovani i pazienti trapiantati: quasi il 50% ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni e circa il 35% tra i 45 e i 64. Il 15% ha un’età compresa tra 15 e 24 anni ed il 5% sono bambini fino a 14 anni. Gravi patologie collegate: quasi un paziente su 3 è diabetico o iperteso, rischi cardiovascolari Sulla base del report annuale 2008 del Registro italiano dialisi e trapianti della SIN, il 22.9% è diabetico, il 28.5% è iperteso, il 15.3% è affetto da patologie cardiache e l’11.6% soffre di malattie vascolari. Nei pazienti con danno renale lieve o moderato la mortalità cardiovascolare aumenta di 3 – 4 volte ed ancora di più nei pazienti in dialisi, da 20 a 500 volte. Un’insufficienza anche moderata sta emergendo pertanto come nuovo e pesantissimo fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Di grande impatto epidemiologico, poi, la sindrome cardio renale si osserva nei pazienti che hanno insufficienza cardiaca e contraddistingue quelli che hanno gradi più o meno spiccati di insufficienza renale. Da 1/3 a ¼ dei pazienti che hanno insufficienza cardiaca hanno una funzione renale dimezzata o gradi di compromissione renale anche più severi. Il rischio di morte nella sindrome cardio renale cresce in maniera proporzionale alla gravità dell’insufficienza renale: l’insufficienza renale innesca una progressione più rapida dell’insufficienza cardiaca. Molti pazienti si rendono conto troppo tardi dell’insufficienza renale cronica, di fatto nell’imminenza dell’ingresso in dialisi. Questo processo di purificazione del sangue, sia che si svolga in ospedale nel caso dell’emodialisi sia in casa con la dialisi peritoneale, comporta un evidente peggioramento della qualità della vita del paziente. Una delle difficoltà principali consiste nell’ individuazione della malattia in una fase precoce dovuta spesso alla mancanza di sintomi fino alle fasi avanzate. Anticipare la diagnosi e quindi la cura risulta di grande importanza per allontanare di anni, se non di evitare, la dialisi. Sulla base dei dati di ingresso in dialisi rilevati dal Registro Europeo Dialisi e Trapianti i numeri europei sono sovrapponibili a quelli italiani, tranne che per l’età dei pazienti. Emerge infatti che l’età media all’estero è più bassa rispetto a quella italiana: 56 contro 62 anni. In Nord-America la prevalenza di persone con malattia renale, cioè il numero complessivo dei cittadini affetti da questa patologia, si stima abbia superato il 10%, per raggiungere valori del 15-30% negli anziani e di oltre il 50% nelle persone con malattie metaboliche e circolatorie. (Sn) ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 mag. ’09 «ALLARME ECCESSIVO SULL' INFLUENZA A» Polemiche Il direttore dell' Organizzazione: oggi il mondo è più vulnerabile. Primo morto a New York Londra e Tokio contro l' Oms. Ma il livello di pericolo è confermato MILANO - Per ora il livello di allerta rimane a 5, un gradino sotto il massimo: non è ancora pandemia influenzale da virus A H1N1. Così ha deciso l' Organizzazione Mondiale della Sanità, inaugurando ieri a Ginevra la sua assemblea annuale. Non senza polemiche. Da qualche giorno Margaret Chan, il suo potente direttore generale che il 29 aprile scorso aveva portato da 4 a 5 il livello di pericolo, è oggetto di critiche per «avere gridato al lupo» e creato un allarme eccessivo. Lei si difende dicendo che ha maturato una grande esperienza nella gestione di queste crisi quando era capo del Dipartimento della Sanità a Hong Kong durante l' epidemia di Sars, la polmonite atipica che, nel 2003 aveva fatto all' incirca 900 vittime e sostiene che in queste situazioni di emergenza si deve agire con «un senso di urgenza». Adesso le autorità sanitarie di alcuni Paesi, come Regno Unito e Giappone, chiedono una revisione del sistema di allerta. Perché pandemia, secondo loro, non dovrebbe indicare soltanto il grado di diffusione del virus, ma anche la sua pericolosità. L' influenza «A», se si considera il numero di vittime rispetto alle persone contagiate, non sembra proprio una nuova «spagnola», la grande pandemia del 1918. In Messico, da dove era partita, l' influenza «A» ha fatto registrare un tasso di mortalità piuttosto alto (attorno al sette per cento), probabilmente perché sono arrivati all' osservazione dei medici i casi più gravi, mentre gli altri (la maggior parte) sono guariti spontaneamente. Dove, invece, la sorveglianza epidemiologica delle autorità sanitarie è più stretta, come negli Stati Uniti o in Europa, tutti (o quasi tutti) i casi vengono registrati e qui il rapporto fra numero dei malati e quello dei morti è molto più basso, attorno allo 0,1 per cento. Ecco perché alcuni ritengono che l' allarme sia eccessivo e altri addirittura ipotizzano, come era stato fatto per l' aviaria, che in queste vicende entrino in gioco anche gli interessi commerciali di chi produce farmaci e vaccini. Contrapposti, peraltro, ad altri interessi, quelli, per esempio dell' industria del turismo. «La scala di allerta per la pandemia - commenta Alessandro Zanetti, direttore dell' Istituto di Igiene dell' Università di Milano - è come quella Richter per i terremoti: misura la potenzialità che un virus ha di diffondersi nel mondo intero, indipendentemente dalla sua letalità e si basa su conoscenze che si sono accumulate nel tempo. E va bene così, perché anche se la letalità è bassa, ma il virus colpisce moltissime persone, alla fine il numero dei morti sarà elevato. Uno 0,1 per cento di letalità significa che su un miliardo di persone colpite, ne possono morire un milione». Intanto alla lista delle vittime si è aggiunto un nuovo nome: quello di Mitchell Wiener, 55 anni, vicepreside di una scuola del Queens, il primo morto a New York. Notizie come queste fanno pendere la bilancia dalla parte del pessimismo. Ha detto Margaret Chang nel corso dell' assemblea generale a Ginevra: «Il mondo oggi è più vulnerabile rispetto al passato. Ogni città con un aeroporto internazionale è a rischio di casi importati: questa situazione di vulnerabilità è figlia della globalizzazione e rischia di penalizzare i più deboli e i più poveri». A Ginevra si sta discutendo anche di antivirali e di vaccini. Il problema più immediato è di quei Paesi nell' emisfero australe che si stanno avviando verso la stagione invernale: preparare un vaccino anti-influenza «A» (tempo 4-6 mesi) significa distogliere la produzione da quello stagionale classico. Adriana Bazzi abazzi@corriere.it I livelli di allarme 1 Nessun virus animale viene identificato nell' uomo 2 Virus animali causano infezioni nell' uomo 3 Infezioni sporadiche senza trasmissione uomo a uomo 4 Limitata trasmissione da uomo a uomo 5 Trasmissione da uomo a uomo in almeno 2 Paesi 6 Pandemia conclamata Focolai in diversi Paesi ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 mag. ’09 IL FRATE AGOSTINO GEMELLI DALL' ATEISMO ALLA FEDE Vedo che si organizzano varie celebrazioni del cinquantesimo anniversario della morte di padre Gemelli. Ho più volte letto e sentito che, a parte i suoi ovvi meriti di intelligenza e scienza, era un robusto antisemita. Che lei sappia è vero, e se sì perché nessun articolo che ho letto in questi giorni ne parla? Alberto Béttica alberto@bettica-packaging.it Ho letto il calendario degli eventi organizzati dall' Università Cattolica per i cinquant' anni dalla morte di Agostino Gemelli. Ma pochi conoscono il periodo ateo e socialista dello studioso. Andrea Sillioni sillioni@alice.it Cari lettori, U na osservazione anzitutto sull' antisemitismo di padre Agostino Gemelli, frate francescano, protagonista di una vocazione tardiva, fondatore e rettore, fino alla morte, della Università Cattolica. Antisemitismo è ormai una categoria in cui convivono alla rinfusa sentimenti diversi, dalla giudeofobia di origine religiosa alla xenofobia e all' odio razziale, con tutte le loro varianti e sfumature. Non credo che possa essere utilizzata come il principale criterio di valutazione e misurazione dei meriti e difetti di un essere umano. Il poeta inglese di origine americana T.S. Eliot scrisse che gli ebrei, a suo avviso, avrebbero dovuto vivere «al di là della città», vale a dire fuori di quella polis cristiana di cui si considerava cittadino. Dovremmo forse smetterla di leggere «Assassinio nella cattedrale» e «I quattro quartetti»? Perfino in Israele, dopo un lungo ostracismo, Wagner è riapparso nei programmi dei concerti sinfonici. Occorre rassegnarsi ad ammettere che gli esseri umani sono imperfetti, contraddittori, incoerenti e possono sommare in se stessi caratteri alquanto diversi. Gemelli appartiene certamente a questa categoria. Fu socialista, positivista e massone con una convinzione e un impegno che vennero definiti massimalisti. Ma quando si convertì al cattolicesimo nel 1903 e divenne sacerdote nel 1908 adottò la sua nuova fede e la visse con altrettanto rigore. Fu certamente giudeofobo e forse, a giudicare da certe considerazioni sul «sangue» ebraico, antisemita. Aderì al fascismo e ne fece le lodi con parole che non furono di pura convenienza politica. Approvò la guerra d' Etiopia e la guerra di Spagna. Ma profuse nelle sue iniziative culturali e accademiche lo stesso entusiasmo e la stessa dedizione con cui professò le sue idee. Nell' ultimo numero di «Vita e pensiero», la rivista da lui fondata nel 1914, vi è un editoriale in cui è facile leggere un tormentato imbarazzo. L' autore conosce le colpe di Gemelli e la cattiva reputazione che ha oscurato la sua immagine soprattutto negli ultimi trent' anni. Ma non può dimenticare che Gemelli fondò l' Università Cattolica, fu scienziato e medico, studioso apprezzato e stimato di psicologia, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, intellettuale attento ai movimenti culturali della modernità. Non può dimenticare che l' istituzione di Gemelli ha creato buona parte della classe dirigente cattolica del periodo post fascista e che questa istituzione ha dato un considerevole contributo al governo e all' amministrazione del Paese. È possibile avere una formazione culturale diversa, ma riconoscere che Gemelli fu uno straordinario costruttore di istituzioni, e che le istituzioni sopravvivono al loro fondatore. Romano Sergio