RASSEGNA 8 NOVEMBRE 2009 casanova@medicina.unica.it http://medicina.unica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=152&Itemid=133 LAUREA E LAVORO, ECCO LE FACOLTÀ AL TOP - UNO, STOP AI RETTORI A VITA - MENO POTERE AI PROFESSORI - UNIVERSITÀ: LA RIFORMA DEL GATTOPARDO - MAI PIÙ RICERCATORI A VITA - I TROPPI VOLTI DELLA MERITOCRAZIA - UNIVERSITA’: LA DITTATURA DELLE SIGLE - UNIVERSITA': LA CONOSCENZA NON È MERCATO - UNIVERSITÀ, MELIS SCOMMETTE SUL MERITO - APPROVATE LE LINEE PROGRAMMATICHE PROPOSTE DAL RETTORE - SASSARI: I FANTASTICI SETTE DEL RETTORE - UNIVERSITÀ, OPERATIVO L’ITER PER IL RIENTRO DEI CERVELLI - ALGHERO: ARCHITETTURA, NUMERI D'ORO - CINQUE ANNI PER CHI OCCUPA LE UNIVERSITÀ! (IN GRECIA) - UN BLUFF IL QUOZIENTE INTELLETTIVO - "MA RESTA IL PUNTO DI PARTENZA PER MISURARE LE NOSTRE CAPACITÀ - LA RICERCA ITALIANA È ALL'AVANGUARDIA - CATTOLICA, IL RETTORE: SÌ ALLA RIFORMA MA STOP AI TEST D' AMMISSIONE - COSA NON SI FA PER UNO SPONSOR: ANCHE GLI SCIENZIATI LE SPARANO GROSSE - SAN BASILIO, QUEL RADIOTELESCOPIO ALL’AVANGUARDIA - TUVIXEDDU, NUOVO APPELLO A BONDI «IMPEDITE LA COLATA DI CEMENTO - COLATA DI CEMENTO ASSEDIA LA NECROPOLI CAGLIARI - ======================================================= AL SAN RAFFAELE LAVORERANNO I SARDI - LA NEUROCHIRURGIA SBARCA AL SAN RAFFAELE - DON VERZÉ: IL CAVALIERE? UN DONO DI DIO ALL' ITALIA - PENSIONI DEI MEDICI SENZA ROTTAMAZIONI - SCOPRI IN 3D CHE COSA STO PENSANDO - MENTE: NUOVI ESPLORATORI O INCAUTI STREGONI? - LA GRANDE RISCOSSA DEL FARMACO ITALIANO: IL 53% VA ALL'ESTERO - PUBBLICAZIONI RECORD IN CAMPO ONCOLOGICO - ARTRITE REUMATOIDE, STOP AL DANNO ARTICOLARE - VERONESI: IL FUTURO SI CHIAMA MEDICINA MOLECOLARE - PIÙ TUMORI ALLA TIROIDE IN SICILIA: COLPA DELL'ETNA - SLA, L'ONDA DELLA PROTESTA SILENZIOSA - LA TERAPIA GENICA CHE SCONFIGGE LA CECITÀ - UN BACIO NON È SOLO AMORE MA ANCHE UNA DIFESA DAI VIRUS - ======================================================= ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 7 nov. ’09 LAUREA E LAVORO, ECCO LE FACOLTÀ AL TOP Indagine. Difficoltà per chi diventa dottore in Legge o Medicina, le medie restano basse Infermieri e tecnici sanitari passano dalle aule al camice Sabato 07 novembre 2009 L'inchiesta è stata condotta da “AlmaLaurea” e ha preso in esame il 90 per cento dei laureati nel corso dell'anno accademico 2007. A vrò fatto la scelta giusta? Riuscirò a laurearmi in tempo? Quanto impiegherò a trovare un lavoro, più o meno stabile? Queste e altre domande, dopo pochi giorni dall'inizio dell'anno accademico, frullano forse in qualche angolo della testa delle matricole cagliaritane. Neo-diplomati di belle speranze o poche pretese, reduci da una scelta cruciale per i prossimi anni e per il resto della vita. LE MATRICOLE Loro, ormai, hanno deciso che strada prendere ed è un peccato che, nel farlo, non abbiano potuto beneficiare della lettura di un utile libretto, appena pubblicato dalla direzione per l'orientamento e la comunicazione dell'ateneo, grazie ai dati raccolti da AlmaLaurea , il consorzio che riunisce 53 università di tutta Italia. Il report s'intitola Sbocchi occupazionali dei laureati nel 2007 a un anno dalla laurea, ed è stato realizzato dalla direzione Orientamento sulla base dei questionari che AlmaLaurea , fino alla fine del 2008, ha sottoposto agli studenti che l'anno prima avevano conquistato la sospirata pergamena. I NUMERI Un'indagine complessa, accurata, che ha coinvolto oltre il 90 per cento (circa 2.700) dei laureati del 2007, spingendo il bisturi fin dentro i singoli corsi - triennali, specialistici e a ciclo unico - e restituendo risultati interessanti. L'ESEMPIO Dal report emerge che i ragazzi cagliaritani, per trovare un lavoro ben pagato, non considerano sufficiente la laurea triennale e il più delle volte proseguono gli studi iscrivendosi a un corso specialistico. Questo avviene nel 70 per cento dei casi (contro il 59 per cento della media nazionale), mentre 15 volte su cento gli intervistati dichiarano, dopo la triennale, di affiancare studio e lavoro. GLI SBOCCHI Le uniche tre lauree brevi capaci, grazie anche alle restrizioni del numero chiuso, di garantire a chi le frequenta un posto di lavoro sicuro sono quelle in Riabilitazione, Professioni infermieristiche e Professioni sanitarie tecniche, che riescono a sistemare, entro un anno dalla laurea, rispettivamente il 100, il 98 e l'83 per cento dei propri studenti. I laureati sono pochi, perché pochi sono gli ammessi a frequentare quei corsi, però in percentuale la media di occupati è alta, così com'è alta, rispetto allo scenario cagliaritano, la media dei loro stipendi: 1400 euro al mese. LE DIFFICOLTÀ A un anno dalla specialistica, invece, secondo lo studio dell'università, a trovare lavoro (la media cittadina degli occupati è del 53 per cento, la media AlmaLaurea è del 62) sono soprattutto i laureati in Ingegneria (70 per cento), Economia (63) e Scienze politiche (63), mentre stentano quelli di Lettere (tranne il corso in Storia contemporanea) e Scienze (tranne Informatica), impiegati solo in un caso su tre. In Ingegneria, in modo particolare, ottengono risultati lusinghieri Elettrica (sette impiegati su otto laureati), Energetica (quattro su quattro) ed Elettronica (con trentuno laureati al lavoro su quarantacinque, pari al 69 per cento). Mentre nel polo giuridico- economico danno lavoro soprattutto i corsi in Scienze aziendali (65 per cento di laureati occupati) e in Gestione dei servizi sociali (90 per cento). Con una media di stipendi, ben sotto le aspettative, di circa mille euro al mese. LA CRITICITÀ Restano fuori parametro, per ovvie ragioni, Giurisprudenza e Medicina, che dopo i cinque anni chiedono alla gran parte dei loro studenti un altro sforzo di specializzazione. Una fatica in più che ormai, in realtà, riguarda moltissimi laureati e passa attraverso dottorati di ricerca, stage aziendali, tirocini e corsi di formazione. Piccoli tentativi di avvicinamento a un mondo del lavoro in cui trovare, faticosamente, la propria strada. LORENZO MANUNZA ________________________________________________________ Il Sole24Ore 2 nov. ’09 UNO, STOP AI RETTORI A VITA In sei atenei su dieci scatterà subito la regola del mandato a termine A Brescia le lezioni di ingegneria, medicina ed economia si tenevano da anni, grazie all’Eulo (ente universitario della Lombardia orientale) che chiamava nel capoluogo lombardo professori da Milano é dall'Emilia. La svolta però arrivò solo nelf83, quando l'ente dovette cedere il passo alla nuova università. In quell’anno Augusto Preti prendeva in mano le redini dell'ateneo neonato, che con una fedeltà accademica senza pari l'ha confermato nelle vesti di rettore fino a oggi. Il suo mandato, l'ottavo consecutivo, scade nel 2oio, e potrebbe essere l'ultimo. Tutto dipende da quando sarà approvata la riforma dell'università. Il progetto Gelmini che la scorsa settimana ha ottenuto il primo via libera dal governo mette una scadenza inderogabile alle poltrone dei rettori. Otto anni in due mandati, o sei anni con un mandato unico, e poi si cambia. Senza eccezioni. La novità è cruciale, perché finora le regole erano state affidate alla libera scelta degli statuti dei singoli atenei che, dati alla mano, si sono dimostrati ipersensibili alla stabilità e un po' più distratti sulle esigenze di cambiamento. Quello di Brescia, per esempio, prevede che il rettore «non può essere riconfermato per più di un mandato», ma qualche comma dopo concede un terzo mandato a chi ottiene la maggioranza assoluta alla prima votazione é una serie imprecisata di rinnovi a chi ottiene i due terzi. Brescia; va detto subito, è un caso tutt'altro che unico, e proprio questo aumenta l'effetto della norma contenuta nella riforma della governance universitaria: Non solo perché fissa un limite di tempo unico da riportare fedelmente in tutti gli statuti, ma anche perché stabilisce che una volta approvati - i nuovi statuti il calco lo del tetto deve considerare «anche il periodo di durata dei mandati già maturato». A chi ha già tanta esperienza, insomma, il cambio di rotta nelle regole accademiche imporrà di lasciare i comandi a un nuovo venuto. Nei progetti del governo; rilanciati dal ministro Gelmini all’indomani del semaforo verde acceso dal consiglio dei ministri, c'è una marcia a tappe forzate che prevede la trasformazione della riforma in legge entro marzo, dopo di che le università avranno sei mesi per aggiornare la propria Magna Charta. La tabella pubblicata qui a fianco si fonda su questi calcoli e prevede che le nuove regole siano pronte dappertutto nell'autunno. dell'anno prossimo. In quel caso, saranno 45 i rettori che dovranno rassegnarsi a farsi da parte una volta finito il loro mandato attuale (salvaguardato dalla legge). Per 3o di loro non ci sarà alcuna possibilità di riconferma, mentre gli altrii5 dovrebbero cercare di ottenere un ipotetico mandato abbreviato, per evitare di sforare i" termini con il rinnovo. Un cambio di guida in più del ooora delle università rappresenta una folata di rinnovamento inconsueta nel,panorama accademico italiano, ché pure negli ultimi tempi ha cominciato a muoversi più di prima. Da Cagliari a Cassino, da Padova a Bologna, gli ultimi mesi hanno visto 13 cambi della guardia nelle università italiane. In u casi, invece, le elezioni si sono risolte nella conferma di chi era già alla guida: Tra i riconfermati non mancano i principi "storici" del proprio ateneo. Salerno, per esempio, ha detto sì al nuovo mandato di Raimondo Pasquino, rettore dal 2001, é la San Pio V di Roma ha deciso di riaffidare le proprie sorti a :Giuseppe Dalla Torre, ordinario di diritto canonico e rettore dell'ateneo fin dal 1991. Nemmeno così, però, Dalla Torre (che scade nel 2013) riuscirà ad agguantare la medaglia d'argento tra i rettori più longevi, ormai messa al sicuro da Gennaro Ferrara. Ferrara, vicepresidente della provincia di Napoli a guida centrodestra- e già presidente regionale dell'Udeur, guida l'università Parthenope di Napoli dal 1986, prima della trasformazione in ateneo "generalista" del vecchio istituto navale; e sarà in carica fino al 2010. Totale: 24 anni, contro i 22 totalizzabili da Dalla Torre. Mettere nella legge un termine che gli statuti possono solo confermare è un modo per blindare là regola ed evitare correttivi "interessati", un altro espediente ché negli anni scorsi ha rappresentato un toccasana per la longevità accademica dei rettori. Guido Fabiani, all’università di RomaTre, grazie al restyling ha potuto doppiare il limite del doppio mandato, e una strategia simile era stata adottata dal leader storico dell'ateneo di Cagliari, Pasquale Mistretta, che di mandati ne ha collezionati sei prima ,di cedere il passo, quest'anno, a Giovanni Melis. Diverso il caso del rettore della Statale di Milano, Enrico Decleva, che ha ottenuto dal senato accademico un prolungamento biennale del proprio incarico, che sarebbe dovuto scadere nel 2009. Decleva infatti presiede la conferenza dei rettori, e la sua carica scade nel 2011. gianni.trovati@ilsole24ore.com ________________________________________________________ TST tutto Scienze e tecnologia 4 nov. ’09 MAI PIÙ RICERCATORI A VITA PIERGIORGIO STRATA EBRI - ROMA RUOLO: E' DIRETTORE SCIENTIFICO DELLA FONDAZIONE EBRI (EUROPEAN BRAIN RESEARCH INSTITUTE) DI ROMA II buono della riforma Gelmini Nessun Paese è migliore della sua università e nulla può sostituire l'università nel compito di formare la classe dirigente di domani» e sui concorsi universitari «proponiamo al governo di promuovere un'iniziativa per la modificazione della disciplina dei concorsi». Così scriveva un gruppo di intellettuali italiani in un appello del 2004. Eccoci ora di fronte a una riforma dell'università. Il piano Gelmini è innovativo su molti fronti. Tra i cambiamenti significativi ci sono la separazione tra potere accademico e potere amministrativo e il ridimensionamento dei poteri delle facoltà, già previsto dalla legge del 1980. Il dipartimento diventa l'unità vitale. Ed è positiva anche l'eliminazione del tempo indeterminato per i ricercatori. La loro istituzione puntava a creare una figura che imparasse a fare ricerca, ma, di fatto, rimane in ruolo per sempre anche senza aver raggiunto l'obiettivo. Questa figura poteva avere un senso quando non si potevano fare contratti a termine. Ma oggi c'è un esercito di 70 mila precari, che spesso svolgono le stesse mansioni. Chi sa svolgere ricerca in modo autonomo deve almeno aspirare al posto di professore associato. Altro aspetto per ridurre sprechi e scarsa qualità è quello di deframmentare le strutture. Oggi molte scienze beneficiano di un'alta massa critica e richiedono di riunire in un unico edificio competenze diverse, che consentano, oltre l'utilizzazione di strumenti d'avanguardia, il contatto tra le varie componenti del corpo accademico. Per molti altri problemi, poi, saranno importanti i decreti attuativi. Ma al centro ci dev'essere un efficiente sistema di valutazione per la distribuzione delle risorse all'università che deve premiare i progetti di ricerca dei singoli e destinare larga parte del fondo ordinario direttamente ai dipartimenti. Questa è la premessa per arrivare all'abolizione dei concorsi. Ma c'è il pericolo che non se ne faccia nulla e sarebbe una catastrofe. Su ricerca e innovazione l'Italia è in regressione. Lo «European Innovation Scoreboard», elaborato nel 2007, ci classificava al 20° posto tra 33 Paesi europei. Dietro di noi Cipro, Spagna, Malta, Lituania, fino alla Turchia. Sul fronte della regressione siamo al primo posto. Nel documento 2008 siamo sorpassati da Spagna, Portogallo e Grecia. Il finanziamento pubblico per ricerca e sviluppo è sceso dallo 0,56% del Pil allo 0,52, mentre il Regno Unito ha visto un incremento dallo 0,58 allo 0,65 che corrisponde alla media Ue. Nel bando giovani dello «European Research Council», che ha assegnato cospicui fondi a 300 ricercatori su 9 mila domande, gli italiani erano al primo posto con 35 premiati, dei quali, peraltro, solo 5 provengono da università italiane. Tredici hanno portato la loro dote in altri Paesi. Nel bando 2009 gli italiani sono ancora al primo posto, con 33 vincitori, ma 18 spenderanno i loro soldi altrove. Nel più prestigioso programma internazionale sulle scienze della vita, lo «Human Frontier Science Program», in 5 anni abbiamo ridotto le entrate al 30%. Significa che per trattenere o far rientrare i cervelli non bastano i soldi, ma è necessario creare strutture competitive, mentre ora stiamo finanziando la ricerca di altri Paesi. La ricerca è il motore dello sviluppo: ecco perché la riforma dev'essere approvata. Il tempo è scaduto. ________________________________________________________ Il Sole24Ore 5 nov. ’09 MENO POTERE AI PROFESSORI La riforma universitaria della Gelmini è un passo avanti. Ma la lobby in Parlamentò la bloccherà L’università italiana versa in condizioni gravissime, tali da richiedere terapie radicali. La coraggiosa proposta di riforma del ministro Gelmini va in questo senso. È una riforma a 360 gradi che introduce due elementi fondamentali e rivoluzionari: la meritocrazia e la fine del potere assoluto dei professori. Per capire il dramma in cui si trova l'università italiana basta analizzarne la performance. Tranne poche nobili eccezioni, i nostri atenei forniscono un servizio per cui non c'è domanda. II 38 per cento dei laureati italiani non ha ancora un lavoro tre anni dopo la laurea. II differenziale di salario di un laureato non giustifica né il tempo né il denaro speso per acquisire la laurea. Se le nostre università hanno ancora studenti è per le distorsioni introdotte dallo Stato che crea domanda fittizia imponendo un valore legale al titolo di studio, sussidia la produzione (mentre allo Stato una laurea breve costa 56 mila curo, lo studente in media ne paga solo 2.100), e di fatto blocca la concorrenza. Se non fosse per la barriera linguistica, la maggioranza degli studenti italiani andrebbe a studiare all'estero e un numero crescente lo sta già facendo. L'università oggi non risponde alle esigenze degli studenti (la domanda) ma a quelle dei professori (l'offerta). Non si propongono i corsi che interessano agli studenti e alle imprese che li assumeranno, ma quelli che i professori vogliono insegnare. Questo isolamento dalle forze del mercato non è in nome di una più elevata forma di sapere: da un punto di produzione scientifica gli istituti italiani sono un disastro. Nella classifica internazionale creata dall'università di Shanghai, che misura la qualità dell'output di ~ conoscenza prodotto, nel 2008 la prima ~ italiana (Milano) si trova soltanto al 138esimo posto. L'Inghilterra ha 11 centri nei primi 100 posti, la Germania e la : Svezia 5, la Svizzera e la Francia 3. Come uscire da questo impasse? Come ho già scritto in questa rubrica, la soluzione ideale sarebbe quella di trasformare almeno parte del sussidio statale alle università in prestiti agli studenti, che in questo modo diventerebbero consumatori più esigenti. L'abolizione del valore legale poi eliminerebbe la domanda fittizia. Una completa autonomia (e quindi responsabilizzazione) finanziaria chiuderebbe il cerchio, forzando le università a rispondere alle esigenze della domanda. La riforma del ministro Gelmini non è così radicale come quella da me auspicata, ma fa passi significativi in questa direzione. Per la prima volta si introduce il principio della meritocrazia. Non tutti gli atenei devono ricevere gli stessi fondi, ma quelli migliori ne riceveranno di più. Non tutti i professori riceveranno lo stesso stipendio, ma quelli migliori riceveranno di più. Si creano quindi degli incentivi a migliorare. Per la prima volta si introduce anche un meccanismo tramite il quale la domanda possa influenzare l'offerta: le valutazioni degli studenti determineranno l'allocazione