RASSEGNA STAMPA 15/05/2011 NUMERO CHIUSO: UNIFICATO IL TEST PER MEDICINA E ODONTOIATRIA L'OCSE DÀ UN BEL VOTO ALLA GELMINI IN DIFESA DELL'UNIVERSITÀ CHE AMPLIFICA IL SAPERE UNIVERSITÀ DI SIENA: "I RETTORI TRUCCAVANO I BILANCI FRATI: LA CARRIERA DA RECORD DEL FIGLIO DEL RETTORE CAGLIARI: L’UNIVERSITÀ PREMIA 22 GIOVANI ECCELLENTI CAGLIARI: COPIÒ LA TESI: CONDANNATA PER PLAGIO TESI COPIA E INCOLLA GENERAZIONE A ZERO EURO MENO TASSE SUL RIENTRO DEI CERVELLI LA RICERCA MERITA PONTI D'ORO BANDI PRIN RICERCA, ANTITRUST CONTRO MIUR IL MONDO E’ PIATTO: ISTRUZIONE SENZA CONFINI SUPERCOMPUTERS, ALTERING AND DEFINING SCIENCE BRAVO EINSTEIN, AVEVI RAGIONE IL DIGITALE PAREGGIA CON LA CARTA ========================================================= AUSTERITY, OSPEDALI A CACCIA DI TAGLI PER 10 MILIONI EMERGENZA ARTRITE REUMATOIDE: L'ESPLOSIONE DEI COSTI SOCIALI QUANDO LE STATUE DI CERA AIUTAVANO GLI SCIENZIATI SCLEROSI, FORSE LA CAUSA IN UN DIFETTO DI DRENAGGIO NELLE VENE PIANO E-GOV 2012 AL RUSH FINALE UNA CERTIFICAZIONE EUROPEA PER I PRODOTTI DI E-HEALTH FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO: MARCHE: L'E-HEALTH DIMEZZA I RICOVERI ROTTA VERSO IL PATIENT FILE TUTTI I BENEFICI DI UNA CLASSIFICAZIONE DELLE CURE PRIMARIE CODIFICA DELLE INFORMAZIONI CLINICHE BLACKBURN: VI FARÒ INVECCHIARE IN SALUTE" DUE TESTIMONI DI GEOVA RISARCITE PER LE TRASFUSIONI SYNTHETIC BLOOD SAVES LIFE I CHIRURGHI E LE OPERAZIONI ESTREME: NOI, TUTTI CONDANNABILI IL CAFFÈ PROTEGGE DAL TUMORE DEL SENO, MA NON IN TUTTI I CASI COFFEE CONSUMPTION MODIFIES RISK OF ESTROGEN-RECEPTOR NEGATIVE BREAST CANCER UNA PROTEINA CONSENTE DI RALLENTARE LO SVILUPPO DEL TUMORE AL SENO UN'OPERA D'ARTE PUO' GENERARE UN AUMENTO DI DOPAMINA PER L'INTOLLERANZA AL LATTOSIO ESISTE UNA COMPONENTE PSICOLOGICA LE 8 POSSIBILI CAUSE CHE POSSONO DETERMINARE IL RISCHIO ICTUS CHIARITO UN MECCANISMO CHIAVE DELLE INFEZIONI BATTERICHE ========================================================= ____________________________________________________ Corriere della Sera 15 Mag.’11 NUMERO CHIUSO: UNIFICATO IL TEST PER MEDICINA E ODONTOIATRIA Università, addio ai quiz di cultura generale Graduatorie regionali per concorrere in più atenei ROMA — Per diventare un bravo medico è necessario sapere se la Società delle nazioni non è riuscita a scongiurare a) la Seconda guerra mondiale b) la Prima guerra mondiale c) la guerra in Iraq? E per studiare da architetto bisogna indovinare la capitale dell'Arabia saudita mettendo la x al posto giusto tra Ryad, Dubai o Muscat? La questione ha fatto discutere i professori ed arrabbiare i candidati, costretti a prepararsi guardando i quiz della tv. Ma, dopo anni di disonorato servizio, le domande di cultura generale spariscono dai test d'accesso per le facoltà a numero chiuso. A settembre — si comincia il 5 e si va avanti per quattro giorni — non ci saranno più tra gli 8o quesiti che sbarrano la strada agli aspiranti medici, veterinari e architetti. Al loro posto arriverà una dose aggiuntiva di quesiti logico-deduttivi oppure tagliati sulle materie fondamentali per il singolo corso di laurea. Se ne parlava da tempo ma adesso la decisione è ufficiale, scritta nel decreto ministeriale che regola i test d'ammissione, ormai agli ultimi ritocchi. Non è l'unica novità della prossima ondata del quizzone, pensato nel 1997 per evitare l'affollamento delle facoltà più ambite. Per la prima volta ci sarà un test unico per Medicina e Odontoiatria, facoltà cugine spesso scelte una in alternativa all'altra. Nelle università che offrono tutti e due i percorsi la graduatoria sarà unica e poi saranno i vincitori, a partire dal primo in classifica, a scegliere in quale delle due facoltà iscriversi. Di modifica ne viene introdotta un'altra ancora più importante, anche se in forma sperimentale. Oggi i test valgono per entrare solo in una università, Statale di Milano o Sapienza di Roma che sia. Una scelta che semplifica le procedure ma che comporta uno «spreco di cervelli». Per capire cosa vuol dire bisogna fare un esempio. Un ragazzo preparato prova ad entrare nella migliore facoltà d'Italia di Medicina. Ma in quella facoltà, che attira i più motivati, è il primo dei non ammessi e lui finisce per iscriversi a Giurisprudenza. A studiare Medicina, invece, sarà un ragazzo meno preparato ma che ha scelto di entrare in una facoltà meno ambita e trovato un test con meno concorrenti. Per questo si pensa a test e graduatorie valide nell'intera Regione, così chi non entra a Milano può entrare a Pavia, o allargato a più regioni. Ma per il momento la commissione ministeriale chiamata a riscrivere le regole ha scelto la strada prudente della sperimentazione. Si comincia con un test unico per Medicina a Udine e Trieste, per Veterinaria a Camerino e Teramo, per Architettura a Napoli e Salerno. Anche quello della Sapienza di Roma è un esperimento perché i 600 posti di Medicina non saranno più divisi in tre concorsi diversi ma messi in palio con una graduatoria unica, riducendo per quanto possibile il ruolo della fortuna. Le sperimentazioni sono volontarie e si cercano altre università disponibili. Un'altra novità importante dovrebbe arrivare l'anno prossimo. Agli esami di maturità del 2012 ci sarà uno scoglio in più, un test uguale per tutti come quelli dell'Invalsi che in questi giorni hanno fatto tanto discutere. Una prova standard che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe misurare il livello degli studenti a prescindere dal metro di giudizio dei loro professori. Anche quel voto potrebbe pesare nelle prove di ammissione per l'università. Lorenzo Salvia Novità Quesiti Dai test d'ingresso per le facoltà a " numero chiuso spariscono i quiz di cultura generale Prova Prevista una prova unica a Medicina e Odontoiatria: chi passa sceglierà a quale delle due iscriversi Territorio I test varranno su base regionale per potere accedere a più atenei ______________________________________________________ MF 10 mag. ’11 L'OCSE DÀ UN BEL VOTO ALLA GELMINI PAUL O'BRIEN, AUTORE DEL RAPPORTO ITALIA: LA RIFORMA UNIVERSITARIA AIUTERÀ L'ECONOMIA Secondo l'organizzazione parigina, il pil italiano quest'anno crescerà dell'1,2% per poi accelerare all'1,6% nel prossimo DI VINCENZO SCIARRETTA Una crescita anemica. È quella che continuerà ad avere l'Italia secondo l'Ocse, che ha preparato un rapporto specifico sulla Penisola. Le stime dell'organizzazione parigina mostrano che quest'anno il pil crescerà dell' 1,2% e l'anno prossimo dell'1,6%, mentre bisognerà aspettare il 2013 o il 2014 per tornare ai livelli del 2007. Paul O'Brien, uno degli autori del rapporto, qui spiega che tuttavia lo stato di salute dell'Italia presenta anche degli aspetti positivi. Domanda. L'Europa è scossa in queste ore dal timore che la Grecia non sia in grado di far fronte al suo debito. L'Ocse, fortunatamente, ci sta dicendo che l'Italia non ha nulla a che spartire con il dramma ellenico e la situazione dei nostri conti pubblici è sotto controllo, giusto? Risposta. Giusto. Intanto vale la pena di ricordare come il deficit pubblico del 2010 sia stato migliore delle aspettative. Le previsioni lo collocavano al 5% del pil, mentre in realtà si è assestato al 4.6%. E il fatto che in un'economia fiacca il governo sia riuscito a battere le aspettative lascia presagire un futuro ancora più incoraggiante: infatti le misure di contenimento per il 20112012 sono già state approvate e, di conseguenza, è plausibile che l'Italia riesca a ridurre il deficit al 2.7% entro il 2012. D. Molti italiani auspicano un carico fiscale meno gravoso. E solo una pia illusione? R. In questa fase congiunturale, limitare la spesa e tagliare il deficit corrispondono alle più impellenti necessità del Paese. Se ciò accadrà, poi sarà il governo a stabilire cosa fare del gettito, se ridurre le tasse o impiegarlo in altro modo. Ma alla radice dì un eventuale alleggerimento fiscale stanno di sicuro il controllo della spesa e il calo del deficit. D. Eppure negli ultimi anni la spesa pubblica non è affatto diminuita come percentuale del prodotto interno lordo. R. Ma questa è una conseguenza della