RASSEGNA 22 NOVEMBRE 2009 casanova@medicina.unica.it http://medicina.unica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=152&Itemid=133 MASTINO: TUTELATE LE UNIVERSITÀ SARDE - DUE MAGNIFICI CONTRO LA REGIONE PARALISI DI ERSU E AZIENDE MISTE - FAA SCRIVE A MELIS: «BASTA SUPPONENZA, SERVE PIÙ DIALOGO - GELMINI: NESSUN TAGLIO AI FONDI PER LA RICERCA - PER I RICERCATORI 40 MILIONI - L'UNIVERSITÀ AL MACERO - LA RIFORMA GELMINI IN REALTÀ NON ESISTE - OFFERTA FORMATIVA: ATENEI CON IL FIATO SOSPESO - DOCENTI, SI CAMBIA REGISTRO - IN ITALIA NON SI PUÒ "PREMIARE IL MERITO - PER L’UNIVERSITÀ CI VUOLE WELFARE - UNIVERSITÀ: MAGGIORE SPECIALIZZAZIONE PER NON PERDERE LE NOSTRE ECCELLENZE - L'ESERCITO DI PRECARI SU CUI CAMPANO GLI ATENEI - ITALIA, POCA RICERCA SOLO 6 GRUPPI NEI 100 MONDIALI - POSTO DI LAVORO PIÙ FACILE CON UNA LAUREA SCIENTIFICA - REGGIO S'INVENTA IL CONCORSO-LAMPO PER BEFFARE LA RIFORMA BRUNETTA - I DIPENDENTI ALL’ASSALTO DEL RETTORATO - DOPO BRUNETTA, ANCHE MELIS DIVIDE I DIPENDENTI TRA BUONI E CATTIVI - LA REPLICA. GIOVANNI MELIS ALLA RSU - UNIVERSITÀ, STUDENTI ALLE URNE - INVENZIONI LA CLASSIFICA DELLE MIGLIORI 50 SCOPERTE - LA PAPERA DI OBAMA NEI LABORATORI DEL MIT - IN USA LA CONCORSOPOLI ITALIANA FINISCE SUL WEB - GIRO DI VITE PER IL PUBBLICO IMPIEGO: È IN VIGORE LA NUOVA LEGGE BRUNETTA - L'INFORMAZIONE CORRE SUL SOCIAL NETWORK - L'80% DEI MINORI USA INTERNET MA I GENITORI SONO POCO ATTENTI - ======================================================= S.GIOVANNI DI DIO: NUOVO NUMERO - UNIVERSITÀ, I PRIMI VENTUNO INFERMIERI - SANITÀ, I CONTI FANNO TREMARE LA POLITICA - SASSARI: L’ASL CEDE GLI OSPEDALI ALL’ATENEO - MICROCITEMICO, RIVOLTA CONTRO LA FUSIONE - MEDICI E PAZIENTI: DICIAMO NO ALL'ACCORPAMENTO» - I TALASSEMICI: NO ALLA FUSIONE COL BROTZU - SI VOGLIONO OCCUPARE QUESTI SPAZI PER COMPIACERE INTERESSI - COSÌ FUNZIONANO GLI ARCHIVI DELLA MEMORIA - DIMENTICHIAMO PIÙ DI QUANTO RICORDIAMO - PIÙ BELLE SENZ'ACQUA - SE LA GENETICA UCCIDE L'INDIVIDUALITÀ - VACCINO A RESPONSABILITÀ PUBBLICA - FUTURE MAMME, I RISCHI E I VACCINI - ======================================================= ________________________________________________ La Nuova Sardegna 20 nov. ’09 MASTINO: TUTELATE LE UNIVERSITÀ SARDE Il neorettore dell’ateneo turritano, Attilio Mastino, scrive una lettera per sollecitare i parlamentari isolani Un disegno di legge modifica il sistema accademico SASSARI. Con una lettera indirizzata a tutti i parlamentari sardi, il rettore dell’università di Sassari, Attilio Mastino, sollecita deputati e senatori a seguire con attenzione la discussione sul Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio. Mastino chiede ai rappresentanti isolani in Parlamento «di seguire con attenzione tutto l’iter dell’approvazione, tenendo d’occhio soprattutto i riflessi sulle Università della Sardegna, tra le più antiche del panorama italiano in particolare del Mezzogiorno». La recente valutazione ministeriale ha fortemente penalizzato tutte le Università del Mezzogiorno e delle isole, perché gli indicatori sono stati calibrati tenendo conto tra l’altro del tasso di occupazione degli studenti a tre anni dalla laurea, dei finanziamenti europei, del numero dei crediti superati. «La conseguenza per la nostra Università- scrive Mastino - è stata un taglio di circa 2,5 milioni di Euro del Fondo di funzionamento ordinario 2009 rispetto agli 82 milioni dell’anno precedente. Ciò provocherà conseguenze gravi sullo sviluppo delle politiche universitarie, nell’alta formazione, nella ricerca, nella terza missione a favore del territorio, nei servizi agli studenti». Il rettore ricorda come in Sardegna l’Università sia fortemente penalizzata dal fragile tessuto socio-economico e produttivo, dalla difficoltà di collegamenti, dall’isolamento delle zone interne, dai bassi livelli di investimento nella ricerca, dalla scarsa produttività della Scuola, dalla bassa densità demografica. «Manca nei parametri ministeriali il tema dell’insularità- si legge nella lettera-, che vorremmo fosse introdotto dalla normativa nazionale nei tempi del federalismo». «I 300 km che separano Sassari e Cagliari dalla penisola- osserva Mastino - sono uno spazio troppo ampio per poter pensare che le università della Sardegna possano essere semplicemente equiparate a tutte le altre università italiane». Eppure, si legge nella lettera, l’Università di Sassari si era classificata al primo posto in Italia tra i medi atenei per i servizi agli studenti (con un’ottima valutazione del Censis per il numero di borse, le strutture ed il sito web). E ottimi erano stati i piazzamenti di alcune facoltà fra le quali Architettura, ad esempio, si è classificata al primo posto in Italia. L’Università di Sassari, dice Mastino, «è disposta ad impegnarsi per un sistema di valutazione premiante, rigoroso, trasparente, condiviso, coerente, virtuoso, corroborato da un forte codice etico, perché capace di innestare comportamenti positivi». In Sardegna più che altrove l’Università è il motore dello sviluppo, a condizione che vengano evitate politiche che indeboliscano lo sviluppo della formazione e della terza missione nei confronti del territorio proprio dell’Università pubblica. «Il compito dell’Università- sottolinea Mastino- è cruciale per orientare le politiche di sviluppo dell’Isola». Occorre, però, «un forte impegno per difendere l’autonomia universitaria; si deve arrivare alla nascita di un sistema regionale integrato in sinergia con l’Università di Cagliari, con un modello di università a rete aperta ad una dimensione internazionale». Sono necessari, ricorda il rettore, forti investimenti per un’adeguata dotazione infrastrutturale, la definizione di meccanismi competitivi ed un ripensamento delle modalità organizzative. ________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 20 nov. ’09 DUE MAGNIFICI CONTRO LA REGIONE PARALISI DI ERSU E AZIENDE MISTE congelate anche le nomine degli enti allo studio: docenti universitari alla presidenza È braccio di ferro tra Università e Regione per le nomine dei vertici delle aziende miste e degli Ersu di Cagliari e Sassari. I Rettori Giovanni Melis e ttilio Mastino hanno scritto al presidente della Giunta Ugo Cappellacci chiedendo che i due commissari delle aziende miste indicati dalla politica (Ennio Filigheddu, Riformatori, per Cagliari, e Giovanni Cavalieri, Pdl, per Sassari) presentino preventivamente il loro programma di gestione davanti ai consigli delle rispettive facoltà di medicina. Una conditio sine qua non alla quale sarà subordinato il parere favorevole dell'Università alle candidature politiche. Non solo: la presa di posizione dei Rettori ha congelato anche le nomine nei due Ersu, ai vertici dei quali i due Magnifici vorrebbero autorevoli professori universitari. Una posizione, quella dei Rettori, che pare trovi un'importante sponda politica nell'assessore regionale alla Programmazione Giorgio La Spisa. Per l'Ersu di Sassari è già pronto il medico nuorese Gianni Poggiu, in quota ai Riformatori, mentre per quello di Cagliari, che spetta al PdL, i giochi sono ancora aperti. Scendono, in ogni caso, le quotazioni dell'assessora comunale alle Politiche giovanili Daniela Noli, per la quale pare sia pronto un altro posto di rilievo. INSOMMA alla vigilia dell'ingresso in Consiglio regionale della Finanziaria, la maggioranza guidata da Ugo Cappellacci deve ancora risolvere alcuni nodi. Dopo le forzate dimissioni di Andreina Farris, la nomina di Sandro Angioni all'Industria sarà formalizzata probabilmente martedì. Restano da collocare alcune pedine. Nell'azienda mista di Cagliari oltre Filigheddu, è quasi scontata la nomina di Giambenedetto Melis (Udc) direttore sanitario e di Attilio Murru (Pdl) direttore amministrativo. A Sassari sono ancora aperti i giochi per il direttore sanitario e quello amministrativo. Ma a far discutere, come si è detto, è soprattutto l'Ersu di Cagliari. Oltre le fibrillazioni del Pdl, il ritardo nella sostituzione di Christian Solinas (Psd'Az) sta mettendo in apprensione i sindacati. Nei giorni scorsi la Confederazione sindacale sarda - riprendendo una interrogazione presentata a settembre dall'IdV- ha accusato il presidente provvisorio, Giancarlo Nonnoi, di non essersi limitato alla sola ordinaria amministrazione ma di aver approvato Statuto e regolamenti nonchè programmato assunzioni. La Css chiede dunque la «revoca in autotutela dei numerosi atti illegittimi adottati dal professor Nonnoi e dal suo cda». Nei giorni scorsi un'analoga interrogazione relativa all'Ersu di Sassari era stata presentata dalle sinistre. Vertice di maggioranza La situazione politica nella coalizione di centrodestra sarà al centro del vertice convocato per oggi alle 12 in presidenza. Si parlerà della inanziaria, ma anche delle amministrative per le quali - nonostante i diktat del Pdl - i partiti di centro (Udc, Psd'Az, (ds e Mpa) hanno deciso di conservare le mani libere. ________________________________________________ L’Unione Sarda 15 nov. ’09 FAA SCRIVE A MELIS: «BASTA SUPPONENZA, SERVE PIÙ DIALOGO» Un governo «dittatoriale», «supponente», che mortifica il «dialogo», un progetto «pieno di punti oscuri» tanto che «appaiono più le incertezze che gli aspetti chiari del programma». A cinque mesi dal successo elettorale di Giovanni Melis e a due dal suo insediamento a Palazzo Belgrano, Gavino Faa scrive una dura lettera aperta al suo ex avversario per porgli i quesiti «che i 558 universitari che mi hanno eletto pongono a me». Domande sull'assenza di dialogo che ha generato il «malcontento degli studenti» e che giovedì ha indotto il personale universitario dell'Azienda mista a proclamare lo stato di agitazione. LA SQUADRA La missiva inizia dallo «strano» avvicendamento di Rita Fadda, prorettore delegato per la didattica, «dimissionata» (a favore di Francesco Atzeni) a pochi giorni dalla sua nomina per ragioni «che sarebbe stato meglio chiarire evitando le ipotesi più disparate». Faa fa notare anche che l'annunciata discontinuità con il precedente governo non c'è stata «vista la conferma del prorettore all'internazionalizzazione, le cui precedenti azioni, criticate in campagna elettorale, non ci sembra potessero giustificare una qualche eccezione». Dubbi anche sulla nomina a vicario di Giorgio Piccaluga «strenuo sostenitore dell'università diffusa», che non piace a Melis. GOVERNO DELL'ATENEO «Nell'ultimo consiglio di amministrazione, hai voluto creare quattro superdirigenti, che dovrebbero coordinare gli attuali 12 dirigenti. Ma non sei stato tu a criticare la pletora di dirigenti della passata gestione?», chiede l'ex preside di Medicina, che vuol sapere anche «sulla base di quali criteri sono stati scelti i quattro supervisori o che funzione avranno le nuove figure, proprio nel momento in cui la nuova riforma dell'università avrebbe consigliato cautela e attesa, viste le nuove disposizioni in merito al ruolo e alla composizione degli organi di governo dell'ateneo e, in particolare, del direttore generale? E quanto costeranno i nuovi incarichi sul budget dell'Ateneo?» IL CONCORSO Faa cita poi un concorso per quattro segretari di dipartimento bandito, «sospeso dopo le proteste di un sindacato e riattivato dopo la protesta di un altro. Se quel concorso serviva perché è stato ritirato? E se non era utile perché è stato bandito?» IL BILANCIO «Quali sono le priorità? Quali i segnali di discontinuità? Che attenzione sarà riservata alla ricerca? Le voci che ci giungono dalla commissione dei rappresentanti d'area sui fondi ex 60% ci preoccupano», scrive l'ex candidato a rettore. «Si parla di una riduzione del fondo generale con una ripartizione a favore delle facoltà giuridiche e letterarie. In quale progetto si inseriscono? Vanno nella direzione, indicata dal ministero, della premialità a favore di chi produce? Ci piacerebbe che le politiche di bilancio fossero oggetto di discussione». SANITÀ Faa chiede a Melis di chiarire il suo programma per lo sviluppo dell'azienda universitaria perché «finora non lo abbiamo sentito, né da te né dal tuo delegato per la sanità. Hai anche parlato della prossima disponibilità di 50 milioni di euro per un megaprogetto di ospedale a Monserrato. Strano che, chiedendo agli assessori regionali competenti, non abbia avuto conferma di tali fondi né di patti concreti con l'università. Potresti chiarirci meglio, entrando nei dettagli?». LA TESI Il finale della missiva contiene qualche suggerimento. «Errori di percorso a parte, intemperanze verbali a parte, nomine di prorettori non innovativi a parte, non vorremmo che la tua tesi di fondo fosse che hai diritto di prevalere su tutti, studenti, ricercatori, docenti, amministrativi, tecnici, di decidere tutto in solitudine, perché tu sei stato eletto. Vorrei ricordare, a te e ai tuoi sostenitori, che 558 universitari hanno votato per un altro candidato. Tu hai vinto e devi governare ma ti ricordiamo cosa significhi: vuol dire guidare, rendere il popolo universitario consapevole delle dure necessità, persuaderlo ad accettare il prezzo per realizzare speranze e vincere sfide. Ti propongo di porre fine alla frase di rito con cui accogli i miei sostenitori che vengono a trovarti: "Non dovrei neanche riceverti perché non mi hai votato". Sarebbe un segnale verso una maggiore comunicazione e non verso un atteggiamento supponente che non ti aiuta». (f.ma.) ________________________________________________ Corriere della Sera 16 nov. ’09 GELMINI: NESSUN TAGLIO AI FONDI PER LA RICERCA Caro direttore, in questi giorni è stata diffusa la notizia di un presunto taglio, ad opera del Governo, di circa 80 milioni di euro destinati alla ricerca. In merito a questa notizia è opportuno precisare che nessun fondo previsto per l' assunzione di giovani ricercatori è stato ritirato. L' emendamento presentato al Senato si limitava a definire uno spostamento dell' erogazione di circa 60 milioni di euro dal 2009 al 2010. Il Senato non ha approvato questo slittamento, ma i finanziamenti non sono stati certo persi. Tra poche settimane, comunque entro il 2009, saranno trasferiti alle università per consentire l' assunzione di migliaia di ricercatori. Una cifra importante che testimonia l' impegno del governo a favore dei giovani studiosi. Non esiste, dunque, nessun taglio alla ricerca. Anzi, è stato approvato un provvedimento che assegnerà al CNR 50 milioni di euro per la Ricerca agroalimentare nel Mezzogiorno e attraverso i fondi PON il governo ha già stanziato 1,6 miliardi di euro tutti dedicati alla ricerca. Quanto riportato è quindi privo di fondamento. Per quanto riguarda poi il progetto «futuro in ricerca» nessuna parte dei fondi è a rischio. La Commissione ha garantito che entro Natale sarà stilata la graduatoria dei vincitori per erogare successivamente il finanziamento di 50 milioni ai progetti ritenuti validi. Infine il governo investirà una parte consistente delle risorse ricavate dal rimpatrio dei capitali per iniziative a favore dell' università e della ricerca. I finanziamenti non saranno più distribuiti a pioggia ma sulla base di criteri strettamente legati al merito, premiando gli atenei che punteranno veramente sulla qualità. Mariastella Gelmini Ministro dell' Istruzione, dell' Università e della Ricerca Giulio Tremonti Ministro dell' Economia e delle Finanze Gelmini Mariastella, Tremonti Luigi _________________________________________________________________ Il Sole24Ore 17 Nov. PER I RICERCATORI 40 MILIONI Risorse già in bilancio. In arrivo il decreto ministeriale per l'assegnazione entro l'anno Eugenio Bruno ROMA L'allarme sui tagli alla ricerca sembra rientrare. Non solo per le rassicurazioni giunte nei giorni scorsi dai responsabili dell'Economia e dell’istruzione, Giulio Tremonti e Mariastella Gelmini. Ma anche, e soprattutto, perché entro la prossima settimana dovrebbe arrivare il decreto ministeriale per l'assegnazione dei qo milioni di curo destinati all'assunzione di oltre 80o ricercatori nel 2009. Conviene fare un passo indietro. A venerdì scorso, quando l'aula di Palazzo Madama approva in prima lettura il ddl finanziaria, respingendo l'emendamento - originariamente presentato dal presidente della commissione Istruzione Guido Possa (Pdl) e poi riproposto dal Pd - che spostava dal 2009 al 2010 il termine per utilizzare gli 8o milioni di euro destinati quest'anno per metà al pagamento degli stipendi dei ricercatori assunti nel 2007 e nel 2008 in virtù e per metà a nuovi reclutamenti. Immediate le proteste dell'opposizione che parla di ulteriori tagli. Due giorni dopo arriva la replica del tandem Gelmini Tremonti. W una lettera al Corriere della sera i due ministri assicurano che «nessun fondo previsto per l'assunzione di giovani ricercatori è stato ritirato» e precisano che le risorse «entro poche settimane, comunque entro il 2009, saranno trasferiti alle università». A Viale Trastevere danno per imminente il varo del provvedimento. Per l'allocazione dei fondi non servirà una legge, visto che le risorse in questione sono già state stanziate con la Finanziaria Prodi del 2007, ma basterà un dm. Gli 80 milioni in esame già risultano a bilancio del ministero. Per i 40 destinati a rifinanziare le assunzioni decise nel biennio precedente il dicastero avrebbe già provveduto. Ai restanti 40 milioni ci penserebbe il decreto in arrivo. Calcolando che il costo di ogni ricercatore è stimato in circa 40mila euro, il Miur conta di assumerne almeno altri 800. Nella distribuzione dei fondi