dei fondi ministeriali. Affinché questi incentivi abbiano effetto, però, è necessario cambiare i meccanismi decisionali all'interno delle strutture. Oggi il potere è completamente nelle mani dei professori, che gestiscono tutto a loro uso e consumo. Questo impedisce riforme in senso meritocratico. Se la maggioranza dei professori è mediocre, come possiamo aspettarci che abbracci consensualmente la competizione e la meritocrazia? La riforma ha il coraggio di intaccare questo potere affidando la responsabilità gestionale a un consiglio di amministrazione non eletto dai professori, con i140 per cento di membri esterni. Questo è quello che già succede nelle migliori università private come la Bocconi di Milano. Mi aspetto un'opposizione feroce. In Parlamento la lobby dei professori è seconda solo a quella degli avvocati. Farà di tutto per snaturare gli elementi innovativi di questa riforma che vede come un pericolo alla propria esistenza. E per conquistarsi il favore dell'opinione pubblica i professori sventoleranno la bandiera della libertà accademica contro l'asservimento dell'università al mercato. Ma ricordatevi che stanno solo difendendo la propria rendita di posizione, né più né meno dei camalli del pano di Genova. L'unica differenza sta nel fatto che hanno più contarti e più potere in Parlamento, e quindi rischiano di prevalere, condannando l'università italiana a un coma irreversibile. _______________________________________________________ Il manifesto 6 nov. ’09 UNIVERSITÀ: LA RIFORMA DEL GATTOPARDO Alessandro Dal Lago 0gni discussione seria sulla situazione dell'università (e quindi sul Ddl Gelmini) non può che partire da un accordo preliminare sulla finzione dell'istituzione accademica. Da un paio di secoli circa, qualsiasi università degna di questo nome si basa su un presupposto semplice: I'unico fine che la formazione superiore dovrebbe servire è la conoscenza in quanto tale. Da Kant e Wilhelm von Humboldt al cardinale Henry Newman, senza dimenticare Max Weber e Karl Jaspers. L'idea classica di università, oggi visibilmente al tramonto, ruota intorno al principio della libertà di ricerca e ad alcuni corollari: che né il potere politico, né gli interessi privati possono interferire nella ricerca e nell'educazione degli studenti, che solo gli scienziati giudicano gli scienziati, e che l'università è responsabile davanti alla società del modo in cui usa la propria libertà. Questo è lo spirito che si respira in una vera università. Dal ruolo che tradizionalmente gli studenti svolgono di opposizione sociale e politica (dal maggio '68 sino alla Teheran d'oggi) sino alle bizzarrie in terna di abbigliamento e stile di vita dei professori> la libertà accademica è il lusso che una società sviluppata e democratica lungimirante dovrebbe concedersi facilmente, riconoscendone le ricadute positive. Che si tratti di algoritmi o di scoperte, di interpretazioni giuridiche o letterarie, di nuove cure o nuove tecnologie, ciò che l'università produce liberamente torna in forma di valore aggiunto conoscitivo, civile e culturale alla società che l'ha reso possibile. II privilegio accademico ha naturalmente delle contropartite. I professori devono meritare la loro posizione, e ciò significa che solo la loro capacità e produttività (da accertare in base a ciò che fanno, secondo criteri di valutazione inevitabilmente convenzionali, ma applicati universalmente) giustifica la loro posizione; devono rendere conto alla collettività non di ciò che ricercano, ma dei soldi che spendono nella ricerca e, soprattutto, hanno il dovere di rendere pubblici e trasparenti i criteri e le procedure con cui cooptano o promuovono quelli che un giorno li sostituiranno. In altri termini, l'università può essere libera solo se è responsabile. Su questo piano, spiace dirlo, non solo i governi di centrodestra e centrosinistra degli ultimi vent'anni si sono dimostrati disastrosi, ma il ceto accademico ha dato il suo efficace contributo al disastro. Farò un esempio di connivenza oggettiva. Anche i sassi sanno ormai che la riforma Berlinguer è fallita perché imposta dalle lobby accademiche che vi hanno trovato un meccanismo ideale per moltiplicare posti e poteri. AL di là delle proteste puramente verbali della Conferenza dei rettori per il taglio incessante dei fondi, tra i governi degli ultimi anni e i grandi gruppi di potere accademico c'è sempre stata una corrispondenza d'amorosi sensi. Ma la connivenza tra baronati e ministri va oltre. Dopo la comparsa priva di tracce ed effetti di personaggi incompetenti come Moratti e Mussi, il ministro Gelmini che probabilmente di questioni universitarie non mastica molto, ma deve avere dei consulenti che hanno obiettivi assai chiari - dà un'ulteriore sterzata dirigistica non solo imponendo a tutte le università la stessa struttura di governo, ma aumentando a dismisura il potere del rettore e conferendo la facoltà di eleggerlo ai "professori ordinari in servizio presso università italiane in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturalì (art 2, comma 2, capo c). In altri termini, solo un ristretto gruppo di baroni eleggerà il rettore, e poiché di norma i rettori che contano sono medici e ingegneri, chiunque capisce quali sono i gruppi di interesse, accademici e non, coinvolti nella vera "governance" dell'università. In base ai principi della libertà e della responsabilità esposti sopra, alcuni punti del Ddl sono del tutto inaccettabili, mentre altri, sulla carta, potrebbero essere discussi. Tra i primi c'è il quaranta per cento dei posti in Consiglio di amministrazione riservati ai "privati", senza alcun vincolo di finanziamento (con che diritto i privati contribuiscano alle decisioni in materia di vita accademica se non danno contributi?). E lo stesso vale per un'agenzia di valutazione dai contorni indefinibili, ma aperta ai privati e soggetta visibilmente all'imperio del ministro. E non parliamo delle norme in materia di reclutamento. AL di là dell’abilitazione" nazionale dei futuri docenti, che riprende idee vecchie quanto il mondo e in fondo l'antica libera docenza, la composizione delle commissioni è ovviamente macchinosa, come sempre, e si basa su un principio, il sorteggio, che sostituisce in parte il mero caso alle vecchie spartizioni nazionali. Nei settori scientifico-disciplinari organizzati, e cioè quelli che hanno un potere reale, è facile prevedere che il sorteggio non cambierà di molto le Cose. Il principio della valutazione della ricerca individuale in linea di principio è sacrosanto e non si capisce perché incontra tante resistenze a sinistra (o meglio si capisce benissimo). Chi è vecchio del mestiere sa che l'università italiana si porta dietro, a ogni livello gerarchico, una sacca di docenti i quali, ammesso che abbiano fatto ricerca da giovani, a un certo punto smettono o vivacchiano, facendosi i fatti propri o interessandosi esclusivamente dei propri micropoteri. Che i contribuenti paghino lo stipendio a simili "professori" - e non sono pochi- i quali oltretutto occupano posti che potrebbero essere riservati ai giovani è una vergogna dell'università italiana. E io non trovo nulla di scandaloso nel fatto che siano previsti incentivi per i più meritevoli, quelli che lavorano di più e meglio: Semmai, ciò che è privo di senso è i che fondi per l’incentivazione siano gestiti dal ministro dell'Economia: questo significa soltanto che il ministro detterà alla comunità accademica criteri di valutazione che saranno tutto tranne che scientifici. Quanto al fatto che tali fondi deriveranno (a parole) dal gettito del famigerato scudo di Tremonti, l'equazione tra denari illeciti e finanziamento della scienza parla da sé. Anche i ricercatori a tempo determinato in teoria potrebbero essere accettabili (se non altro per metterli alla prova ed evitare che uno entri all'università e il suo lavoro non sia valutato mai più). Ma poiché siamo in Italia e la "riforma" è a costo zero, appare evidente che i contratti a tempo determinato sono solo nuovo precariato, oltretutto senza alcuna indicazione sugli sbocchi futuri. A me pare che il Disegno di legge Gelmini manipoli più o meno abilmente alcuni principi che sono diventati nel bene e nel male senso comune del' università (valutazione, merito, efficienza ecc.). Ma ho l'impressione che il suo obiettivo sia soprattutto rafforzare l'università italiana in senso verticistico, attribuendo tutta il potere all'alleanza tra rettori, gruppi baronali e attori esterni. In realtà, nel Disegno di legge il controllo su quello che davvero fanno i professori è del tutto aleatorio e fumoso, la valutazione è una chimera e la semplificazione delle strutture al servizio di un'organizzazione più dispotica di prima ma burocratica quanto in passato. Se si tiene conto che i finanziamenti sono in costante diminuzione e che i difetti strutturali non sono scalfiti in nulla, il risultato del disegno di legge Gelmini sarà un'università culturalmente modesta, ancor meno competitiva sulla scena internazionale e assoggettata al potere politico. Insomma, una riforma roboante ma gattopardesca nello stile della destra italiana, affinché tutto sia come prima o magari peggio. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 4 nov. ’09 I TROPPI VOLTI DELLA MERITOCRAZIA Dopo la riforma universitaria di Giampaolo Mele Roma, fine anni '80. Mentre svolgevo ricerche, presso una istituzione accademica del Vaticano, una studiosa coreana mi accennò a un imminente viaggio in Germania, per imparare il tedesco. Al mio elogio, si schermì - col classico sorrisetto orientale: «Ma lingua tedesca non così difficile; è stesso alfabeto, come italiano e inglese. Ideogrammi più difficili». Parlava con laurea in lettere, musicologia e diploma di organo e pianoforte, rudimenti di latino, e un dignitoso italiano. E proveniva da una università privata (cattolica) del suo Paese - dopo una selezione tremenda. E poi ci stupiamo se profonde tradizioni culturali dell'Occidente - tipo direzione d'orchestra - assumono occhi a mandorla. Dietro molte affermazioni professionali e culturali c'è quasi sempre un sistema - o persino una singola persona di potere - col credo della Meritocrazia. Che in Italia resta però spesso un enigma, talvolta una chimera. Di fatto, non è concepibile una Meritocrazia, senza studio (o lavoro) tosto - e rigida selezione. Parola sulla bocca di tutti, Meritocrazia - che significa "governo del merito" - può assumere, a seconda dei contesti, aspetti variegati e persino contraddittori. Ne sintetizzo tre: 1) Meritocrazia Concreta. 2) Meritocrazia Virtuale. 3) Meritocrazia Fasulla. Soffermiamoci sul primo caso: Meritocrazia Concreta. E' incarnata dalla studiosa orientale a Roma citata all'inizio; nel suo Paese se non hai specifici talenti e spirito di sacrificio, toglitelo dalla testa, non si va avanti. In Italia non sono certo del tutto assenti esempi di Meritocrazia Concreta, anche a doppio taglio: giovani di valore vengono prima incoraggiati, ma poi soccombono nella giungla di concorsi truccati, e allora o cambiano mestiere - esistono diversi dottori di ricerca, trasformatisi in baristi o postini - oppure emigrano. Ma veniamo al caso 2: Meritocrazia Virtuale. E' quella che si sbandiera in comizi e discorsi, ma di fatto non esiste, come l'uccello mitologico invisibile, l'Araba Fenice, cantata da Metastasio; "che ci sia ciascun lo dice; dove sia nessun lo sa". E siamo al caso 3: Meritocrazia Fasulla. Questa, è peggio persino del lassismo; e funziona così. Si strombazza in astratto l'importanza dei meriti, mentre nelle circostanze concrete si promuovono figure non all'altezza delle situazioni, a qualsiasi livello. Il ciclone Brunetta, abbattutosi sulla pubblica amministrazione, ha solo sfiorato questo cancro. Meritocrazia, in Italia, fa spesso rima con utopia. Prevale in genere il "volemose bene"; che poi porta a essere forti coi deboli, e deboli coi forti. Postilla finale. Sta scattando una nuova riforma dell'università - l'ennesima in un decennio. Meritocrazia è citata a ogni piè sospinto. E sul disegno di legge, non sono mancati apprezzamenti di universitari e opinionisti, anche non vicini al Governo. E' una svolta epocale. Ma passerà del tempo (basti pensare alle incognite dei decreti attuativi). Certo, non mancano perplessità. Esempio? Meritocrazia per i docenti, tanto per restare in argomento. Splendida idea. Ma, nel Bel Paese, come si formeranno le commissioni di valutazione delle ricerche scientifiche dei professori? Chi custodirà i custodi? Lasciamo tempo al tempo. Con un auspicio. Tra miriadi di materie - destinate a sfrondamento - speriamo che si accenda finalmente, in tutti gli atenei, una nuova disciplina, utile a tutti: Meritocrazia Applicata. ____________________________________________________________ IL FOGLIO 4 nov. ’09 LA DITTATURA DELLE SIGLE Crui, Cnvsu, Eclt, Cirdu, Gep... Professori assediati dal buracratese sognano la riscossa della parola umana Mail in arrivo, mail in uscita, un'antimateria insonne. Passava in cavi sottoterra, passava per l'etere, passava nel cosmo. In verità per i più era pura magia, e tutti a lamentarsi di questa schiavitù davanti al video che rubava are ogni giorno, ma il contatto col mando cui nessuna sa rinunciare si costituiva ormai in gran parte su quel cieca specchio azzurrino. Quella mattina nei Dipartimenti erano apparse fra le altre tre comunicazioni salienti. C. e Albini, compagni di stanza, erano, uno di qua uno di là, davanti al loro computer. La prima era un putiferio di botta e risposta a varie firme intorno a una gara d'appalto per la manutenzione. La seconda recitava: "E' ragione di azione disciplinare da parte dell'Ateneo presentare tesi in parte a interamente provenienti da siti Internet. Le sanzioni a carico dello studente prevedano: annullamento di esami, interdizione dalle sessioni d'esame di profitto a di laurea e, in casi ritenuti particolarmente gravi, l'espulsione". Sanzioni?" Espulsione? Ma dove, Io quando noto che hanno copiata faccio finta di niente. lo pure, fece C. Sai, C,, a casa somigliamo noi prof? All'esercito zarista, alla Guardia bianca quando in Russia nel 1917 avanzava la Rivoluzione rossa, Ma aspetta, adesso viene un documenta romana che non finisce più. Sto guardando, "Gabìna di Regia CRUI per la valutazione integrata dal Coordinatore del progetto di ricerca del CNVSU per la definizione di un Modello Informativo dei Corsi di studia e del Presidente del Nucleo di Valutazione, Si è riconsiderata l'esperienza di valutazione della qualità dei CdS maturata in ambita CRIJI, ma anche nei contesti che hanno fatto riferimento ai criteri di valutazione proposti dal CNVSU. Noo, non è possibile! Cabina di regia - quale regia? Adesso fanno anche del cinema? E queste sigle! E' una libidine. Lo vedi, G.? Un'altra analogia coi rossi, coi bolscevichi. In Russia sono cominciate con loro, Tanto più incomprensibili tanta più minacciose: avvio, sono uno strumento di patere! C. acciuffò dal suo tavolo un libretto azzurro e lo sventolò in aria: era la guida interna. ECLT European Center for Living Technolagy, CISB Centra Studi balcanici, iDEAS per le Interazioni Dinamiche fra Economia Ambiente Società, poi CIRDU che ricerca sui diritti dell'uomo --capirai! -pai GEP: è in area scientifica, indìca - aspetta un momento -la geopodalogia, Cosa diavolo è? Ma C,, fece Albini fingendosi sdegnato di tanta ignoranza: è lo studio su come tenere i piedi per terra. Qui non ce li ha più nessuno. Albini, Albini, sul monda incombe un regime rosso. Sì, C. Noi prof siamo i bianchi, gli ufficiali zaristi, isolati, demoralizzati, mal comandati, senza più munizioni. Avrai letto "La guardia bianca" di Zulgakov, quando gli ex studenti di Kiev - siamo noi, tali e quali -si sono asserragliati nel loro vecchia, venerando liceo e sana alle prese col quadro elettrica? Sano sconfitti e la sconfitta, dice Dulgakav, dà la stesso sconforto di trovarsi in una casa dov'è mancata la corrente. Splendido paragone. Tu prova qui da noi a chiedere una lampadina in più, cioè a chiedere un nuovo posto. Magari, e chissà quando! Ti ricordi il generale capo dei rifornimenti e il valoroso colonnello Na3-Turs che esige da lui, all'istante, stivali e berretti di pela per i suoi junker che deve portare all'attacco contro i rossi? Il generale, affondato in una poltrona, sotto un'immensa carta della Russia, piagnucola "come un fischietto d'argilla": ia glieli assegno, colonnello, ma scordi che sia subita, qui e in tutti i comandi regnano salo caos, chiacchiere e comportamenti indecenti. La cabina CRUI é il radioso sale dell'avvenire dello stalinismo. Mandiamola nel nulla. E i due cliccarono all'unisono su cancella, di C, era S. Can S, si conoscevano da anni, si erano conosciuti da giovani quando insegnavano nel Centro Italia. Entrambi avevano amata l'università, così come avevano amata il liceo, le medie, le elementari, l'asilo nido, titto> e avevano ancora ingoiato teoremi logaritmi declinazioni canti dì Dante a memoria, intere filosofie, interi stock di date storiche e si erano fatti uno stomaco dì ferro. Quella pletora di nostri coetanei, di nati nei Cinquanta e dopo, che frigna di aver vissuta la scuola come una coazione! Perché ci facevano studiare cose che non c'interessavano, "lantane dalla vita", perché gna gna gna i professori erano noiosi. Ma il più degli umani sono noiosi, e perché i prof no? E dov'erano, o imbecilli, i vostri travolgenti interessi vitali? S, era una studiosa nata, era divorziato, viveva sala in un bell'appartamento che aveva tappezzata di libri, e con le donne non ne imbroccava una. Anche lui desolato di com'era conciata l'università e anche più di C,, perché era un temperamento drammatica. Non riusciva a consolarsi della stato di crescente analfabetismo degli studenti. Anche di Gesù cristo, lame no solo, perché c'è Natale e è naia in una stalla e che