recessione. L'economia privata è andata a fondo, mentre la spesa pubblica no, complice anche l'attivazione degli ammortizzatori sociali. D. Quindi lei sostiene che, con la ripresa, la spesa pubblica giocherà un ruolo meno importante, insomma diminuirà. R. Esattamente. Il programma di stabilità determina una riduzione della spesa pubblica e io ne condivido le previsioni. D. L'altro nodo dell'economia italiana è la sua crescita anemica. Negli ultimi 5, 10 o 15 anni, l'Italia ha mostrato uno dei tassi di sviluppo più miserabili tra tutti i Paesi dell'Ocse, forse insieme al Giappone. La sclerosi italiana è un malattia incurabile? R. La crescita strutturale è molto bassa, è vero. Non credo che il governo abbia introdotto le riforme necessarie per miglio-rare il sentiero di espansione nel medio o lungo termine. Quindi, per adesso, la risposta è no, non ci sono grosse novità. Con due eccezioni... D. E quali sarebbero? R. La riforma della scuola e quella della pubblica amministrazione. La riforma della scuola purtroppo è avvenuta giocoforza entro limiti di bilancio restrittivi, ma comunque innova la scuola e l'università nella direzione auspi cata dall'Ocse. Innovare la scuola e l'università non garantisce una ricaduta immediata sul pil, ma nel lungo termine questo tipo di riforma strutturale dovrebbe aiutare. D. Poi accennava alla pubblica amministrazione. R. Sì, accennavo alla riforma Brunetta con cui si intende riportare la macchina pubblica all'efficienza, ricompensare gli impiegati per quello che fanno, combattere l'assenteismo. Si intravedono i primi successi, certo non vittorie definitive, ma io non mi aspetto vittorie definitive dall'oggi al domani. D. Che cosa resta da fare? R. Molto, per esempio liberalizzare, deregolamentare le professioni, migliorare la competizione interna, privatizzare. Mi sembra che il governo ne sia consapevole e desideri agire. D. Da parecchi anni in Italia i tassi d'interesse sul debito pubblico sono superiori alla crescita nominale del pil, per esempio gli interessi sono il 5% del pil, mentre l'economia cresce al 4%, inclusa l'inflazione. Questa situazione di solito rende il debito pubblico difficile da sostenere, e i titoli del debito rischiosi. Vede cambiamenti all'orizzonte? R. No. C'è un'alta probabilità che il costo del debito rimanga al di sopra del tasso di crescita dell'economia italiana. D. La Bce ha iniziato a rialzare i tassi d'interesse. Si dice che l'iniziativa sia dettata dalle necessità della Germania, mentre i Paesi alla periferia ne soffriranno, specie la Grecia, il Portogallo, l'Irlanda, forse la Spagna. Cosa ci dice dell'Italia? R. No, non credo che l'Italia abbia lo stesso problema di essere alla periferia, mi pare attrezzata per sopportare la normalizzazione dei tassi d'interesse. D. Preparando il suo rapporto per l'Ocse, quali punti di forza ha riscontrato nell'economia italiana? R. L'Italia è caduta in recessione tanto fragorosamente quanto le altre nazioni ma non ne sta uscendo più rapidamente. Ma i conti pubblici sono sotto controllo, la disoccupazione resta entro limiti accettabili, gli investimenti sono gradualmente in ripresa e auspicabilmente il governo metterà mano alle riforme per dare vigore all'economia. ____________________________________________________ L’Unità 15 Mag.’11 IN DIFESA DELL'UNIVERSITÀ CHE AMPLIFICA IL SAPERE Guardo con mistero e sconcerto a guerre e mafie all'interno delle facoltà E con meraviglia alle grandi capacità che spesso si producono negli atenei Il valore della resistenza Le buone università sopravvivono ai baroni (di destra e sinistra), ai tagli, agli imbecilli, ai parassiti E perfino alle riforme per ovvie ragioni "di classe" non ho fatto a suo tempo l'università, un tipo di scuola riservato, allora, alle classi abbienti o alla piccola borghesia emergente. Il boom non era ancora arrivato e a Barbiana non avevano ancora scritto la "lettera a una professoressa". Ho conosciuto, è ovvio, centinaia, forse migliaia di laureati, e anche di professori universitari, di assistenti universitari, di ricercatori universitari, sentendo a lungo (e ancora oggi) un forte sentimento di inferiorità verso coloro che l'università l'avevano fatta o la facevano. Quello di cui più soffrivo era di "non avere un metodo" nell'affrontare i miei studi e le mie letture, le mie ambizioni di inchiestatore o di critico o, un tempo, il lavoro con i bambini al di fuori delle istituzioni regolamentari. La messa in atto dei miei interessi e delle mie passioni avrebbe richiesto un'adeguata preparazione scientifica che assolutamente non avevo e non ho mai avuto. E di questo soffrivo, anche se un amico che stava nell'università mi ripeteva che, sì, un metodo l'università riusciva a darlo, ma solo quello, nient'altro, non riusciva cioè a dare la capacità di conoscere davvero la realtà, di saper ragionare sulla realtà, di individuare i modi per poter modificare positivamente la realtà. Insomma, da bravo autodidatta, in buona parte per scelta o per l'affanno delle tante iniziative in cui mi sono continuamente perso e trovato, ho oscillato nel tempo tra il rimpianto di non aver potuto fare degli studi regolari e la pretesa di sapere su molte cose più di tanti professori e professoroni. Raggiunta una certa età, riesco, credo, a essere più obiettivo nel giudicare i pregi e limiti altrui, e soprattutto i moltissimi limiti e i pochi vantaggi che derivano dalla mera esperienza. Da sola l'esperienza non basta anche se non si va lontano rinunciando all'esperienza e, per esser più precisi, a esperienze abbastanza radicali nella scelta del proprio posto nel mondo, del modo di assolvere ai propri doveri nei confronti del mondo. Oggi, per esempio, di fronte alla mancanza di sale della cultura italiana di questo sciagurato periodo della nostra storia — che, potendo fare dei paragoni, non esito a definire il più fiacco tra i molti della storia e cultura del nostro paese dagli anni di guerra in avanti — mi capita molto spesso di pensare all'università con una certa dose di solidarietà e di riconoscenza. Naturalmente, a una certa parte dell'università. Ma che esiste e resiste, nonostante i ministri (di sinistra come di destra), i baroni (di sinistra come di destra), i parassiti (di sinistra come di destra), gli imbecilli (di sinistra come di destra) e nonostante la sua pessima organizzazione, la scarsità dei mezzi che lo stato le destina, e la necessità o l'obbligo per molti dei suoi membri migliori e soprattutto per i più giovani di fuggirsene altrove, per continuare a studiare e per veder riconosciute le loro capacità. Nonostante, perfino, l'anomia o la propensione al conformismo e all'accettazione di tutto e anche del peggio, prodotta da questo contesto nella gran maggioranza degli studenti. Sono davvero convinto che se ancora esiste in Italia un po' d'intelligenza e di risposta ai bisogni di sapere (del passato del presente e del futuro nei molteplici aspetti dell'esperienza umana), e in generale del bisogno-dovere di "seguire virtù e conoscenza", lo si deve a certe realtà minori, marginali, magari poco note e talora perfino in vario modo soffocate, che ancora l'università riesce a esprimere. Parlo di certe zone delle facoltà di storia, di sociologia, di scienza (le scienze più vicine al concreto quanto quelle più portate all'astratto) con più convinzione che di quelle di economia, così condizionate dal contesto e dal potere, o di letteratura, così poco impregnate di conoscenza di ciò che letteratura non è, e continuo a vedere nelle "scienze della formazione" e in quelle "della comunicazione" una delle trovate più negative di un sistema che mira al condizionamento delle nuove generazioni, che mira alla distrazione e "ricreazione" e non alla conoscenza del mondo e all'assunzione di responsabilità nei suoi confronti. Dell'università si può dire tutto il male che si vuole, ma io non sono in grado di farlo se non da molto distante, perché so troppo poco dei suoi misteri "politici" e delle sue "mafie" e niente dei suoi meccanismi di funzionamento, delle sue burocrazie e dei suoi schieramenti, delle leggi e delle "riforme" che