saranno privilegiati gli atenei più meritevoli in base ai parametri di valutazione elaborati dal Cnv su e dal Civr. E quelli che fanno scorso hanno attivato più assegnisti di ricerca, dottorati o ricercatori a tempo determinato. _________________________________________________________________ il manifesto 17 nov. ’09 L'UNIVERSITÀ AL MACERO Giuseppe Aragno Ci sono pensieri e opere di per sé neutri. Chi si propone di ricavar quattrini dal suo impegno non fa male a nessuno, né fa danni un concetto di formazione e conoscenza che escluda dai propri orizzonti il profitto. Per decenni questi due principi hanno saputo convivere e scienza economica, prassi politica e dottrine della formazione accettavano l'idea fondante di un modello di crescita sociale che non un bolscevico, ma don Milani, aveva riassunto in una formula: «chi si preoccupa di formazione e istruzione e trascura invece le occasioni di tirar l'acqua al proprio mulino non può far male mai». Acqua n'è passata sotto i ponti e un modello di «eversione dall'alto» ha prodotto il collasso di istituzioni democratiche partorite con segni di cianosi e a stento sopravvissute alla liquidazione della Resistenza e al riciclaggio del fascismo. Nonostante il naufragio del neoliberismo, da anni una spinta reazionaria di giacobini che hanno in odio il popolo ha rovesciato persino i valori cari alla «borghesia illuminata», sicché conoscenza e formazione sono diventate un attraente «valore di mercato» e, di fronte all'idillio Gelmini - rettori, folgorati sulla via di Damasco, settori minoritari dell'università scoprono la privatizzazione dell'accademia; contro la quale si sono scatenate le piazzate mediatiche sul «fannullonismo» e le sforbiciate «meritocratiche» subite dai fondi per la ricerca. È vero, qualche Laocoonte reduce dalle piazze in subbuglio, dalle scuole e dagli atenei occupati, aveva previsto la débacle, ma gli interessi di parrocchia, una concezione aristocratica e asindacale del ruolo dei docenti universitari ne ha decretato l'immediato sacrificio. Gli storici diranno domani quale peso hanno avuto le oscure concertazioni e l'attendismo dimostrato, mentre la scuola, abbandonata a se stessa, affondava. Sta di fatto, però, che la coscienza civile non s'è svegliata nemmeno quando, in combutta con quei campioni della legalità che, dalla mattanza di Genova agli omicidi Aldovrandi e Cucchi, fanno temere una svolta autoritaria, il neofascismo, s'è schierato contro gli studenti a Piazza Navona e in Parlamento. Cassandra aveva previsto che, in realtà, la pretesa era un'altra: subordinare la conoscenza alle leggi del mercato e del profitto. Cassandra però è dannata a non esser creduta e, d'altra parte, da tempo la sinistra rabbrividisce quando sente parlare di conoscenza e cultura come «ricchezza». Nell'indifferenza dell'accademia, l'attacco alla scuola statale ha potuto puntare dritto al «prodotto finito»: basta pensiero critico, ma militi disciplinati del capitale. È stato un tracollo. L'etica dell'insegnamento scientifico ha ceduto terreno alla verità per fede del neoclericalismo, la formazione come strumento di emancipazione è stata accantonata per tornare alla trasmissione dei dogmi della cultura dominante, l'autoritarismo ha annichilito l'autorità dell'autorevolezza e alcune delle chiavi di volta della scuola moderna sono state spezzate: messa da parte la didattica modulare per il «maestro unico» e sparita ogni forma di continuità didattica, si fatto terra bruciata dell'aggiornamento dei docenti, della formazione permanente. Persino il respiro universale del concetto di conoscenza è stato sacrificato sull'altare del più gretto localismo leghista. Nel silenzio complice di buona parte dell'accademia, si sono riprese le crociate e s'è riaperto lo scontro tra guelfi e ghibellini. Ora che tutto sembra perso, c'è chi si accorge che meno risorse giungeranno, che il «valore della conoscenza» non è rappresentato dal bisogno che ne sente la società - lo stesso che rende preziosa l'aria - ma segue il corso d'una qualunque merce e sopravvive solo se offre opportunità di guadagno a sponsor, strutture private e nicchie di mercato. Dietro l'attacco al '68 - ora sembra chiaro - si nascondeva un principio di carattere puramente economico: un largo accesso al mondo della conoscenza equivale a un eccesso di produzione che svaluta il prodotto e mette a rischio il saggio di profitto. Come per il surplus di pomodori, si fa ricorso al macero. Meno facoltà statali, meno cattedre, meno ricercatori, meno fondi e, di conseguenza, meno ricerca nella formazione pubblica, tutto questo moltiplica la domanda nel privato e fa lievitare i prezzi. Due piccioni con una fava: costi alle stelle in una società classista, con una manovalanza d'ignoranti da trasformare agevolmente in clienti, crumiri e massa di manovra. Tanto «valeva» il muro di Berlino, tanto paghiamo l'incapacità dei partiti storici di ispirazione marxista di trovare un'uscita a sinistra per il naufragio del «socialismo reale». _________________________________________________________________ la Repubblica 18 nov. ’09 LA RIFORMA GELMINI IN REALTÀ NON ESISTE Paolo Bertinetti Università di Torino NON esiste nessuna riforma Gelmini. L'unica riforma è dovuta al vero ministro dell'Università Tremonti: 4 miliardi di Euro in meno nei prossimi 5 anni. Il disegno di legge sull'università contiene un solo principio (meno cariche elettive e più nomine dall'alto) e una serie di pensate che di proposito non contengono i criteri per attuarle. Il paradosso è che esiste da 4 anni una legge (Moratti) che rivedeva la riforma del 3 + 2. Uno dei suoi punti decisivi riguardava i concorsi da professore: e modalità non sono mai state precisate e così da quattro anni non ci sono concorsi (mentre centinaia di professori sono andati in pensione). Ci sono centinaia di "giovani" ricercatori di 45 0 50 anni che da anni non hanno la possibilità di presentarsi a un concorso per professore associato. Le sparate demagogiche sui baroni (e gli arzigogoli sulle modalità dei concorsi) sono servite a questo: a bloccare la carriera dei migliori tra i nostri ricercatori. Sui precari già sappiamo. Chi può va all'estero. La fuga dei cervelli si evita facendo i concorsi, non cianciando sul rientro di quelli già scappati. _________________________________________________________________ ItaliaOggi 17 nov. ’09 OFFERTA FORMATIVA: ATENEI CON IL FIATO SOSPESO DI BENEDETI'A P PACELLI Atenei con il fiato sospeso. Alle prese con la nuova offerta formativa e in attesa del decreto, che questa dovrà mettere a punto, di cui però ancora non c'è ancora traccia, nonostante siano trascorsi oltre due mesi. La nota dello scorso settembre (160/09) che mette nero su bianco «ulteriori interventi per la razionalizzazione e qualificazione dell'offerta formativa», infatti, per essere applicata, necessita dei relativi decreti attuativi che devono chiarire i nuovi parametri stabiliti dal ministero. II testo infatti rivede in parte il dm. 270/2004 (che ha messo a punto il 509/99) e obbliga gli atenei a tagliare ancora i corsi di laurea, rivedere gli esami e riconteggiare i crediti. Il tutto per essere pronti a partire con l'università riformata dal prossimo anno accademico, perché il ministero non concede altre deroghe all'entrata in vigore della, riforma (per legge già, stabilita per l'anno accademico 2010-11). Le università quindi dovranno presentare entro il 31 gennaio 2009 la propria offerta formativa al Cun che, facoltà, per facoltà, corso di laurea per corso di laurea, dovrà fornire entro 60 giorni il proprio parere. Che nel caso fosse negativo dovrà essere rivisto dall'ateneo di riferimento per gli opportuni aggiustamenti. Un passaggio inevitabile che riduce ancora di più il tempo a disposizione per gli atenei. E quindi la necessità che, al contrario, vengano emanati i decreti attuativi senza i quali la nota del ministero rimane lettera morta. E nel frattempo le università sono in ambascia se doversi o meno attenersi alle nuove indicazioni ministeriali, anche perché non sono previsti sconti e saranno obbligate ad uniformarsi se vogliono che i propri corsi di laurea siano accreditati dal ministero. E, in questo senso, l'indirizzo della nota è perentorio con la minaccia di «apposite modalità di penalizzazione per le università con corsi di studio aventi un basso numero di immatricolazioni e caratterizzate da una bassa utilizzazione della, propria docenza di ruolo» e premi per le università che effettueranno «un grado di razionalizzazione dell'offerta più elevato». _________________________________________________________________ ItaliaOggi 17 nov. ’09 DOCENTI, SI CAMBIA REGISTRO Pronto il decreto interministeriale che istituisce l’anagrafe professionale L’attività scientifica dei professori in bella mostra DI BENEDETTA P PACELLI Strada in salita per i docenti fannulloni. D'ora in poi, infatti, sarà più difficile occupare una cattedra senza dare notizia delle pubblicazioni scientifiche prodotte e dell'attività svolta in seno all'accademia. Perché a passare al setaccio fattività di tutti i professori e ricercatori ci penserà, dal prossimo anno accademico, l'anagrafe dei professori ordinari e associati e dei ricercatori (così come previsto dalla legge 1 del 2009). E l’abc di come predisporre questo grande schedario di tutti i docenti italiani è contenuto nel decreto ministeriale, che ItaliaOggi ha potuto analizzare, considerando (così come prevedeva la legge n. 1/2009) il parere del Consiglio universitario nazionale. Dal prossimo anno quindi si cambia e per i docenti in letargo non solo ci sarà una busta paga più leggera, ma saranno chiuse anche le porte delle commissioni d'esame. L'anagrafe nazionale nominativa, costituita presso il ministero dell'istruzione dell'università e aggiornata con periodicità annuale, dovrà contenere per ogni soggetto l'elenco delle pubblicazioni scientifiche prodotte, con tanto di identificazione ad hoc. Di ogni pubblicazione infatti si dovrà specificare se faceva parte di una rivista scientifica o se invece si tratta di una monografia, se ha rilevanza internazionale o in quale paese è stata pubblicata. Ma non solo pubblicazioni, perché a passare sotto i raggi x sarà l'intera attività svolta dal docente. E quindi dovranno essere indicate il totale delle ore dedicate alla didattica frontale nell'anno accademico precedente, il numero degli esami registrati come titolare del corso, ma anche il numero di tesi di laurea o di dottorato di cui il docente in questione è stato relatore nel corso dell'anno. Tutto insomma dovrà essere misurabile e quantificabile per integrarsi, nello stesso tempo con la norma prevista dal «Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio» approvato in consiglio dei ministri solo poche settimane fa, che prevede per i docenti un impegno complessivo di 1.500 ore all'anno. Un'architettura premessa indispensabile per dare le pagelle ai professori e sulla base di queste modularne lo stipendio (chi non produce infatti vedrà togliersi I dalla busta paga gli scatti biennali che finora sono scattati automaticamente per tutti) e le opportunità di carriera. Ma non finisce qui, perché l'anagrafe dovrà dar conto anche di tutte le «attività svolte presso l’ateneo 0 in altri atenei» e quindi se per esempio il professore questione è stato, nell'anno di riferimento, membro del senato accademico, preside di facoltà, direttore di scuola o di dipartimento o ancora membro di un organismo nazionale di rappresentanza o valutazione del sistema universitario. Anche í «periodi di aspettativa o di fuori ruolo dovranno essere messi nero su bianco per sapere se ha goduto di un periodo di congedo per maternità o di congedo parentale o di un semplice periodo di malattia». _________________________________________________________________ Il Riformista 19 nov. ’09 IN ITALIA NON SI PUÒ "PREMIARE IL MERITO DI MARCO SANTAMBROGIO Premiare il merito. Se ne parla molto e sembra che siano tutti d'accordo che bisogna farlo in tutti i campi, dalla scuola all'università, dalla pubblica amministrazione ai festival del cinema. Ma sappiamo che cosa vuol dire esattamente, sappiamo come si fa? I-Io qualche dubbio. Perché qualcuno lo premi, bisogna che prima qualcuno lo abbia accertato, il merito. Qualcuno cioè deve aver dato dei voti. Dare i voti é sempre una cosa difficile e ricordo che anche i professori più autorevoli del mio liceo e della mia alma mater - persone di grande professionalità che quasi mai dimostravano incertezze - qualche difficoltà l'avevano. Primo problema: che cosa misurano, esattamente, i voti? Il merito - si dirà. Bene, supponiamo che Pietro sia un ipovedente che deve dare un esame universitario. Pietro studia insieme al suo amico Paolo che ci vede benissimo. Il giorno dell'esame la preparazione di Pietro é identica a quella di Paolo, ma é chiaro che Pietro ha fatto molta più fatica dell'amico. Dovranno avere lo stesso voto o Pietro si merita un voto superiore? S e diciamo che a parità di preparazione é giusto che Pietro riceva un voto superiore a Paolo, allora sarà giusto anche che Andrea, che é stato colpito da mille avversità e si é laureato con enorme fatica solo grazie alla sua grande e meritoria determinazione, abbia lo stesso voto di laurea della sua amica Beatrice, che ha una preparazione migliore e non ha fatto particolare fatica. Supponiamo ora che Andrea e Beatrice si presentino a un concorso per un posto pubblico. Hanno esattamente gli stessi voti, perché il meritorio impegno di Andrea compensa la sua minor preparazione. Se il merito dev'essere premiato, Andrea e Beatrice avranno le stesse opportunità di avere quel posto. Questo però é discutibile, perché in un posto pubblico la competenza ò importantissima - forse é addirittura l'unica cosa che deve contare. Si potrebbe rispondere che la competenza non é l'unico parametro e poiché Andrea ha dato una grande prova di carattere, ci ha dato ragioni di pensare che, se avesse quel posto, svolgerebbe il suo lavoro molto coscienziosamente. Può darsi che sia così in alcuni casi. Ma non tutti i posti sono uguali, nemmeno nell'amministrazione pubblica. Se il posto fosse quello di medico condotto di un paese di montagna, siamo sicuri che i pazienti sarebbero contenti di avere Andrea invece di Beatrice? Forse la conclusione giusta da trarre da questo esempio é che un posto di lavoro non deve essere concepito come un premio e non dev'essere la ricompensa di un impegno meritorio. Due sono le conclusioni: primo, l'espressione "premiare il merito" può essere fuorviante; secondo, bisogna chiarire che cosa si intende per merito". Supponiamo di sapere che cos'è il merito e inoltre di aver stabilito che i voti devono dipendere solo dalle conoscenze e abilità dimostrate. Un altro problema da affrontare é quello posto drammaticamente dai risultati dell'ultimo esame di maturità: si é scoperto che in alcune scuole e in alcune regioni si sono dati molti più 100 (il voto massimo) che altrove. Questo dimostra che esiste qualche incertezza sulla corrispondenza tra gradi di conoscenza e voti. A quali condizioni si deve assegnare il voto massimo? C'è un numero massimo di studenti che possono ottenerlo? È chiaro che se non abbiamo le idee chiare sul voto massimo, ancor meno le avremo sugli altri. Che cosa deve dimostrare di sapere uno studente per avere un 30 in latino all'università? Di sicuro non deve sapere tutto sul latino. Nessuno può sapere tutto nemmeno su argomenti ben più circoscritti. Non solo. A differenza di quarant'anni fa, oggi gli studenti che hanno studiato il latino scuola per otto anni sono pochi. È chiaro che otto anni di studio non si recuperano con uno, due o anche tre mesi di studio per un esame universitario. Di qui le lamentele di tanti professori che vedono precipitare la qualità degli studi. Ma é chiaro anche che quello che si chiedeva una volta per un 30 (ai miei tempi bisognava almeno saper tradurre Tacito all'impronta) non lo si può chiedere oggi. In al tre materie invece- ad esempio, in inglese - si può chiedere oggi più di quanto si chiedesse una volta. Dunque, come possiamo stabilire un criterio generale per assegnare il voto massimo? Si potrebbe rispondere che per un 30 in latino si richiede non la conoscenza di "tutto" il latino, ma semplicemente di tutto il programma d'esame, che é fissato anno per anno tenendo conto delle conoscenze di partenza degli studenti. La risposta non é convincente. Nella scuola i programmi sono fissati dal ministero e sono uguali per tutta Italia, ma questo non ha impedito le sperequazioni a cui abbiamo assistito. Per l'università non ci sono programmi prestabiliti, uguali per tutte le università (anche se il ministero vorrebbe che ci fossero) e non possiamo risolvere il problema dei voti appellandoci ai programmi, perché non faremmo altro che aprire un nuovo problema: come devono stabilire i docenti i programmi dei propri esami? Molti pensano che i voti in centesimi che si danno alla maturità e quelli in trentesimi che si danno all'università siano una misura assoluta del livello di conoscenza dell'esaminando in una materia. Ma é evidente a questo punto che si tratta di un'assurdità. Se i voti fossero misure assolute di qualcosa misurerebbero piuttosto le capacità didattiche dei docenti e l'efficacia di un sistema scolastico che non le competenze individuali. I voti assoluti non esistono. Ma allora, non esiste altro modo di assegnare i voti che quello di affidarsi alle impressioni