l'hanno crocifisso. Noi gli mettiamo davanti della roba scritta, e loro vanno di parola in parola come formiche che arrancano su un masso. Ma le formiche hanno una meta Loro no. E niente memoria, C, si mise a ridere: ma sì, ricordano, sbagliando magari l'anno, sala le Torri gemelle. lo però,.. a volte mi commuovo, mi vergogno. Ti vergogni? E perché? Non fai come me il tuo dovere? Sì, credo, però mi vergogno, mi vergogno di me, e non davanti ai cretini senza speranza e nemmeno davanti ai pochissimi bravi, questi ce la faranno posta che abbiano grinta a mezzi di famiglia. E quando veda uno, magari non geniale ma che avrebbe magari voglia di sapere, che mi chiedo che destina avrà: Incoraggiarlo a studiare, aggi? Can quale prospettiva? E' la maggioranza dei mediamente dotati che il '68 e tutte le riforme e il "tutti promossi" hanno mandato a farsi fottere, E' di questi che bisognerebbe potersi occupare assiduamente. Oh Dia, C., e dove ci resterebbe il tempo per la ricerca? Piantala. Sai casa ci vorrebbe? Farli leggere. Leggere di tutto, tutte le mattine da lunedì a sabato, e basta lezioni, basta esami. Io ci starei. Allora si m tornerebbe l'eros pedagogico. Ma scusa, C, se l’intenzione del governo è tagliare spese, corsi, materie, insegnamenti, dove le metti quelle tue sacre mattinate di letture? Chi le paga? C. tirò fuori dalla tasca della giacca un foglio intestata. Guarda qui. "AI Magnifica Rettore. Oggetto: Fund raising. Nelle attuali difficoltà in cui versa l'Ateneo a causa dei tagli ministeriali, mi permetto di dirigerle una "modesta proposta" che le ricorderà quella di Janathan Swift due secoli fa di dar da mangiare ai poveri,la loro stessa figliolanza. Come Lei sa, la più parte degli iscritti a Lingue sano studentesse. Una semplice circolare on line permetterebbe all'Amministrazione di stabilire quante di loro siano disponibili ad avere un rapporto sessuale coi turisti stranieri, e di approntarne un catalogo con foto e lingua prescelta. Nel curriculum degli studenti è previsto una stage, che vale quattro crediti, e la stàge - potrei darle le prove - a volte si riduce a vendere il pane al banco dì un fornaio di una località balneare. Incontri intimi coi turisti comporterebbero per le studentesse una pratica allargata delle lingue che studiano e per l'Ateneo un considerevole introito. In attesa di riscontro, sono can distinti saluti Sua C." C., sei osceno. Mica l'hai spedita? No di certo. Mi sono solo divertito. Nonostante tutto noi siamo il sale della terra. L'aveva detto per ridere, però un po' ci credeva, e anche S. serio serio esclamò: è vero, e ci bevvero sopra. Ma che casa dei presente tocca ancora il nostro cuore?! disse C, animata da quel secondo whisky. Siamo gente che a volte ride, il riso è una fuga, ma piangere non piange più. Sala un po' di rabbia e poi un triste mene frego. Sgombrare bisogna, non riempire. lo nelle scuole e a maggior ragione nelle università butterei giù tutti i muri, e farei due soli grandi spazi, palestra e biblioteca. Palestra perché ci vuole, io credo al carpa sano, e per quella che l'allievo deve apprendere can la mente: programmi e bibliografie on line o affissi alle pareti. Esami due volte l'anno. Nessuna lezione. I docenti stanno a dei loro tavoli in biblioteca, studiano ma sono sempre disponibili, a turni quotidiani, e danna consigli, insegnamenti, guida salo a ehi lo richiede. Ogni allieva deve fare da sé. Altra che insegnare, come si fa ara, anche a come tirarsi sa scientificamente le mutande, a gente che si annoia Sì, i nastri giovani con noi si annoiano. "Nuovo Wallunan video: il resta è naia". E questa cos'è? Una pubblicità geniale. Una variante del detta di Shakespeare, "and the rest is silence". Io la pubblicità non la guardo. Fai male. Dice più dei libri. Ora ti esibisce creature superiori perché tu spasimi per eguagliarle, ora creature comuni con cui puoi subito identificarti. Qui c'è un adolescente maschia, brufoloso, messo di sbieco, mani levate per la meraviglia, auricolari agli orecchi, occhi chiusi, è in estasi, fra violente chiazze di colare. Cieco e muto, che gliene frega fuori di quel fragore che gli va dritto al cervello? Ma alla fin fine l'uomo non è stupido come si crede. S. si stupì. Ma allora... non è vera che non sei più un illuminista! lo sano e resta un illuminista. Anzi, sono un pedagogo nato, un fastidioso amica della morale - e qui C. scoppiò in una risata. Tu mi credi sempre un disfattista - ma sì, io, tu, gli altri, nel cuore siamo sempre feriti, disfatti, perché una genia di mercanti si sta mangiando il mondo - ma contro le apparenze io sono un apologeta Come sarebbe? Io creda, creda, credo. In che casa? Io credo che ci sarà una riscossa. la parola umana, salo la parola è la; mano tesa versa I'ignoto, salo questa può ridare un incanto al monda. Ma non mi far diventare patetica - e C. scoppia di nuovo a ridere, di sé, della parte che sta facendo. Fina all'ultima respira cercherò di ritrovare la chiave per l'antico festino dove mi tornerà farse l'appetito. Che bell'immagine, C. Non è mia, è di Rimbaud. ___________________________________________________________ Il Manifesto 7 nov. ’09 UNIVERSITA': LA CONOSCENZA NON È MERCATO Marco Bascetta La questione dell'Università, del suo futuro e del suo significato, fuori dalla retorica della conservazione travestita da riformismo, può ridursi a una semplice domanda: chi deve dettare gli indirizzi, le linee di sviluppo, gli scopi, gli obiettivi? Chi deve invece adattarvisi? E il mercato del lavoro, ovverosia la domanda asfittica di un sistema di imprese intento a salvaguardare i propri profitti nelle forme più banali e meno impegnative possibili, oppure il luogo di produzione e trasmissione di un sapere non piegato ad accompagnare la piatta riproduzione dell'esistente con modeste trovate di razionalizzazione? Il compito dell'Università non è ( quello di adeguarsi al mercato del lavoro, come decenni di riformismo fallimentare (in larga parte di sinistra) hanno vanamente preteso che facesse, ma di scardinarlo. Non di fornire conoscenze precarie a un ciclo produttivo dominato dalla miope contingenza degli interessi aziendali, ma di rompere, per usare la più classica delle formule, la gabbia dei rapporti di produzione a favore dello sviluppo delle forze produttive. Se non vi è eccedenza, se la ricerca e la didattica ( che non sempre e sempre meno si lasciano nettamente distinguere) non si spingono oltre l'utilità dell'oggi, non rifiutano il «merito» dell'adattamento, non aprono, per così dire, dei «possibili» che solo in parte sono destinati a realizzarsi, allora davvero la nostra Università non meriterebbe né risorse, né attenzione, né pietà. Quando si dice «valore della conoscenza in sé» non si intende chissà quale squisito ideale umanistico, ma la necessità concreta e materiale di questa funzione: Questo dovrebbe essere il metrò di una valutazione (scientifica, politica e sociale ad un tempo) al vagliò della quale cadrebbero prima di tutto quella miriade di master, specializzazioni, effimere figure professionali, lauree brevi, titoli (di studio) spazzatura che si sono voluti far passare per la via maestra all'efficienza e all'«eccellenza», con la complicità di un baronato accademico che non ha mancato; insieme all'industria fiorente e truffaldina della formazione privata, di trovarvi il proprio tornaconto. Sebbene i sinistri «riformisti» che pontificano dalle colonne del Corriere della sera non se ne accorgano o fingano di non accorgersene, l'economia (meglio, la diseconomia) della conoscenza risponde a una logica del tutto diversa da quella delle merci. Se si sono ripetutamente date nella storia, e continuano a darsi, crisi da sovrapproduzione di merci, una crisi da sovrapproduzione di sapere (tolto l'episodio di Eva e della mela) suona come un puro e semplice controsenso. Lo sa bene l'industria culturale, e .non solo, che da questa sovrapproduzione trae profitto, tanto sul versante del consumo (a un certo contenuto culturale dei prodotti deve corrispondere un livello analogo dei consumatori) che su quello della produzione, ripagandola con il precariato, la disoccupazione intellettuale di massa e l'indecente invito al-. l'umiltà, rivolto ai giovani dal ministro Sacconi. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 3 nov. ’09 UNIVERSITÀ, MELIS SCOMMETTE SUL MERITO Approvate le linee programmatiche 2010-2013: premi ai virtuosi e caccia ai fondi per la ricerca Puntare all'eccellenza scommettendo sulla valutazione dei risultati e il riconoscimento dei meriti, senza trascurare qualità della ricerca, didattica, servizio del territorio. Gli organi collegiali dell'Ateneo cagliaritano hanno approvato le linee programmatiche per il quadriennio 2010-2013 secondo gli indirizzi indicati dal rettore Giovanni Melis. Tra gli obiettivi da raggiungere, un accordo quadro che «definisca il programma d'interventi per il sistema universitario regionale» integrato, avviando un dialogo con l'Ateneo di Sassari. GLI INDIRIZZI Quattro i punti che caratterizzeranno le strategie di guida dell'Università di Cagliari nel prossimo quadriennio: precisazione e distinzione dei compiti dei diversi organi collegiali, partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti nelle politiche d'ateneo, decentramento verso facoltà e corsi di laurea degli aspetti amministrativi del rapporto con gli studenti. LA RICERCA Per quanto riguarda la ricerca scientifica l'impegno è a «creare le condizioni per mettere a disposizione dei ricercatori un'adeguata dotazione di risorse attraverso i fondi d'ateneo», ma soprattutto dando vita a una «struttura di supporto, capace di monitorare e individuare le opportunità e di favorire la partecipazione dei ricercatori verso i bandi esterni». PREMI AI VIRTUOSI Per migliorare la valutazione dell'Università nel panorama nazionale ed europeo, saranno premiati «in modo significativo i comportamenti virtuosi di gruppo e individuali», mentre per rientrare nei parametri per i finanziamenti ministeriali l'offerta formativa sarà razionalizzata e saranno rafforzati la «collaborazione con le realtà scolastiche e l'orientamento in ingresso». TERRITORIO Tra Università e sistema produttivo sarà avviato un «confronto continuo», mentre ai dipartimenti toccherà «sviluppare politiche attive per recuperare le risorse che garantiscano adeguata funzionalità ai laboratori per i servizi al territorio». STUDENTI In un'ottica di internazionalizzazione delle attività, la mobilità degli studenti, finora scarsa, sarà potenziata attraverso i vari programmi comunitari. Agli studenti, il programma punta a garantire «un'idonea disponibilità di aule, biblioteche e laboratori» e una «migliore organizzazione della didattica (efficacia dei piani di studio, equilibrio nei carichi didattici, coordinamento del calendario delle lezioni e degli esami coordinamento dei manager didattici e supporti dai tutor)». AMMINISTRATIVI Per quanto riguarda il personale amministrativo, gli incentivi economici e di carriera saranno legati «ai risultati ottenuti». Nei giorni scorsi sono stati approvati un accorpamento delle direzioni centrali e l'istituzione di specifici coordinamenti fra le varie strutture amministrative. ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 3 nov. ’09 APPROVATE LE LINEE PROGRAMMATICHE PROPOSTE DAL RETTORE Qualità ed efficienza, l’università punta al rilancio in tre anni CAGLIARI. Valutazione dei risultati, riconoscimento dei meriti, qualità della ricerca e della didattica, trasparenza nelle decisioni sono gli obiettivi del programma 2010-2013 approvato dall’Università, secondo gli indirizzi del rettore Melis. L’ateneo punta anche a un accordo quadro, d’intesa con quello di Sassari, per definire il programma d’interventi per il sistema universitario regionale «funzionale allo sviluppo della didattica, della ricerca, del servizio al territorio». Sul piano della governance il documento programmatico insiste sul decentramento, verso le facoltà e i corsi di laurea, degli aspetti amministrativi riguardanti il rapporto con gli studenti. Quanto alla ricerca scientifica, l’ateneo s’impegna a creare le condizioni per mettere a disposizione un’adeguata dotazione di risorse. Il sostegno alla progettazione dei programmi di ricerca sarà affidato a una struttura di supporto, in grado di monitorare e individuare le opportunità e anche di favorire la partecipazione dei ricercatori verso i bandi esterni. Andranno premiati - secondo quanto previsto dalle linee strategiche - i comportamenti virtuosi di gruppo e individuali. Subito dopo dovranno essere rafforzati la collaborazione con le scuole e l’orientamento all’accesso all’università per migliorare la produttività della didattica, che penalizza il rating dell’ateneo nei parametri di meriti ministeriali. Affiora l’intenzione di promuovere l’integrazione dell’offerta didattica fra i due atenei di Cagliari e Sassari, anche per attrarre e razionalizzare l’impiego dei fondi erogati dalla Regione. Inoltre, occorre insistere - prevedono gli organi accademici - sui processi di valutazione della qualità dei corsi di laurea. L’ateneo ritiene importante anche promuovere un confronto permanente con il sistema produttivo, facendo emergere le potenzialità dei gruppi di ricerca. Quanto all’internazionalizzazione delle attività, l’università considera «asse portante della formazione superiore» la mobilità degli studenti e dei docenti/ricercatori. Obiettivo generale nazionale è favorire una mobilità studentesca pari al 10 per come suggerito dall’Unione Europea mentre oggi solo l’un per centro degli universitari cagliaritani è disposto ad affrontare quest’esperienza. Agli studenti, poi, si offrirà una migliore organizzazione della didattica, in termini di efficacia dei piani di studio, equilibrio nei carichi didattici e coordinamento del calendario delle lezioni e degli esami. Rispetto alle politiche per il personale e l’amministrazione, l’ateneo intende definire «obiettivi motivanti in grado di stimolare la partecipazione, il contributo operativo e il senso di appartenenza, legando sempre più i possibili incentivi economici e di carriera ai risultati ottenuti». Nei giorni scorsi è stata approvata una prima riorganizzazione dell’amministrazione con l’accorpamento delle direzioni centrali e l’istituzione di specifici coordinamenti. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 5 nov. ’09 SASSARI: I FANTASTICI SETTE DEL RETTORE Sassari. Laura Manca affiancherà Attilio Mastino: gestirà l’Ateneo insieme a sette professori Il magnifico si affida a una giunta e una donna «La Giunta di Ateneo è una delle novità che avevo annunciato nel mio programma elettorale», spiega il neo rettore Mastino. Le altre novità saranno gli obiettivi che questa amministrazione si prefigge di raggiungere. All’Università di Sassari l’era Mastino inizia con due novità assolute: una Giunta di sette professori che affiancheranno il rettore nella gestione dell’Ateneo, e il primo prorettore donna nella storia dell’università sassarese. La cerimonia di insediamento del nuovo rettore Attilio Mastino è in programma domani, ma il Magnifico che subentra dopo dodici anni ad Alessandro Maida, già ieri ha voluto presentare prorettore, direttore amministrativo e Giunta. Partiamo con il prorettore: per la prima volta la seconda carica dell’Ateneo va a una donna. La prescelta è Laura Manca, 53 anni, professore ordinario di biochimica nella Facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali, già vice preside della Facoltà e presidente del corso di laurea interfacoltà di Biotecnologie. Poi ecco il nuovo direttore amministrativo, che subentra a Giovannino Sircana, andato in pensione: è Guido Croci, 56 anni, romano, che in passato ha ricoperto le cariche di dirigente a contratto per lo sviluppo delle risorse umane all’Università di Bologna, e direttore amministrativo dell’Università di Foggia. La terza svolta targata Mastino è la Giunta, un organismo contemplato dallo Statuto dell’Ateneo, ma finora mai messo in pratica. Si tratta di sette professori che chiamati a gestire (senza portafoglio) ciascuno un determinato settore della vita amministrativa dell’università. La squadra è composta dal prorettore Laura Manca, delegato all’organizzazione della didattica, alta formazione, diritto allo studio e servizi agli studenti; Sergio Coda, ex preside di Veterinaria, delegato alla infrastrutturazione e gestione del patrimonio edilizio; Lucia Giovannelli, presidente della Consulta di Ateneo, e docente di economia aziendale nella Facoltà di Economia, delegato alla programmazione, bilancio, innovazione manageriale; Giovanni Lobrano, l’ex preside di Giurisprudenza che voleva attribuire la laurea honoris causa a Gheddafi, delegato all’internazionalizzazione; Francesco Morandi, preside di Economia, delegato all’innovazione regolamentare, affari legali, trasparenza; Giulio Rosati, preside di Medicina, delegato alla sanità; Donatella Spano, docente di arboricoltura nella Facoltà di Agraria, delegato alla ricerca e trasferimento tecnologico. «La Giunta di Ateneo è una delle novità che avevo annunciato nel mio programma elettorale», spiega il neo rettore Mastino. «Le altre novità saranno gli obiettivi che questa amministrazione si prefigge di raggiungere», continua. E allora ecco un piccolo breviario dei traguardi fissati: aprire l’università all’esterno, «il nostro Ateneo entrerà a far parte della rete delle Università catalane, consentendoci di partecipare a progetti internazionali»; migliorare la didattica e la produttività, «dobbiamo essere più competitivi, non possiamo continuare a perdere il 20 per cento degli studenti dopo il primo anno di università»; e poi c’è la ricerca, «abbiamo ripristinato il fondo da 1 milione di euro per la ricerca», un fondo che era stato cancellato per mancanza di fondi regionali. Tutto questo con un messaggio al