la regolano, imposte dal regime berlusconiano ma talora anticipate dai governi della sinistra. Mi sembra più importante, oggi e proprio oggi, dirne quel che di positivo è possibile dirne, perché nonostante tutto ancora produce studiosi e studi di grande valore, mentre altri settori della società che avrebbero doveri istituzionali comparabili hanno rinunciato a farlo o lo fanno, per esempio il giornalismo e la chiesa, infinitamente di meno ______________________________________________________ Il Fatto 14 mag. ’11 UNIVERSITÀ DI SIENA: "I RETTORI TRUCCAVANO I BILANCI" di Daniele Martini Giocolieri dei bilanci più che Magnifici rettori. Stando alle accuse formulate dal sostituto procuratore Francesca Firrao al termine di indagini partite nel 2008 e che II Fatto ha potuto consultare, i professori Piero Tosi e Silvano Focardi alla guida dell'ateneo di Siena dal 1996 al 2010, sarebbero stati abilissimi funamboli della finanza creativa. Capaci di occultare passivi e perdite e maestri nel far emergere entrate con poste di fantasia. Abili a costruire attivi fantasma che andavano a coprire buchi preoccupanti. Quelli sì reali, secondo l'accusa. Dal 2002 al 2006 Tosi è stato anche presidente della Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, ed è noto a Siena oltre che per le sue qualità di luminare della medicina, anche come personaggio legatissimo a Luigi Berlinguer, a sua volta rettore dell'ateneo toscano prima dello stesso Tosi e ministro dell'Istruzione nel governo di centrosinistra dal 1996 al 2000. Sentito dal Fatto, il professor Focardi non ha voluto rilasciare dichiarazioni. SONO GRAVI le accuse rivolte ai due ex Magnifici. In pratica i bilanci consuntivi dell'ateneo senese sarebbero stati falsificati secondo la Procura in maniera sistematica per anni e anni dai due rettori in concorso con altre decine di persone. I coinvolti sono 27, dal responsabile dell'area contabile, Salvatore Interi, a Monica San- tinelli, capo dell'ufficio bilancio. Fino ai direttori amministrativi, Antonio Maurizio Caronna primae poi Loriano Bigi, anche quest' ultimo nome assai famoso a Siena, dove è conosciuto sia per i suoi legami con Comunione e Liberazione sia per la vicinanza ad Alberto Monaci, esponente Pd, presidente del Consiglio regionale della Toscana, e al vertice di una famiglia di politici. La compagna di Monaci, Anna Gioia, è consigliere comunale Pd a Siena e si presenta per la conferma alle elezioni di domani e lunedì nella lista di Franco Ceccuzzi candidato sindaco, anche lui Pd. Il figlio di Anna Gioia, avuto nel primo matrimonio, Alessandro Pinciani, è vice presidente pidiessino della giunta provinciale senese. SECONDO L'ACCUSA, il rettore Tosi avrebbe convocato addirittura riunioni ad hoc tra i responsabili amministrativi e contabili dell'ateneo per rad- drizzare i conti. Durante questi incontri "veniva stabilito di portare il bilancio in pareggio, senza disavanzo di amministrazione, attraverso aggiustamenti e dolose correzioni di alcune poste". Tosi avrebbe insistito perché fossero riportati "dati non rispondenti alla situazione reale". I sistemi usati erano sorprendenti. Per esempio nel 2005 venivano presentati come posta attiva 4 milioni e mezzo di euro in realtà incassati molto tempo prima ed ottenuti dalla vendita di un immobile avvenuta nel 2002. Altrettanto di fantasia, secondo l'accusa, sarebbe la somma di 8 milioni e 300 mila euro indicata nei residui attivi del 2003 e presentata sotto la voce "finanzia-mento per l'edilizia universitaria da parte del ministero dell'Università", ma la somma non sarebbe stata " mai stanziata dall'ente indicato come erogatore " . Tale importo era contabilizzato ancora nel 2007 quando "a distanza di 4 anni era del tutto evidente che lo stesso non poteva essere riscosso non essendone mai neanche stato sollecitato lo stanziamento e l' erogazione" . Nel 2003 e 2004 sotto la voce "Fondi qualità" erano contabilizzati finanziamenti regionali interrotti già diversi anni prima. TOSI AVREBBE addirittura omesso di versare nel 2004 e 2005 le ritenute Inpdap, cioè i contributi dovuti all'istituto di previdenza dei dipendenti pubblici, facendo gravare sulle casse dell'ateneo un debito erariale di oltre 50 milioni di euro. Succedendo a Tosi, Focardi secondo l'accusa avrebbe ereditato i suoi metodi amministrativi facendo apparire nel bilancio 2007 un disavanzo di 5 milioni e non di 21 come sarebbe stato nella realtà. Focardi avrebbe agito deliberatamente, pur sapendo come stavano davvero le cose dopo averle accertate "attraverso l'opera di una società di revisione, la Mazars". Focardi, poi, ci avrebbe aggiunto un carico da novanta con la firma nel 2006 di un contratto di lavoro con i sindacati, facendo apparire che sarebbe stato applicato a 25 dipendenti e non a61, com'era nella realtà, con una spesa di 1 milione di euro in 4 anni, che invece sarebbe risultata 6 volte superiore. I DUE EX RETTORI saranno sentiti per l'interrogatorio di garanzia che dovrebbe svolgersi la prossima settimana, forse per non creare interferenze con le elezioni di domani. Tra le persone coinvolte nell'inchiesta ci sono anche le sorelle Paola e Stefania Viviani che non risultano dipendenti o dirigenti dell'università di Siena, ma in qualche modo hanno a che fare proprio con le votazioni. Entrambe gestiscono un bar al numero 56 di via Roma, all'interno dei locali delle facoltà di Lettere e Ingegneria, con una licenza che sarebbe stata affidata loro senza gara d'appalto e poi confermata alle stesse dopo lo svolgimento della gara. Paola Viviani è moglie di David Chiti, presente nella lista del candidato sindaco Pd. ____________________________________________________ Repubblica 15 Mag.’11 FRATI: LA CARRIERA DA RECORD DEL FIGLIO DEL RETTORE Frati jr ordinano a 36 anni alla Sapienza di Roma nonostante le bocciature del Tar MURO FAVALE ROMA —La carriera è folgorante, un'eccezione nell'Italia dei baroni: ricercatore a 28 anni, professore associato a 31, ordinario a 36. E pazienza se il cognome pesa: come ripete sempre suo padre, Luigi Frati, magnifico rettore della Sapienza di Roma, «la bravura non ha nome né cognome». E poi, il secondogenito di Luigi, Giacomo Frati, di traguardi continua a conquistarne e l'ultimo gradino l'ha superato il 19 aprile. Quel giorno è diventato direttore dell'unità programmatica del Policlinico Umberto I. E probabilmente è solo una coincidenza il fatto che appena 24 ore prima, la Sapienza era stata sconfitta nell'appello presentato dopo una sentenza del Tar che dà ragione ad Alessandro Moretti, ricercatore di geoeconomia dello stesso ateneo. Un ricorso contro la decisione, votata in autunno dal senato accademico, di assumere 25 ricercatori e professori (tra cui proprio Giacomo Frati), scavalcando chi, come Moretti, aveva già in tasca e da 5 anni, un'idoneità per associato. Il Tar dà ragione a Moretti, parla di danno grave e irreparabile e di «criterio illogico che comporta una penalizzazione». Ma nonostante la sentenza, alla Sapienza si va avanti come se nulla fosse. La vicenda la racconta un'inchiesta di Report, firmata da Sabrina Giannini, in onda questa sera su RaiTre. Una puntata sui concorsi: si parla di notai, magistrati del Consiglio di Stato e professori universitari. In particolare quei baroni che, nel corso degli anni hanno costruito il proprio feudo chiamando attorno a sé parenti più o meno stretti. Proprio come Frati (certo non l'unico esempio): con lui ha lavorato la moglie (oggi in pensione) docente di storia della medicina passata in pochi anni dall'insegnamento in un liceo a quello in università. E con lui, tuttora, oltre a Giacomo, c'è anche Paola, l' altra figlia, laureata in giurisprudenza e ordinaria di medicina legale. Ma è su Giacomo che si concentra Report: perché destò scalpore, a dicembre, la decisione della Sapienza di richiamarlo poco prima che entrasse in vigore la riforma Gelmini con la sua norma anti-parentopoli che vieta l'assunzione come docenti per coloro che hanno parenti nella stessa facoltà. Un divieto esteso fino al quarto grado e che avrebbe impedito "il ricongiungimento familiare" dei