soggettive dell'esaminatore? Se fosse così, sarebbe inutile proporsi di premiare il merito. Ma non é così. Pochi sanno che gli studenti italiani possono visitare le università europee con i programmi di mobilità (Erasmus, Socrates eccetera) e far riconoscere nella propria università gli esami sostenuti altrove solo grazie a un sistema concordato di conversione dei voti. I voti assegnati da qualunque università ai propri studenti, qualunque sia il metodo seguito, sono convertibili in voti ECTS e questa conversione permette di tradurre i voti di un'università nei voti di qualunque altra Pochissimi sanno che cosa siano i voti ECTS. I voti ECTS sono A (eccellente), B (molto buono), C (buono), D (discreto), E (sufficiente), FX (insufficiente), F (gravemente insufficiente). Fin qui, non c'è una gran differenza rispetto ai voti in centesimi o in trentesimi. Ma il punto cruciale é che i voti ECTS sono dichiaratamente relativi: il voto A può essere assegnato solo al 10% degli studenti che raggiungono la sufficienza, B al 25%, C al 30%, D al 25%, E al 10%. Ma come! - protesterà qualche docente - Perché dovrei dare il voto massimo solo al 10% dei miei studenti? E se quelli bravi fossero molti di più? E se un anno gli studenti fossero molto più scadenti che in un altro? La prima cosa da osservare é che il calcolo delle percentuali deve avvenire su popolazioni abbastanza numerose di studenti - decine o centinaia, come sono gli studenti esaminati da un docente in uno, due o anche più anni. Se uno esamina 100 studenti ogni anno e non modifica i propri criteri, é molto probabile che ogni anno si troverà ad aver dato più o meno gli stessi voti. Ma soprattutto, che significato ha un voto se non quello dato dalla percentuale degli studenti che lo meritano? IL30 di un docente largo di manica che concede 30 a uno studente su due non vuol dire "eccellente": vuol dire solo "migliore del 50% di tutti gli studenti". Naturalmente quelli che prendono 30 possono illudersi che non sia così, ma sbagliano. Ancor più facilmente sbagliano gli esterni all'università. Ad esempio, ogni università ha una tabella di conversione in voti ECTS dei voti in trentesimi assegnati nelle proprie facoltà e in alcune facoltà letterarie, notoriamente più indulgenti di quelle scientifiche, il voto G, che sta nel mezzo tra quelli sufficienti, corrisponde al 27. Pierino tornando a casa da un esame farà contenti i suoi genitori dicendogli di aver preso 27 perché i genitori penseranno: «27 sta a 30 come 9 sta a 10. Per noi alle superiori il9 era un voto ottimo. Il nostro Pierino é proprio bravissimo». Ma Pielino non é bravo, é mediocre. Naturalmente dare voti ECTS (rispettando le percentuali!) é più difficile che dare i voti in trentesimi senza vincoli percentuali. I docenti pigri, incompetenti o poco professionali trovano molto più facile dare i 30 che i 18, se non altro perché gli interessati non protestano. Inoltre possono continuare a fare esami solo orali, mentre é praticamente impossibile dare voti ECTS senza gli scritti. (Credo che l'Italia sia l'unico Paese al mondo in cui esistono esami universitari solo orali.) E soprattutto si evitano i confronti, che sono sempre difficili. E così, todos caballeros. Ma l’inflazione dei voti ha effetti non migliori dell'inflazione della moneta. Se cambiassimo il modo di dare i voti e adottassimo il sistema ECTS, a scuola, all'università e anche nella pubblica amministrazione, si otterrebbero diversi effetti positivi. Il problema dei troppi 100 alla maturità nelle regioni meridionali sarebbe risolto: il numero dei 100 da attribuire per ogni istituto sarebbe determinato semplicemente dal numero degli studenti. (Naturalmente però due 100 presi in due scuole diverse non significheranno uguale preparazione: significheranno solo che gli interessati sono nettamente più bravi della media dei propri compagni. I confronti tra istituti devono essere fatti in altro modo.) Anche il problema dei docenti che terrorizzano gli studenti dando voti bassissimi sarebbe risolto perché ogni docente sarebbe tenuto a spendere i voti massimi tanto quanto i minimi, nella giusta proporzione. E non si illuderebbero gli studenti in modo irresponsabile. Quanto alla pubblica amministrazione, lasciamo che il lettore immagini da solo le conseguenze. Sfortunatamente adottare i voti ECTS é difficile. Se ci pensate, vedrete che si dovrebbero cambiare molti comportamenti per noi abituali. Forse é anche per questo che é così difficile in Italia premiare il merito. _________________________________________________________________ il manifesto20-11-2009 PER L’UNIVERSITÀ CI VUOLE WELFARE Roberto Ciccarelli LE università non è riformabile senza tutele sociali per il lavoro precario e un welfare basato sulla continuità di reddito dei singoli. È questa la chiave non corporativa, ma politica, scelta dalla rete dei ricercatori precari romani e dalla Federazione dei lavoratori della conoscenza (Flc) della Cgil per convocare l'assemblea nazionale dell'Onda di oggi pomeriggio alla Sapienza contro il disegno di legge Gelmini sull'università. Una novità che non è sfuggita a Luciano Gallino, sociologo del lavoro tra i più ascoltati in Italia: «Mi pare che sia il segnale di un'accresciuta percezione della situazione che si va determinando nel mondo del lavoro. Moltissimi contratti precari in scadenza non saranno rinnovati, ci sarà un aumento notevole della disoccupazione di lunga durata. Dinanzi a questo, si sta facendo avanti l'idea che occorre un'innovazione radicale dei cosiddetti ammortizzatori sociali, che io chiamerei in maniera più precisa di sostegno al reddito». L'appello sottoscritto dall'onda e dalla Flc dimostra che questa sensibilità si sta affermando anche nella Cgil? Mi pare che la Cgil si sia fatta sentire anche più di altre confederazioni sul tema del lavoro precario, indicando i limiti e i problemi. Il passo che andrebbe fatto, e forse queste prime manifestazioni vanno in questa direzione, è che bisognerebbe sfoltire radicalmente il numero dei contratti precari. II conto è difficile da fare, ma dovremmo essere tra 40 e 45. Un certo numero di contratti non a tempo indeterminato può essere utile al lavoratore quanto all'impresa Ma, in generale, questi contratti in deroga dovrebbero essere quattro o cinque. Quali sono !e difficoltà che ha il sindacato con il lavoro precario? Il numero dei contratti, come le dicevo. E poi c'è una doppia complicazione: in molte aziende lavorano aziende esterne e molto lavoro interno viene affidato all'esterno, In questo contesto è molto complicato rappresentare gli interessi dei lavoratori giovani, adulti e anziani in tutti i settori produttivi. II sindacato è nato oltre 150 anni fa forte di una triplice unità: l'unità di tetto degli operai in uno stesso luogo, l'unità di padrone e l'unità di condizione di lavoro. La sua forza era di rappresentare questa unità. Dato che oggi questi tre pezzi sono andati in frantumi, bisogna cercare di tornare verso qualche tipo di unità, sebbene quella di un tempo non possa più essere recuperata. Quanto al lavoro nell'università e nella ricerca? Ogni valutazione sul lavoro in questi campi deve partire dal fatto che in tutto il mondo diminuiscono i fondi pubblici per la ricerca. È il privato, di norma, a finanziarla. In qualche caso ciò avviene senza imporre fini alla ricerca. In moltissimi altri casi la ricerca finanziata serve a uno specifico tornaconto economico. Il che vuoi dire strozzare gran parte della ricerca di base che ha degli orizzonti di tre, cinque, dieci anni. La ricerca che deve fare profitti ha un orizzonte di uno o due anni. È questa la linea sulla quale fare resistenza. Quali dovrebbero essere I rapporti tra università e Impresa? Non bisogna essere manichei ed escludere ogni rapporto tra questi soggetti. Nel caso dei politecnici, il rapporto è vitale anche nella formazione degli studenti. Se un ragazzo spende cinque anni per diventare ingegnere senza contatti con le industrie, nel momento in cui va a lavorare scopre di essere in ritardo di cinque anni. Il discorso però è diverso. Bisogna che l'università ponga dei limiti all'impresa e sappia contrattare. Purtroppo i politici che se ne occupano ritengono che impresa è bello, che i soldi non hanno odore, che è lecito fare ricerca seguendo i dettami delle imprese. Se una volta si parlava di «complesso militare-industriale», la realtà oggi è diversa. C'è il «complesso accademico-industriale» creato dall'enorme attrazione che le multinazionali hanno sui dipartimenti, soprattutto nel mondo anglo sassone. Non ha l'impressione che negli ultimi 20 anni il tanto evocato rapporto con i privati abbia prodotto in Italia pochi risultati? Credo che sia un'impressione corretta. C'è una questione a monte: per fare ricerca bisogna avere obiettivi precisi di ordine generale. La politica industriale in Italia non esiste più da quarant'anni. La ricerca, anche quando la si fa, ha un basso contenuto tecnologica o scientifico. Le domande italiane per i brevetti, spesso interessanti, hanno un contenuto tecnologico modesto perché non c'è alcun governo, ministro o ente che sappia dire se aiutare la ricerca in questa o in un'altra direzione. Se politica industriale significa scegliere dove investire, allora in Italia non c'è mai stata. Siamo ultimi tra i paesi pese nella somma degli investimenti pubblici nella ricerca con l’2,1% del Pil. Ci sono eccezioni importanti, non si può negarlo, ma in generale gli investimenti sono mal diretti e sotto il potenziale che il paese potrebbe esprimere. Da quanto ha potuto capire dal ddl Gelmini, esiste l'intenzione di correggere questa tendenza? È molto difficile capirlo, anche perché si dovrebbe fare un'analisi approfondita degli effetti applicativi del disegno di legge, quando ci saranno. Mi sembra che si resti su linee assai generali e si rinnovino gli inviti a una maggiore collaborazione con. l'industria. Questo potrebbe significare un asservimento della ricerca all'industria, come anche l'opposto. Non è chiaro, dunque, in quale direzione il governo voglia andare. Lei propone il reddito di base come soluzione per un'economia che dopo la crisi crescerà poco e non produrrà occupazione. Quale ruolo avrebbe In una situazione di generale dequalificazione della formazione come quella Italiana? Una delle posizioni etico-politiche del reddito di base è rendere gli individui maggiormente liberi dinanzi alle scelte lavorative e, si può presumere, anche alle scelte nel percorso universitario e post-universitario. Se una persona è a reddito zero, cioè se non ha mai avuto un lavoro normalmente retribuito o è un giovane in cerca di una prima occupazione, accetterà qualunque tipo dì lavoro. Se, invece, avesse un reddito di base, il cui scopo è tenere le persone al di sopra della soglia di povertà, sarebbe più libero di compiere le sue scelte. Non cercherebbe a tutti i costi uno sbocco lavorativo redditizio. È un po' tutto da sperimentare, ma ritengo che questo carattere del reddito di base, cioè la costruzione di maggiori spazi di libertà fuori dall'assillo del bilancio quotidiano, potrebbe avere effetti positivi anche sulla ricerca e sui percorsi universitari in gene re. Come risponde alle obiezioni sul suo finanziamento? Chi è pregiudizialmente ostile al reddito di base troverà infinite ragioni per opporsi. Vi sono molti pró e molti contro. Per ragionare in concreto, il reddito dovrebbe assorbire tutte le spese che vengono erogate sotto la forma di ammortizzatori sociali e assimilati. Se si mette insieme il costo della cassa integrazione ordinaria, cassa straordinaria, cassa integrazione in deroga, liste di mobilità, prepensionamenti, assistenza ai pensionati sotto la soglia di povertà e altre forme di assistenza, sono miliardi di euro, In altre parole, bisogna pensare ad una generale trasformazione delle politiche sociali. In questa nuova comico, come dovrebbe funzionare? 1 calcoli che si fanno stabiliscono che per stare al di sopra di una soglia della povertà una famiglia avrebbe bisogno di 1.500 euro o giù di lì, 5 o 600 euro per due familiari, la metà per uno o due figli. Ci sarebbe comunque un margine non coperto, però la trasformazione degli ammortizzatori sociali come - per fare un gioco di parole - base per il reddito di base potrebbe far fare un grande passo in avanti. II reddito di base non è condizionato dal fatto di avere avuto un lavoro. Ta cosa paradossale oggi è che per avere un sussidio di disoccupazione bisogna avere versato almeno 52 settimane di contributi. L'assemblea dell'Onda affronterà, tra l'altro, il problema dei 50 mila precari che lavorano nell'università. È presumibile che nessun governo e nessuna legge di riforma riescano a disporre l'assunzione di tutte queste persone. Il reddito di base potrebbe tornare utile anche per questa situazione specifica? Entriamo su un terreno un po' complicato. Queste sono persone che non hanno la minima certezza sul proprio futuro dentro l'università e fuori. E tuttavia gli assegnisti> i contrattisti, i ricercatori precari costano, ricevano un reddito. Il reddito di base implica la riconversione di questi fondi e dà una serie di garanzie alle persone quando il concorso non c'è, si fa dopo dieci anni o quando, per qualche motivo organizzativo, ci si priva di certe figure. Non sarebbe tanto un trasferimento di costi, anche se costi addizionali ci sarebbero comunque. Il reddito di base sarebbe un cambiamento di prospettiva nella vita delle persone. 0 ONDA D'URTO «La vera riforma? Tutele sociali per il lavoro precario, ridurre drasticamente le tipologie contrattuali e garantire la continuità di reddito ai singoli». Intervista al sociologo Luciano Gallino, alla vigilia dell'assemblea alla Sapienza di Roma con studenti, ricercatori e Flc-Cgil. Nel frattempo il governo recupera solo 40 degli 80 milioni stanziati da Prodi per la ricerca _________________________________________________________________ Repubblica 16 Nov. ‘09 UNIVERSITÀ: MAGGIORE SPECIALIZZAZIONE PER NON PERDERE LE NOSTRE ECCELLENZE La laurea triennale ha risolto il problema di alzare il tasso di laureati, oggi fermo al 9 per cento contro il 21 della media europea. Resta aperto il problema di come garantire l'accesso a livelli superiori di conoscenza DAVID GARGANh` Il 66 per cento degli italiani ha conoscenze insufficienti per leggere un giornale La selezione di competenze fondamentali è il presupposto degli sviluppi successivi Roma L’attuale ordinamento universitario, che prevede il conseguimento della laurea dopo tre anni di corso e il conseguimento della laurea specialistica e/ o master dopo altri due anni di studi, è stato oggetto di un intenso dibattito. L'obiettivo della riforma era sostanzialmente quello di aumentare il numero complessivo di laureati nel nostro paese, riducendo il numero degli abbandoni (circa il 70% degli iscritti non conseguiva la laurea) e dei fuori corso (soltanto il10% si laureava in tempo). I sostenitori del nuovo ordinamento didattico ritengono che l'obiettivo sia stato in gran parte raggiunto. I detrattori del nuovo ordinamento pensano, al contrario, che questo abbia prodotto un complessivo abbassamento del livello degli studi. L'obiezione principale è sostanzialmente questa: l'università si è trasformata in una sorta di super-liceo, mentre la sua vera funzione dovrebbe essere quella di formare i futuri ricercatori e la classe dirigente del nostro paese. Il dibattito è stato molto vivace, a volte persino violento. Lo schieramento favorevole al "3+2" accusa i detrattori di sostenere una posizione elitaria, il numeroso gruppo degli oppositori accusa la riforma di avere sostanzialmente distrutto l'università. L'aspetto più curioso di questa discussione è chela maggior parte dei contendenti non prende sostanzialmente in considerazione le ragioni degli avversari. Eppure, entrambe le posizioni esprimono delle esigenze legittime: da un lato l'esigenza di alzare il livello culturale complessivo del paese, aumentando il numero delle persone dotate di una formazione universitaria, dall'altro quello di formare le eccellenze: i nuovi studiosi e, più in generale, i membri della futura classe dirigente di questo paese. Il problema su cui si dibatte riguarda complessivamente il problema della diffusione della cultura e del sapere nel nostro paese. L'Italia è una potenza industriale con un enorme patrimonio culturale e intellettuale, ma nel campo della diffusione della cultura le cose vanno molto meno bene. L'Ocse ha commissionato alcuni studi sull'alfabetizzazione funzionale dei cittadini europei stabilendo dei livelli di competenza linguistica e aritmetica. Il 33% degli italiani si ferma al primo livello, che consiste nella comprensione di frasi semplicissime e di calcoli altrettanto semplici: "il gatto è sul tavolo"; "5 più 9"); un altro 33% arriva al livello successivo in cui le frasi possono essere leggermente più complesse: "il gatto è salito sul tavolo perché voleva mangiare il pesce". Questo vuol dire che il 66% degli italiani ha una competenza funzionale insufficiente, dove la media europea è del 50%. Leggere un giornale o capire una tabella rimanendo nei primi due livelli è molto difficile. Torniamo all'università: quanti sono gli italiani laureati oggi? Sono il 9%, prendendo in considerazione la fascia di età che va dai 24 ai 64 anni. La media europea è il 21%, quella britannica è il 25%. Tutto questo ha delle conseguenze economiche pesantissime: l'Italia presenta 750 brevetti all'anno, la