Ministero: «Il nostro Ateneo ha una storia che dura da 450 anni, ci opporremo con tutte le forze a qualsiasi progetto di accorpamento con altre università». VINCENZO GAROFALO ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 4 nov. ’09 UNIVERSITÀ, OPERATIVO L’ITER PER IL RIENTRO DEI “CERVELLI” Domande da presentare entro il 20 novembre CAGLIARI. Per gli scienziati e i ricercatori made in Sardegna che operano all’estero si apre un piccolo spiraglio. Fino al 20 novembre potranno staccare il biglietto che li riporta nell’isola. E dunque, in un laboratorio o un’aula universitaria. Dallo scorso 21 ottobre è infatti operativo l’iter per il rientro dei “cervelli”. La selezione - innescata dal decreto regionale n. 7 del 12 ottobre scorso - prevede la stipula di due contratti per attività di ricerca di durata biennale, con eventuale rinnovo per altri 2 anni. Intuibile l’identikit dei destinatari: docenti, giovani ricercatori ed esperti sardi impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca. I contratti, finanziati con risorse regionali prevedono lo svolgimento di un programma di ricerca concordato con i dipartimenti universitari nei quali si intende svolgere le attività. Inoltre, la selezione è riservata a candidati nati in Sardegna o figli di uno o entrambi i genitori nati nell’isola. Ovviamente, si deve essere dottori di ricerca. In breve, un primo segnale concreto per affrontare il tema dei tanti e qualificati specialisti costretti ad emigrare per poter proseguire le loro ricerche. Ma anche per confrontarsi con un ambiente scientifico che nel nord Europa e negli Stati Uniti, gode di ben altre attenzioni. Il bando è pubblicato nell’Albo dell’ateneo cagliaritano, www.unica.it _______________________________________________________ Il Manifesto 4 nov. ’09 CINQUE ANNI PER CHI OCCUPA LE UNIVERSITÀ! (IN GRECIA)» GRECIA • Procura di Salonicco: carcere per gli studenti. Tensione alle stelle per il corteo del 17 Pavlos Nerantzis ATENE N elle ultime settimane non passa giorno senza un attacco contro un «simbolo del capitalismo corrotto» o la polizia, soprattutto da parte di anarchici. Le autorità e le forze politiche, sinistra compresa, sono preoccupatissime per quanto potrà accadere il 17 Novembre, giornata di commemorazione della rivolta studentesca del 1973 contro la giunta dei colonnelli,. e il 6 dicembre, primo anniversario dell'uccisione del giovane Alexis Grigoropoulos da parte di un poliziotto. Quest'anno già decine di scuole medie e superiori sono state occupate, mentre la procura di Salonicco ha chiesto alla polizia di aprire inchieste e di deferire alla magistratura gli studenti coinvolti nelle occupazioni qualora impediscano lo svolgimento dell'attività docente. L'ordinanza, che potrebbe costare ai responsabili fino a cinque anni di carcere, alimenta il clima di tensione, anche perché in passato si è discussa dell'eventualità di abrogare l’«asilo universitario», simbolo della resistenza contro la giunta dei colonnelli e della libera circolazione delle idee negli atenei fin dagli anni'60. Per legge la polizia non ha diritto d'intervenire nei luoghi universitari, lasciando però in questo modo dagli anni '90 libera spazia ai giovani che si scontrano con altri studenti e distruggono intere aule negli atenei. Nonostante ciò, secondo la Confederazione dei Lavoratori (Gsee) e il sindacato dei docenti universitari «l'asilo dovrà essere difeso, perché è in corsa il tentativo di abrogare il carattere pubblico delle università, trasformandoli in imprese private». Diverso il parere dell'ex rettore dell'Università di Creta, Jorgos UrammatikalQS, noto per le sue lotte democratiche, che sostiene che «il consiglio di ogni ateneo, a maggioranza relativa, potrebbe decidere se è necessario o no l'intervento della polizia, visto che spesso sono gli stessi studenti a gruppi di minoranza a violare l'asilo universitario, impedendo la- libera circolazione di idee». Intanto il governo ha chiesto alla magistratura di indagare sulla morte del giovane immigrato pachistano Mohamed Atif Kamran, deceduto dopo un fermo dalla polizia al quartiere di Nikea; durante il quale sarebbe stato torturato. La sinistra radicale (Syriza) aveva presentato un'interrogazione al ministro dell'ordine pubblico per chiedergli se questa morte inaugura la linea dura, battezzata «democrazia e pugno di ferro, annunciata in parlamento. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 7 nov. ’09 ALGHERO: ARCHITETTURA, NUMERI D'ORO Alghero. Il preside: «Merito della fama di cui godiamo all'estero» Su 127 studenti stranieri arrivati all'Università di Sassari con il progetto Erasmus, quasi un terzo frequenterà Architettura ad Alghero, prima nella classifica del Censis tra le migliori facoltà d'Italia. Ieri l'incontro di benvenuto nella sede dell'ex asilo Sella per i primi 26 ospiti provenienti da tutta Europa. Altri nove sono attesi per il secondo semestre. Quest'anno accademico saranno in totale 35 i ragazzi che lavoreranno tra le aule e i laboratori a due passi dal porto turistico: ben l'84% in più rispetto al 2008. «Un numero eccezionale - commenta il preside Vanni Maccioco - merito della fama di cui gode la nostra facoltà all'estero». Sulla preferenza ha pesato anche la location. Alghero è considerata una città accogliente e aperta al mondo e gli aspiranti architetti, quasi tutti del quarto o quinto anno, non hanno avuto dubbi quando è stato il momento di scegliere. «Arrivo dalla Turchia e come opzione avevo da indicare l'Italia oppure la Bulgaria - racconta un giovane studente - della facoltà di Alghero ne avevo sentito parlare bene, per la qualità dei docenti e le nuove tecnologie applicate alla progettazione». Per le stesse ragioni sono approdati in Riviera anche gli altri studenti stranieri. Il corso specialistico della durata di cinque anni è l'ultimo nato dell'ateneo sassarese, eppure si è subito distinto, tanto da guadagnarsi la leadership nel ranking delle facoltà scientifiche. Cinquecento iscritti e un'offerta didattica originale che si compone anche di due corsi di laurea triennali. Il progetto formativo è organizzato in bimestri, un modello inedito in Italia, ma non all'estero dove i più prestigiosi politecnici lo adottano già da tempo. Gli studenti che partecipano al progetto Erasmus sono stati accolti dal preside Vanni Maccioco e dal vice Arnaldo Cecchini. Ventisei algheresi, invece, sono in partenza verso le università partner di Spagna, Portogallo, Svizzera, Austria, Francia e Turchia. Una facoltà virtuosa, insomma, quella di Architettura, in questi giorni al centro delle polemiche per i presunti tagli dovuti dalla Riforma Gelmini. Il timore è che gli interventi normativi del Ministro alla Pubblica Istruzione possano creare problemi al corso di laurea algherese che in pochi anni si è distinto, sbaragliando le concorrenti della penisola presenti da diverso tempo nel panorama dell'offerta universitaria. C. FI. ________________________________________________________ Repubblica 5 nov. ’09 UN BLUFF IL QUOZIENTE INTELLETTIVO quello che serve è' la rapidità Gli scienziati smontano il test del QI, la prova con Bush ELENA DUSI ROMA - Dopo aver osservato quanto è alto il quoziente intellettivo di George W. Bush, gli scienziati si sono interrogati sulla validità di questo metodo di misurazione. L'ex inquilino della Casa Bianca, con un punteggio di oltre 120, si inserisce nel 10% della popolazione più dotata. Ma i casi in cui un valore alto nel test non corrisponde a un'effettiva capacità di prendere le decisioni giuste sono molto più frequenti di quanto si creda, fa notare un articolo su "New Scientist". Keith Stanovich, professore di sviluppo umano e psicologia applicata all'università di Toronto, sulla rivista prova a fare ordine fra le varie idee di intelligenza. Ci sono facoltà come logica, ragionamento astratto, capacità di apprendere e capienza della memoria di lavoro. Per misurarle il test sul quoziente intellettivo è in effetti adatto. Ma altrettanto importante per la vita di tutti i giorni (e perle scelte di un uomo politico) è l'abilità nel prendere decisioni rapide in contesto di vita reale. «Il QI - spiega Stanovich - riesce a prevedere in maniera abbastanza precisa quale sarà il successo a scuola e sul lavoro. Ma trascura abilità che ci rendono pensatori efficienti», sostiene il professore che da 15 anni (ben prima di Bush, effettivamente) è diventato uno dei critici più puntuali del test del QI, e che l'anno scorso ha pubblicato il volume "What intelligence tests miss" presso la Yale University Press. L'idea che l'intelligenza sia più multiforme e sfaccettata di quel che una batteria di quiz riesca a catturare è accettata ormai comunemente, così come il fatto che uomini e donne ragionino in modo differente o che raramente nella vita come nei test esista un'unica risposta esatta (seppure esiste). E da tempo si è iniziato a parlare di "intelligenze" al plurale, intese come le molteplici abilità che un individuo deve sfoderare per muoversi tra i vari ruoli che la società gli assegna o per evitare i corto circuiti in cui il cervello cade in maniera ricorrente. L'evoluzione infatti ha reso il nostro organo del pensiero rapido ed efficiente, ma poco preciso e incline ad affidarsi all'intuizione, che spesso nasconde dei trabocchetti. Per Daniel Kahneman, professore alla Princeton University e premio Nobel per l'economia nel 2002, il cervello è una macchina che deve bilanciare potenza e controllo. «Molte persone hanno grandi capacità intellettive, ma trascurano il pensiero analitico e si affidano alle intuizioni», spiega lonathan Evans, psicologo cognitivo dell'università di Plymouth su "New Scientist" (con il pensiero forse che va proprio aBush).Alla ricerca di una definizione di intelligenza, Richard Haier dell'università della California sostiene di averla foto - grafatain una regione a cavallo fra il lobo frontale e parietale, suggerendo un metodo di misurazione "visivo" mentre altri hanno ancorato l'abilità intellettiva allo spessore della corteccia cerebrale. Nonostante le critiche mosse contro il quoziente di intelligenza, alla fine, nessuno dei metodi alternativi (il "quoziente di razionalità" ola "competenza decisionale") è mai riuscito a rimpiazzare il test tradizionale. E per arrivare alla Casa Bianca, come conferma Obama, occorre un QI al di sopra della media. Anche se non è necessario raggiungere il livello di Bush. ________________________________________________________ Repubblica 5 nov. ’09 "MA RESTA IL PUNTO DI PARTENZA PER MISURARE LE NOSTRE CAPACITÀ" II professor Fabio Battaglia del "Mensa" MILANO - Professor Fabio Battaglia, lei che è vicepresidente del Mensa Italia,l'associazione che accoglie le persone con un quoziente intellettivo elevato, cosa ne pensa del fatto che la rivista "New Scientist" metta in discussione il QI? «Il QI non va rinnegato, è una base importante da cui partire per valutare le capacità logico-razionali di una persona. Certo, se viene utilizzato come metro unico di tutte le capacità allora non funziona. Ma questo succede solo se è usato male». E quindi, secondo lei, la rivolta contro il QI è ingiusta? «Il QI ha un enorme potenziale. Si è mai visto uno statista stupido? No di certo. È ovvio poi che per essere grandi statisti occorre essere intelligenti, avere una grande leadership, saper guardare al futuro, essere intuitivi e creativi. Ma il punto di partenza resta sempre un solido QI». Chi pensava di essersi liberato dal QI si dovrà ricredere? «Il QI non si butta, è valido. Quando si fanno i test attitudinali per assumere personale si valutano le capacità di sintesi, di analisi, cl i lavorare in gruppo. Ma il QI pesa, eccome». (lau. as. ) ________________________________________________________ L’Avanti 2 nov. ’09 LA RICERCA ITALIANA È ALL'AVANGUARDIA Finanziamento da 100mila dollari della Bill e Melinda Cates Foundation ai progetti delle Università di Camerino e Padova La ricerca italiana, nonostante la continua emorragia di cervelli verso l'estero e la tanto lamentata carenza di fondi, quando si mette in gioco resta tra le prime nel mondo. Lo dimostra il riconoscimento, ottenuto sotto forma di finanziamento, da due importanti università italiane, ad opera della "Bill e Melinda Gates Foundation. I1 patron della Microsoft, l'uomo più ricco del mondo, dal 2008 si è ritirato a vita privata per dedicarsi insieme alla moglie, Melinda French Gates, ad opere di beneficienza: La loro fondazione, creata nel 2000, si propone di combattere alcune tra le piaghe più devastanti che affliggono l'umanità: malaria, Aids e tubercolosi, soprattutto nei paesi sottosviluppati. A tal proposito, ogni anno la fondazione Gates; tramite il progetto "Grand challenges explorations", si propone, di finanziare programmi di studio e ricerca per debellare le tee malattie, stanziando finanziamenti da centomila dollari annui ai migliori progetti selezionati, con la possibilità di un ulteriore premio, di circa 1 milione di dollari, a quello più riuscito. Quest'anno, sono state oltre 3mila le domande presentate, di cui solo 76 hanno ottenuto l'ambito premio da 100miIa dollari per continuare le ricerche. Il dato più importante è che tra questi soltanto 2 progetti sono italiani. Uno dei finanziamenti, per 1a precisione,' è stato vinto dalla ricerca sviluppata in joint-venture tra l’Università di Camerino; l'Università di Padova e l’Institut de recherche en science de la santé di Bobo Djoulasso (Burkina Faso) con il progetto dal titolo "Photocidal porphyrin micro-pellets for larvae control" (Palline di porfirina foto-attivate per il controllo delle larve), coordinato dalla dottoressa Annette Habluetzel per l'Università di Camerino e dal professor Giulio Jori per l'Università di Padova, ed incentrato su nuovi possibili sviluppi per il controllo della malaria. - Lo studio si basa ~ sull'osservazione dell'attività larvicida esercitata dalle porfirine; sostanze chimiche naturali e prive di tossicità, presenti in moltissimi organismi animali e vegetali; essenziali in svariati processi biochimici. La malaria è una malattia molto grave e diffusa, specialmente nei paesi del Terzo Mondo, la cui causa è il protozoo del genere plasmodium; veicolato dalla zanzara "Anopheles". La malattia, sebbene per 1o più endemica nei paesi dell'Africa, Asia, America del Sud, molto spesso fa la sua comparsa anche nei Paesi industrializzati, in quanto là facilità di spostamento consente a portatori asintomatici della malattia di "importarla" nei loro Paesi d'origine: Si tratta della seconda malattia infettiva al mondo per mortalità e morbilità; dopo la tubercolosi. Si calcola che ogni anno; nel mondo, siano oltre 500 milioni le persone colpite -da questa grave patologia, e più di un milione siano ogni anno le vittime. Per lo più bambini. Motivo per cui forte è l'attenzione da parte delle istituzioni e delle organizzazioni internazionali per debellarla. In questo contesto, si inserisce la ricerca italiana delle due università; Camerino e Padova, con la loro innovativa scoperta. Essa : va a colpire l'insetto responsabile della trasmissione della malattia, la zanzara, direttamente nel suo stadio larvale. "Le porfirine vengono utilizzate come una specie di 'mangime'- spiega la dottoressa Habluetzel; dell'Università di Camerino-. La peculiarità di queste sostanze è che restano sulla superficie degli specchi acquei, luogo di nutrizione delle larve, e mantengono : intatta la loro attività biologica per almeno 2 settimane. Una volta che le porfirine vengono - ingerite dalle larve che sono trasparenti, la luce solare le attiva, dando il via ad una serie di reazioni ossidative che terminano con la morte - delle larve stesse, a causa degli irrimediabili danni alla loro parete intestinale,. Le porfirine poi, essendo composti naturali non tossici, non provocano danni agli altri animali presenti né, all'ambiente stesso, a differenza di altri larvicidi di sintesi chimica. Una sorta di micro-bombe intelligenti, molto selettive e specifiche nel meccanismo d'azione, facilmente veicolabili all'interno delle larve, data la loro appetibilità ' stando in superficie. La ricerca è corroborata dall'apporto scientifico di un'azienda egiziana con esperienza notevole in campo di larvicidi". Sempre nel comunicato stampa dell'Università di Camerino, si legge che i ricercatori "metteranno a disposizione le competenze entomologiche/malariologiche, quelli dell'Università di Padova competenze foto biologiche/biochimiche, mentre grazie all'Istituto di ricerca del Burkina Faso sarà possibile testare l'efficacia del composto realizzato in campo". Un gruppo d'azione ché si è rivelato vincente, come dimostra il premio ricevuto. L'altro progetto italiano premiato è della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano, con una ricerca sull'Hiv dal titolo "Induction of Hiv Protective muéosal antibodies" (Induzione di anticorpi mucosa-protettivi da Hiv), vale a dire un progetto finalizzato all'induzione dell'immunità contro il vinas Hiv, nelle mucose umane: -"Il mezzo per indurre tale immunità è una proteina batterica adesiva che indica gli antigeni come bersaglio alle cellule specifiche. Il fine, ultimo è quello di mantenere degli epitopi del virus nella loro forma naturale (gli epitopi detti anche determinanti antigenici, sono delle piccole porzioni di antigene che legano l'anticorpo specifico), per sollecitare la produzione di anticorpi protettivi nei tessuti in cui questi anticorpi saranno efficaci. Il finanziamento accordato dalla Gates Foundation ai due progetti italiani, 'è certamente motivo d'orgoglio per i soggetti proponenti, in particolar modo, in questi tempi difficili per loro, per le due università italiane, che di certo non sfigurano tra gli altri vincitori, provenienti dalle più,svariate -e famose università del mondo (Stati Uniti; Olanda, Thailandia, India, Messico, Gran