Frati. Ma se ora, nonostante ricorsi altare appelli persi, con l'entrata in vigore della riforma, tutto questo non sarà più possibile, alla Sapienza non mancheranno le assunzioni "a chiamata diretta". Secondo Report, il primo ateneo di Roma (in cui è docente un consulente del ministro Gelmini) è riuscito a strappare dal ministero più di un milione di euro di fondi extra che serviranno anche per assumere due docenti e per promuoverne una ventina. E Frati? Il suo mandato scade tra un anno. Prima di entrare in carica, per 15 anni, è stato preside di Medicina, la facoltà che governa l'Umberto I. Un ospedale universitario con un buco da 160 milioni di euro, in cui i chirurghi effettuano in media 30 interventi l'armo (in Europa, negli altri policlinici universitari, la media è di 120-130) e in cui Frati è ancora primario del day hospital oncologico. Peccato, però, che come hanno testimoniato le telecamere di Report, Frati, in quel reparto non ci metta piede da anni. 10 volte LE OMONIMIE Tra i docenti universitari le omonimie sono fino a 10 volte superiori alla media nazionale 30% A ROMA Nelle università romane i casi di omonimia fra docenti sono il 30 per cento 40% A MESSINA Ben quattro docenti su dieci hanno almeno un omonimo nelle altre università siciliane __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 15 mag. ’11 L’UNIVERSITÀ PREMIA 22 GIOVANI ECCELLENTI Cerimonia in rettorato CAGLIARI.22 laureati eccellenti verranno premiati dall’ateneo con borse stanziate attraverso i versamenti del 5 per mille da parte dei contribuenti. Il premio verrà consegnato in rettorato e si tiene per il secondo anno. L’iniziativa, voluta dal rettore Giovanni Melis, tra gli altri ha uno scopo: quello di presentare al mondo economico e produttivo isolano i 22 giovani che si sono distinti con un corso di studi di eccellente livello. Si tratta insomma dei cervelli più giovani della società sarda: cosa offre loro il tessuto economico locale? Un’emigrazione o la possibilità di dare un contributo alla crescita dell’isola. Intanto lunedì il premio. __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 mag. ’11 CAGLIARI: COPIÒ LA TESI: CONDANNATA PER PLAGIO, MA NON PERDE IL TITOLO DI DOTTORESSA Sentenza su una studentessa cagliaritana che si laureò ricalcando il lavoro di un collega della stessa università DANIELE MURINO CAGLIARI. Forse è stata colpa dello stress. Forse il tempo a sua disposizione era poco. Sta di fatto che una studentessa in Medicina si è vista confermare dalla corte di cassazione la condanna per aver presentato una tesi di laurea che era già stata discussa cinque anni prima. Protagonista dell’episodio è Annamaria D.A., laureata all’università di Cagliari e processata per plagio. Durante l’anno accademico 2002-2003 si è presentata davanti alla commissione di laurea con una tesi copiata di sana pianta da un elaborato di un collega della sua stessa facoltà. E fin qui niente di strano. Ma si potrebbe dire che la studentessa se l’è andata a cercare, visto che nei giorni precedenti alla tanto sospirata discussione di laurea non ha cambiato al testo originale neanche di una virgola: stesso titolo, stesso indice, stesso svolgimento e chissà, gli stessi complimenti da parte della commissione. Ma in questa storia di bizzarro ci sono anche le giustificazioni a sostegno della linea difensiva. Davanti ai giudici infatti, la ragazza ha detto che, essendo la sua una tesi compilativa, necessariamente doveva prendere le mosse da un lavoro altrui. La cosa meno curiosa, invece, è il cavillo legale che ha costretto i supremi giudici della corte di cassazione a restituirle il “diritto” a non vedersi cancellato il titolo accademico. Una lacuna legislativa legata al fatto che il provvedimento punitivo che accompagnava la condanna per plagio non era stato disposto dal giudice di primo grado ma solo in appello e in assenza del pm. Una mancanza procedurale che è stata la salvezza per la dottoressa dato che ha costretto la Cassazione a non rimuovere la cancellazione del diploma di laurea. Un caso simile nelle modalità a quello che lo scorso febbraio ha coinvolto l’allora ministro della difesa tedesca, Theodor zu Guttenberg. Il rampollo di casa Merkel che, per aver copiato parte della sua tesi di dottorato, si è visto costretto a dare le dimissioni. Secondo il presidente dell’Ordine dei medici di Sassari, Agostino Sussarellu, questa storia riserva anche un’altra sorpresa: «Poiché il fatto è accaduto prima dell’ iscrizione nell’albo dei medici - ha dichiarato Sussarellu - è molto probabile che l’ordine di appartenenza abbia le mani legate. Se l’episodio fosse avvenuto a Sassari - ha concluso - sicuramente l’Ordine l’avrebbe convocata per capire le sue ragioni». TESI COPIA E INCOLLA CON INTERNET È SEMPRE PIÙ FACILE QUELLO delle tesi di laurea copiate è un fenomeno particolarmente diffuso, che negli ultimi anni ha subito un considerevole incremento grazie soprattutto all’introduzione delle nuove tecnologie. In questo campo, come scrivono i giudici della Cassazione nella sentenza sul caso della laureata cagliaritana, il ruolo di internet è stato decisivo. Un mezzo ormai alla portata di tutti, che ha agevolato e velocizzato la ricerca di informazioni e, conseguentemente, che ha favorito anche il fenomeno del plagio. Proprio per evitare il moltiplicarsi dei casi di “copia e incolla” sono stati creati degli strumenti specifici per il “rilevamento dei contenuti duplicati”. I più diffusi e utilizzati sono i software antiplagio, scaricabili gratuitamente dalla rete. Per gli utenti più esperti, che su internet ci lavorano, esistono dei programmi creati per difendere i contenuti del proprio sito web. Una tutela che difficilmente riuscirà a fermare la condivisione di testi e brani musicali. __________________________________________________________________ Corriere della Sera 13 mag. ’11 GENERAZIONE A ZERO EURO Un esercito di stagisti e neolaureati alla ricerca di un posto fisso «Così non si sopravvive, aiuti ai giovani» Una sola curva corre ripida verso l' alto, nella città in piena crisi economica: quella dei tirocini e degli stage gratuiti o low cost. Sono loro, i giovani «aspiranti» qualcosa, a tenere insieme i fatturati delle aziende. Un esercito in anticamera prolungata, che non riceve busta paga. Praticanti notai, avvocati, architetti, giornalisti. Ma anche, qui nella capitale del terziario, apprendisti perenni di design, ricerca, marketing. Quasi tutti con laurea, rimpallati da un posto all' altro senza la prospettiva di un contratto stabile in tempi onesti. «La precarietà a Milano è diventata strutturale. Moltissimi giovani sono ormai disposti a lavorare per anni gratis o con un risibile rimborso spese, ma questo squalifica il loro lavoro. C' è un elemento di ricatto e di colpevole consenso in tutto questo», afferma Andrea Fumagalli, docente all' Università di Pavia e attivo nella rete di precaria.org. Tempi di formazione «In Lombardia solo un tirocinio su dieci diventa contratto», dice Eleonora Voltolina anima del sito internet Repubblicadeglistagisti.it. La prassi, per contro, è che il periodo di formazione venga rinnovato «con formule fantasiose» diverse volte. Ma il tirocinio, così, viene utilizzato in sostituzione di posizioni lavorative: «Gli stagisti sono visti come tappabuchi per gli organici falcidiati dai licenziamenti», conferma Ivana Brunato di Cgil. E in alcuni periodi dell' anno, ad esempio in estate quando i veterani sono in vacanza, vengono caricati di responsabilità che non dovrebbero competere loro. Con un paradosso: «Qui a Milano il titolo di studio dichiarato in sede di ammissione al primo lavoro si abbassa, invece che alzarsi». Come a dire che in questo quadro distorto mostrarsi iper-qualificati può non convenire, e anche la laurea diventa fardello. Tasto dolentissimo, la remunerazione. In Italia il 46% degli stagisti e praticanti lavora gratis, dice una recente ricerca Ires. «Alla fine è una selezione che premia il censo - considera Voltolina -. Chi può permettersi una formazione infinita senza stipendio? Solo i giovani che riescono a farsi mantenere dai genitori. Rimane