Gran Bretagna 20.000. Il basso livello di conoscenze limita le mansioni che si possono svolgere. L'obiettivo di una maggiore diffusione del sapere appare quindi irrinunciabile, tanto più in un momento di crisi economica come quello attuale. L'università può fare la propria parte aumentando il numero dei laureati. Il titolo non basta, ma è ampiamente dimostrato che l'aumento degli anni di studio migliorale competenze degli studenti. L'introduzione della laurea triennale risponde a queste esigenze. Resta aperto il problema delle eccellenze: per risolverlo bisogna puntare sulle lauree specialistiche, sui master, sui dottorati. Senza un riordinamento complessivo degli studi questo potrebbe non bastare. L'obiettivo della laurea di primo livello è quello di dare una formazione di base nel campo di studi prescelto che permetta agli studenti di proseguire verso dei livelli di competenza più alti. Il risultato può essere raggiunto soltanto se i vari livelli sono ben coordinati fra loro. La corretta selezione delle competenze fondamentali è il presupposto degli sviluppi successivi. Il problema deve essere analizzato prendendo in esame delle discipline specifiche, prenderò in considerazione il settore delle scienze del linguaggio. Nella facoltà di Scienze Umanistiche dell'Università "La Sapienza" l'insegnamento è stato diviso in moduli di base di linguistica, filosofia del linguaggio e didattica delle lingue. La comprensione dei programmi di base permette in effetti agli studenti di accedere a studi di livello più alto. Ci sono studentesse e studenti che seguono tutti i corsi legati alla disciplina, raggiungono buoni risultati e alcuni di loro si presentano agli esami di dottorato. Nella fase più avanzata del percorso però si notano delle difficoltà che sembrano diverse da quelle degli studenti di vecchio ordinamento. A questi ultimi era richiesto di costruirsi un percorso intellettuale autonomo, tale da permettere loro di impostare una sorta di ricerca anche per il conseguimento della tesi. Il dottorato di ricerca presuppone proprio queste capacità. Ora, anche gli attuali dottorandi riescono a impostare bene una ricerca, però il loro compito è diventato più difficile. Il vecchio ordinamento costringeva gli studenti appena usciti dal liceo ad affrontare i testi fondamentali delle nostre discipline: uno studente del primo anno di filosofia o di lettere poteva trovarsi a leggere il Corso di linguistica generale di Saussure, o le Ricerche filosofiche di Wittgenstein. In questo si trovava al contempo il pregio e il limite di quella università: ci si misurava direttamente con i grandi testi e coi grandi temi, ma molti studenti si perdevano. Ora il percorso di apprendimento è più guidato, nessuno si ferma per mesi a studiare un testo difficile e, nei casi migliori, è più chiaro cosa si deve sapere. Dobbiamo però usare questa nuova modalità didattica per rendere accessibili proprio questi grandi testi, vecchi e nuovi. La soluzione del problema non è quindi distruggere la struttura della laurea triennale, semmai deve essere quello di potenziarla. Questo non riguarda solo gli studenti che aspirano al dottorato di ricerca: si tratta, infatti, di un problema più generale. Se è vero che abbiamo bisogno di più laureati, di più diplomati, è soprattutto vero che abbiamo bisogno di una crescita del sapere collettivo. Per questo è indispensabile che ci siano persone che abbiano la preparazione complessiva raggiunta dagli studenti di vecchio ordinamento, a questo fine bisogna costruire percorsi organizzati, di "Eccellenza" e, forse, anche aumentare di un anno la laurea specialistica. *Università La Sapienza di Roma _________________________________________________________________ il manifesto 21-11-2009 L'ESERCITO DI PRECARI SU CUI CAMPANO GLI ATENEI LE VOCI • Con i tagli «formazione già ridotta» Sara Farolfl ROMA Corsi ridotti, docenti a contratto tagliati e post dottorati eliminati: «La situazione è drammatica e Gelmini non c'entra ancora nulla», dice Federico, docente a contratto da ben 9 anni a Bologna. Prima di Gelmini viene Tremonti, e anche nell'ateneo di Bologna; come in tutto lo stivale, i tagli della legge 133 iniziano a materializzarsi. Su questo impatterà il ddl Gelmini, ventiquattro pagínette in cui per ben diciassette volte si ribadisce che non dovrà esserci «nessun onere aggiuntivo per il bilancio dello stato. Anche a Bologna sperano di riuscire ad aprire un tavolo con il nuovo rettore. Al Politecnico di Torino - dove una circolare di fine settembre ha messo nero su bianco il taglio del 40% dell'offerta formativa - ci sono riusciti. IL15 ottobre, ricercatori precari, studenti e personale tecnico e amministrativo hanno bloccato il senato accademico. Il 16 ottobre, un comunicato congiunto di rettore, ricercatori precari e Flc Cgil ha dato avvio a un tavolo di confronto sui «ricercatori non strutturati del Politecnico». Una conquista, raccolta Valentina, «anche se il difficile arriva adesso». Mobilitazioni e proteste hanno preso corpo, nelle ultime settimane, in diversi atenei. A Catania hanno protestato i precari delle commissioni di laurea, ed è stato annunciato il blocco degli esami: «La didattica dentro l'università non è una seconda scelta, ma una professione». Le università invece campano sulle spalle di circa «40 mila persone che, a titolo più o meno gratuito, tengono in piedi la didattica», osserva Andrea Capocci introducendo l'assemblea alla Sapienza. Un po' all'ingrosso: 40 mila docenti a contratto, 15-20 mila gli assegnisti, più le migliaia di borsisti, e tutte quelle forme contrattuali fuori controllo. Tra tagli, blocco del turn over, e «razionalizzazioni», gli atenei rischiano il collasso. «Perche facciamo fatica a considerarci lavoratori, perchè non riusciamo ad avere piena consapevolezza dei nostri diritti?», domanda Ilaria, precaria dell'università di Firenze, «eppure noi tutti siamo persone licenziate più volte nel giro di un anno..,». Sia chiaro: nessuna delle 500 persone circa (per la metà ricercatori precari) ieri presenti era lì per difendere lo status quo. «Nessuno vuole difendere questa università, ma noi ce la immaginiamo in un altro modo», dice Claudio Franchi (Flc Cgil). «Ma se l'università fa schifo, lo schifo lo hanno fatto loro», sbotta Enrico, ricercatore precario a Cosenza, «ora dobbiamo rifare tutto noi». Gelmini e Moratti, non a caso negli interventi i nomi si confondono, «la lotta va avanti da anni». In ballo c'è tutto il ciclo della formazione, a partire dalla scuola. Lo ricorda Francesco, del coordinamento precari della scuola di Rama (per un mese in presidio sotto la sede del ministero) che richiama alla necessità di «un percorso di movimento» che per lo sciopero dell' 11 dicembre porti «ad assediare il ministero», capace poi di andare oltre e arrivare, l'autunno prossimo, al blocco della didattica, se necessario. Diritto allo studio, merito, precarietà, trasparenza: l'assemblea decostruisce la semantica dominante. $ falso che il ddl Gelmini metta fine alle logiche baronali: «I bandi e le chiamate locali restano eccome», dice Francesca, ricercatrice e coordinatrice Flc di Bologna. Il diritto allo studio si materializzerà nel «prestito d'onore», cioè ci si dovrà indebitare, in tempi in cui il modello americano consiglierebbe se non altro più cautela. Si potranno trascorrere fino a dieci anni da precario, senza alcuna garanzia sul futuro. Infine, l'ingresso dei privati nei cda delle università. Non una novità, ricorda Davide di Padova: «Nel ricco nord est le aziende già si relazionano in maniera parassitaria all'università ...e l’introduzione di stage e tirocini obbligatori, dice quale sia l’obiettivo». Da domani però i privati entreranno nei cda di ateneo, Quali privati? «A Napoli ci sono i Casalesi». Contro l'individualismo dei rapporti, studenti e ricercatori precari rivendicano collettività e cooperazione. Tutti sottolineano: non può esserci qualità senza risorse, nè può esserci merito senza welfare, Su queste parole l'Onda tornerà a farsi sentire. _________________________________________________________________ ItaliaOggi 17 nov. ’09 ITALIA, POCA RICERCA SOLO 6 GRUPPI NEI 100 MONDIALI Il dato in un'indagine della Commissione europea Sono solo sei i gruppi italiani nella classifica delle prime 100 società europee che investono di più in ricerca e sviluppo: Fiat e Finmeccanica sono rispettivamente al 17° e al 18° posto, seguite da Telecom Italia, al 37°, da UniCredit, al 71°, da Eni, all'85°, e da Intesa SanPaolo, al 100° posto. Il dato emerge da uno studio condotto dalla Commissione europea, «La tabella di bordo 2009 sugli investimenti industriali in R&D», che sottolinea come, nonostante la crisi economica, gli investimenti in ricerca delle imprese siano aumentati del 6,8% nel 2008 nel mondo. E dell'8,1% nell'Unione europea, che segna così un risultato migliore degli Stati Uniti, al 5,7%, e del Giappone, al 4,4%. Su scala mondiale, tuttavia, il leader è Toyota motor, con 7,61 miliardi di euro d'investimenti. Nei primi dieci posti figurano, come europee, solo Volkswagen, con 5,93 miliardi, al terzo posto, e la finlandese Nokia, all'ottavo. La crescita degli investimenti è stata forte in Cina, +40% nel 2008, in India, +27,3%, a Taiwan, +25,1% e in Brasile, +18,1%. Ma in Europa è stata l'Italia a segnare l'aumento più importante, +20,4%, seguita dalla Svezia, +17,4% e dalla Danimarca, +16,4%. Negli Stati Uniti, la crescita della ricerca e sviluppo è stata trainata dai settori ad alta intensità di ricerca come i prodotti farmaceutici e la biotecnologia, e dalle tecnologie dell'informazione. Nell'Ue invece la ripartizione tra i settori è più equilibrata. Le imprese europee sono state leader nei settori in cui l'intensità di R&D è più bassa, come le automobili e la componentistica, l'elettronica e i prodotti chimici. Lauto è il terzo settore nel mondo per investimenti in ricerca, ma a livello europeo è al primo posto. Nel 2008 Volkswagen ha investito il +20,4%; Peugeot il +14,4%) e Fiat il +14,1%. _________________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Nov. ‘09 POSTO DI LAVORO PIÙ FACILE CON UNA LAUREA SCIENTIFICA di Claudio Gentili Aumenta nelle aziende la richiesta di professionalità con una preparazione tecnologica avanzata Il 71% dei giovani laureati italiani ignora il fatto che l'Italia sia il secondo Pae se manifatturiero d'Europa dopo la Germania. Il mancato incontro tra la crescente domanda di diplomati tecnici espressa dal mondo produttivo e l'offerta di giovani che aspirano a un inserimento nel mondo del lavoro senza avere le competenze necessarie, è dovuto a inadeguate politiche di orientamento e al progressivo indebolimento dell'istruzione tecnica. Novembre è il mese dell'Orientamento e della cultura d'impresa. L'apertura degli eventi che rappresentano l'impegno delle imprese alla creazione di conoscenza e know how di qualità è affidata ad Orientagiovani, la manifestazione di Orientamento nazionale di Confindustria. Giunta alla XVI edizione, quest'anno la manifestazione si svolgerà martedì y novembre nel teatro comunale di Vicenza. La sedicesima edizione di Orientagiovani prevede due eventi improntati all'azione di orientamento verso la scienza e la tecnologia: Orientainsegnanti a Treviso e Orientagiovani a Vicenza. Quest'anno il convegno centrale si presenta con una formula completamente nuova: per la prima volta, infatti, si punterà a un target più giovane, i ragazzi di terza media. Il tema di questa edizione è «Il vento della tecnica Teknè», e ha l'obiettivo di vincere i pregiudizi che allontanano gli studenti dalle materie tecniche e scientifiche, per generare nei giovani uno stimolo conoscitivo che li porti a scoprire le opportunità che una buona formazione tecnica offre. Le conoscenze scientifiche e tecnologiche costituiscono per i giovani un buon investimento e permettono al nostro Paese di progredire nei settori più innovativi in cui la competizione è globale. Grazie alla grande partecipazione della rete associativa di Confindustria, l'evento nazionale sarà supportato da numerose iniziative locali che rafforzano ancora più da vicino il dialogo tra scuola, impresa e giovani. Da Assolombarda con «Giovani, scienza e tecnologia» a Catanzaro con «Industrian...dosi»; da Ravenna con «Reportage in azienda» a Pescara con «Il dottore di ricerca va in azienda»; da Roma con «Mercato D&1 lavoro» a Cagliari con «Tecnicamente»; da Macerata con «L'impresa possibile. C'è anche la storia di chi «Ha scelto di volare» a Bari con «La nuova istruzione tecnica. La Puglia sperimenta la riforma». Assografici organizza «Colori e caratteri. Il fascino di un mestiere» e l’Ucimu «Lamacchina utensile: una palestra per crescere». Seguirà nell'ambito della Fiera di Verona, dal 26 al 28 novembre, la mostra- convegno nazionale di servizi, percorsi e progetti relativi all'orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, «Job & orienta» il cui filo conduttore in questa XIX edizione sarà «L'orientamento oltre la crisi. Con i giovani per cambiare il futuro». Tra gli appuntamenti più importanti, ricordiamo la presentazione del documento «Italia zozo. Piano di azione per l’occupabilità dei giovani attraverso l'integrazione tra apprendimento e lavoro», realizzato dal ministero del Lavoro, della salute e delle politiche-sociali e dal dicastero dell'Istruzione, dell'università e della Ricerca. AL convegno interverrà il ministro Gelmini. Sarà inoltre presentato, alla presenza del ministro Sacconi e del cardinale Angelo Scola, il rapporto-proposta «La sfida educativa: l'educazione come capitale sociale», a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana. Direttore Education Confindustria _________________________________________________________________ il Giornale 20 nov. ’09 REGGIO S'INVENTA IL CONCORSO-LAMPO PER BEFFARE LA RIFORMA BRUNETTA Felice Manti Quattro ore e mezza tra la scadenza del bando di un concorso pubblico e la pubblicazione dei risultati. Ed è tutto «merito» del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Succede all'Università Mediterranea di Reggio Calabria: lo scorso 30 ottobre l’Ateneo bandisce una selezione per due posti da dirigente con contratto di tre anni. La scadenza viene fissata a venerdì 13 novembre, alle ore 13. Neanche 15 giorni dopo. Ma perché questa fretta? Semplice. Perché il 15 novembre, data «naturale» di scadenza, sarebbe entrato in vigore il decreto legislativo 150/2009, meglio noto come legge Brunetta. E allora? II bando era chiaro: «A parità di . titoli, corsia preferenziale a chi già lavora all’Università». Ma anche la riforma era chiara: niente concorso senza una «motivata verifica dell'assenza di professionalità interne». Se l'Università promuove un interno, di fatto ammette che l'esperto ce l'ha in casa, e dunque che quel concorso non ha motivo di farsi. E invece si è fatto, a tempo di record e a dispetto del ministro e della sua riforma. E chi l'ha vinto? Ma due interni, ovviamente, e con largo, larghissimo vantaggio. Non c'è stato nemmeno bisogno di un colloquio, previsto come ipotesi di scuola dal bando, e che magari avrebbe violato la sacralità del weekend alle porte. No. Venerdì 13, alle 17.46, sul sito dell'Università c'era già la graduatoria. Sono bastati i titoli. «Più che un concorso è stata una esecuzione sommaria dei temerari che hanno fatto domanda», si mormora nei corridoi dell'ateneo, e già si parla di un ricorso al Tar contro la selezione. L'ennesimo, come è già avvenuto in passato per il concorso che aveva visto vincitrice la moglie del rettore dell'ateneo reggino, promossa da ricercatrice a professore ordinario, cancellato da due sentenze, la cui «riedizione» è stata congelata fino al18 dicembre. Ep ensare che tra i «temerari» c'era anche il dirigente assunto a tempo indeterminato da un'altra importante università italiana. Bocciato sonoramente dai candidati locali. Questa sì che è efficienza. ________________________________________________ L’Unione Sarda 17 nov. ’09 I DIPENDENTI ALL’ASSALTO DEL RETTORATO Guerra sulle progressioni dei lavoratori: «Proposta ridicola» Università. Manifestazione il 3 dicembre. La replica: «L’accordo è stato rispettato» Il rettorato: «La Rsu dice il falso e chiede distribuzioni a pioggia che prescindono produttività e merito». Ieri la prima protesta. Il 3 dicembre, proprio in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, ci sarà la seconda manifestazione, direttamente in rettorato. Il personale tecnico e amministrativo dell’Università di Cagliari, in un’assemblea convocata dalla Rappresentanza sindacale unitaria, critica alcune scelte dell’amministrazione e del nuovo rettore Giovanni Melis. IL DOCUMENTO Tre i punti contestati all’unanimità dai lavoratori e riepilogati in un documento. «Respingiamo categoricamente», è scritto, «la ridicola proposta dell’amministrazione di consentire le progressioni economiche soltanto a 200 lavoratori su 1200. L’offerta non permette di limitare a sufficienza i danni che la riforma Brunetta produrrà, già dal prossimo anno, sugli stipendi di tutti i lavoratori pubblici». Una scelta definita «quanto mai irresponsabile» anche rispetto a quanto accade negli altri atenei italiani che «si sono dimostrati più sensibili nei confronti dei lavoratori. Chiediamo la spendita del salario accessorio, destinato comunque a tutti i lavoratori, per la stabilizzazione dei livelli retributivi». IL CONCORSO La Rsu contesta all’amministrazione «l’introduzione del “gradimento” per