Bretagna, Australia, solo per citame alcune). Questa importante vittoria deve essere un invito al mondo politico ad investire sempre e di più nella ;nostra ricerca scientifica. Essendo ormai tempo di stesura di Finanziaria,l’auspicio è che si tenga conto di questo riconoscimento internazionale alla nostra ricerca e si stanzino finanziamenti adeguati ad essa, ponendo fine all'ormai cronica "fuga dei cervelli": Nell'attesa, non ci resta che formulare l'augurio che almeno uno dei due progetti italiani possa vincere il finanziamento finale di 1 milione di dollari. Leonardo Giambattista Venneri ___________________________________________________________ Corriere della Sera 4 nov. ’09 CATTOLICA, IL RETTORE: SÌ ALLA RIFORMA MA STOP AI TEST D' AMMISSIONE ANNO ACCADEMICO ANCHE IL CARDINALE ALL' INAUGURAZIONE. «NEI GIOVANI IL CORAGGIO PER UNA NUOVA SOCIETÀ» Ornaghi: non servono forche caudine, ma incentivi agli studenti No ai test di ammissione, «forche caudine in cui prevalgono gli aspetti negativi rispetto alla selezione imparziale». Sì alla riforma dell' università del ministro Mariastella Gelmini, purché «senza appiattimenti burocratici». Ma su tutto, il rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi, invoca «uno slancio creativo». Che premi gli studenti e li formi non solo come professionisti, ma come persone. Celebrazione ufficiale, ieri mattina in largo Gemelli. Inaugurazione del nuovo anno accademico con il saluto del cardinale Dionigi Tettamanzi e la prolusione del professor Ernst Wolfgang Bockenforde sull' «ethos dei giuristi». Il primo a intervenire, il rettore. Pronto a sottolineare la necessità di un «nuovo realismo» per contrastare «ogni inclinazione alla stagnazione, al corrompimento dei processi che stanno frammentando l' intera vita del nostro Paese». Ecco perché serve «un supplemento di volontà in vista di un' azione innovativa». Soprattutto nelle università, continua Ornaghi. Con una particolare attenzione ai ragazzi più svantaggiati. Ecco la nuova sfida della Cattolica: «Sostenere economicamente un numero crescente di studenti, restando fedele al suo carattere popolare». Educare a «operare bene». Con un nuovo slancio creativo «per non vanificare ciò che di positivo è annunciato nel disegno di riforma o per non ridurne gli ancora aperti esiti». E allora la sfida educativa diventa una «nuova questione sociale». Con gli atenei che diventano «luogo privilegiato della verità», aggiunge l' arcivescovo Dionigi Tettamanzi. E conclude: «Vedo nei giovani il coraggio necessario per progettare una società capace di vivere in quella caritas in veritate che è garanzia della civiltà dell' amore». A. Sac. RIPRODUZIONE RISERVATA Sacchi Annachiara ________________________________________________________ L’Unità 2 nov. ’09 COSA NON SI FA PER UNO SPONSOR: ANCHE GLI SCIENZIATI LE SPARANO GROSSE Annunci a effetto: questa logica guida molte notizie scientifiche I finanziatori Chi paga le ricerche vuole visibilità e va accontentato «Stelle» della scienza Un disegno di Samuei Ribeyron «Figli senza genitori», «vita artificiale»... I titoli su una ricerca sulle staminali hanno fatto il giro dei mondo. Il guaio è che l'effetto mediatico viene adottato anche da scienziati e istituzioni. Come rileva la stessa «Nature». PIETRO GRECO GIORNALISTA E SCRITTORE =IMM@Mmit «Figli senza genitori». «Orfani prima di nascere». «Stanford. apre alla vita artificiale». Sono alcuni dei titoli e degli slogan usati nei giorni scorsi dai giornali e dai telegiornali, italiani e stranieri, per annunciare, a effetto, la notizia pubblicata sulla rivista scientifica Nature che un gruppo di ricerca della Stanford University è riuscita a ripetere anche in laboratorio ciò che avviene in natura in ogni istante: la trasformazione di cellule staminali in cellule germinali e poi in spermatozoi e ovociti. Sono titoli e slogan capziosi. Perché le cellule staminali utilizzate a Stanford come in qualsiasi altro laboratorio del mondo non sono prodotte dall'uomo, ma esistono in natura. Perché tutti gli spermatozoi e tutti gli ovociti dà mondo vengono da cellule staminali. Perché a Stanford non c'è stata alcuna fecondazione in vitro, mentre al contrario ogni anno nascono decine di migliaia di bambini grazie a, svariate tecniche di fecondazione in vitro. Perché, infine, nessun bambino può nascere senza l'ausilio di un utero e, quindi, di una madre. Ma tant'è: l'effetto annuncio - vero, verosimile o falso che sia - appartiene ormai alla cultura dei media. In tutto il mondo. E le notizie a contenuto scientifico si prestano più di altre agli annunci a effetto. A questa logica, tuttavia, non si sottraggono neppure alcuni scienziati. E alcune istituzioni scientifiche, come rileva la stessa Nature in un editoriale di giovedì scorso. t, il caso dell'annuncio sui risultati dei trias clinici su un vaccino contro l'Aids effettuato lo scorso 24 settembre sul New England Journal of Medicine da un gruppo di scienziati facenti capo a un consorzio tra i National Institutes of Health degli Stati Uniti, l'esercito Usa e il governo della Tailandia. La sperimentazione è stata un successo, hanno annunciato i membri dell'autorevole consorzio. Peccato che il vaccino ha effetti molto limitati (riduce appena del 30% la probabilità di contrarre la malattia) e nessuna pratica possibilità di applicazione. SCIENZIATI «ANNUNCIATORI» Gli scienziati devono smetterla di «gonfiare» le notizie, sostiene Nature. Sia perché generano false speranze (cosa che assume un rilievo particolare quando riguardano la lotta a una grave malattia), sia perché quasi sempre l'effetto annuncio si trasforma in un boomerang: gli scienziati perdono di credibilità. Già ma perché gli scienziati cadono nella trappola dell'annuncio a effetto (persino Nature di tanto in tanto risulta tra le vittime/ colpevoli i motivi non sono dissimili da quelli che muovono i media: il marketing. La sperimentazione in fase 111 del vaccino «tailandese» è costata 119 milioni di dollari (più o meno 200 miliardi delle vecchie lire). Una cifra enorme. Che ha bisogno di sponsor (in questo caso gli NIH, l'US Anny e il governo di Tailandia). E gli sponsor sborsano queste cifre solo in cambio di visibilità. Gli scienziati, i jornal e le istituzioni scientifiche, come i mass media, pur di dare visibilità ai loro sponsor attuali e di accreditarsi come catalizzatori di visibilità presso gli sponsor futuri sono disponibili a «spararla grossa». Sacrificando il rigore. E dando ogni volta un colpo di piccone alle fondamenta del dibattito pubblico sulla scienza. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 5 nov. ’09 SAN BASILIO, QUEL RADIOTELESCOPIO ALL’AVANGUARDIA Se le stelle non hanno segreti Mancano otto - nove mesi, poi il "Sardinian radio telescope" sarà montato. E i ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica e universitari potranno studiare i dati raccolti a San Basilio, nel sud dell’Isola DAL NOSTRO INVIATO GIANCARLO GHIRRA SAN BASILIO Sta nascendo a Pranu Sanguini, altopiano vicino a San Basilio, il Sardinian radio telescope , uno dei radiotelescopi più importanti d’Europa e del mondo. Tecnici e ingegneri della Icom di Macchiareddu, per conto della tedesca Mt Mechatronics, stanno completando la posa della struttura meccanica sulla quale, a partire dai primi del 2010, sarà istallata a 70 metri d’altezza la parabola del diametro di 64 metri sulla quale saranno montati a spicchi con due enormi gru ben mille pannelli. Ognuno dotato di un sistema di aggiustamento che tiene conto delle deformazioni alle quali può andare incontro la parabola, i mille attuatori meccanici di precisione - il cuore del telescopio - sono stati costruiti in Sardegna dalla Vitrociset. «È un lavoro di assoluta precisione, ogni momento del montaggio e della saldatura delle strutture è accompagnato da misurazioni continue. Non si può sbagliare di un millimetro nel montaggio», spiega Nichi D’Amico, professore di Astrofisica all’Università di Cagliari e direttore dell’Osservatorio dell’Istituto nazionale di fisica. UN CANTIERE APERTO Appaltati nel 2003, cominciati nel 2004, i lavori dovrebbero concludersi nel 2010, in un cantiere costantemente aperto al pubblico. San Basilio, Goni, San Nicolò, Silius, Villasalto e gli altri paesi della zona puntano molto sul radiotelescopio per spezzare lo storico isolamento del Gerrei, che potrà contare su un Teatro delle pietre dal quale si potrà godere un panorama straordinario. Sull’esempio di quanto accade in altri radiotelescopi nel mondo, si punta anche ad aprire il sito dove è in corso il montaggio del radiotelescopio alle visite di scolaresche e gruppi al cantiere. L’obiettivo è quello di attrarre 50 mila visitatori all’anno, oltre a ricercatori di tutto il mondo. Si avrà insomma una ricaduta anche economica sul Gerrei da un investimento di ben 65 milioni di euro, molti dei quali spesi dalla Regione. Il professor D’Amico, impegnato a tempo pieno nel progetto, spiega che «saranno almeno 25 i ricercatori residenti a Planu Sanguini, astrofisici ma anche ingegneri e tecnici sempre pronti a curare una macchina assai complessa, che ci fornirà dati e segnali provenienti dai corpi celesti. Quei dati, immessi nella rete telematica a banda larga, faranno di San Basilio uno dei quindici radiotelescopi più importanti d’Europa, tutti collegati fra loro, e uno dei più importanti del mondo». LE STELLE, I SEGRETI Sarà dunque possibile continuare in Sardegna gli studi che l’équipe guidata dal professor D’Amico ha condotto negli anni scorsi soprattutto in Australia: studi che nel 2005 hanno fruttato a lui, ad Andrea Possenti e Marta Burglay il premio Cartesio per la scoperta della prima "pulsar doppia". Il massimo riconoscimento europeo per la scienza è stato ottenuto grazie agli studi condotti su un sistema composto da due stelle di neutroni ruotanti una intorno all’altra. Osservando le orbite delle due stelle, i ricercatori dell’Università e dell’Istituto di fisica cagliaritani hanno calcolato che esse si avvicinano ogni giorno in misura pari a 7 millimetri, confermando la teoria della relatività di Einstein. EINSTEIN E NON NEWTON «Studiando la doppia pulsar -spiega D’Amico - abbiamo accertato che Newton ha torto quando ritiene che due stelle rotanti mantengano un’orbita fissa. È invece nel giusto Einstein quando sostiene che due oggetti gravitanti uno intorno all’altro perdono onde gravitazionali, con un avvicinamento lento ma inesorabile». Da qui a 85 milioni di anni le due stelle andranno a collidere, con esiti imprevedibili. «Tutto potrà succedere -spiega l’astrofisico - perché si svilupperà una quantità di energia devastante. Qualcosa di simile potrebbe aver causato l’estinzione dei dinosauri». Noi non ci saremo, e forse la stupidità degli umani avrà già creato altre strade di distruzione del pianeta. Ma intanto la ricerca potrà continuare anche grazie al radiotelescopio di San Basilio, che consentirà di cogliere (e dunque studiare) le radiazioni emesse dagli oggetti cosmici. «I corpi celesti - spiega il radioastronomo D’Amico - emettono radiazioni su tutto lo spettro elettromagnetico, dalle onde radio all’infrarosso, l’ottico, i raggi X e gamma. E proprio le onde elettromagnetiche vengono colte con le antenne del radiotelescopio». AL DI LÀ DELLA VISIONE Siamo insomma ben al di là della banda ottica, di ciò che è visibile, niente a che fare con gli antichi telescopi ottici. Grazie a strumenti quale quello di Planu Sanguini si studiano galassie lontane miliardi di anni luce». Usando un termine improprio, si può dire che il radiotelescopio è una sorta di "grande orecchio" in grado di ascoltare onde radio debolissime, provenienti da decine di migliaia di anni luce. Non a caso è stato scelto Pranu Sanguini, dove l’inquinamento elettromagnetico è quasi inesistente: inutile sperare che un telefonino possa funzionare, per fortuna della ricerca. Una ricerca che resterà aperta agli studiosi di tutto il mondo all’insegna delle proposte competitive e sotto il segno di una reciprocità che recentemente ha portato una studiosa del gruppo cagliaritano, Paola Castangia, 33 anni, a prendere parte a un’importante scoperta: quella di una sorgente d’acqua antica 11 miliardi di anni ai confini dell’Universo. L’ha descritta su Nature il gruppo coordinato dall’italiana Violette Impelizzeri, dell’istituto tedesco Max Plack di Radioastronomia, a Bonn, del quale ha fatto parte la dottoressa Castangia. Si tratta della sorgente d’acqua più antica nell’Universo, scoperta anche grazie algrande radiotelescopio di Effelsberg, vicino a Bonn. E forse domani altre grande novità scientifiche arriveranno da Pranu Sanguini, due passi dai menhir di Goni, nel Gerrei dove gli antichi ritrovamenti archeologici si fondono con le ricerche più innovative dell’astronomia e dlel’astrofisica. ___________________________________________________________ Sardegna 3 nov. ’09 TUVIXEDDU, NUOVO APPELLO A BONDI «IMPEDITE LA COLATA DI CEMENTO» «Il ministro intervenga». Appello bipartisan per la salvaguardia del colle di Tuvixeddu. Roberto Della Seta, senatore Pd e Fabio Granata parlamentare Pdl, già autori di un'interpellanza non ancora discussa nè alla Camera nè al Senato, si rivolgono al ministro della Cultura Sandro Bondi per chiedere un monitoraggio dei lavori a Tuvixeddu. «Chiediamo che il ministro Bondi si attivi per impedire che una colata di cemento cancelli definitivamente la necropoli punica di Tuvixeddu», scrivono Roberto Della Seta, senatore Pd e capogruppo in Commissione Ambiente, e Fabio Granata, deputato Pdl e capogruppo in Commissione Cultura. Entrambi temono che la collina di Tuvixeddu, che ospita la più importante necropoli punica presente in Italia, «sia sfigurata e di fatto privatizzata per effetto di un progetto di lottizzazione incorso di realizzazione e da tempo oggetto di ripetuti e contraddittori pronunciamenti della magistratura. L'area di Tuvixeddu è una risorsa preziosa per Cagliari, per la Sardegna e per tutto il Paese». L'biettivo è un intervento urgente dello Stato «con tutti gli strumenti a disposizione, per impedire che questo patrimonio, già danneggiato da decenni di incuria, sia cancellato una volta per tutte. LO CHIEDIAMO» , concludono, «in particolare al ministro Bondi, e percorreremo comunque tutte le strade per evitare questo ennesimo scempio di natura e di cultura». L'insistenza di Granata e Della Seta nasce dalla mancata (fino ad oggi) risposta da parte del Governo. Oggi stes- so i parlamentari tenteranno di mettersi “fisicamente” in contatto con Bondi, affinchè questi dia mandato alla Sovrintendenza per monitorare i cantieri e fare il punto sulla situazione. Laconico il commento di Giuseppe Cualbu di Coimpresa: «Tuvixeddu è già salvaguardato». FABIO GRANATA e Roberto Della Seta avevano a luglio avevano effettuato un sopralluogo a Tuvixeddu accompagnati dal responsabile regionale di Legambiente Vincenzo Tiana. In via Is Maglias intanto spuntano le prime palazzine. Ma sul parco archeologico, sul museo e sulla strada del canyon incombe l'avvio di riconoscimento di interesse storico del “complesso minerario industriale di Tuvixeddu” posto dal Sovrintendente ai Beni architettonici Gabriele Tola. Il vincolo potrebbe anche estendersi al resto dell'area col rischio di innescare nuovamente la guerra dei ricorsi legali con Coimpresa che già attende la sentenza del consiglio di Stato sull concessioni edilizie del Comune impugnata dal Gruppo di Intervento giuridico e gli Amici della Terra. L'affaire Tuvixeddu è arrivato anche a Bruxelles. Il vicepresidente del Comitato delle regioni Michel Dellebarre ha promesso ha garantito al presidente della Provincia Graziano Milia l'impegno per proporre la tutela Unesco alla necropoli fenicio-punica cagliaritana. ___________________________________________________________ Repubblica 2 nov. ’09 COLATA DI CEMENTO ASSEDIA LA NECROPOLI CAGLIARI, ULTIMO APPELLO: FERMATE LO SCEMPIO FRANCESCO ERBANI CAGLIARI - «Andate via», urla il guardiano uscito da un casotto prefabbricato, in cima a un´altura. Non sono le tombe di Tuvixeddu che sorveglia, i duemila sepolcri che vanno dall´età punica a quella imperiale, ma i cantieri disseminati in quest´area archeologica fra le più pregiate del Mediterraneo. A Tuvixeddu si costruisce. Le prime palazzine nella necropoli stanno sorgendo lungo via Is Maglias. Sono edifici di sei piani, un assaggio della colata di cemento che potrebbe sversarsi intorno alla collina che si erge nel cuore della città. Annullati dal Consiglio di Stato i vincoli che la giunta regionale di Renato Soru aveva imposto, gli edifici vengono su a poche decine di metri dal punto in cui si concentra la maggior parte delle sepolture, in una zona compresa nell´area archeologica, dove gli studiosi ritengono possano esserci altre sepolture, che resterebbero per sempre inesplorate. Il guardiano caccia chiunque si avvicini. Come se le tombe non fossero un oggetto degno di visita. In totale i metri cubi previsti fra Tuvixeddu e il colle alle sue spalle, Tuvumannu, sono 260mila, grosso modo una cinquantina di palazzi. Un quartiere residenziale con vista su una delle pochissime sopravvivenze di archeologia punica, che finirebbe assediata e che invece respirerebbe, come insegna l´abc della valorizzazione, se fosse circondata da una zona di rispetto. Senza palazzi e senza niente. Solo brani di quel paesaggio aspro, ma ricco di una vegetazione che sfoggia orchidee, fichi d´india e piante di capperi. Tuvixeddu è vilipesa da anni, trasformata in una discarica. Vi si accede intrufolandosi fra i palazzi, senza un accesso, senza un´indicazione, attraverso una rampa che da via sant´Avendrace sbuca in un cementificio abbandonato. E da qui ci si arrampica, fino a che non spunta il guardiano. La necropoli sembra un corpo estraneo alla città, poco conosciuto, mal tollerato. Oltre alle case, in fondo alla stretta gola di un canyon che sta