invece escluso chi invece non può far leva sul welfare familiare». Meno di 1.000 euro al mese Gli esempi sono tantissimi. Cristina Scanu, 31 anni, laurea in sociologia, 110 e lode. «Ho sempre lavorato ad intermittenza. In sette anni ho collezionato 15 lavori tra stage, contratti di formazione e "false" partite Iva. Il mio impiego attuale, un mese di durata, scade il 26 maggio». E a tutto questo come si sopravvive? «Seminando in più direzioni. L' anno scorso, mentre cercavo per l' ennesima volta lavoro, ho scritto un libro sulle mamme in carcere. Uscirà a settembre con Aliberti, è stato un modo per dire "costruisco qualcosa"». Nella stessa situazione anche Nicola Ghirardi, 27 anni, laurea in architettura a pieni voti: ancora niente lavoro. «È un anno che mando curricula, nessuno risponde. Ho già fatto uno stage non retribuito, ma adesso? Non vedo via d' uscita se non, forse, andare all' estero». O anche Riccardo Oliviero, 36 anni, e nel cassetto una laurea in legge con 108/110 e tanta ricerca: «Per molti anni sono stato rimbalzato tra uno stage e l' altro, reddito praticamente nullo. Ho trovato un impiego "vero" solo l' anno scorso». E ancora Cristian Poletti, 36 anni, ricercatore precario: «Dopo tanti anni in università e due dottorati, prendo un assegno di 1.230 euro e a fine anno mi scade il contratto». Il lavoro insomma è in bilico. O infine Giada Regini, 27 anni, laurea brillante in scienze della comunicazione: «Primo impiego: stage di 4 mesi, 200 euro. Secondo impiego: tuttofare in una piccola azienda, in nero. Terzo: contratto a falsa partita Iva nelle vendite, stipendio variabile in funzione degli obiettivi, massimo previsto: 700 euro. E adesso sono di nuovo in cerca». Ma allora, quali sono le somme di queste (difficili) situazioni? Sarà anche vero, come dice Fumagalli, che i giovani sono ormai assuefatti al moto perpetuo e quasi non apprezzerebbero una eccessiva stabilità lavorativa. Però la precarietà pesa soprattutto perché, «implica dipendenza e pure solitudine: e in questo vorticoso giro, persino affezionarsi ai luoghi e alle persone diventa triste». Elisabetta Andreis **** Lorenzo Mosna 27 anni Il pr Ha in bacheca una laurea magistrale con 110 e lode. A seguire ha fatto uno stage in un' azienda di comunicazione: full time e lavoro 6 giorni su 7, con 200 euro di rimborso spese. «Al termine del periodo mi hanno proposto di restare con un contratto di formazione a 350 euro. Con un moto di orgoglio ho rifiutato». Una scelta non facile per un giovane, spesso sotto «ricatto» del mercato del lavoro: «Ora vedremo cosa mi offrirà il futuro». L' idea di costruire una famiglia? «Lontana. La verità è che stagisti e tirocinanti sono spesso usati per rimpolpare, trimestre dopo trimestre, organici sottodimensionati» **** La situazione La ricerca del lavoro non è facile. In più l' 80 per cento dei nuovi contratti in città sono flessibili, cioè a progetto. Infatti, spiega Andrea Fumagalli docente all' Università di Pavia, «la precarietà a Milano è diventata strutturale. Molti giovani sono ormai disposti a lavorare per anni gratis o con un risicato rimborso spese» **** In prova Fabrizia Malgeri 26 anni Laureata allo Iulm con 110. Prima esperienza uno stage non retribuito in una casa editrice, poi in radio con 100 euro di rimborso spese e infine una dozzina di collaborazioni «volontarie» per siti di cultura e videogiochi. Da tre mesi un nuovo stage presso una grande azienda. Stavolta 500 euro al mese, formazione e buoni pasto. «Intravedo finalmente una possibilità. Certo, devo dirlo, posso permettermi di stare qui senza un vero stipendio perché i miei genitori, se ho bisogno, mi aiutano. È frustrante, questa indipendenza a metà: vuol dire non poter avere progetti di lungo termine» 500 **** Il commesso Gabriele Di Totto 35 anni Un laurea a pieni voti in Lettere. Negli ultimi dieci anni ha collezionato stage e collaborazioni, sempre retribuite con compensi tendenti allo zero. Dopo un po' ti abitui, a non ricevere buste paga per il tuo lavoro. «L' anno scorso, per guadagnare qualcosa, ho cominciato ad insegnare in un istituto tecnico per aspiranti parrucchiere: stipendio a ore, variabilissimo, 500 euro massimo. Sono tornato a vivere coi miei, per forza. Senza il loro aiuto non avrei potuto mantenermi». Oggi fa il commesso in un negozio: «Certo non è il lavoro che mi piacerebbe e per cui ho studiato, ma almeno guadagno 760 euro al mese ...» 760 * * * I consigli Ecco come cogliere l' occasione giusta Come si valuta uno stage buono da uno cattivo? E quali sono le considerazioni da fare prima di accettarne uno? Domande complicate per chi si affaccia nel mondo del lavoro. Ivana Brunato della Cgil avverte: «Ci deve essere fin dall' inizio un investimento in formazione. Devono essere precisate le mansioni e il tipo di tutoraggio e un onesto rimborso spese. E alla fine devono essere certificate le competenze acquisite». Il sito Repubblicadeglistagisti è un punto di riferimento per il popolo del web. Ora lo spazio virtuale, diventato anche libro, assegna il bollino «ok» alle aziende virtuose, quelle cioè che si impegnano a rispettare criteri riassunti nella «Carta dei diritti dello stagista»: «È bene non farsi troppe illusioni. E anticipare il più possibile, darsi da fare con i tirocini anche durante l' università», chiarisce Eleonora Voltolina. Infine lo Sportello Stage, servizio gratuito dell' associazione Actl, nel 2010, a Milano, ha inserito 3033 ragazzi. «Nel Centro-Nord - assicura il presidente Marina Verderajme - il 40% dei nostri giovani sono alla fine stati assunti, anche se per lo più a tempo determinato». (e.and.) * * * Argomenti per tutta la settimana LUNEDÌ La città del bene MARTEDÌ La città degli animali MERCOLEDÌ Casa e condominio GIOVEDÌ La città e l' ambiente VENERDÌ Lavoro e pensioni SABATO Le occasioni del weekend DOMENICA Genitori e figli Andreis Elisabetta ______________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’11 MENO TASSE SUL RIENTRO DEI CERVELLI Pronto il decreto di attuazione: imposte ridotte al minimo per i ricercatori «under 42» Marco Mobili ROMA È giunto all'ultimo giro di boa il decreto attuativo del bonus fiscale per il rientro dei cervelli in Italia. La legge bipartisan (primi firmatari Enrico Letta del Pd e Stefano Saglia del Pdl) rinviava a un decreto del ministero dell'Economia - da emanare entro fine marzo - la piena operatività della detassazione dei redditi corrisposti ai lavoratori pronti a rientrare nel nostro Paese per avviare una nuova attività o per trovare un'assunzione. Il testo del Dm, messo a punto a via Venti Settembre, con il contributo del ministero dell'Istruzione, è ora all'esame della Ragioneria generale dello Stato per la bollinatura finale e soprattutto per garantire l 'invarianza finanziaria prodotta dalle agevolazioni suí saldi di finanza pubblica, come espressamente prevede la legge 238/10. L'articolo unico del decreto ministeriale, nell'individuare i soggetti beneficiari del bonus fiscale, ricorda che la detassa zione spetta ai nati dopo il i° gennaio 1969 che vengono assunti o avviano un'attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia trasferendo il proprio domicilio, nonché la propria residenza entro 3 mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività. Questi soggetti, alla data del 20 gennaio 2009, dovevano essere in possesso di un titolo accademico (anche post lauream), aver risieduto continuativamente per almeno due anni in Italia e negli ultimi 24 mesi o più aver risieduto fuori dal proprio Paese di origine e dall'Italia svolgendovi un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o d'impresa. Accedono ai benefici fiscali anche i cittadini italiani e dell'Unione Europea che, sempre alla data del 20 gennaio 2009, per almeno 24 mesi hanno risieduto continuativamente in Italia e - negli ultimi due anni o più - hanno studiato fuori dal Bel Paese, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream e che decidono di rientrare anche in questo caso per un contratto a tempo indeterminato o per avviare un'attività in proprio. Il decreto ministeriale, dunque, recepisce