selezionare il personale tecnico amministrativo destinato a ricoprire posizioni di responsabilità». Infine «stigmatizza quanto sostenuto pubblicamente dal rettore circa la pericolosità di applicare nel nostro ateneo il principio costituzionale del pubblico concorso, in quanto non consente di conoscere a priori l’identità di chi ricoprirà il posto vacante». Per questi motivi i lavoratori hanno deciso di autoconvocarsi nell’atrio del rettorato il 3 dicembre in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, per decidere le future azioni di lotta. LA REPLICA Dall’ufficio di gabinetto del rettore arriva la pronta replica: «In relazione alla trattativa in corso sulla costituzione del Fondo per il trattamento accessorio, l’amministrazione precisa che le richieste sindacali in merito sono state accettate, con una conseguente lievitazione del 5,90% delle somme disponibili per la mobilità orizzontale e la produttività individuale. Per quanto riguarda le progressioni economiche le stesse dovrebbero interessare il 40% degli aventi diritto, e cioè 257 lavoratori su 643 aventi titolo. Le quote residue restano disponibili per premiare la produttività individuale, secondo quanto previsto dal contratto integrativo», prosegue l’ufficio di gabinetto del rettore. «L’amministrazione universitaria manifesta sconcerto per il fatto che, nella difficile situazione finanziaria degli Atenei e in condizioni obiettivamente più favorevoli rispetto a quelle godute negli ultimi due anni e a quelle che si prospettano per il prossimo anno dopo l’entrata in vigore della recente Legge Brunetta, la Rsu fornisca informazioni non corrette e richieda distribuzioni a pioggia che prescindono da valutazioni su produttività e merito». (m. v.) ________________________________________________ La Nuova Sardegna 17 nov. ’09 I SINDACATI ATTACCANO: «DOPO BRUNETTA, ANCHE IL RETTORE MELIS DIVIDE I DIPENDENTI TRA BUONI E CATTIVI» CAGLIARI. Il personale tecnico amministrativo dell’Università è in tumulto e prepara un’assemblea in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, il 3 dicembre. La decisione della discesa in campo è arrivata a conclusione dell’incontro convocato ieri dalla Rappresentanza sindacale unitaria e all’indomani delle prese di posizione del rettore Giovanni Melis sulle progressioni professionali e sull’organizzazione dell’organico. ‹‹Respingiamo all’unanimità - si legge in una nota firmata dalla Rsu - la proposta di consentire le progressioni soltanto a 200 lavoratori su 1200, perché questo pogetto non permetterà di limitare i danni che la riforma Brunetta produrrà, già dal prossimo anno, sugli stipendi di tutti i dipendenti pubblici. La scelta del rettore pare quanto mai irresponsabile, anche alla luce di quanto accade in altri atenei. Non chiediamo - prosegue il documento - lo stanziamento di risorse aggiuntive, ma l’utilizzo del salario accessorio, destinato comunque a tutti i lavoratori, per la stabilizzazione dei livelli retributivi››. I rappresentanti della Rsu contestano inoltre ‹‹l’introduzione del “gradimento” quale istituto da utilizzare per selezionare il personale tecnico amministrativo destinato a ricoprire posizioni di responsabilità›› e stigmatizzano ‹‹quanto sostenuto dal rettore sulla pericolosità di applicare nel nostro ateneo il principio costituzionale del pubblico concorso, in quanto non consente di conoscere a priori l’identità di chi ricoprirà il posto vacante. Non possibile, né legittima, oggi la gestione della cosa pubblica in palese violazione dei più elementari principi costituzionali››. (p.s.) LA REPLICA. GIOVANNI MELIS ALLA RSU «Accolte le proposte e rispettato il merito» CAGLIARI. In serata è arrivata la replica del rettore Giovanni Melis al documento sindacale: La trattativa sulla costituzione del Fondo per il trattamento accessorio, si è conclusa con l’accoglimento delle delle richieste della Rsu, con un conseguente aumento del 5,90 per cento delle somme disponibili per la mobilità orizzontale e la produttività individuale». Il rettore replica anche alle accuse sulle progressioni economiche a favore di pochi privilegiati: «Le progressioni interesseranno il 40 per cento degli aventi diritto, e cioè 257 lavoratori sui 643 che hanno il titolo. Le quote residue resteranno disponibili per premiare la produttività individuale». ________________________________________________ L’Unione Sarda 17 nov. ’09 UNIVERSITÀ, STUDENTI ALLE URNE Ateneo. Per eleggere i rappresentanti nei consigli di corso di laurea STUDENTI Elezioni dei rappresentanti degli studenti nei consigli dei corsi di laurea dell'ateneo. Nei giorni 9 e 10 dicembre gli studenti iscritti all'Università di Cagliari voteranno per eleggere i rappresentanti degli studenti nei Consigli di corso di laurea, per il triennio accademico 2009/2012. Alle elezioni si potrà partecipare mediante liste di candidati che dovranno essere presentate all'Ufficio elettorale, 2° piano - Rettorato, via Università 40, entro le ore 13 di giovedì. Nel sito dell'Ateneo, www.unica.it, (Ateneo/ Elezioni/ Elezioni studenti) sono disponibili il regolamento elettorale e il decreto rettorale di indizione delle elezioni. La documentazione può essere richiesta anche all'Ufficio elettorale (telefono 070/6752314), che sarà aperto al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 12. Gli elenchi degli studenti iscritti alla data di emanazione del decreto di indizione, potranno essere consultati presso l'Ufficio elettorale a partire dal 10 novembre. ________________________________________________ Corriere della Sera 20 nov. ’09 INVENZIONI LA CLASSIFICA DELLE MIGLIORI 50 SCOPERTE La tuta dei record e un osso made in Italy Ecco le idee dell' anno La numero uno In cima alla graduatoria la macchina della Nasa «in grado di lanciare gli esseri umani verso il cosmo» MILANO - C' è una nicchia in cui si parla rigorosamente italiano, nella classifica delle «50 migliori invenzioni dell' anno» stilata dal settimanale statunitense Time. Ed è un angolino di tutto rispetto: perché fatta la tara delle scoperte più folcloristiche - come la nuova forma di nuvola battezzata undulatus asperatus, prima nata nella sua specie da quando nel 1951 vide la luce il cirrus intortus; o il «re dei cieli», vale a dire l' aeroplanino di carta «piegato» da Takuo Toda, in grado di volare per 27,9 secondi - ecco, tolte queste presenze più oniriche che concrete, quel che resta è la fascia alta della produzione scientifica uscita, negli scorsi 10 mesi, dai laboratori di tutto il mondo. E se è vero che la medaglia d' oro per la «cosa migliore e più intelligente e più cool» va a un oggettino che si chiama Ares I (l' ultima creatura di mamma Nasa, «una macchina in grado di lanciare gli esseri umani verso mete cosmiche mai contemplate»), e che una citazione di merito se la porta a casa l' italianissima Arena per il suo costume da gara Powerskin X-Glide, una «pelle» polimerica che intrappola bolle d' aria per aumentare la galleggiabilità, la parte del leone la giocano le biotecnologie. Dove la natura si infiltra negli schemi da laboratorio e i ricercatori prendono ispirazione dal mondo che li circonda per elaborare soluzioni sempre più sofisticate ai problemi del nostro tempo, grandi o piccoli che siano. E dunque, ecco il microbo in grado di generare elettricità dal fango e dalle acque di scarico (è il Geobacter, creato all' università del Massachusetts di Amherst); la gomma ricavata dai semi del tarassaco (Fraunhofer Institut, Monaco di Baviera); i funghi che modificano le tavole di abete, rendendole identiche a quelle usate dal cremonese Stradivari per i suoi violini (nei test «alla cieca», gli strumenti creati dagli svizzeri dell' Empa hanno tratto in inganno gli esperti, che li hanno di gran lunga preferiti agli Stradivari veri); soprattutto, l' «osso di legno» in via di sperimentazione nei laboratori dell' Istec-Cnr, l' Istituto di scienza e tecnologia dei materiali ceramici di Faenza. «È strano pensare che mettere pezzi di legno dentro la gente sia una rivoluzionaria procedura medica - scrive il Time - ma è esattamente quello a cui lavora un gruppo di scienziati italiani». La sintesi c' è, il dettaglio lo spiega Anna Tampieri, ricercatrice all' Istec e coordinatrice del progetto (che ha finanziamenti della Comunità Europea e coinvolge altri 8 istituti, da Norimberga a Siviglia; a Faenza ci lavorano in 10, tra cui 5 donne): «Il tessuto osseo è molto complicato da riprodurre; solo la natura, in realtà, sa realizzare queste strutture fascicolari». E allora, che si sono inventati i faentini? «Abbiamo individuato due alberi specifici: la quercia rossa e il rattan - prosegue la Tampieri -. Quello che segue è un processo multistep, con una pirrolisi sottovuoto che trasforma il legno in scheletro carbonioso, poi c' è un trattamento chimico in flusso di vapore...». Alt, per favore, traduciamo. «Beh, è come se il legno subisse una fossilizzazione, ha presente le foreste pietrificate? Solo che invece di impiegarci milioni di anni, basta una settimana». Quel che resta è «un impianto con una struttura gerarchicamente organizzata», da usare come «ponte» nei casi in cui l' osso deve ricostruirsi: esempio tipico, il «buco» lasciato dall' asportazione di un tumore. «Il materiale viene riconosciuto, abitato, "digerito" e ricostruito dalle cellule». Nessun pezzo di ferro da rimuovere in un secondo momento. È la natura (o quasi) che fa il suo corso. Per ora siamo ai test prelinici sulle pecore, «all' Istituto ortopedico Rizzoli, con l' équipe di Maurilio Marcacci». Ci vorrà, dunque, del tempo. E i soldi? «Per ora il processo costa 7-800 euro, il trattamento è lungo ma le sostanze non sono care...». Come per tante delle invenzioni scelte da Time, quale più quale meno - nel calderone finiscono il vaccino dell' Aids, i tonni d' allevamento, la seta ricavata da tele di ragno... - il futuro sembra essere (quasi) dietro l' angolo. Appuntamento, dunque, al 2010. Risultati alla mano. Gabriela Jacomella Dall' Italia (e dintorni) Le ossa di legno Arriva dall' Istec-Cnr di Faenza il progetto di trasformazione del legno in uno «scheletro carbonioso» in grado di essere utilizzato come rimpiazzamento osseo artificiale. Visto che le cellule ne riconoscono la struttura, la abitano e «digeriscono» rapidamente. In futuro le ossa di legno sostituiranno gli impianti in titanio o ceramica Il «supercostume» «Arena ha creato l' impensabile» scrive Time: il costume-tuta indossato da Paul Biedermann (nella foto) ai mondiali di nuoto di Roma. Grazie (anche) alla Powerskin X-Glide, Michael Phelps è stato sconfitto per la prima volta in 4 anni. Ma le tute di derivati plastici saranno vietate dal 1° gennaio nelle gare internazionali I violini biotecnologici Lo svizzero Francis Schwarze ha usato due funghi per alterare il legno di abete norvegese e sicomoro, così da renderlo simile a quello usato da Stradivari nel ' 600 Jacomella Gabriela ________________________________________________ Corriere della Sera 19 nov. ’09 LA PAPERA DI OBAMA NEI LABORATORI DEL MIT Vorrei parlarvi della papera di Obama. Roba grossa che ha fatto discutere, in Italia e qui in America. Parto dal bordo dello stagno. Mi scrive Umberto Anselmi-Tamburini da Pavia : «Seguo il blog Embedded @ MIT (http:// blog.corriere.it/embedded). Ti invidio molto. Enjoy the wonderland!». Divertiti nel Paese delle meraviglie! - punto centrato. Potrei dare molte spiegazioni della gioia che provo da una settimana, infilandomi nei laboratori del Mit, chiedendo e cercando di capire, spiegando ad Harvard chi sono gli Italians e perché li stimo. La risposta è: mi diverto. Non c' è nulla d' intellettuale e snob nel mio divertimento. Il futuro ha un buon profumo, come l' autunno del New England. Si può sentirlo anche a cinquant' anni, con un po' di buona volontà. Harvard è classico, il Mit è rock: magnifici tutti e due e gli italiani sembrano topi nel formaggio. Non tutto è perfetto. La burocrazia accademica americana può essere micidiale, come sa chi ha fatto domanda - qui dicono: «ha applicato» - per un corso postgraduate o un postdoc. Ma, superato l' ostacolo, si apre un mondo dove tutti credono di poter cambiare il mondo. Il Paese delle meraviglie e Silvia e Francesco, Carlo e Gaia, Chiara e Riccardo, Eleonora ed Edoardo lo sentono, ancora prima di saperlo. Colpisce la semplicità intorno alle cose importanti. Nulla è più irritante della pompa magna intorno alle piccinerie: tipica degli arroganti e degli incapaci, non solo nell' università. Qui i propositi sono ateniesi, ma lo stile è spartano. Il laboratorio che Barack Obama ha appena visitato, dove studiano le celle solari nanostrutturate, è grande come lo studio d' un dentista. Ci lavora Maddalena Binda, 26 anni, che viene dal Politecnico di Milano ed è al Mit come Rocca Fellow (binda@elet.polimi.it). Ho raccontato la sua storia nel blog e l' ho illustrata con la foto della paperella (gialla) che le autorità accademiche hanno rimosso in occasione della visita del presidente. Be' , non ci crederete: in rete s' è scatenata una gara di solidarietà. Scrive Silvia: «Tra Facebook ed email, ecco alcuni tra i tanti messaggi arrivati: "Belle le foto, soprattutto quella della paperella, ormai è diventata la nostra eroina!". "Libertà per la papera!". "Avevano paura che Obama fosse incuriosito più dalla paperella che dal resto. Sai, in mezzo a voi geniacci, che cacchio poteva capire quel pover' uomo?"». «Vedo sul blog la foto del paperotto giallo non mostrato a Obama. Esprimo solidarietà visto che somiglia al mio assistente a chimica. Ciao e quack!». Commento di Ms Binda: «Dopo lo smacco iniziale, il fatto di troneggiare ora sopra la firma del presidente è una bella rivincita! Possiamo far contento chi s' è preso a cuore la sua sorte?». Certo, Maddalena: Paperella for president! Si possono fare cose serie sorridendo, nel Paese delle meraviglie. www.corriere.it/italians Severgnini Beppe _________________________________________________________________ Il Sole24Ore 20 Nov. ‘09 IN USA LA CONCORSOPOLI ITALIANA FINISCE SUL WEB Il grande accusatore. Quirino Paris, ordinario di diritto agrario alla University of California, pubblica sui Internet gli atti dell'inchiesta di Gianni Trovati uno dei grandi accusatori della concorsopoli dell'università italiana, argomento su cui ha anche pubblicato su una rivista Usa i modelli matematici utilizzati per le combine; ha subito la denuncia di sette docenti dopo che in una lettera al consiglio universitario nazionale aveva parlato di «mafia accademica», è stato assolta in primo grado e attende l’appello; ha fatto partire nel z00q le inchieste di Firenze e Trieste che hanno passato al setaccio l’attivismo concorsuale dì un gruppo di cattedratici di agraria, in un'inchiesta sfociata per ora solo in una richiesta di archiviazione. Ora Quirino Paris, ordinario di economia agraria all2University of California, Da-is, ha deciso di rilanciare e ha cominciato a pubblicare a puntate su Internet gli atti dell'inchiesta. Sotto osservazione sono finiti in particolare sei docenti, tra cui l'ex rettore dell'università di Firenze Augusto Martinelli (che ora ha chiesto a Paris 750mila curo di danni) e Mario Prestamburgo, che oltre alla cattedra a Trieste ha nel curriculum la: presidenza della società italiana di agraria, un posto da sottosegretario alle politiche agricole nel governo Dini e una legislatura in parlamento nelle file dell'Ulivo. I documenti ufficiali della guardia di finanza raccontano di quello che apparirebbe un meccanismo oliato, che organizza le commissioni dei concorsi per poterne fissare l'esito prima che le prove si svolgano. Negli atti scorrono i sequestri delle fiamme gialle, che sui computer degli indagati hanno trovato il "censimento telematico" delle indicazioni di voto, scambi di e-mail per costruire gli accordi ed elenchi di candidature approvate o da verificare. Davanti agli inquirenti sono sfilate poi le testimonianze di decine di docenti o aspiranti tali che spiegano i dettagli del sistema: concorsi a cui non partecipavano candidati che sanno di non avere chance, telefonate di rettori che invitano i non segnalati a non presentarsi, e la consapevolezza della strada chi usa per chi non si fosse adeguato. Forti di queste carte i pm fiorentini avevano chiesto la sospensione dalle funzioni peri sei docenti, ma il gip ha alzato le mani per incompetenza territoriale e ha spedito il tutto a Trieste; dove il pm ha chiesto l'archiviazione perché. gli indagati non intervenivano in prima persona nei concorsi, e questo rende difficile contestare l'abuso d'ufficio. Ora la decisione tocca al gip, a cui naturalmente Paris ha già fatto arrivare la sua opposizione all'idea di chiudere la partita; e intanto prepara la seconda puntata per il web. ________________________________________________ L’Unione Sarda 18 nov. ’09 GIRO DI VITE PER IL PUBBLICO IMPIEGO: È IN VIGORE LA NUOVA LEGGE BRUNETTA Dal 15 novembre sono cambiate le regole su visite di controllo, premi produzione e licenziamenti La riforma è incentrata sul merito e istituisce tre fasce di rendimento per l'assegnazione dei premi accessori. Per i dipendenti che invece non producono o si assentano senza giustificato motivo è previsto il licenziamento. Nuovo giro di vite contro i fannulloni nel settore del pubblico impiego. Da una parte il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, intenzionato a far rispettare le regole contrattuali, dall'altra i sindacati, che cercano di convincere