ai bordi della collina, una specie di spettacolare fiordo senz´acqua, scorrerà una strada a due corsie che aggirerà la necropoli e si infilerà in un tunnel. La collina fu scelta come luogo di sepoltura nel VI secolo a. C., dopo la conquista della Sardegna da parte dei cartaginesi. E venne usata fino ai primi secoli dopo Cristo. L´altura sorge di fronte allo stagno di Santa Gilla, luogo delicatissimo oltre il quale c´è il mare. Ma di questo affaccio non si conserverà traccia, dato che fra il colle e lo stagno stanno ergendosi altri tre edifici che sfiorano i 500mila metri cubi e che occluderanno la vista del mare da Tuvixeddu e di Tuvixeddu dal mare. All´assedio dei palazzi si oppone la Direzione regionale dei beni culturali, retta da Elio Garzillo. Si sono mobilitati intellettuali come lo scrittore Giorgio Todde e archeologi come Simonetta Angiolillo, Alfonso Stiglitz e Giovanni Lilliu. In prima fila Maria Paola Morittu di Italia Nostra, e Legambiente. Sono venuti a Cagliari gli inviati del Times e della Süddeutsche Zeitung. Ma gli strumenti a disposizione di chi difende Tuvixeddu non sono tanti. Nell´agosto del 2008 il Consiglio di Stato ha bocciato il vincolo della Regione e il Comune di Cagliari (che è sempre stato favorevole alla lottizzazione, sostenendo che in cambio delle case sarebbe stato realizzato un parco archeologico) ha rilasciato i nullaosta per costruire. Nullaosta a loro volta cancellati dall´allora soprintendente Fausto Martino. Ma contro questo provvedimento è stato presentato ricorso al Tar da parte dei costruttori. E il Tar ha dato loro ragione. Per novembre si attende la sentenza definitiva del Consiglio di Stato, che potrebbe dare il via libera alle edificazioni. Con il rischio che altre tombe facciano la fine delle quattrocento sepolture trovate dagli operai che lavoravano alle fondazioni di una mezza dozzina di edifici sorti nel 2000. Quelle tombe vennero segnalate, catalogate e poi seppellite per sempre da migliaia di metri cubi di cemento. ======================================================= ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 6 nov. ’09 AL SAN RAFFAELE LAVORERANNO I SARDI I dirigenti dell'ospedale d'eccellenza assicurano: massima collaborazione col territorio - Già trovato l'accordo per la neurochirurgia e per le altre specialità STEFANIA PUORRO OLBIA. «Un incontro positivo e, soprattutto, importante». E forse anche decisivo. Gli uomini di don Verzè che hanno chiacchierato per oltre un'ora con l'assessore regionale della Sanità e il commissario della Asl Giovanni Antonio Fadda, sono tornati a Milano più che soddisfatti. E a don Verzè hanno presentato una relazione dettagliata sugli accordi presi con la Regione. Quindi: sulle specialità da ospitare (intesa trovata sulla neurochirurgia) e sui posti letto. Renato Botti, direttore generale del dipartimento sanitario del San Raffaele, tira le somme. «La disponibilità da parte della Regione è totale: c'è la volontà di dialogare e costruire insieme, sempre con l'obiettivo di un'integrazione con l'ospedale pubblico. Niente particolari sul vertice: possiamo però dire che c'è l'intesa su quello che sarà lo sviluppo di un ospedale d'eccellenza come il San Raffaele e, quindi, su ciò che dovrà offrire ai galluresi e a tutti i sardi». Anche con l'obiettivo di abbattere la mobilità passiva «che in Sardegna, nel 2008, - come ha più volte rimarcato l'assessore Antonello Liori - è cresciuta del 28% mentre la spesa sanitaria è passata da 50 a 64 milioni. Soldi, questi, che i sardi hanno portato in altre regioni, e soprattutto all' ospedale milanese di don Verzè, per andare a curarsi». L'incontro San Raffaele-Regione-Asl di Olbia (che si è tenuto l'altro ieri nel cantiere dell'ospedale privato dopo la visita dell'assessore Liori nel "gigante" da 50mila metri quadri in fase di ultimazione), non è stato comunque il primo. Un altro vertice si era svolto due settimane fa, a Cagliari, ed era stato «più che soddisfacente» e aveva già portato ai primi accordi. Poi, ieri, il quadro sarebbe stato completato e mancherebbero solo limature e dettagli. «Adesso - continua Botti -, così come ci hanno fatto sapere, ci saranno una serie di passaggi formali, dopo i quali dovrà essere approvato lo schema del San Raffaele. I tempi? Non li conosciamo. Noi, comunque, attiveremo tutte le nostre procedure, compresa quella che riguarda le assunzioni. La nostra idea, alla quale siamo sempre rimasti aggrappati negli anni, è di assumere soprattutto personale sardo per continuare a portare avanti la massima collaborazione con il territorio». E a proposito del personale che lavorerà al San Raffaele, Liori ha ribadito: «Porre vincoli assoluti, non è certamente possibile. Ci auguriamo però che i grandi professionisti che verranno a fare scuola al San Raffaele, rimangano poi nella nostra isola». ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 6 nov. ’09 LA NEUROCHIRURGIA SBARCA AL SAN RAFFAELE Accordo raggiunto, anche se soltanto a parole. Sulle altre specialità tutto da decidere L’ASSESSORE LIORI VISITA GLI OSPEDALI Prima tappa al Giovanni Paolo II, poi un tour nel «gigante» privato STEFANIA PUORRO - OLBIA. Neurochirurgia: la Regione vorrebbe averla e il San Raffaele è disposta a darla. Lo dicono in separata sede, ma non sembrano esserci dubbi: l’accordo, anche se solo a parole, sembra raggiunto. Se non ci saranno cambi di rotta, in Gallura arriverà dunque la neurochirurgia e a ospitarla sarà l’ospedale di don Verzè da 230 posti letto, 150 dei quali pubblici. Si è parlato anche di questo, nel cantiere del San Raffaele, durante un incontro - per tutti soddisfacente - tra l’assessore regionale della Sanità Antonello Liori (ieri a Olbia per tutta la giornata), gli uomini di don Verzè e il commissario della Asl Giovanni Antonio Fadda. La fondazione ha avanzato alcune proposte e si è parlato di posti letto. Ma le specialità sono ancora da decidere. «Alcune dovranno integrarsi col pubblico - ha detto Liori - e poi bisognerà puntare su quelle prestazioni che i sardi vanno a cercarsi altrove». Oltre alla medicina nucleare, non è escluso che l’ospedale di don Verzè, specializzato nella ricerca, possa ospitare chirurgia vascolare e nefro-oncologia, oltre ad attività ambulatoriali specialistiche. Ieri, intanto, il San Raffaele (presente con: Renato Botti, direttore generale del dipartimento sanitario; Gianna Zoppei, sovraintendente sanitario della fondazione e braccio destro di don Verzè e Alessandro Bartucci della direzione dei lavori), ha aperto le sue porte proprio in occasione della visita dell’assessore regionale. Un gigante in cemento armato da 50mila metri quadrati («che mi ha sconvolto positivamente», ha detto Liori) il cui costo si aggira sui 140 milioni di euro. «Apriremo entro l’estate 2010 con alcuni servizi - hanno precisato Botti e Zoppei - e a gennaio 2011 si entrerà a pieno regime». ___________________________________________________________ Corriere della Sera 6 nov. ’09 DON VERZÉ: IL CAVALIERE? UN DONO DI DIO ALL' ITALIA «Voci enfatizzate su di lui. E poi è un uomo, non un santo» Castro è un grand' uomo. Così prepotente, così simpatico. Mi faceva portare l' olio del mio Veneto e il Recioto Da Gheddafi andai prima di tutti. Spuntò da una carovana di cammelli, tutto vestito di bianco: sembrava un profeta MILANO - «In questi giorni sono arrabbiato». Per quale motivo, don Verzé? «La sentenza europea che vieta il crocifisso è una cosa orrenda. Uno sputo su tutto quel che di grande ha fatto l' Europa. Disconosce le nostre origini. Viola la nostra storia. Mi pare di sentire il corpo di Giovanni Paolo II che si rotola nella cassa. Mi pare di vederlo, ormai consumato, che viene fuori, uno stinco su quell' altro, a impugnare un bastone...». Che fare? «Reagire. A Natale, anziché l' albero, erigiamo una croce. Spero lo faccia anche il Santo Padre, in piazza San Pietro. Mi offro di portargliela io: una grande croce di 25 metri». Nell' attesa del Papa, lei l' altra mattina ha visto Berlusconi. «Abbiamo rievocato i nostri precedenti incontri. La prima volta ci vedemmo in ospedale, al San Pio X. Erano i primi Anni 70, lui era un giovane imprenditore. Ed era malato seriamente. Io gli parlai: "Lei guarirà e farà grandi cose". Nel ' 94, al tempo della sua discesa in campo, gli dissi che lui era una benedizione per il Paese, un dono di Dio all' Italia». E non ha cambiato idea? «No. Una volta un contestatore mi si è avvicinato, puntandomi il pugno sotto il mento, e mi ha chiesto se la pensavo ancora così su Berlusconi. Gli ho risposto di sì. L' hanno portato via prima che mi colpisse». Con Berlusconi avete parlato anche degli scandali estivi? «Certo. Mi ha assicurato che lui non ha fatto quel che dicono. E io gli credo: non l' ha fatto. Ho visto tante cose nella vita, ma mai una vergogna simile. Sono state enfatizzate supposizioni, voci. E se anche se fossero verità, dovremmo vergognarci e tenerle nel cuore. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. E di peccati ne commettiamo tutti. Eppure vedo molti peccatori tirare molte, troppe pietre». Non sono soltanto voci. Tutto ha avuto inizio con il divorzio chiesto da Veronica Berlusconi. «Conosco bene anche lei. Non voglio giudicare. Berlusconi è un uomo, non un santo; anche se io in ogni uomo vedo la santità. Gesù non ha detto: siate puri, siate giusti. Ha detto: amatevi l' un l' altro come io ho amato voi. L' Italia è un Paese profondamente cristiano, un Paese meraviglioso, ma sta perdendo il rispetto per se stesso pur di rovistare nella rogna, sta dissacrando e calpestando i suoi valori in un drammatico vuoto di cultura. E il peggio della nostra cultura sono alcuni magistrati». Che c' entrano i magistrati? «La giustizia in Italia sembra una spada di Damocle pendente sulla testa di chiunque. Purtroppo alcuni magistrati non hanno il senso della giustizia. Un dubbio per loro è sufficiente per giudicare. E giudicano». Be' , è il loro mestiere. «Ma, pur di giudicare, inventano. È quel che mi dice Berlusconi: "Don Luigi, lei non ha idea di cosa sono capaci di inventarsi sul mio conto..."». Lei ha buoni rapporti anche a sinistra. Ad esempio con il presidente della Regione Puglia Vendola. «Un uomo che cerca la verità. La gente giudica dalle apparenze, dall' orecchino. Che mi importa dell' orecchino! Io guardo il meglio dell' uomo. Ne ho parlato con Berlusconi, che ha per Vendola molta simpatia e stima. Qui sta la sua superiorità: cerca le intelligenze, anche nell' opposizione». Cacciari, sindaco di Venezia, lascia la politica. «Meglio. Così torna a casa, all' università del San Raffaele. Mi ha detto: "Don Luigi, non volevo rifare il sindaco...". Invece rientra da Venezia arricchito. Cacciari è un' intelligenza superiore. Gli ho detto: "Tu Massimo tocchi il cielo con un dito, e un giorno lo bucherai"». Bersani? «Non lo conosco. Conosco D' Alema, gli ho fatto sapere che prego per lui. Mi ha risposto che ne ha molto bisogno». Presidente del Pd diventerà forse Rosy Bindi, di cui lei non è grande estimatore. «Per me la Bindi è stata una disgrazia. Si è comportata in modo cattivissimo, per impedirmi di avere un ospedale a Roma. Ma io la amo lo stesso. Se venisse qui al San Raffaele bisognosa di cure, mi farei in quattro». Con il cardinal Martini avete scritto un libro. «Gli ho appena telefonato, per chiedere la sua benedizione. Lui per me è san Carlo Borromeo vivente, a causa della sua sofferenza. Uno dei grandi personaggi che hanno segnato la mia vita e quella di Milano, e andrebbero riscoperti». Quali personaggi? «Don Calabria, di cui sono stato segretario. Padre Gemelli, di cui ero il pupillo. Mario Missiroli, che nel 1959 scrisse un fondo in cui antevedeva il San Raffaele; e non c' era ancora neppure il terreno. Pietro Bucalossi, il mio nemico mortale. Diceva: "Se don Verzé farà il suo ospedale, distruggerà tutti i nostri!"». Gli altri personaggi da riscoprire? «Schuster. Antonio Greppi, di cui non parlate mai. Virgilio Ferrari, il padre della metropolitana milanese. Ferdinando Innocenti, che assumeva e dava uno stipendio ai ragazzi cerebrolesi. Craxi. Montini: cuore lombardo, mente vaticana; mi ha fatto soffrire, ma mi ha insegnato a essere un prete libero. Fuori da Milano: Andreotti. Ricordo quando gli dissi che volevo fare un ospedale in Sicilia ma temevo la mafia. Mi rispose: la mafia un tempo si poteva controllare, ora non più. Infatti... E poi Fidel Castro». Castro? «Grand' uomo. Così prepotente, così simpatico. Mi faceva portare l' olio del mio Veneto e il Recioto. Dieci bottiglie: una la apriva in Consiglio dei ministri, le altre nove se le beveva lui. Ore e ore a parlare di tutto. Un carisma che ritrovo solo in Gheddafi». Gheddafi? «Ci sono andato prima di tutti, anche di Berlusconi. Serviva il permesso della Cia, e l' ho avuto. Arrivo in Libia passando dalla Tunisia. Appuntamento in un palazzo che pare quello di Serse: marmi, sete dorate; ma lui non c' è. Uomini armati mi portano su una camionetta nel deserto. Lui spunta da una carovana di cammelli. Tutto vestito di bianco, senza le bardature che mette adesso: pareva un profeta. Era terrorizzato dai satelliti americani: mi raccontò che sua figlia era morta sotto il bombardamento per proteggere lui. Volevo portare il San Raffaele in Libia; accettò. Ma tutto si fermò subito dopo, quando Gheddafi fu ferito alle gambe in un attentato, ordito da tribù ostili». Questa non si è mai sentita. «Infatti non è un episodio conosciuto. Ma è vero. Per fortuna non ci siamo fermati. Oggi il San Raffaele è a Gerusalemme. In Afghanistan. In Iraq, a Ur, dentro la fortezza americana, dove nascerà un centro di ricerca intitolato ad Abramo. In India curiamo i tibetani del Dalai Lama a Daramsala. Siamo in Nigeria e in Uganda, a Kampala, dove è sempre primavera e i malati anziché in corsia preferiscono stare sul prato; la notte piove, ma al mattino il sole è subito caldo. In Colombia abbiamo una nave- ospedale, in Brasile abbiamo appena costruito il nostro sesto centro, che sta sradicando la lebbra nella regione di Barra. E sa chi l' ha pagato? Berlusconi». Dal San Raffaele viene anche il viceministro Fazio. Non sta facendo un po' di confusione sull' influenza? «Fazio non è un politico. E' un grande ricercatore. Io faccio fatica quando mi occupo di politica, e Fazio è come me. Ma sull' influenza ha ragione: è più la paura del rischio. L' importante è non sovraffollare gli ospedali». Perché ha rotto con Cl? «Io non ho rotto. Ho distinto. Sono amico di Formigoni, uomo di statura, cui ogni tanto do qualche consiglio. Sono stato grande amico di Giussani. L' ho curato per dieci anni, l' ho tenuto qui sino all' ultimo, gli portavo in camera Berlusconi. Si adoravano. Berlusconi si sedeva sul suo letto, si abbracciavano, si baciavano. Giussani aveva molte idee. Ora i suoi successori sono liberi di fare secondo la loro mentalità. Qui dentro però è San Raffaele; non è Cl. Facciamo come i gesuiti con i cappuccini: ognuno padrone a casa propria. Noi abbiamo una dottrina che non è quella di Cl. Facciamo scienza e cultura, grazie a un' università che è libera, non ecclesiastica. Odio che si adoperi Gesù Cristo per fare soldi». Cosa pensa di Umberto Veronesi? «È un grande amico mio. Io sono una persona libera. Non ho mai avuto uno stipendio. I soldi che raccolgo sono per il San Raffaele, i ricercatori, gli ammalati, l' università. Il mio socio di maggioranza è Cristo. Ogni volta che lo chiamo, lui risponde». C' è ancora Imperator, il suo cavallo? «Certo. Galoppa. E vince». Aldo Cazzullo RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Le origini Luigi Maria Verzé nasce ad Illasi (Verona) nel 1920. Si laurea in Lettere e Filosofia a Milano nel ' 47 e l' anno dopo viene ordinato sacerdote e fonda il primo Centro di addestramento professionale per ragazzi A Milano Nel ' 51 fonda in via Pusiano un nuovo Centro di addestramento anche per handicappati e nel ' 58 l' Associazione centro assistenza ospedaliera S. Romanello (ora Associazione Monte Tabor) dedicata ad anziani e bambini. Nel ' 69 realizza e inaugura a Milano l' ospedale San Raffaele. Iscritto all' Ordine dei giornalisti, è inoltre direttore del mensile di medicina, cultura e scienze umane Kos (nella foto è con un bambino in Brasile alla missione del San Raffaele, nel 1999) Il San Raffaele L' ospedale Don Luigi Verzé è alla guida dell' ospedale San Raffaele dal 1969, anno in cui a cavallo tra Segrate e Milano fondò il primo nucleo ospedaliero (nella foto, con don Verzé all' inaugurazione di un nuovo reparto l' attore Renato Pozzetto, il cantante Al Bano e la showgirl Natalia Estrada) In quarant' anni In questi 40 anni l' ospedale creato dal prete imprenditore è diventato un colosso, e dall' istituto di ricerca è generato anche un polo universitario. L' istituto beneficia dell' accredito dal 1999 e nel 2007, anno dell' ultimo bilancio disponibile, i ricavi erano prossimi ai 17 milioni di euro, con utili di circa 400 mila euro. A Finraf, la finanziaria che controlla il polo ospedaliero, fanno capo diverse società attive, per lo più, nel settore sanitario Cazzullo Aldo ___________________________________________________________ Il Sole24Ore 4 nov. ’09 PENSIONI DEI MEDICI SENZA ROTTAMAZIONI Sanità. La disposizione sarà cancellata Paolo Del Bufalo Stop ai "pensionamenti coatti" di medici e dirigenti del Ssn. La cosiddetta "rottamazione" a esclusiva discrezione delle aziende sanitarie per chi ha raggiunto i 40 anni di contribuzione previdenziale, prevista nella manovra anticrisi (legge 102/2009) è destinata a essere cancellata. A garantirlo sono stati ieri a Roma il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi e il capo dipartimento della Funzione pubblica, Antonio Naddeo, in un incontro con l'intersindacale medico-veterinaria. La norma che cancella la disposizione è quella già prevista nel disegno di legge sul Governo clinico in discussione