l'ordine del giorno n. G/2212/1/6 accolto dal Governo al Senato durante i lavori conclusivi di approvazione della legge 238/10. Tra i requisiti di accesso alle agevolazioni, la commissione Finanze di Palazzo Madama ha individuato il possesso di un titolo accademico di I o II livello o altro titolo accademico post lauream, riconosciuti come tali dalla Pubblica istruzione secondo gli specifici criteri di equipollenza previsti dall'Unione europea. Per questo al Senato hanno chiesto e ottenuto dall'Esecutivo di intendere il possesso del titolo di laurea come criterio che, ai fini dell'individuazione delle categorie dei soggetti beneficiari, esaurisce la dizione «specifiche competenze e qualificazioni scientifiche e professionali». Il provvedimento ministeriale, infine, individua i soggetti esclusi dalle agevolazioni. Si tratta in particolare dei titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato con pubbliche amministrazioni o con imprese di diritto italiano, che svolgono all'estero la propria attività lavorativa. Per quanto riguarda l'agevolazione fiscale la legge istitutiva è chiara: i lavoratori che rientreranno in Italia potranno contare fino al 31 dicembre 2013 di una sostanziosa riduzione del prelievo Irpef o Ires: i redditi da lavoro dipendente, d'impresa e di lavoro autonomo percepiti da chi rientra in Italia, saranno imponibili nella misura del 20% per le lavoratrici e del 3o% per i lavoratori. Ora spetta alla Ragioneria generale dello Stato sciogliere gli ultimi nodi e aprire la strada all'utilizzo dell'agevolazione che, a ben vedere, per come è strutturata, ora potrebbe essere spesa anche dalle imprese che decidono di investire in progetti di ricerca elaborati dalle università o da enti di ricerca privati e agevolati con un credito d'imposta fino al 9o% dal decreto sviluppo da oggi ufficialmente in vigore (su cui si veda l'articolo qui accanto). ______________________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’11 LA RICERCA MERITA PONTI D'ORO Il puzzle della ricerca si arricchisce di due tasselli: il credito d'imposta al 90% sui nuovi investimenti nelle università contenuto nel decreto sviluppo pubblicato ieri in Gazzetta, e l'attuazione della norma che punta a favorire il rientro dei cervelli. Due segnali che vanno nella direzione indicata dalle imprese per permettere al nostro Paese di colmare il gap accumulato rispetto al resto del mondo. Ma la cui efficacia andrà testata sul campo, Dal solo credito d'imposta il Governo si aspetta un aumento degli investimenti del 15 per cento. Che tradotto in euro significa 550 milioni in più puntati sul tavolo dell'innovazione. Affinché ciò avvenga serviranno un decreto d'Istruzione ed Economia, che individui i beneficiari ulteriori rispetto ad atenei ed enti pubblici, e un provvedimento delle Entrate che lo renda applicabile. L'importante è non ripetere il copione del voucher ricerca da 100 milioni, previsto dalla scorsa legge di stabilità ma mai attuato. E veniamo così al nodo principale: le risorse. Proprio quei 100milioni saranno dirottati sul nuovo bonus con altri 384; e se la misura tirerà, s'interverrà con tagli lineari ai ministeri. Stesso interrogativo per gli incentivi ai talenti fuggiti all'estero. Che la legge istitutiva prevede però a costo zero per lo Stato. ______________________________________________________ Italia Oggi 12 mag. ’11 BANDI PRIN RICERCA, ANTITRUST CONTRO MIUR DI BENEDETTA PACELLI Anche gli enti di ricerca privati nelle selezioni dei bandi Prin, i Progetti di ricerca di interesse nazionale. La loro esclusione, infatti, falsa «la concorrenza nel settore della fornitura dei servizi di ricerca e sviluppo», restringe «il numero dei soggetti attivi in tale settore» e ostacola «l'innovazione scientifica e tecnologia». A puntare il dito contro la restrizione nell'assegnazione dei finanziamenti per i progetti di ricerca è l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, in una segnalazione dello scorso 9 maggio, accusa il Ministero dell'università di aver riservato, nell'ultimo bando pubblicato in materia, solo alle università e agli pubblici di ricerca la partecipazione alla gara per ottenere i finanziamenti. Escludendo, al contrario di quanto accade in Europa anche gli enti di ricerca privati di norma ammessi alle selezioni per l'assegnazione di finanziamenti. E non solo perché l'aver esteso questi finanziamenti anche agli enti pubblici vigilati dal Miur, quando nel passato erano rivolti solo alle università, «attribuisce un vantaggio competitivo alle università ed enti pubblici di ricerca creando; in tal modo, un ingiustificato svantaggio per le organizzazioni private». In questo senso l'Antitrust chiama in causa lo stesso bando Prin 2009 i cui programmi di ricerca sono «definiti in modo del tutto generico» tale da non escludere gli enti privati. E a supporto di tale tesi Catricalà si avvale del settimo Programma quadro della commissione europea nel quel i soggetti ammessi a beneficiare dei finanziamenti comunitari sono «enti pubblici senza scopo di lucro, istituti di istruzione secondaria superiore, organismi di ricerca e piccole e medie imprese, riconoscendo tra questi anche gli istituti non-profit che svolgono tra le principali attività quella della ricerca». Ecco perché, sulla base di tutto questo, l'Autorità auspica una modifica della disciplina: la disparità di trattamento tra enti di ricerca privati e pubblici «non risulta giustificata dal perseguimento di interessi generali di politica industriale o di altro tipo, né appare in linea con le politiche di incentivazione adottate in materia di ricerca a livello comunitario». ______________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’11 IL MONDO E’ PIATTO: ISTRUZIONE SENZA CONFINI Le università devono organizzarsi in comunità di studenti, non dividersi per discipline o istituzioni Thomas Friedman HA ANALIZZATO GLI EFFETTI DELLA GLOBALIZZAZIONE NEL SUO LIBRO «IL MONDO È PIATTO DI CHRIS BROOKS Il mondo sta diventando sempre più piccolo, l'importanza dell'educazione sempre più grande. Come si riorganizza no le università? Gli oceani che dividevano il mondo mille anni fa sono diventati autostrade prima del XVI secolo. Le società che sembravano così diverse alla fine della Seconda guerra mondiale non hanno smesso da allora di avvicinarsi. Le aziende, i governi e le società civili si confrontano ogni giorno con i temi connessi alla mondializzazione. L'Ocse prevede che l'economia cinese nel 2014 superi gli Usa a parità di potere d'acquisto. E la Cina è un modello per giganti emergenti come India e Brasile. Emerge un mondo multipolare anche se le nuove potenze non sembrano avere l'influenza tecnologica, politica e militare degli Stati Uniti. E probabile che le economie emergenti impiegheranno molto tempo per raggiungere gli standard di vita dell'Occidente, ed è difficile prevedere come evolveranno i loro sistemi politici. È probabile che le transizioni avranno diversi problemi e non saranno necessariamente pacifiche. Forse troveremo le risposte tecnologiche al forte aumento del fabbisogno di energia e di altre risorse naturali, comprese acqua e cibo. Ma niente di tutto questo è garantito. Occorrerà imparare a pensare in modo adatto alla trasformazione verso un mondo multipolare. Sta evolvendo una nuova architettura della cooperazione internazionale, nuovi sistemi di gestione delle crisi, nuovi processi di soluzione dei conflitti e meccanismi per la sicurezza. Viviamo in un mondo di risorse finite. La carenza di materie prime e i limiti della tecnologia conosciuta sono sempre più concreti e mettono in pericolo gli standard di vita del mondo sviluppato, ostacolando la strada verso la prosperità degli emergenti. Anche in questo campo ci sono poche soluzioni praticabili: brancoliamo nel buio cercando di comprendere le dimensioni della sfida che abbiamo davanti. Sia pur imperfetti e abusati, concetti come sviluppo sostenibile, corporate social responsibility o investimenti etici hanno almeno il merito di cercare di affrontare la questione. Ma siamo solo all'inizio di un processo la cui dimensione