il rappresentante del Governo a non perseverare su un atteggiamento ostruzionistico che non accomuna anche il restante mondo del lavoro. Tuttavia, dopo appena 60 giorni dalla decisione del ministro Brunetta di alleggerire le norme sull'assenza per malattia dei pubblici dipendenti, nel mese di agosto e settembre sono nuovamente aumentate le giornate di malattia fino a raggiungere un incremento del 24,2% rispetto ai mesi precedenti. Da qui la decisione ministeriale di correre ai ripari. IL NUOVO DECRETO Contrassegnato dal numero 150/2009, il nuovo decreto è stato firmato dal presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 31 ottobre. Le disposizioni sono in vigore da domenica 15 novembre. Per il pubblico impiego introducono nuove sanzioni per diverse fattispecie di rapporti di lavoro. Quella più severa è il licenziamento, che scatta dopo 4 giorni di assenza dal servizio senza giustificazione. Stesso "trattamento" e per i dipendenti pubblici che esibiranno documenti o certificati medici falsi e per quanti rifiuteranno un trasferimento disposto per motivate esigenze di lavoro: la riforma, infatti, introduce la mobilità anche obbligatoria. In questi casi la sanzione è automatica. Per chi presenta un certificato medico falso è previsto anche il carcere (sino a 5 anni) e una multa fino a 1.600 euro. Il licenziamento è previsto anche per quei dipendenti che per due anni consecutivi avranno un «rendimento insufficiente» dovuto alla violazione di obblighi collegati alla loro operatività. VISITE DI CONTROLLO Nel decreto è confermata l'intenzione del ministro Brunetta sul nuovo allungamento delle fasce di reperibilità per le visite di controllo. Non si tornerà alle 11 ore, cioè dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20, in vigore fino alla fine del luglio scorso, ma verranno anche modificate le norme sulle quattro ore previste dall'attuale normativa, che fissa per l'appunto un'interruzione dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Le nuove regole sono per così dire intermedie a quelle passate e quelle presenti: i lavoratori dovranno essere reperibili per 7 ore, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. GLI INCENTIVI Nel decreto che contiene la nuova riforma sulla malattia sono comprese le norme che fanno scattare le procedure per introdurre le nuove regole di meritocrazia negli uffici pubblici. Sono istituite quindi tre "fasce di merito" che interessano sia il personale dirigente, sia quello dipendente del pubblico impiego, e che fissano l'importo del salario accessorio in busta paga. In particolare il venticinque per cento del personale viene collocato nella fascia di merito alta, alla quale viene assegnato il cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale. Alla fascia di merito intermedia, dove viene collocato il cinquanta per cento dei dipendenti, è invece assegnato l'altro cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio. Infine, il restante venticinque per cento è collocato nella fascia di merito bassa, alla quale non corrisponde alcun trattamento accessorio. A decidere i premi saranno i dirigenti i quali così facendo si assumono una grande responsabilità e proprio per questo saranno i primi a essere valutati. _________________________________________________________________ L’Unità 20 nov. ’09 L'INFORMAZIONE CORRE SUL SOCIAL NETWORK E non si rinuncia a pay Tv e cellulare Sono i giornali su carta a pagare di più la crisi e la rivoluzione tecnologica ma non diminuisce la ricerca della qualità: attraverso il web e la maggiore scelta offerta dalla tv digitale JOLANDA BUFALINI ROMA jbufalini@unita.it Le ultime notizie, il meteo e persino l'oroscopo si trovano su un portale internet. I video, soprattutto quelli che fanno sto ria, li cerchi su You Tube, quale che sia la produzione. Se si digita "gaffe Berlusconi", per esempio, viene giù una lista di sessanta pezzi dalle più diverse fonti: blob e Annozero, Ballarò e Tv americane o russe. Esilaranti i brani in cui il nostro premier parla in inglese. Gli amici li cerchi su facebook, su messenger o su mySpace. Per telefonare c'è Skype oppure il cellulare. Ma la crisi aguzza l'ingegno: dovendo risparmiare, nessuno rinuncia a uno strumento ormai indispensabile ma ci si accontenta del modello più semplice, facendo a meno di smartphone e dei costosissimi collegamenti internet. Tg, film e sport sempre più si guardano sui canali a pagamento. Va bene la radio, il cui ascolto è rinverdito dall'mp3. Il rapporto Censis su «media fra metamorfosi e crisi» fotografa una situazione con qualche brutta notizia ma anche con molte evoluzioni interessanti, confermando che i nuovi media non cancellano ma integrano i vecchi. La brutta notizia riguarda i giornali su carta. Negli ultimi due anni solo un terzo degli italiani compra un quotidiano almeno tre volte la settimana. (si passa dal 51,1% del 2007 al34,5% del 2009). La marginalizzazione della carta stampata, che investe anche i quotidiani sportivi, fa ancora più impressione se si conta che sono i giovani(10%), gli uomini (9,9%)e i più istruiti (8,2%) ad aver abbandonato la lettura che Hegel chiamava «la preghiera laica del mattino». Si tratta, infatti, dei gruppi considerati trainanti nella modernizzazione di un paese. Le donne - sarà anche a causa del forte divario occupazionale - fanno minor uso dei nuovi media. La Free press rimane stabile e non usufruisce della crisi dei quotidiani e dei periodici a pagamento. I sociologi chiamano il fenomeno «press divide» da contrapporre al «digital divide» ma non significa che la gente sia meno informata di un tempo: attraverso i blog e i socialnetwork - che rubano tempo e spazio anche ai giornali on line - le notizie vengono selezionate, trasmesse e discusse. Quanto alla diffusione di internet, siamo vicini - lambendo il 50% della popolazione - alla saturazione: sono almeno 33 milioni gli italiani che conoscono almeno un social network e quasi venti milioni gli effettivi utilizzatori. Resta tagliata fuori dal mondo digitale solo la popolazione anziana mentre fra i giovani l’80% utilizza il web. Facebook è il network più popolare, Youtube il più usato. !I tempo su facebook, dichiarano gli intervistati, è sottratto alla lettura dei libri (42%), alla Tv (26,5%) al cinema (11%). Ma è da notare che il mercato dei libri si è contratto, in tempi di crisi, di poco più del 3%. Più del 54 per cento degli iscritti a facebook ha partecipato a gruppi di interesse, il 10% a manifestazioni politiche, eventi sociali o spettacoli di cui è venuto a conscenza attraverso il web. PayTv. Fra le cose a cui non si rinuncia, anche dovendo sacrificarne altre, c'è, ormai, la Tv a pagamento: 65 italiani su 100, fra quelli con buon livello di istruzione, e 56 su 100 fra i meno istruiti sono abbonati a una pay Tv. Sport, film e cartoni animati per i bambini sono i programmi preferiti. Ma la motivazione di tutti è decisamente interessante: libertà di scelta. •. a piramide dei "Medial'Utenza complessiva (dati in %) _________________________________________________________________ City 15 Nov. ‘09 L'80% DEI MINORI USA INTERNET MA I GENITORI SONO POCO ATTENTI TRA 11 E 17 ANNI La maggior parte delle persone che naviga su internet è costituita da giovani e giovanissimi. ,E costor corrono spesso pericoli per lo più ignorati dagli adulti. ROMA - Due ricerche dipingono la realtà di Internet in Italia e lasciano qualche inquietudine. La prima dice che accede alla rete solo il 50% degli italiani, la seconda che "naviga" oltre l’80% degli adolescenti. Italia poco "connessa" Il primo studio è di Pragma per conto dell'Istituto di Informatica e Telematica del Cnr. Secondo la ricerca, "si collega" solo, il 52,6% dei cittadini. I più affezionati,al web sono politici, giornalisti e docenti universitari, ma sono in buona posizione anche le piccole e medie imprese. Però, non ha ancora sfondato la posta elettronica personalizzata: la usa solo il 50 % delle imprese e l'1,4% dei cittadini. Si "naviga" già a 10 anni Per contro, Audiweb, il corrispondente in Rete dell'Auditel tv, rivela che l’81,4% dei giovani tra gli 11 e i 17 anni naviga in Internet, soprattutto da casa. La combinazione delle due ricerche evidenzia che sono i più giovani a frequentare la rete. E con qualche pericolo: già in quarta elementare, dice Cristina Bonucchi, funzionario psicologo della Polizia delle comunicazioni, i bambini sono in grado di frequentare il web, e Telecom fa sapere che dall'inizio dell'anno ha ricevuto oltre 7 milioni di segnalazioni di siti "sospetti". Pericoli sottovalutati Perché, dopo tutto, Internet è un luogo popolato da adulti e i bambini andrebbero "accompagnati", proprio come se li portassimo al parco, osserva Francesca Di Massimo, responsabile del programma sicurezza di Microsoft Italia. Invece, secondo una ricerca del Centro internazionale per i bambini scomparsi e sfruttati, solo il10% dei genitori impone "regole di navigazione" ai figli. I genitori devono prendere coscienza che il web non è come la Tv. Anche se non è facile: i figli, avverte la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, sono talmente esperti da eludere con facilità qualsiasi blocco: Ad esempio, per iscriversi a Facebook, bisogna avere più di 13 anni, ma per Check Facebook codegli oltre 12 milioni di italiani iscritti, oltre 180 mila ha meno di quell'età: Internet non si può vietare - dice il velista Giovanni Soldini, testimonial assieme a Geronimo Stilton, della campagna Telecom Navigare sicuri - ma nemmeno non controllare. ======================================================= ________________________________________________ L’Unione Sarda 19 nov. ’09 S. GIOVANNI DI DIO: NUOVO NUMERO L'ospedale San Giovanni di Dio cambia indirizzo telefonico. Da martedì scorso il numero identificativo del centralino non è più il classico 609 ma sarà uniformato con quello del presidio universitario di Monserrato, diventando 5109. Gli utenti che chiameranno uno dei numeri del San Giovanni di Dio, pertanto, dovranno comporre il prefisso cittadino di Cagliari, seguito dal nuovo identificativo (5109) e dalle 4 cifre dell'interno desiderato: ad esempio 070 5109 0000. ________________________________________________ La Nuova Sardegna 18 nov. ’09 UNIVERSITÀ, I PRIMI VENTUNO INFERMIERI Cerimonia solenne nell'aula magna del consorzio di via Salaris NUORO. Sono 21 i primi laureati formati a Nuoro dal corso di laurea in Infermieristica dell'Università degli Studi di Cagliari. La cerimonia si svolgerà oggi a partire dalle ore 10 e proseguirà nel pomeriggio dalle ore 15, nell'aula magna del Consorzio per la Promozione degli Studi Universitari nella Sardegna Centrale di via Salaris. Saranno presenti il commissario liquidatore del Consorzio universitario nuorese, Salvatore Cocco, il commissario straordinario dell'Azienda Sanitaria di Nuoro, Antonio Onorato Succu e il direttore sanitario Salvatore Bruno Murgia, Alessandro Riva, già Direttore del corso di laurea in Infermieristica di Cagliari. Parteciperanno, inoltre, Franco Mariano Mulas, ex direttore generale dell'Asl di Nuoro e Bachisio Porru che è stato presidente del Consorzio universitario, figure che hanno voluto fortemente l'avvio di un corso di laurea in Infermieristica a Nuoro. I laureandi hanno potuto contare su docenti altamente qualificati della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Cagliari e sulla possibilità di frequentare il tirocinio pratico nelle strutture sanitarie dell'Azienda sanitaria di Nuoro. La frequenza del tirocinio con un adeguato tutoraggio è condizione fondamentale per formare concretamente operatori sanitari responsabili e qualificati a prestare la delicata assistenza alla personale malata. Conseguita la laurea triennale, gli infermieri "nuoresi" potranno proseguire la formazione frequentando un master di primo livello o altre iniziative di formazione permanente oppure iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche. ________________________________________________ L’Unione Sarda 20 nov. ’09 SANITÀ, I CONTI FANNO TREMARE LA POLITICA Audizione dei commissari Asl: verso i 260 milioni il deficit 2009 I commissari delle Asl sono stati sentiti ieri in commissione Bilancio nell'ambito della Finanziaria. I conti in rosso della sanità cominciano a far paura in via Roma. Dall'audizione dei manager Asl è emerso un quadro allarmante in commissione Bilancio (impegnata nell'esame della Finanziaria). Gli stanziamenti previsti per coprire il fabbisogno della spesa sostenuta nel 2008 e 2009 sono destinati a non bastare. I 260 milioni previsti inizialmente rischiano di coprire a malapena il rosso del 2009. E il buco è destinato a crescere nel 2010. COSTI PIÙ ALTI A far lievitare i costi ci sono le spese per il personale, la spesa farmaceutica, quelle per gli apparati elettromedici, la manutenzione degli edifici, le convenzioni esterne, l'acquisizione di beni e servizi. Molte aziende sanitarie sono in difficoltà (a partire da Carbonia, Sassari e Oristano) e gli incrementi previsti per il 2010 rendono ancora più allarmante lo scenario: per l'anno prossimo si ipotizza un piatto da 380 milioni per le spese aggiuntive. Senza dimenticare un particolare: la riforma Soru prevede che, dall'anno prossimo, il sistema sanitario regionale diventi completamente autonomo. Si staccheranno i fili dal Governo, scompariranno le coperture di bilancio garantite dai palazzi romani. CLIMA SERENO L'unica nota positiva dell'audizione dei commissari arriva dal clima politico di serenità trasversale. Maggioranza e opposizione sembrano voler mettere da parte le polemiche per provare a ricucire una sanità a pezzi. La strada verso una riforma rapida del sistema sembra obbligata. Il capogruppo del Pdl Mario Diana prova a vedere il lato buono: «In questi giorni stiamo assumendo tutte le informazioni per capire dove e come si possa intervenire». L'attenzione è rivolta verso «l'analisi degli scenari territoriali, la possibilità di scorporare gli ospedali». Il consigliere regionale considera importante «il coinvolgimento dell'opposizione». Francesca Barracciu (Pd) relatrice della minoranza nella Terza commissione, non vede scenari così disastrosi («in molte aziende sanitarie la portata del disavanzo era ampiamente prevista») e sostiene che si debba «continuare a mantenere una linea virtuosa di rigore», perché «solo se si butta via quanto fatto negli anni scorsi si rischia davvero di andare in crisi». Nel 2009 però «è aumentato il tetto di spesa per le cliniche private». Preoccupato Franco Cuccureddu (Mpa): «La situazione non è semplice, perché le dinamiche dei costi sono soggette a variabili incredibili». BORSE DI STUDIO Intanto sono in arrivo centoquarantadue borse di studio per gli specializzandi (medici e altri professionisti) impegnati nelle facoltà di Medicina. Ottantuno assegni sono per le scuole di specializzazione dell'Università di Cagliari (5 per farmacologia, 4 per fisica medica, 14 per genetica medica, 16 per microbiologia e virologia, 13 per ortognatodonzia, 15 per patologia clinica e 14 per scienza dell'alimentazione). Sessantuno quelle di Sassari (15 per biochimica clinica, 11 per chirurgia odontostomatologica, 11 per microbiologia e virologia, 12 per patologia clinica e 12 per scienza dell'alimentazione). Spesa prevista: un milione 647 mila euro per il 2009, un milione 206 mila per il 2010 e 870 mila euro per il 2011. «Con questo intervento abbiamo dato soluzione alla disparità tra medici e non medici», spiega l'assessore alla Sanità Antonello Liori, «Pur frequentando le stesse scuole, i primi percepivano un riconoscimento, gli altri non avevano alcun sostegno economico». CONSULTA DEGLI EMIGRATI Rinasce la Consulta per l'emigrazione (era decaduta dopo lo scioglimento del Consiglio a dicembre 2008). L'organismo, attivato dal neoassessore al Lavoro Franco Manca coordinerà «gli interventi a favore dei sardi emigrati all'estero e nella Penisola». GIULIO ZASSO ________________________________________________ L’Unione Sarda 20 nov. ’09 SASSARI: L’ASL CEDE GLI OSPEDALI ALL’ATENEO Sassari. Ieri vertice operativo tra il commissario Paolo Manca e i capi dipartimento Un buco di bilancio da 30 milioni di euro e l’addio agli ospedali di Sassari e Alghero. È questo l’immediato futuro della Asl 1, illustrato ieri senza tanti di giri di parole dal commissario regionale Paolo Manca, in circa un’ora di riunione con i primari e i capi dipartimento dell’ospedale sassarese. Un futuro già disegnato e che sarà scritto nero su bianco dalla Regione non appena arriverà la nomina ufficiale del commissario dell’Azienda mista di Sassari. La Asl 1 dovrà cedere all’Università (o alla nuova azienda che nascerà dalle ceneri dell’azienda mista ospedaliero-universitaria) l’ospedale civile di Sassari e quello di Alghero. Resterà nelle sue mani invece la struttura di Ozieri. La Asl perderà anche quelli che sono i servizi amministrativi, come le gare d’appalto, la gestione del personale, le forniture dei farmaci. Tutte attività che saranno controllate direttamente dalla nuova Macroarea sanitaria che ingloberà il pianeta sanità del nord Sardegna. «Il mio compito in questi sei mesi di commissariamento della Asl è questo», ha spiegato Paolo Manca, «fare gli scorpori degli ospedali e creare le nuove aziende». Come nel resto della Sardegna alla Asl resteranno i servizi sul territorio mentre la gestione ospedaliera spetterà a una nuova azienda creata ad hoc, e che si intersecherà con l’attuale azienda mista. Ma