alla Camera, su cui c'è l'impegno di Governo e Parlamento per una rapida approvazione, ma intanto sindacati e ministeri hanno concordato di portare in Conferenza Stato-Regioni (quella del 12 novembre) un accordo che condizioni la possibilità della rottamazione a provvedimenti regionali da assumere dopo un confronto con i sindacati, che limitino l'intervento delle aziende a specifiche situazioni. I sindacati, soddisfatti della promessa, hanno comunque dato l'altolà a ministeri e Regioni. «L'accordo è una fase assolutamente transitoria: si deve rendere al più presto attuativo il testo abrogativo contenuto nel Ddl sul Governo clinico», ha precisato l'Anaao, il maggior sindacato dei medici dipendenti. «Si verifichi subito la disponibilità delle Regioni all'accordo», hanno rilanciato gli ospedalieri della Cimo, perché, ha aggiunto la Cgil medici, «uno scaricabarile tra Governo, Regioni e Parlamento o circolari inefficaci non saranno accettate». «È un passo avanti, ma non basta a risolvere il problema, visto il moltiplicarsi dei "licenziamenti" degli ultimi mesi», hanno incalzato i radiologi del Snr. «Siamo moderatamente soddisfatti, ma ora ci vogliono i fatti», ha tagliato corto la Federazione veterinari e medici Sivemp-Smi. ________________________________________________________ TST tutto Scienze e tecnologia 4 nov. ’09 SCOPRI IN 3D CHE COSA STO PENSANDO La realtà virtuale non è solo Hollywood Dalle auto alla bioingegneria, è boom di applicazioni Realtà virtuale e animazione 3D punta di diamante del cinema digitale hollywoodiano - escono dallo schermo per permeare il mondo reale. «I videogames, per esempio, sono destinati a entrare in un'era nuova, non appena i personaggi agiranno in modo emozionalmente creativo: le tecnologie che permettono la realizzazione di espressioni in real-time ci stanno portando in questa direzione», spiega Paul Debevec, professore alla University of Southern California e direttore della ricerca allo «USC Institute for Creative Technologies». «Intanto i modelli iperrealistici in 3D continuano a rivoluzionare la progettazione dei prodotti, mentre si diffondono le campagne di marketing virtuali prima ancora che un oggetto sia stato realizzato - aggiunge - . Per non parlare delle applicazioni in campo educativo e nelle comunicazioni: se tu immagini qualcosa, attraverso la computer grafica puoi mostrare agli altri esattamente quello a cui stai pensando». E si aggiungono anche le applicazioni per la salute: con l’«imaging» biomedico è possibile osservare l'area specifica di un organismo altrimenti invisibile. Un esempio sono le ecografie tridimensionali. Realtà-virtualità: ecco uno dei temi chiave della l0a edizione di «View Conference» (a Torino da oggi al7 novembre), la conferenza internazionale di computer grafica che presenta le applicazioni più aggiornate della realtà virtuale e delle tecnologie interattive nei campi più svariati. Tra gli esperti, Devebec ha il compito di fare da raccordo tra il Festival di cinema digitale «View Fest», che si è concluso il 1° novembre, e la «Conference» vera e propria, con una lezione ospitata al Virtual Reality&Multimedia Park su «Image-Based Techniques for Photore al Computer Graphics in Cinema and Games». Non c'è dubbio che sia lui uno dei più influenti e visionari ricercatori di computer grafica. «Nell'estate del `91, tornato a casa dal college, mi annoiavo e ho pensato che sarebbe stato bello vedere volare la mia auto. Era una Chevette del 1980 ed era abbastanza ovvio che non sarebbe stato possibile farle prendere il volo per davvero, così decisi di farlo con il computer. Ma - racconta - volevo che il modello fosse identico alla mia macchina. Ho scattato tante foto: davanti, dietro, di lato, dall'alto. Poi ho trovato il modo di ricostruire il mezzo attraverso le foto stesse e con un'animazione abbastanza convincente l'ho fatta volare attraverso lo schermo. E' iniziato tutto in quel momento». Nella tesi di dottorato del 1996, infatti, Debevec presenta «Facade», un sistema di rendering e modellazione per creare modelli architettonici, partendo dalle foto. L'anno successivo, invece, realizza «The Campanile Movie», in cui ricreava una visione dall'alto del campus di Berkeley, con tecniche pionieristiche poi riprese per gli sfondi virtuali di «Matrix». Ma Debevec è diventato anche un asso delle tecniche di illuminazione «high dynamic range», guidando lo sviluppo di applicazioni che simulano il modo in cui oggetti e persone riflettono la luce: sono invenzioni usate più tardi per creare attori digitali in film celebri come «Spider Man 2» e «II curioso caso di Benjamin Button». «La luce ha un ruolo fondamentale - spiega -: noi non vediamo oggetti e persone, ma la luce che riflettono. Rendere la computer grafica realistica è correlato con l'uso della luce: è necessario simulare i1 modo in cui questa rimbalza da una superficie all'altra e rendere omogeneo il tutto con la scena. In Benjamin Button la più sfida più complessa è stata ricreare l'illuminazione del volto digitale nelle 325 diverse inquadrature del film». LUCA INDEMINI ________________________________________________________ Avvenire 5 nov. ’09 MENTE: NUOVI ESPLORATORI O INCAUTI STREGONI? di Andrea Vaccaro Far rientrare nell'ambito delle conoscenze acquisite anche il funzionamento del cervello è, nel nostro tempo, una sfida su cui la tecno-scienza profonde il massimo impegno. Per un parallelismo storico, questo sforzo è paragonabile a quell'anelito di conoscenza ché nei secoli XV e XVI, con le leggendarie circumnavigazioni e le epiche esplorazioni, condusse l'umanità a disegnare i confini e le presunte caratteristiche del cosmo terracqueo. Una cartografia dettagliata della Terra fu tentata allora e una mappatura puntuale del cervello è cercata adesso, tanto che David Adler propone un Google Brain sulla falsariga del Google Earth. Un deliberato intervento umano sulle ricchezze della Terra - non sempre lungimirante - seguì la perlustrazione di allora e una manipolazione cerebrale – auspicabilmente più responsabile - rientra nelle odierne prospettive scientifiche. Un elemento spirituale, quale il Paradiso terrestre, fu allora insistentemente ricercato nel mondo fisico e finalmente "liberato" al tramonto del XVII secolo; un elemento spirituale, come l'anima, talvolta ricompare, con esito analogo, nei discorsi attuali sui lobi frontali. I nuovi navigatori sono i neuro scienziati la moderna bussola è l’ingegneria inversa", cioè quella che invece di andare dai mattoni all'edificio discende dal risultato verso il progetto originario; al posto di caravelle e velieri stanno gli strumenti della più sofisticata tecnologia come Pet o Fmri, che permettono di monitorare l'intero volume del cervello con una risoluzione spaziotemporale dell'ordine del millimetro e del millisecondo. L'impresa, da poco inaugurata, ha già fatto le sue conquiste. L'istituto Allen di Seattle ha portato a compimento un atlante del cervello di un topo, con una mappa tridimensionale dei livelli di attività dei vari tipi di geni. Il Politecnico Federale di Losanna si sta impegnando dal 2005 nel progetto Blue Brain e ha già costruito una colonna artificiale della neocorteccia mediante i circa mille trilioni di operazioni al secondo del supercomputer Blue Gene. Il direttore del progetto H. Markram assicura che nell'arco di un decennio avremo il primo intero cervello umano artificiale. II viaggio più avventuroso, tuttavia, è senza dubbio il progetto Synapse intrapreso nel settembre 2008 dal Darpa che, in virtù dei promettenti esiti raggiunti, lo scorso mese ha ufficializzato un altro cospicuo investimento per la prosecuzione. Il Darpa e il dipartimento dei Progetti di ricerca avanzata del Pentagono e costituisce, nel mondo occidentale, il punto più elevato nei programmi di interfaccia uomo-computer. L'obiettivo dichiarato di Synapse non è proprio esplorare il cervello umano, piuttosto realizzarne uno artificiale, con uguale conformazione, taglia e consumo energetico, ma con in più la velocità enormemente amplificata tipica dell'elaborazione elettronica. Anche il suo principale utilizzo è esplicito: sfruttare la vertiginosa cascata di informazioni, ormai ingestibile per la mente umana, per elaborare istantaneamente la decisione migliore, soprattutto nei contesti economici e militari, dove un ordine impartito un secondo in anticipo o in ritardo può valere il destino di grandi capitali e addirittura la vita di uomini. Le cose vanno complicandosi: i computer producono una quantità di dati così torrenziale che può essere gestita e alimentata solo da computer di più alto' livello. L'uomo comincia a chiedersi, perplesso, quale sia il suo ruolo in questo gioco. Una domanda che scava in profondità. ________________________________________________________ Il Sole24Ore 6 nov. ’09 LA GRANDE RISCOSSA DEL FARMACO ITALIANO: IL 53% VA ALL'ESTERO Daniele Lepido MILANO Il vaccino italiano contro l'influenza A è un esempio virtuoso di come la ricerca dell'industria farmaceutica, fatta nel nostro paese, possa dare risultati eccellenti. Un esempio che dimostra come l'Italia sappia affrontare in tempi rapidi anche i rischi di un virus pandemico come L'H1N1, che per fortuna si è rivelato molto meno aggressivo rispetto alle stime fatte qualche settimana fa». Nella giornata dedicata alla ricerca scientifica Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, rimarca il ruolo dell'associazione, che rappresenta un settore con quasi 7oznila addetti, «tra i più qualificati nel panorama industriale con una quota di laureati pari al 61% e 6.230 specialisti dedicati alla ricerca e sviluppo». Un comparto da 22 miliardi di curo di fatturato che in Italia determina oltre il 37% dell'export a più elevato profilo tecnologico ed esporta il 53% della produzione. «Un solo curo investito nel vaccino contro l’H1N1 ne fa risparmiare 24 al sistema paese -spiega Dompé- e questo è solo un esempio di un unico prodotto, di attualità quanto si vuole, ma la ricerca ha un bacino d'interesse molto più ampio». La ricerca, appunto- La stessa dell'eccellenza italiana, ma anche dei cervelli che fuggono all'estero, per trovare condizioni di lavoro migliori, legate sempre a quel sistema che non sempre promuove capacità e competenze. «A proposito di questo tema - dice Dompé - ho accolto molto favorevolmente la riforma dell'università del ministro Gelmini (si veda l'intervista qui accanto, ndr), perché parte dal presupposto giusto, dal concetto di premiare chi educa al merito e all'eccellenza, senza sprecare risorse. Ed è da qui, da un modo di pensare e agire che si eleva a sistema, che deve partire lo sforzo di trattenere in Italia i nostri giovani migliori». Guardando ai dati, la farmaceutica è il primo settore per intensità di ricerca, come racconta l’Istat, e rispetto all'industria manifatturiera determina l’1,5% dell'occupazione e il 13,5% dell'attività complessiva di ricerca e sviluppo. Notevole anche la crescita degli investimenti, proprio in innovazione: se nel 2002 si parlava di 883 milioni di euro, nel 2008 questa cifra ha superato la soglia di 1,2 miliardi, segnando un rally del 36 per cento in sei anni. «Ecco perché è necessario tutelare - sostiene il presidente degli industriali farmaceutici - anche con strumenti legislativi ad hoc, i brevetti e i marchi visto che i processi di ricerca e sviluppo dell'industria sono lunghi e costosi». E infatti il percorso che porta alla nascita di un nuovo farmaco, secondo l’Efpia, l'associazione europea delle aziende del comparto, può essere anche di 25 anni, partendo dalla ricerca di base> passando per i test preclinici, alla ricerca clinica, dalle valutazione delle autorità sanitarie fino a tutta la fase legata alla farmaco-vigilanza. «In media parliamo di lo-i5 anni di studi e sperimentazioni e le probabilità di successo sono di una su 5-iomila, con costi che da diverse decine di milioni possono anche arrivare a superare il miliardo di curo, quando solo due farmaci su dieci ammortizzano i costi». La peculiarità della ricerca made in Italy e l'eccellenza della sua ricerca trovano riscontro anche nella crescita delle esportazioni negli ultimi decenni: fatto cento il fatturato complessivo della filiera, nel 199i la quota di export della farmaceutica italiana era del 20% mentre l'anno scorso ha raggiunto il 53 per cento. Sempre in Italia sono quasi 200 le pipeline, le linee di sviluppo, delle specialità medicinali allo studio e 147 i prodotti biotecnologici in fase di sviluppo, anche grazie alla collaborazione tra centri pubblici e privati. ________________________________________________________ Il Sole24Ore 7 nov. ’09 PUBBLICAZIONI RECORD IN CAMPO ONCOLOGICO Airc.I risultati dei finanziamenti erogati Francesca Cerati z-m~ Ottima performance per l'Italia sia in termini di numero di articoli pubblicati sia come impact factor totale nelle 132 riviste scientifiche di allibito oncologico. Con una media di i.S00 pubblicazioni l'anno, il nostro Paese è terzo in Europa dopo Germania e Gran Bretagna e addirittura primo se il dato è aggiustato al PiI. Un quadro in netta controtendenza rispetto allo stato di allarme rosso in cui vive la nostra ricerca scientifica. Cosa si nasconde dietro questa "miracolo"? La risposta è nei dati: Airc finanzia circa la metà della ricerca oncologica italiana. «Fino a qui sono numeri-dice l’immunologo Alberto Mantovani, docente di Patologia generale dell'Università di Milano e direttore scientifico dell'Istituto clinico Humanitas-. Ma ciò che conta e non appare dall'Wdagine, pubblicata in inglese sulla rivista Tumori a firma di Andrea Micheli, è la parte qualitativa: Airc, in campo oncologico, fa quello che dovrebbe fare un'agenzia di ricerca - che in Italia peraltro non esiste - cioè sceglie le priorità, ha un meccanismo di revisione, è affidabile e investe sui giovani». «Per chi fa ricerca - continua Mantovani - è importante sapere che ogni anno c'è un bando Airc. E paradossale che un sistema basato sul volontariato abbia un grado di affidabilità che nessuno sportello pubblico ha mai avuto in Italia». Altro punto è il meccanismo di valutazione, che si basa sul peer review- internazionale. Terzo elemento è una buona politica della scienza. «Airc fa delle scelte che anticipano le tendenze scientifiche, ovvero individua delle priorità. E, in questo momento, c'è l'urgenza di trasferire le informazioni dal laboratorio al letto del paziente, schiacciando l'acceleratore sulla medicina translazionale». Ultimo elemento è l'investimento sui giovani. «La visione di Aìrc è di promuovere anche l'indipendenza dei ricercatori, dando loro la possibilità di costruirsi una carriera anche senza il posto fisso». L'associazione nel z008 ha destinato 57 milioni alla ricerca («Riw.aixc.it). ____________________________________________________________________ il Giornale 5 nov. ’09 ARTRITE REUMATOIDE, STOP AL DANNO ARTICOLARE Un farmaco migliora di oltre l'80% il blocco della distruzione progressiva delle articolazioni I dati a due anni dallo studio presentati all'American College of Rheumatology (ACR) di Stefano Salvatori Una delle malattie più temute fino a ieri - e ancora oggi causa di grandi disagi per i pazienti - è sicuramente l'artrite reumatoide, ma con sempre maggiori possibilità di cura e, per i pazienti, un domani sempre meno nero. Sono infatti in calo articolazioni supergonfie e dolori insopportabili, e anche i casi in cui la chirurgia rimane l'unica strada per sostituire le 'massacrate' articolazioni. E sempre più pazienti ritrovano la gioia di muovere articolazioni ormai date per 'immobilizzate'. Buone notizie giungono dall'American College of Rhemnatology, uno degli appuntamenti più importanti dell'anno per i reumatologi di tutto il mondo e che anche quest'anno ha confermato successi - o per lo meno progressi importanti - nella lotta a questa terribile malattia cronica. Questo congresso si è tenuto quest'anno a Philadelphia proprio per celebrare la nascita, 75 anni fa, di questa società scientifica. "I dati del00 Studio LITHE confermano che il tocilizumab è molto efficace nell'inibire i danni alle articolazioni caratteristici dell'artrite reumatoide", ha affermato il Professor Josef Smolen, dell'Università di Vienna. "Questo straordinario effetto sulle articolazioni, insieme alla capacità precedentemente osservata di tocilizumab di ridurre positivamente i segni e i sintomi dell'artrite reumatoide, gli assicura un ruolo importante nella pratica clinica. Una soddisfacente remissione con tocilizumab può contribuire a restituire al paziente un senso di libertà, senza dolorosi episodi infiammatori o timori di invalidità a lungo termine". Lo studio LITHE. Uno studio molto importante ha dimostrato che con una terapia a lungo termine, i pazienti affetti da artrite reumatoide trattati con tocilizumab abbinato al metotrexato (MTX) hanno subito l’81% in meno di danni strutturali alle articolazioni rispetto a quelli trattati con il solo metotrexato, la terapia oggi normalmente utilizzata. Questi risultati confermano per i pazienti una significativa riduzione dei danni alle articolazioni e pertanto la possibilità di continuare a vivere senza il deterioramento progressivo generalmente associato alla malattia. A questo si aggiungono i risultati di due studi a lungo termine che dimostrano come la percentuale di pazienti trattati con tocilizumab che ottengono la remissione della malattia sia aumentata stabilmente nell'arco di 3 anni, passando dal 27° a 24 settimane al62° a 180 settimane. Come dire da 8 mesi a quasi 3 anni e mezzo! I vantaggi per i pazienti. 