tutto questo sarà deciso nei minimi particolari dopo la nomina del commissario appunto dell’azienda mista. Intanto Paolo Manca sta già affrontando i problemi più impellenti della Asl: bilancio, mancanza di personale, arretratezza delle strutture e dei macchinari. «Per quanto riguarda il bilancio non è mio obiettivo raggiungere la parità», ha spiegato. «Sarebbe un’utopia, e perseguirla significherebbe peggiorare ulteriormente i servizi erogati all’utenza». Queste le priorità indicate dal commissario al parterre di camici bianchi riunito nella sala conferenze, all’ultimo piano del Santissima Annunziata. «Qua a Sassari la Sanità viene fuori da un lungo sonno e si è svegliata con una marea di problemi. Ci sono reparti ospedalieri con organici ridicoli, e il gap di personale non potrà essere sanato prima del prossimo anno. Fino al 31 dicembre non possiamo assumere nessuno». C’è spazio per la speranza: «Intanto ho ottenuto subito l’arrivo di quindici infermieri, poi da gennaio faremo un piano dettagliato del personale di cui abbiamo necessità». Altro urgenza sono le dotazioni: «Adesso lavoriamo con una Tac vecchia di nove anni, è come viaggiare in Balilla anziché in Maserati», continua. «Sono obsoleti anche i macchinari utilizzati per la risonanza magnetica e per le ecografie. Vi posso dire che ho ottenuto dall’assessorato regionale la disponibilità per acquistare una nuova Tac e una risonanza magnetica, al resto penseremo più in la». ( v. g. ________________________________________________ L’Unione Sarda 19 nov. ’09 MICROCITEMICO, RIVOLTA CONTRO LA FUSIONE Sanità. Ma Garau frena: «Accorpamento, siamo ancora in una fase preliminare» Antonio Cao: «Non volevo criticare i colleghi del Brotzu» I sindacati del personale del Microcitemico in stato di agitazione: «Non produce risparmio e mette a rischio un'eccellenza». Stato di agitazione al Microcitemico. Lo hanno proclamato i sindacati di categoria Fp-Cgil,Fps-Cisl e Uil-Fpl per rifiutare l'accorpamento dell'ospedale con l'azienda Brotzu. Un provvedimento che, tuttavia, non parrebbe esattamente dietro l'angolo. Almeno a sentire il direttore generale del Brotzu, Antonio Garau: «Siamo in una fase preliminare di ricognizione delle dotazioni tecniche, organiche e strutturali delle due realtà ospedaliere», si legge in una nota diffusa ieri. Fra le dotazioni in questione, anche le strutture edilizie. Che, a quanto è emerso nel corso di un'assemblea nei giorni scorsi, non consentirebbero di accorpare le Pediatrie. «Soltanto dopo il completamento dell'acquisizione dei dati - prosegue Garau - si potrà avere un'idea precisa dei tempi e della tipologia d'integrazione fra Azienda Brotzu e Microcitemico. Una cosa è certa fin d'ora: il progetto è innovativo, moderno e punta ad esaltare e non a mortificare le attività di due ospedali eccellenti». «RUOLO A RISCHIO» Ma è proprio nel merito che i sindacati dicono no: «Il Microcitemico - ricordano in una nota congiunta - negli anni, grazie al lavoro e alla professionalità di tutti gli operatori del comparto sanitario, medico e amministrativo ha saputo guadagnarsi il riconoscimento di Centro di eccellenza unico in campo europeo nell'ambito della cura e della ricerca sulle Microcitemie e di primaria importanza nell'oncologia pediatrica». L'accorpamento, sostengono, «oltre a generare un incremento dei costi piuttosto che una ottimizzazione delle risorse, produrrebbe una trasformazione organizzativa che metterebbe a rischio il ruolo che il Microcitemico sarà chiamato a svolgere sul sistema sanitario». GIORGIO LOCCI A sposare la strategia dell'accorpamento di Brotzu, Microcitemico e Oncologico allo scopo di eliminare "doppioni" fra i reparti e dar vita al «più importante centro di diagnostica per immagini» è invece, nella doppia veste di medico e consigliere regionale del Pdl, Giorgio Locci: «Il fine - ricorda - è di creare una delle più grosse Aziende ospedaliere d'Italia di alta specialità. Il patrimonio organizzativo e culturale del Microcitemico non andrà perso ma verrà accresciuto: diventerà il Polo pediatrio regionale». ANTONIO CAO Polemiche anche per un aneddoto raccontato da Antonio Cao, autorevole scienziato del Microcitemico, e riferito da questo giornale: il caso di un bambino sardo curato a Genova venti giorni fa. «A proposito della parte finale di un articolo pubblicato nei giorni scorsi chiarisco che non ho mai attribuito giudizi di critica nei confronti della divisione di pediatria del Brotzu. In realtà i colleghi, coi quali collaboro da tanti anni con reciproca stima, si orientarono correttamente e presero contatti con il Neurochirurgo di Genova per i provvedimenti del caso. I medici del Microcitemico hanno seguito la strada già iniziata dai colleghi dell' Ospedale Brotzu cercando di affrettare i tempi visto l'aggravamento del caso». ( m. n. ) MEDICI E PAZIENTI: DICIAMO NO ALL'ACCORPAMENTO Contrari anche i medici e le associazioni delle famiglie dei pazienti CAGLIARI. L'accorpamento del Microcitemico all'Azienda ospedaliera Brotzu non lo vuole nessuno. Già bocciato dai medici, in testa il genetista Antonio Cao, è stato respinto al mittente, l'assessore alla Sanità, anche dai sindacati interni e dalle associazioni dei pazienti. Il motivo è scritto in un comunicato firmato da Cgil, Cisl e Uil al termine di un'assemblea aperta, definita dallo stesso sindacato "affollata e partecipata". «Dai medici, dagli operatori sanitari e dalle famiglie dei pazienti è arrivato un nuovo no secco e unanime all'accorpamento, perché tutti vedono, in questa scelta, "una trasformazione organizzativa e un aumento dei costi piuttosto che l'ottimizzazione delle risorse destinati a mettere a rischio le prospettive che il Microcitemico è chiamato a svolgere nel sistema sanitario regionale". Il pericolo è denunciato, con parole ancora più esplicite, prima dell'annuncio ufficiale dell'immediato stato di agitazione: «Non vogliamo - scrivono i sindacati - che i riconoscimenti ottenuto da questo ospedale come centro di eccellenza unico in campo europeo nella cura e nella ricerca sulle microcitemie e anche nell'oncologia pediatrica, riconoscimenti ottenuti grazie al lavoro, alla professionalità e l'abnegazione sempre dimostrata da tutta la struttura, finiscano per essere fagocitati dal mastodontico Brotzu». La controproposta dei sindacati è perentoria: «Piuttosto che l'accorpamento deciso e imposto dall'alto in un'altra azienda ospedaliera, sarebbe stata più razionale e coerente la costituzione di un polo autonomo pediatrico ad alta specializzazione per il quale al Microcitemico è pronto da sempre». La sfida con l'assessorato alla Sanità è appena cominciata, ma c'è anche chi è d'accordo con l'accorpamento: «Il fine del progetto - scrive il consigliere regionale del Pdl, Giorgio Locci - è invece quello di dar vita a una delle più grandi aziende ospedaliere nazionali di alta specialità» ________________________________________________ L’Unione Sarda 14 nov. ’09 I TALASSEMICI: NO ALLA FUSIONE COL BROTZU La fusione tra Brotzu e Microcitemico è un progetto «del tutto incompatibile rispetto al principale ruolo dell' ospedale Microcitemico di erogare assistenza ai soggetti talassemici, ai pazienti oncoematologici, agli emofilici, alle persone affette dalle malattie rare e rispetto alle attività di screening sulla talassemia, di diagnosi prenatale e del pre-concepimento e di ricerca e cura delle malattie genetiche e metaboliche». Lo sostiene Giorgio Vargiu, presidente regionale dell'Associazione sarda per la lotta alla talassemia, in una nota di commento alla decisione, contenuta nella legge regionale 3/2009 e ribadita in una delibera di giunta del 15 settembre scorso, di accorpare i due ospedali in un'unica azienda ospedaliera da 650 posti letto, 40 mila ricoveri, 200 mila pazienti trattati in ambulatorio, circa 2115 dipendenti. Vargiu, a capo di un'associazione costituita nel '74 e che rappresenta quasi tutti i 1200 talassemici sardi sottolinea il suo «disappunto» e la sua «delusione» per una decisione presa «senza tener conto del punto di vista delle associazioni dei pazienti che afferiscono al Microcitemico». Un fatto ritenuto grave perché «si è in presenza di persone affette da non lievi patologie croniche». Per il presidente «lascia molto perplessi l'accorpamento di due strutture ospedaliere non affini tra loro, atteso che una, il Brotzu, si occupa di malati acuti e l'altra, il Microcitemico, di cronici. Ciò che appare prioritario, d'altra parte, non è l'accorpamento di unità ospedaliere dissimili, ma rendere il presidio del Microcitemico più efficiente, potenziandone e salvaguardandone i servizi attuali, soprattutto non indebolendo e non privandosi degli organici esistenti, sia al livello di personale ospedaliero che universitario». Per Vargiu, «l'importante ruolo di centro di riferimento regionale della talassemia e delle altre malattie rare dell'ospedale di via Jenner non può e non deve essere messo in forse e gli importanti livelli qualitativi conseguiti sia in fatto di terapia che di ricerca, non possano essere compromessi con operazioni di politica sanitaria tali da sconvolgere i preziosi e delicati equilibri sinergici faticosamente raggiunti tra i numerosi reparti e servizi esistenti». ________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 19 nov. ’09 MA QUALE OTTIMIZZAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE? «SI VOGLIONO OCCUPARE QUESTI SPAZI PER COMPIACERE INTERESSI che non sono certo del Microcitemico». Così Antonio Cao, professoree direttore di Clinica pediatrica II, a proposito dell'accorpamento prossimo venturo (esiste già il progetto contenuto in una legge regionale del 00 ) di Brotzu e Microcitemico. «Vengoa sapere che Valentino Martelli (primario di Cardiologia vascolare al Brotzu nd ) ha già fatto un giro da queste parti per monitorare il centro trasfusionale e le terapie intensive. Nessuno mi ha avvertito. La verità è che si vuole dare spazioa quelli del Brotzu». E, a parte il fatto che sulla fusione lo scienziato e ricercatore dice di non essere «mai stato coinvolto dall'assessore alla Sanità, Antonello Liori, benché io conosca ogni mattonella di questo ospedale»,è la sparata sulla ricerca che lo spingea parlare di «mobilitazione e assemblee». «Come ci si può augurare che l'azienda Mista porti via tutti i settori che si occupano di ricerca? Il nostroè un centro d'eccellenza, non esistono strutture valide che non si concentrano sulla ricerca. Ci sono tanti esempi che lo dimostrano». Secondo Cao il Microcitemico ha diritto di stare solo perché ha sufficiente unicità: «L'accorpamento con un ospedale enorme qual è il Brotzu, dove gli interessi sono molto diversi, significherebbe per il Microcitemico diventare il figlio minore. Non sono contrario alla fusione in sé, ma bisogna capire con chiarezza quale sarà il risultato». Un figlio minore che si prende cura di almeno cinquecento talassemici. Dal Brotzu dovrebbero emigrare il centro per l'autismo, la Cardiologia pediatricae la pediatria. La nuova ala del microcitemico, ancora in costruzione, era destinata ad ospitare laboratori di ricerca, e un'assistenza, se possibile ancora più dignitosa. Con la fusione il Brotzu si accaparrerebbe l'ala e anche di più. E i 500 talassemici? «Che fine faranno? - chiedonoi sindacalisti Paolo Cugliarae Lino Marrocu di Fialse UglE il personale? Potrà scegliere se passare all'azienda sanitaria numero , o restare nel nuovo soggetto sanitario che presumibilmente si chiamerà Azienda Brotzu Microcitemico?». «Non stiamo parlando - puntualizza Cugliara - di infermieri che lavorano meno degli altri, come ha detto qualcuno nei giorni scorsi, ma di operatori impegnati in reparti come ncologia pediatrica, ncoematologia ed endocrinologia. Per questo proclamiamo lo stato di agitazione nell'attesa che ci vengano date garanzie sul futuro della ricerca, del personale e dei pazienti dell'ospedale». Anche Cgil, Cisl e Uil, riunite mercoledì in assemblea con medici infermieri e associazioni dei malati, dicono no all'accorpamento col Microcitemico. Dove il direttore di Clinica pediatrica II, Antonio Cao, vanta una storia lunga: « ra siamo diventati un centro di riferimento per le malattie rare». Tra un po' potrebbe non essere più così. oberto Murgia cagliari ilsardegnablu.it ________________________________________________ Corriere della Sera 15 nov. ’09 COSÌ FUNZIONANO GLI ARCHIVI DELLA MEMORIA Come il computer L' ippocampo, che gestisce la memoria recente, è come la Ram di un computer Per archiviare il ricordo di un fatto appena accaduto si formano cellule nervose nuove in una zona del cervello chiamata ippocampo, che distruggono le connessioni fra quelle preesistenti. Ma i ricordi associati ai neuroni «tagliati» non vanno persi, bensì vengono schedati in altre zone del cervello. Semplificando parecchio il concetto, pare funzionare proprio così il sistema con cui il cervello organizza la relazione fra la cosiddetta «memoria recente» e quella «a lungo termine». Lo hanno scoperto scienziati giapponesi dell' università di Tyama. studiando l' encefalo di topi da laboratorio. L' ippocampo funzionerebbe quindi in modo non molto diverso, sotto questo aspetto, dalla memoria di un computer: quando la capacità massima è stata raggiunta, per aggiungere nuove informazioni bisogna cancellare qualcosa oppure archiviarla su un altro supporto di memoria, più capiente e meno «volatile». Detto così può sembrare quasi banale ma la scoperta, pubblicata non a caso sulla prestigiosa rivista scientifica «Cell», ha destato molto interesse. Si sapeva, infatti, che l' ippocampo riveste un ruolo cruciale nella memorizzazione di eventi recenti, così come era noto che vi si formassero nuovi neuroni anche negli individui adulti. Ma si riteneva che le nuove cellule nervose potessero servire a integrare le connessioni esistenti per mantenere i ricordi, pur potendo interferire con esse. E invece proprio questa azione di «disturbo» sarebbe quella più necessaria per il buon funzionamento del sistema. Ciò potrebbe spiegare perché l' esercizio, che accelera la «cancellazione» neuronale a livello dell' ippocampo, possa contribuire a mantenere una memoria più efficiente. E potrebbe anche convincere noi a spostare nei cassetti o gettare nel cestino più rapidamente i documenti che si accumulano sulla scrivania per far posto a quelli appena arrivati _________________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Nov. ‘09 DIMENTICHIAMO PIÙ DI QUANTO RICORDIAMO Le donne egli elefanti non dimenticano mai, diceva Dorothy Parker. Non è questa la sensazione quando cerchiamo di studiare qualche soggetto particolarmente massiccio. A un certo punto il cervello ci pare satollo, niente sembra più poter entrare, a meno di non dimenticare qualcos'altro. Ebbene, questa impressione rispecchia proprio ciò che accade nella nostra testa, se la guardiamo molto da vicino, osserva Kaoru Inokuci, dell'università giapponese di Toyama. In uno studio pubblicato su «Cell», il ricercatore mostra che i neuroni appena nati nel "centro della memoria" fanno spazio per nuovi ricordi cancellando quelli vecchi. Li buttano fuori. Da dieci anni, infatti, si sa che queste cellule si riformano anche negli adulti. In particolare nell'ippocampo, una regione associata all'apprendimento é alla memoria. Molti avevano ipotizzato che i neuroni appena nati servissero a fissare nuovi ricordi, ma non si sapeva come. Inokuci e altri colleghi hanno provato a vedere cosa succedeva nella testa di roditori se si bloccava la crescita dei neuroni o se la si aumentava (attraverso l'esercizio). Hanno così scoperto che le giovani cellule nell'ippocampo cancellavano le vecchie memorie (ovvero le connessioni tra neuroni preesistenti) e aiutavano a spostarle, in un'area di immagazzinamento a lungo termine che si trova nella neocorteccia. È probabilmente quel che sta accadendo ora nella vostra testa, se ricorderete questa notizia. Inokuci ha preso in esame le paure, ma crede avvenga lo stesso per tutti i ricordi, compresi quelli più piacevoli. Dimentichiamo molto di più di ciò che ricordiamo, scriveva nel 1732 Thomas Fuller, nella sua raccolta di proverbi Gnomologia. Secondo voi, io potrebbe ancora affermare oggi? _________________________________________________________________ LA STAMPA 21 nov. ’09 PIÙ BELLE SENZ'ACQUA I consigli Mangiare molti spinaci, eliminare alcol e sigarette e rinunciare del tutto all'abbronzatura Nuove tecniche C'è chi consiglia di mangiare cioccolata ogni mattina: «Riduce lo stress e migliora l'aspetto del volto» Uno studio inglese: non è vero che bere molto fa bene alla pelle e combatte le rughe Uno a uno crollano tutti i miti della cosmesi: tanti sacrifici per nulla a Narciso, che annega per afferrare la propria immagine riflessa nel fiume, alle nostre antenate disposte a immergersi nella calce viva per rimuovere i peli superflui dal corpo, come racconta Bartolomeo Trommsdorff nel manuale del 1821 «Callopistria, ossia la chimica diretta al bello del mondo elegante», la storia della bellezza è impastata di lacrime e sangue. Anche oggi il mito più effimero è quello che meglio resiste al tempo: la settimana scorsa il presidente dell'associazione dei chirurghi plastici britannici Nigel Mercer ha denunciato la cifra record di centomila operazioni cosmetiche l'anno (e in Italia si parla di cifre ancora superiori). Non c'è fine alla ricerca della perfezione: se l'obiettivo resta costante nei secoli i metodi per raggiungerlo mutano continuamente, costringendo