1 tassi di remissione senza precedenti osservati con tocilizumab sono stati il risultato in primo luogo dell'effetto profondo sulle articolazioni gonfie e doloranti in alcune tipologie di pazienti: • Pazienti che non avevano ricevuto alcuna precedente terapia biologica. Dopo 96 settimane (1,8 anni) di trattamento con tocilizumab quasi il 50% dei pazienti aveva una o più articolazioni meno gonfie. • Pazienti conrisposta inadeguata a uno o più inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF). Fra questi pazienti i134% aveva una o più articolazioni meno gonfie dopo il trattamento con tocilizumab. • Pazienti che non avevano subito un precedente trattamento con M"I'X e che erano stati trattati con tocilizumab come monoterapia. I155% aveva una o più articolazionì meno gonfie e il 35°h una o più articolazioni meno doloranti dopo 96 settimane. Quattro pazienti su cinque affetti da questa patologia invalidante, se trattati con la nuova terapia hanno subito meno danni strutturali alle articolazioni rispetto a quelli curati tradizionalmente Sempre più numerosi i pazienti che grazie alle nuove terapie ritrovano la gioia di muovere articolazioni supergonfie e con dolori insopportabili, ormai date definitivamente ________________________________________________________________ l’Unità 7 nov. ’09 VERONESI: IL FUTURO SI CHIAMA MEDICINA MOLECOLARE Cerimonia al Colle II Presidente: la ricerca «ha a cuore solo l'interesse del Paese» II ministro Sacconi l'Italia invecchia, il cancro diventerà la prima causa di morte In tutti i campi la ricerca «ha a cuore solo l'interesse del Paese», è un'espressione di «solidarietà». Lo ha detto il presidente della Repubblica celebrando al Quirinale la giornata della ricerca sul cancro. MARCELLA CIARNELLI ROMA mciarnelli@unita.it Ricercatori, medici, scienziati, volontari, tutti riuniti al Quirinale per celebrare con il Capo dello Stato la «Giornata per la ricerca sul cancro». Ormai un appuntamento fisso, così come quelli con i rappresentanti di altre volontà e intelligenze, che dedicano la loro vita a cercare di salvare quelle di altri. Dimostrazione attiva, nei laboratori e nelle corsie, nelle case di accoglienza e negli ambulatori, del valore umano e scientifico di chi ha a cuore solo «i'interesse generale del Paese». Un atteggiamento di cui nell'opinione pubblica, dice il presidente, «c'è una sempre più diffusa consapevolezza» perché tutti sanno che nei luoghi dove si fa ricerca e si cura «si esprimono il valore e il sentimento della solidarietà e si respira un clima di autentica serenità, al riparo da invadenze e turbolenze politiche». Un'osservazione a largo raggio. Che non esclude nessuna delle tensioni che da troppo tempo ormai caratterizzano «la nostra vita pubblica» in cui «la serenità è merce rara>}. Invece «la solidarietà è una risorsa non scarsa di cui per fortuna è ricca l'Italia ed è ricco il popolo italiano». Il bilancio della situazione l'hanno appena fatta il presidente dell’Airc, Piero Sierra e il direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia, Umberto Veronesi. Ha parlato anche il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. MALATTIA ANTICA E CRUDELE Bisogna convivere con «la più antica e crudele di tutte le malattie» come la definisce Veronesi, che così bene la conosce, e che è «la seconda causa di morte che si avvia, per l'innalzamento dell'età della popolazione, a diventare la prima» come ha ricordato il ministro che punta su un "Piano di lotta globale contro il cancro" per riuscire se non a sconfiggerla, almeno a ridimensionarla. La chiave di volta è nella ricerca, così bistrattata, anche se i nostri ricercatori che sono ________________________________________________________ Il Giornale di Sicilia 7 nov. ’09 PIÙ TUMORI ALLA TIROIDE IN SICILIA ORIENTALE RICERCA DIMOSTRA CHE È COLPA DELL'ETNA Nel Ragusano, Messinese e Catanese questo tipo di cancro è molto più diffuso che nel resto d'Italia. L'acqua nella zona dei vulcano si caricherebbe di elementi chimici dannosi. Carmelo Nicolosi PALERMO Nel Catanese, nel Ragusano e nel Messinese, si riscontra un tasso di incidenza annuo di cancro alla tiroide superiore non solo alla media nazionale, ma anche a quella del resto del mondo. Nel Paese, si hanno annualmente 15,5 casi nelle donne e 5,2 negli uomini ogni 100.000 abitanti, Nel mondo, il tasso medio d'incidenza annuo è di 14,1 nelle donne e di 4,9 negli uomini, sempre per 100.000 abitanti. In Sicilia, si va da un'incidenza di più del doppio di quella nazionale nel territorio di Catania (31,7 per 100.000 abitanti nelle donne e 6,4 negli uomini), al 17,4 nella popolazione femminile e 1,8 in quella maschile del Ragusano, al16,2 nelle donne e 4,2 negli uomini nel Messinese. Enna e Palermo quasi sì equivalgono: 15,9-2,8 contro 15,7 e 3,00. Seguono: Caltanissetta con un 13,4 e 3,4; Siracusa con 13,3 e 4,00; Agrigento con 11,1 e 2,4; Trapani con 10,2 e 2,8. Come si nota, il più alto numero annuo di tumori della tiroide si ha nella parte orientale dell'Isola, in particolare nelle province dì Catania, Ragusa e Messina. Uno studio basato sul registro tumori della Tiroide, attuato dalle tre università siciliane, in collaborazione con alcuni ospedali (capofila l'ateneo catanese col professore Riccardo Vigneri), e il supporto dell'Osservatorio epidemiologico della Regione Siciliana, è stato pubblicato ieri dalla prestigiosa rivista americana "Journal of National Cancer Institute" . Il lavoro ha messo in luce il coinvolgimento dell'Etna sull' insorgenza della malattia, cosa che accade anche in altre aree vulcaniche di origine basaltica. L'acqua, subirebbe dei processi dovuti all'alta temperatura e si caricherebbe di elementi chimici contenuti nella roccia basaltica, pericolosi per la tiroide. E la falda acquifera etnea va anche verso i territori di Ragusa e Messina. «Probabilmente, questo fattore spiega il perché dell'aumento di incidenza di tumori della tiroide in vicinanza dell' area vulcanica. Secondo dati Istat, l'84 per cento della popolazione del catanese vive intorno alla zona del vulcano», spiega la professoressa Carla Giordano, docente di endocrinologia all'università di Palermo. Fino a oggi, si è anche detto che il cancro tiroideo possa essere causato dalla mancanza di iodio nelle acque, come accade per il gozzo. «Abbiamo invece dimostrato - dice Carla Giordano - che la carenza di iodio non ha alcuna attinenza con l'insorgenza dei tumori della tiroide. Oggi, sappiamo che oltre l'acqua, in prossimità dei vulcani, ci sono altre cause ambientali, come per esempio le radiazioni». In questo tipo di cancro, quasi i158 per cento sono micro-careinomi, al di sotto di un centimetro. "Ma stiamo attenti - avverte la Giordano - non sono a basso rischio. Anche questi micro-carcinomi sono capaci di dare metastasi ai linfonodi". ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 6 nov. ’09 SLA, L'ONDA DELLA PROTESTA SILENZIOSA L'ex giardiniere comunale: «Negata l'assistenza domiciliare» La sclerosi laterale amiotrofica immobilizza chi ne è colpito, che ha bisogno di assistenza continua. I piani personalizzati dei pazienti rimangono però lettera morta. Cresce la protesta contro il ministero. Salvatore Usala e Giorgio Pinna non sono soli. I due malati di Sla di Monserrato e Siliqua, che hanno deciso di attuare lo sciopero della fame contro il ministro della Salute Maurizio Sacconi dopo le mancate risposte ai progetti presentati per l'assistenza domiciliare, hanno trovato un alleato. È Mauro Serra, un quarantasettenne di Sant'Isidoro di Quartucciu, che da undici anni convive con la sclerosi laterale amiotrofica. Da tempo è immobilizzato a letto, attaccato a un respiratore automatico. Il suo contatto con il mondo è la lavagna elettronica comandata con gli occhi, che gli permette di comunicare componendo le parole lettera per lettera. VITE PARALLELE La sua rabbia è la stessa degli altri due malati che da mercoledì hanno cominciato a non mangiare perché, dicono, «abbiamo diritto a un'assistenza adeguata e totale, invece i nostri progetti sono rimasti nei cassetti». Anche Mauro è pronto a cominciare lo sciopero della fame. Lui che un tempo era il giardiniere del Comune di Quartucciu, adesso deve lottare non solo contro la malattia, ma anche contro i diritti negati. ABBANDONATO «Purtroppo soffro di insonnia e per questo la notte ho bisogno di un'assistenza continua che spesso non mi è garantita», spiega: «Durante il giorno sono costretto a fare affidamento su un filippino istruito da mia moglie, che fa l'infermiera». Le sue richieste sono le stesse dei tanti malati di Sla: in Sardegna sono tantissimi, soprattutto nella zona del Medio Campidano. «Da due anni aspetto che sia predisposto un piano personalizzato per la mia assistenza», aggiunge Mauro Serra, «ma molte persone sono venute e altrettante promesse si sono susseguite. È il piano, che continua a mancare». L'APPELLO Nel letto della sua camera, Serra ha saputo della battaglia di Usala: «Anche lui chiede l'assistenza adeguata per tutti coloro che hanno la Sla», compone sulla lavagna ottica, «un'assistenza adeguata da prestare al nostro domicilio: subito. Noi purtroppo non abbiamo il tempo per aspettare il lavoro delle commissioni e la scrittura dei protocolli». LA DISPERAZIONE In giorni già difficili, l'ex giardiniere ha un problema in più da affrontare: il suo letto speciale è guasto da sei mesi. L'apparecchio che consente di alzarlo e abbassarlo è fuori uso e, nonostante le richieste, il problema non è ancora stato risolto. Anche il sindaco Pierpaolo Fois e l'assessore alle Politiche sociali Valeria Ledda hanno contattato i responsabili dell'Asl, ma per ora le risposte non ci sono state. «Un giorno Mauro ha detto " basta non mangio più ", racconta la moglie Francesca, «perché in questo stato di abbandono non vale nemmeno la pena di lottare. Per vivere ha bisogno dei ventilatori per la respirazione: l'altra sera per un attimo si sono bloccati e non sapevamo nemmeno a chi rivolgerci». «DIGNITÀ» I primi subdoli sintomi della malattia si sono affacciati undici anni fa: la bocca impastata, una mano senza più forza. Poi la diagnosi e l'inesorabile progresso della patologia, che a un certo punto l'ha costretto a letto. «Non voglio fare polemiche né pretendo particolari privilegi», conclude Serra: «Chiedo solo che si possa garantire il diritto, a me e agli altri malati di Sla, di poter vivere con dignità all'interno della nostra famiglia. I viaggi della speranza non servono a nulla: l'unica cura è essere rispettati nella nostra dignità». Certo, non si può dire che il messaggio non sia chiaro. GIORGIA DAGA ___________________________________________________________ Corriere della Sera 1 nov. ’09 LA TERAPIA GENICA CHE SCONFIGGE LA CECITÀ RETINA IMPORTANTI RISULTATI PER UNA GRAVE MALATTIA DEGENERATIVA Il metodo, sperimentato in Italia e Usa su 12 pazienti, si è mostrato efficace e sicuro Il video di un bambino che cammina sicuro lungo un percorso tracciato da frecce: è la prova più chiara del successo di una nuova terapia per una rara malattia genetica che provoca la degenerazione della retina, l' amaurosi di Leber, per la quale fino ad ora non esisteva possibilità di cura. Quel bambino era quasi cieco fino a poche settimane prima. La terapia - messa a punto dai medici dell' Istituto Telethon di genetica medica (Tigem), dell' Università Federico II di Napoli e dell' Ospedale pediatrico di Philadelphia (Stati Uniti) - prevede che copie sane del gene malato siano iniettate nella retina, dove entrano nei fotorecettori (le cellule che trasformano gli stimoli visivi in impulsi nervosi) ripristinando la funzionalità dell' occhio. «Abbiamo trattato 12 malati fra gli 8 e i 44 anni; in tutti c' è stato un miglioramento della visione - sintetizza Alberto Auricchio, ricercatore del Tigem e docente di genetica all' università napoletana -. Ma i risultati più netti si sono ottenuti con i pazienti più giovani, perché nella sindrome di Leber le condizioni della retina peggiorano con l' età ed è più difficile riparare un danno già esteso». Le conclusioni dello studio, pubblicato da Lancet, mostrano comunque che tutti i pazienti hanno riacquistato la sensibilità alla luce, che per quasi tutti sono migliorate l' ampiezza del campo visivo e l' acuità, e che sono diminuiti in modo significativo anche i movimenti incontrollati degli occhi che, tipici dell' amaurosi di Leber, impediscono di fissare lo sguardo sugli oggetti per metterli a fuoco. Infine, la tecnica si è dimostrata sicura, dato che i pochi effetti collaterali osservati si sono risolti tutti nell' arco di qualche settimana. Questi risultati non sono però ancora sufficienti per rendere la cura accessibile a tutti i malati. «Dobbiamo verificare l' efficacia su un numero più ampio di pazienti - dice Auricchio - ma nel frattempo c' è anche l' intenzione di sperimentare la terapia genica per altre forme di cecità, come la retinite pigmentosa e la malattia di Staragrdt, per le quali si sono già ottenuti buoni risultati sugli animali». «Lo studio dimostra l' efficacia e la sicurezza del sistema usato per far giungere il gene nelle cellule della retina, e questo apre la strada ad altre sperimentazioni» commenta Mauro Giacca, direttore del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Trieste. Infatti, affinché il gene raggiunga le cellule in cui deve esercitare la sua azione, deve essere inserito in un vettore capace di portarlo al loro interno. «Questi vettori sono virus resi innocui da interventi di ingegneria genetica, - spiega Giacca - ma quelli usati in passato si sono mostrati poco sicuri, tanto che per diversi anni le sperimentazioni sull' uomo sono state sospese. In questo caso si è usato un tipo di virus, chiamato adeno-associato, che rappresenta una svolta per la terapia genica e che funziona molto bene in organi composti da cellule che non si replicano più, come il tessuto nervoso o il cuore». Margherita Fronte RIPRODUZIONE RISERVATA Altre speranze Le altre malattie per le quali si sta percorrendo la strada della terapia genica sono: Ada-Scid: mette ko il sistema immunitario. La terapia genica dell' Istituto San Raffaele di Milano è considerata alla stregua di «medicinale orfano»: primo passo verso la rimborsabilità del parte del Servizio sanitario. Leucodistrofia metacromatica: provoca la degenerazione del tessuto nervoso. Nel 2010 al San Raffaele, sperimentazione sull' uomo per correggere il difetto genetico. Sindrome di Wiskott-Aldrich: colpisce il sistema immunitario; predispone a malattie autoimmuni, leucemie e linfomi. Nel 2010, prime sperimentazioni sull' uomo di una terapia genica, al San Raffaele. Infarto: è possibile far giungere al cuore geni che stimolano formazione di nuovi vasi e rigenerazione del tessuto. All' Icgeb di Trieste, ottimi risultati su animali. Adrenoleucodistrofia: provoca la degenerazione del sistema nervoso. Si attendono i risultati di una terapia genica sull' uomo, condotta all' Ospedale Saint Vincent de Paul di Parigi. Alzheimer e Parkinson: negli Usa sperimentazioni per far giungere nel cervello geni che stimolano la rigenerazione Fronte Margherita ___________________________________________________________ Repubblica 4 nov. ’09 UN BACIO NON È SOLO AMORE MA ANCHE UNA DIFESA DAI VIRUS Un gruppo di ricercatori inglesi: trasmette infezioni e quindi favorisce anche la formazione di anticorpi. Che in caso di gravidanza... di LUIGI BIGNAMI E' il simbolo universale dell'amore e del romanticismo. Distingue l'uomo dal resto del regno animale. Nel bene e nel male lo hanno descritto poeti e immortalato pittori. Fa parte della cultura del 90% dell'umanità. Esiste addirittura una scienza che studia il bacio: la filematologia. Il bacio è molto importante nel rapporto fra persone, soprattutto fra due innamorati. Secondo la maggior parte degli studi è una delle principali dimostrazione di affetto. Ma il bacio potrebbe essere nato ed essersi evoluto per ragioni pratiche assai meno sentimentali rispetto a quelle a cui si fa riferimento quando se ne parla. Ricercatori inglesi, infatti, credono che si sia diffuso tra gli uomini per sprigionare virus e batteri tra i partner. Ma non per fini malefici, anzi. Sarebbe un mezzo per proteggere la prole dei partner stessi. Il bacio servirebbe per trasmettere infezioni che se passassero da un uomo a una donna durante la gravidanza potrebbero essere pericolose. Se trasmesse prima di una gravidanza, invece, non porterebbero ad alcuna conseguenza, ma addirittura permetterebbero alla donna di sviluppare gli anticorpi necessari per sconfiggere quei virus e quei batteri senza andare a creare successivamente problemi al nascituro. A questa deduzione i ricercatori sono giunti facendo riferimento alle conseguenze dell'infezione prodotta dal citomegalovirus (della famiglia degli herpevirus), un virus che si può nascondere nella saliva degli uomini e che, normalmente, in un organismo sano non causa alcun problema, ma può risultare estremamente pericoloso se il contagio a una donna arriva durante la gravidanza, al punto da causare serie menomazioni al bambino, come sordità o paralisi cerebrale fino, seppur in casi assai rari, a determinarne la morte. Le manifestazioni cliniche si verificano nel 10 per cento dei neonati infettati, mentre il decesso avviene nel 10-15 per cento dei casi. Lo studio è stato pubblicato su Medical Hypotheses da Colin Hendrie dell'Università di Leeds (Gran Bretagna), il quale ha spiegato: "Il passaggio da un uomo a una donna di un certo tipo di virus maschile di citomegalovirus avviene con frequenza, ma se la trasmissione avviene con gradualità per un periodo di almeno sei mesi, dà modo alla donna di sviluppare un'ottima protezione contro di esso". Secondo il ricercatore infatti, durante i primi baci tra due persone generalmente la quantità di virus che si trasferiscono dall'uomo alla donna sono relativamente pochi e crescono con il tempo quando i baci si fanno più passionali. Questa modalità permette alla donna di sviluppare le difese necessarie per difendersi dal virus. Se arriverà a una gravidanza la sua immunità sarà tale da impedire quasi certamente il trasferimento del virus al bambino.