le donne (ma ormai anche gli uomini) a un estenuante esercizio d'aggiornamento quotidiano. I VERI RIMEDI Credevate che trangugiare quantità oceaniche d'acqua restituisse alla pelle l'elasticità dei suoi primi sedici anni? Sbagliato. Il rapporto Food for Skin Report della British Nutrition Foundation (Bnf) rivela ora che la combinazione tra una dieta equilibrata e un'accorta,protezione dal sole combatte l'avanzata delle rughe assai meglio dei classici due litri al giorno. Non che i dermatologi anglosassoni ridimensionino l'importanza dell'idratazione: l'acqua costituisce il 70 per cento del peso corporeo e secondo gli ultimi studi del Mental Health Foundation è fondamentale nella cura della depressione. Ma se si parla di zampe di gallina sotto gli occhi allora bisogna parlare di vitamine A, B, C ed E, quelle presenti in quasi tutta la frutta e la verdura: sono loro, sostiene il BNF,l’unico vero rimedio naturale contro l'invecchiamento di viso e decoltè. «Non esistono prove scientifiche a sostegno della teoria che bere molto riduca la formazione delle ruge, si tratta solo di una credenza popolare», spiega al «Daily Express» l'autrice del rapporto, Heather Yuregir. E pazienza per chi da anni affida la propria immagine al rubinetto, distinguere il rimedio della nonna dalla prescrizione del dottore non è automatico come sembra. Nel saggio «Don't swallow your gum and other medical myths debunked» («Non inghiottire la gomma da masticare e altri miti medici smascherati»), i pediatri americani Aaraon Carroll e Rachel Vreeman smascherano uno ad uno i falsi miti della scienza medica, quelle leggende urbane che a forza d'essere ripetute diventano dogmi, dall'uomo che sfrutta appena il dieci per cento del cervello ai capelli che continuano a crescere dopo la morte. L'acqua insomma non è tutto. Un servizio della Bbc di alcuni mesi fa mostrava l'assenza di differenza tra la pelle di una ragazza che aveva bevuto due litri d'acqua al giorno per una settimana e quella di una alimentata a tè, caffè, succhi di frutta. Il valore aggiunto, insiste la dottoressa Yuregir,. È mangiare spinaci, bandire sigarette e alcol ma soprattutto rinunciare alla tintarella che alla fine dell'estate la scia sul volto segni assai più profondi d'una preoccupazione prolungata: «La maggior parte delle rughe dipende dal sole così come le macchie e l'ispessimento della cute». Come dire che serve più una buona crema protettiva d'una impegnativa terapia da cammello. «L'ottanta per cento dell'invecchiamento dèlla pelle è causato dai radicali liberi che vengono prodotti dall'inquinamento e da altri fattori ambientali», osserva il dottor Howard Murad nel suo saggio The Murad Method. Per quanto riguarda il rimanente venti per cento sembra sia peggio essere stressati che assetati. Sarà per questo che l'ultimo numero del Journal of Cosmetic Dermatology suggeriva la cura della dolcezza, un quadratino di cioccolato. fondente ogni mattina per un incarnato da fare invidia a Lolita. Chi beve per dissetare lo specchio può respirare un po'. Almeno fino alla prossima ricer ca sull'efficacia miracolosa di qualche elisir per conquistare la bellezza o preservarla in eterno. Anche perchè ai miracoli non crede quasi più nessuno. Non sappiamo quanta acqua assuma la top model Kate Moss ma l'impressione è che preferisca una scorciatoia come Tua Tre'nd, il gadget da duecento sterline per rassodare i muscoli facciali e poi brindarci su. CONTRORDINE Delcorpo umano è costituito da acqua: e secondo gli ultimi studi dei Mental Health Foundation i liquidi sono fondamentali nella cura della depressione LA STRONCATURA «Non esistono prove del rapporto tra i liquidi e la cute: è una leggenda» IL CONFRONTO «Nessuna differenza tra chi assume due litri al giorno e chi consuma solo bibite» Ambiente:L'invécchiaménto del viso è accelerato dall'inquinamento» CENTO COLPI DI SPAZZOLA PRIMA DI DORMIRE Dicono che servano a mantenere i capelli sani e a dare loro lucentezza e volume; in realtà li sottopongono a una sollecitazione eccessiva. Si tratta di un fenomeno noto come weathering, che è poi ogni manipolazione dei capello, meccanica o chimica, che produce un danno alla cuticola (fino al danno più grave, l'alopecia). Spazzolare i capelli fa bene; ma non in modo ossessivo. TAGLIARE I CAPELLI LI RINFORZA La chioma non è un prato e i capelli non sono come l'erba. la parte vitale del capello è il follicolo pilifero, che è sottocutaneo e non viene influenzato da taglio e lunghezza della chioma: I capelli corti però si rovinano meno perché non vengono sottoposti con la stessa frequenza e intensità ai piccoli traumi della pettinatura, dei phon, della stiratura o della piega. Ma non perché si rinforzino grazie al taglio. IL CIOCCOLATO FA VENIRE I BRUFOLI Un rapporto dell'American Medicai Association ha confermato che l'acne giovanile non è causata dal consumo di cioccolato e che non c'è legame diretto tra cibo e comparsa dei brufoli.'I responsabili sono fattori ormonali e genetici. Una convinzione dura a morire, però, se ci credono ancora 7 adolescenti su 10; anche se le prime ricerche sul rapporto cioccolato- brufoli risalgono agli Anni Sessanta-Settanta: BISOGNA DORMIRE OTTO ORE PER NoTTE La regola non vale per tutti perché ciascuno ha il suo fabbisogno di sonno giornaliero, che resta lo stesso per tutta la vita. Non è vero, infatti, che più si invecchia meno si ha bisogno di dormire. Gli anziani dormono meno, ma le necessità restano le stesse. Non a caso chi si sveglia all'alba «integra» con sonnellini. Similmente, alzarsi tardi la domenica non serve a «recuperare» il sonno perso in settimana. ________________________________________________ L’Unione Sarda 19 nov. ’09 SE LA GENETICA UCCIDE L'INDIVIDUALITÀ La deriva dell'animale sociale di Ezio Laconi* Non è lontano il giorno in cui, entrando in un ristorante, dopo esserci seduti a tavola, la prima cosa che ci verrà cortesemente richiesta dal cameriere- genetista sarà la nostra mappa genetica, che dovremo avere sempre appresso. Il cameriere-genetista darà un primo sguardo alla mappa e ci proporrà il menu individuale più adatto a noi. Lo trasmetterà quindi al cuoco-genetista, il quale, come è giusto, chiederà l'approvazione dello chef-genetista prima di preparare qualunque pietanza. Avremo così la garanzia che quello che mangiamo sia davvero ciò che si adatta meglio ai nostri geni, e pazienza se non dovesse essere così anche per il nostro palato. Del resto è da tempo che abbiamo smesso di coltivare la capacità discriminatoria del nostro senso del gusto, che pure ci ha guidato per millenni. Ma non sarà un problema: i cibi potranno anche non avere più alcun sapore; sarà la Nutrigenomica a decidere e certificare cosa è opportuno che ciascuno di noi mangi, senza dover ricorrere a criteri primitivi e tutto sommato animaleschi come i sapori e gli odori; i quali anzi possono essere fuorvianti e perciò pericolosi. La Scienza si prenderà cura di noi e non sarà più necessario, e neppure utile, che ciascuno eserciti il libero arbitrio su ciò che deve mangiare. La parodia dello chef-genetista può apparire esagerata ma illustra una tendenza culturale che lentamente si sta radicando, incontrastata, nei modi di pensare e nei comportamenti pubblici e privati. Da tempo, e soprattutto da quando, circa dieci anni fa, è stato portato a termine il sequenziamento completo del genoma umano, la Scienza ufficiale e in particolare i genetisti alimentano l'idea che tutto, o quasi, di quello che siamo sia spiegabile attraverso la lettura della nostra mappa genetica: quanto siamo intelligenti, quanto vivremo, se siamo predisposti a una patologia piuttosto che a un'altra, quali siano le tendenze del nostro carattere, quali siano, appunto, i cibi a noi più idonei. È una scienza che, attraverso l'autopsia del nostro genoma, consegna e impone a ciascuno di noi un'identità precostituita e passiva, l'esatto contrario dell'identità che sentiamo più nostra come individui, che è fatta di esperienza, di cultura, di relazioni con gli altri, di sentimenti, di affetti di cui ci sentiamo protagonisti. La ricerca che ha portato alla lettura completa del DNA umano scaturisce dall'idea, più o meno consapevole, che esista un prototipo di genoma perfetto che, in quanto tale, sia utile identificare per poterlo utilizzare come riferimento assoluto. Quest'idea è ben compatibile con il credo religioso per cui l'uomo è diretta creazione divina; anzi, è probabilmente il prodotto di questo credo. Tuttavia fa a pugni con le conoscenze che oggi abbiamo sull'evoluzione della vita sulla Terra. Ma tant'è. Quest'idea, scientificamente infondata e socialmente aberrante, può condizionare e già in parte condiziona il nostro approccio ai problemi della salute. Se infatti esiste e viene decodificato il genoma perfetto, la prima conseguenza è che tutti noi, individui della specie umana in carne e ossa, diventiamo automaticamente portatori di un numero più o meno elevato di imperfezioni. Esisterà sempre uno scarto, più o meno ampio, fra il nostro genoma individuale e quello del prototipo di riferimento. Siamo cioè "difettosi" o, come minimo, portatori di predisposizioni che ci fanno correre il rischio di sviluppare questa o quella patologia. Nasciamo, cioè, tutti, chi più, chi meno, già "malati", imperfetti e quindi perfettibili. L'altra conseguenza, forse ancora più devastante, è che la salute, come l'alimentazione, diventa sempre più un problema del singolo individuo; se infatti essa dipende in larga misura dalla mappa genetica di ciascuno, non ha più molto senso parlare di tutela della salute collettiva. In quest'ottica non esistono più misure protettive che riguardino l'intera comunità, in quanto ciò che è utile per un individuo può non esserlo per un altro, e viceversa. Non è più il fumo come tale a far male, ma è l'individuo geneticamente predisposto a subire gli effetti negativi del fumo. Si mina, alla radice, il senso stesso della collettività, di un insieme di individui che condividono e perseguono gli stessi obiettivi su un aspetto così rilevante della propria vita quale quello connesso alla difesa della salute. Si accentua la deriva verso un individualismo vuoto e impersonale, senza carattere, e si smarrisce l'essenza più profonda dell'uomo come animale sociale. *Università di Cagliari ________________________________________________ Il Sole24Ore 19 nov. ’09 VACCINO A RESPONSABILITÀ PUBBLICA Influenza A LA PREVENZIONE Il contratto del governo con Novartis esonera totalmente la casa farmaceutica L'accordo, secretato dal ministero, prevede che il produttore sia esentato dai risarcimenti per qualsiasi danno patito dagli utenti Barbara Gobbi Manuela Perrone ROMA «Il ministero è tenuto a indennizzare, manlevare e tenere indenne Novartis da qualsiasi perdita che Novartis sia tenuta a risarcire in conseguenza di danni a persone e/o cose causati dal prodotto», fatta eccezione per quelli legati a «difetti di fabbricazione». Il «prodotto» in questione è il vaccino Focetria contro il virus A/H1N1, l'unico acquisito dall'Italia. L'esonero per l'azienda produttrice da ogni responsabilità per eventuali danni da vaccino, anche imprevedibili e inattesi, è messo nero su bianco a pagina 10 del contratto siglato il 21 agosto 2009 tra il ministero della Salute e la multinazionale svizzera. Un'assunzione totale di rischio per la parte pubblica, giustificata dall'emergenza pandemia e firmata dai governi dei 50 paesi che hanno acquistato il siero Novartis. Il contratto italiano vale 184,8 milioni, Iva compresa, per 24 milioni di dosi. Diciannove pagine che il dicastero tiene secretate, come prevede il punto 10.2: «Per maggiore chiarezza l'esistenza del contratto e le disposizioni in esso previste si considerano informazioni riservate». Soggette, pertanto, all'«assoluto riserbo», se non in caso di azioni legali. Riservatezza finora rispettata al punto da indurre la commissione Igiene e sanità del Senato a chiedere, due giorni fa, di poter «venire a conoscenza» dell'accordo. Eppure sull'obbligo di riserbo lo stesso ufficio di controllo della Corte dei conti a settembre aveva espresso riserve, ritenendolo, «in considerazione dell'evidenza pubblica della procedura, impossibile da rispettare». Così come su tanti altri aspetti: l'acquisto a scatola chiusa (il vaccino ad agosto non era ancora stato autorizzato); nessuna penalità in caso di mancato rispetto delle date di consegna; l'assenza del parere di un organo tecnico «in grado di attestare la congruità dei prezzi» (in genere è l'Aifa). Il visto della Corte dei conti a un provvedimento «al di fuori degli ordinari schemi contrattuali» alla fine era arrivato, grazie all'«eccezionalità e somma urgenza dell'intervento». Controcorrente va la Polonia. In un attacco sferrato durante un discorso in Parlamento il 5 novembre, circolato solo ieri, il ministro della Salute Ewa Kopacz spara a zero. «Qual è il dovere di un ministero della Salute? Concludere accordi che facciano l'interesse dei cittadini o quello delle case farmaceutiche?». E aggiunge: «I polacchi sanno capire quella che è una situazione oggettiva e quella che è una truffa». Parole che interpretano i "mal di pancia" di tanti cittadini comuni e di esperti del settore. Che chiedono più d'una risposta: sulla sicurezza dell'adiuvante, così come sull'effettiva necessità di vaccinarsi, dal momento che il virus appare blando. In Italia, dove i decessi sono saliti a 70, la scorsa settimana aveva deciso di sottoporsi alla profilassi soltanto l'8% dei medici, mentre quasi la metà degli inglesi che ne avrebbero diritto rifiutano la vaccinazione. Anche in Germania, dove sono state acquistate 50 milioni di dosi del vaccino adiuvato Pandemrix prodotto da Gsk, la campagna si è rivelata un flop: solo il 10% delle dosi è stato finora utilizzato. E nelle ultime tre settimane dopo il vaccino sono morte sette persone. Un nesso di causa-effetto «tutto da verificare», ha però precisato Susanne Stoecker, portavoce dell'Istituto federale che si occupa di vaccini. Ma le voci autorevoli pro-vaccinazione sono molte. Non ha dubbi il responsabile vaccini Novartis, Rino Rappuoli: «Il nostro prodotto è stato testato in più di 8mila persone tra 6 mesi e 90 anni. Abbiamo fatto un lavoro straordinario per dare al mondo un prodotto sicuro». Rappuoli getta acqua sul fuoco anche sulla "deresponsabilizzazione" dell'industria prevista dal contratto («È la prassi in situazioni d'emergenza») e sulla posizione del ministro polacco: «Politica, priva di basi tecnico-scientifiche». ________________________________________________ Corriere della Sera 15 nov. ’09 FUTURE MAMME, I RISCHI E I VACCINI Oltre la metà dei casi di influenza da A H1N1 che hanno reso necessario il ricovero in ospedale riguardano persone con patologie croniche o donne incinte. Da qui la decisione di raccomandare la vaccinazione in via prioritaria a chi è in dolce attesa. Secondo i dati pubblicati da Lancet una donna in stato interessante rischia sette volte di più di sviluppare complicanze pericolose, a cominciare dalla polmonite. Oltretutto il vaccino è uno scudo per il bambino. C' è una relazione diretta tra infezione in gravidanza e parto pretermine. Perché le donne incinte sono più vulnerabili? 1 Dal momento in cui l' embrione si annida nell' utero, avvengono una serie di modificazioni che permettono al feto di svilupparsi. In pratica il sistema immunitario diventa più tollerante in modo da poter accettare l' «estraneo». Le difese si abbassano, dunque anche la risposta all' attacco dei virus è più fiacca In questa fase della vita la donna è più a rischio? 2 La donna incinta rischia di più per ogni malattia infettiva, ad esempio varicella, parotite ed herpes, e dovrebbe proteggersi. Il vaccino per l' influenza stagionale è già raccomandato, come quello per l' A H1N1 (nel 3° e 4° trimestre di gravidanza). Oltre alla mamma viene difeso anche il neonato che attraverso la placenta riceve gli anticorpi materni. Nei primi mesi l' influenza è molto pericolosa per il bambino, per l' immaturità del suo sistema immunitario È vero che sono pericolosi i vaccini con adiuvante? 3 Non c' è motivo di affermarlo. In Italia viene utilizzato il vaccino Focetria, di Novartis, che contiene un adiuvante - cioè una sostanza che rinforza l' immunità, in questo caso lo squalene o MF59 - presente dal ' 97 nei vaccini contro l' influenza stagionale. Da allora al 2006, secondo il Consiglio superiore di sanità, oltre 27 milioni di cittadini europei hanno ricevuto questo adiuvante «la cui sicurezza e efficacia è confermata da ampi studi di farmacovigilanza». Lo squalene è una sostanza naturale, precursore del colesterolo e oltretutto una dose di vaccino ne contiene quantità minime (9,75 mg) Perché la Svizzera ha vietato il vaccino con l' adiuvante? 4 La Svizzera ha acquistato un altro tipo di vaccino, il Pandemix, prodotto da Smk, con un adiuvante diverso (AS03) anche se a base di squalene. Ammesso che i rischi collegati a quel farmaco vengano confermati non ci riguardano. Un terzo vaccino non adiuvato è prodotto da Baxter, ma in Italia non c' è È necessaria la doppia dose durante la gravidanza? 5 Sì, per Secondino Guaschino, ginecologo all' università di Trieste, la doppia somministrazione a distanza di 3 settimane l' una dall' altra conferisce un' immunità più solida e duratura. Non fa differenza se ci si vaccina nel 3° o 4° trimestre. L' importante è comunque anticipare il picco pandemico, atteso per Natale De Bac Margherita