sarà più chiara con il passare del tempo. A rendere il tutto ancora più problematico è la nostra coscienza che le vecchie soluzioni non funzionano più. L'esperienza ci dice che non possiamo confidare nelle soluzioni del passato. Sappiamo che la soluzione potrà essere trovata in un nuovo tipo di intervento pubblico, in un nuovo modo di socializzazione basata su nuovi equilibri tra interessi pubblici e privati. I policy maker sono chiamati a trovare soluzioni senza precedenti per problemi senza precedenti. In gran parte le Università non sono pronte a rispondere alle sfide che questi trend rappresentano, sia nelle scienze sociali sia in campi più generali. La distinzione tradizionalmente chiara tra formulazione e attuazione delle politiche è diventata obsoleta nell'insegnamento universitario. La qualità e la natura del design di politiche non de terminano l'azione, né sono indipendenti dai sistemi di attori rilevanti che attuano le proposte. Anzi, il lavoro interno di questi sistemi di attori spesso determinano i risultati indipendentemente dalla politica scelta e dal contenuto formale. Ne consegue che l'insegnamento nelle Università deve coinvolgere una comunità molto più ampia di attori e di professionisti con una solida base di esperienza. La dicotomia tradizionale pubblico/privato ha perso la sua rilevanza. La politica pubblica non può più essere definita come affare esclusivo di funzionari che lavorano al servizio del governo. L'interdipendenza crescente tra un'ampia gamma di attori - pubblico, privato, governativo e non governativo, locale, nazionale e transnazionale - modella le nostre società e i processi collettivi che vi si verificano. Questo significa che le Università devono costituire ampie comunità di studenti e tenerle in gran parte insieme, invece di separarle in discipline specializzate e in istituzioni specifiche. La tradizionale distinzione tra politiche internazionali e domestiche è stata superata soprattutto dagli effetti connessi di globalizzazione e tecnologie emergenti. Questo crea un ambiente più fluido e multiforme. Anche se lo Stato nazione rimane il livello chiave della sovranità politica e del decision making formale, i processi di azione collettiva che modellano ciò che si può fare a qualsiasi livello si concretizzano in diversi livelli territoriali e mediante ampi network. Le Università sono fondamentalmente istituzioni nazionali che insegnano a studenti della stessa nazionalità. Per preparare davvero giovani pronti al mondo di domani, esse devono attuare organismi di studenti che connettano sia Paesi che continenti; devono attuare accordi cooperativi per corsi integrati e scambi di studenti e professori tra continenti. E questo deve diventare la norma, non l'eccezione. ______________________________________________________ The New York Times 9 mag. ’11 SUPERCOMPUTERS, ALTERING AND DEFINING SCIENCE By JOHN MARKOFF SAN FRANCISCO — Computer power now defines the nature of scientific research: what can be studied, what new questions can be asked, and answered. "The profound thing is that today all scientific instruments have computing intelligence inside, and that's a huge change," said Larry Smarr, an astrophysicist who is director of the California Institute for Telecommunications and Information Technology, or Calit2, a research consortium at the University California, San Diego. The new tools made availabie by computer power accompanies a fundamental change ìn the material that scientists study. Instead of individuai specimens, researchers work with immense collections of digital data, and the mastery of such mountains of information depends on computing power. A show at the new Morrison Planetarium here at the California Academy of Sciences offers a visually spectacular demonstration of the way computer power is transforming the sciences. In "Life: A Cosmic Journey," the viewer is transported from a redood forest to the inside of a single cell of a leaf. The system ís powered by three separate parallel computing systems that store so much data that the system is both telescope and microscope. It can shift "from subatomic to the largescale structure of the universe," said Ryan Wyatt, the director of the planetarium. Katy Biirner, an Indiana University computer scientist, calls this new system a "macroscope." These tools can be reconfigured by mixing and matching aspects of the software to tackle specific research problems. "Macroscopes provide a `vision of the whole,'" Dr. 13Orner wrote in the March issue of The Communications of the Association for Computing Machinery, "helping us `synthesize' the related elements and deted patterns, trends and outliers while granting access to myriad detaíls." Independent scientists have increasingly given way to research teams as cited by scientific papers in the field of high-energy physics that routinely have thousands of authors. It is unsurprising, in a way, since the Web was invented as a collaboration tool for CERN, the European nuclear research laboratory. As a result research teams in all scientific disciplines are increasingly both interdisciplinary and widely distributed geographically. Web 2.0 software, with its seamless linking of applications, has made it easier to share research findings, and that in turn has led to an explosion of collaborative efforts. It has also accelerated the range of cross-disciplinary projects as it has become easier to repurpose and combine software-based techniques. A macroscope need not be in a single physical location. At Calit2 in San Diego, a wall-size array of screens appears to offer a high-resolution window into a paranel laboratory at King Abdullah University of Science and Technology, in Thuwal, Saudi Arabia. The American scientists helped create a parallel scientific visualization center in Thuwal connected to the Internet by up to 10 gigabits of bandwidth — enough to share high- resolution imagary. Saudi researchers now have access to a software system known as Scalable Adaptive Graphics Environment, or SAGE, which can display images up to about one-third of a billion pixels — as much as 150 times more than what can be displayed on a conventional computer display. "Over the past decade computers have become over a thousand times faster," said Dr. Smarr, "and the ability to store information has gone up roughly 10,000 times." In many scientific fields softwarebased instruments are adding new functions as open-source systems, which can be freely shared, making it possible for small groups to add features allowing customization. Cytoscape is a bioinformatics software tool set that evolved, beginning in 2001, from research by Leroy Hood at the University of Washington. Dr. Hood was a pioneer in automated gene sequencing, and one of his students, Trey Ideker, was exploring whether it was possible to automate the mapping of the interactions of the roughly 30,000 gepes that make up the human chromosome. The researchers took a large risk, and began to develop their code as an open-source software development project. The project picked up collaborators as other researchers contríbuted to ít rather than develop índependent tools. New modules could be contributed by independent researchers who wanted to tailor it for specific tasks. Tools like Cytoscape have a symbiotic relationship with immense databases that support the activities of scientists who are studying newer fields like genomics and proteomics. For example databases are being curated at the European Bioinformatics Institute, which has begun to build an array of new databases for functions like protein interactions. "The killer application is collaboration," said Tom DeFanti, a computer graphics specialist at Calit2. "You can save so much energy by not flying to London that it will run a rack of computers for a year." ______________________________________________________ TST 11 mag. ’11 BRAVO EINSTEIN, AVEVI RAGIONE .S.W.A. NUOVI COLPI DI SCENA SULLO SPAZIO-TEMPOSONO ATTESI DALLA PROSSIMA MISSIONE DELL ASI: PERCHE' L'UNIVERSO ACCELERA? Test della Nasa e uno italiano confermano la teoria della Relatività BARBARA GALLAVOTTI ono passati 52 anni da quando alcuni ricercatori cominciarono a sognare sfere perfette, con le quali verificare la correttezza della Relatività di Albert Einstein. Juri Gagarin non era ancora andato nello spazio, Fidel Castro aveva appena preso L'Avana e la Barbie era una bambolina appena messa in commercio. Dopo oltre mezzo secolo, la Nasa ha annunciato che il sogno si è realizzato: i ricercatori hanno concluso l'analisi dei dati dell'esperimento «Gravity Probe B» e le ipotesi di Einstein risultano confermate. Missione compiuta, dunque, alla modica cifra di 760 milioni di dollari, i cui ultimi spiccioli si devono a una compagnia privata e alla nuova università dell'Arabia Saudita. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista «Physical Review Letters». 111 52 anni, però, possono accadere molte cose, non solo alle bamboline, ma anche agli interrogativi della fisica. Così le risposte arrivate da «Gravity Probe B» hanno perso molto dello smalto che avrebbero avuto 50 anni fa. Perché nel frattempo un piccolo Davide italiano ha battuto il vetusto Golia con un esperimento a costo quasi zero, e perché le frontiere della conoscenza si sono spostate più avanti, trascinan- do con loro alcuni dei grandi interrogativi posti da Einstein. Così l'annuncio della Nasa non riesce a far battere i cuori. Eppure, la storia di «Gravity Probe B» non manca di un lato eroico, perché ci ricorda che la Grande Scienza è costellata di imprevisti e non sempre tutto va come ci si aspetterebbe, ma questo non è un buon motivo per non tentare... Il cuore dell'esperimento sono quattro sfere perfette, grosse quanto palline da ping pong e poste in orbita intorno alla Terra. Sono state pensate per essere giroscopi estremamente precisi, in modo tale che, una volta messe in rotazione, mantenessero inalterato il loro asse. Gli unici eventuali cambiamenti di direzione avrebbero dovuto essere quelli dovuti agli effetti della teoria della Relatività che si volevano verificare, in particolare quelli dati dalla deformazione dello spaziotempo dovuta alla presenza della Terra (cioè di un corpo dotato di massa) e dal fatto che questa gira su se stessa e ciò fa sì che lo spazio-tempo subisca una minuscola torsione. Una volta in orbita, «Gravity Probe B» ha preso dati per 17 mesi dal 20 aprile 2004. Si poteva sperare di avere i risultati in breve tempo, se non fosse sorto un imprevisto: le sfere erano perfette dal punto di vista geometrico, ma accumulavano sulla superficie cariche elettriche e questo rovinava le loro prestazioni, introducendo nelle misure un errore tre volte più grande di ciò che si voleva verificare. Come misurare la lunghezza di una formica con un righello che porta segnati i centimetri invece che i millimetri. «Gravity Probe B» è incorso insomma nella bestia nera degli esperimenti destinati a svolgersi in orbita: un evento non calcolato, dovuto al fatto che non possono essere provati qui sulla Terra e, quando arrivano lassù, è troppo tardi per eventuali modifiche. I ricercatori quindi sono stati costretti a un laborioso lavoro di «pulizia» dei dati che li ha tenuti impegnati fino ad oggi. Nel 2004, però, il Davide italiano scoccava i micidiali tiri della sua fionda. La quale era una sorgente di luce laser diretta verso due satelliti «Lageos», posti in orbita negli ultimi decenni del '900 per eseguire alcune misure sul comportamento della crosta terrestre. I due satelliti hanno una superficie riflettente e i ricercatori italiani, guidati da Ignazio Ciufolini dell'Università di Lecce, hanno utilizzato la misura del tempo che la luce laser impiega per tornare indietro in modo da localizzare con precisione la loro posizione. Grazie a questa informazione hanno poi stimato la deformazione dello spazio-tempo dovuta alla Terra in rotazione. È l'effetto gravito-magnetico, proprio uno degli aspetti della Relatività che «Gravity Probe B» si pro- poneva di verificare. «Le nostre conclusioni sono state poi confermate da diverse analisi indipendenti dei dati orbitali dei "Lageos", grazie alla collaborazione di gruppi dell'Agenzia Spaziale Tedesca e delle Università del Maryland e del Texas», spiega Ciufolini. Oggi, quindi, i risultati di «Gravity Probe B» non fanno altro che confermare qualcosa che già in larga parte conoscevamo. E nella scienza le conferme sono fondamentali, ma non hanno l'impatto della prima scoperta. Nel frattempo i ricercatori guardano avanti, verso analisi sempre più precise: «Entro pochi mesi partirà la missione "Lares", sotto la responsabilità dell'Agenzia Spaziale Italiana, che consentirà di eseguire nuove e sempre più precise misure dell'effetto gravito- magnetico», aggiunge Ciufolini. Perché, se nel corso dei decenni la Relatività ha trovato innumerevoli conferme, restano aperti molti grandi quesiti ai quali non riusciamo a rispondere. Ad esempio perché l'Universo sembra accelerare la sua espansione. Oppure come si concilia la teoria della Relatività con la meccanica quantistica, che descrive ciò che accade nel mondo dell'infinitamente piccolo. Grandi domande la cui risposta potrebbe essere nascosta in impercettibili pieghe dello spaziò-tempo. Pieghe che forse non sfuggiranno al prossimo esperimento. RUOLO: E' PROFESSORE DI FISICA GENERALE ALL UNIVERSITÀ DI LECCE E «PRINCIPAL INVESTIGATOR» DELLA MISSIONE «LARES» IL SITO: WWW.ASI.IT/IT/ATTIVITA/ COSMOLOGIA/LARES ______________________________________________________ Il Sole24Ore 12 mag. ’11 IL DIGITALE PAREGGIA CON LA CARTA Chi legge sullo schermo elettronico non disdegna la carta, semplicemente perché leggere notizie sul giornale cartaceo non sostituisce direttamente l'esperienza di lettura su tablet, iPad e smartphone. Questa è la conclusione di una ricerca condotta da Gartner al termine del 2010, su un campione di 1.569 consumatori in 6 Paesi, Italia inclusa. Se la maggioranza dei possessori di tablet computer (52%) trova più facile leggere su uno schermo digitale, il 42% non trova differenza sostanziale rispetto al testo stampato. Al contrario 1147% di chi legge sul pc trova l'esperienza meno appagante rispetto alla carta, contro il 33% che non ha preferenze.. L'indagine evidenzia come il 40% del campione non abbia ancora mai provato un lettore digitale con tecnologia e-ink, come Ama-zon Kindle, Leggo Ibs o Sony Reader, lasciando ipotizzare un ampio margine di crescita per il mercato della lettura digitale. Secondo Nick Ingelbrecht, direttore ricerca presso Gartner, una diffusione di contenuti multicanale risulta essere la scelta vincente per raggiungere il pubblico più ampio, non con offerte separate ma evidenziando le sinergie che carta e online possono offrire. Proprio in questa direzione Conde Nast ha deciso di aprire l'accesso alla yersione per iPad agli abbonati all'edizione cartacea del «New Yorker», con un'offerta integrata. Seppur la lettura digitale abbia virtualmente raggiunto quella su carta, il gruppo di utenti più giovane dichiara una maggiore predisposizione al consumo digitale, in contrapposizione alla fascia tra 40 e 54 anni, la meno soddisfatta rispetto all'esperienza digitale. Su questo risultato pesa indubbiamente la frammentazione digitale: leggere un breve testo sul piccolo schermo di un telefono mobile è cosa ben diversa rispetto a un ebook letto su un ebook reader. La transizione verso la lettura digitale apre inoltre ulteriori opportunità dibusiness per la diffusione wireless di contenuti a opera di operatori mobili, come l'accordo appena sottoscritto dai principali operatori italiani per il pagamento via Sim card, e per l'archiviazione degli stessi attraverso il cloud computing. Luca Conti 52% II tablet facilita Per la maggioranza degli utenti di tablet e iPad leggere un testo sullo schermo è più facile che non sulla carta. O più o meno lo stesso (42%) 47% II laptop frena Quasi la metà degli utenti di laptop trovano più facile leggere sulla carta. Per il 33% è più o meno lo stesso ========================================================= __________________________________________________________________ Corriere della Sera 13 mag. ’11 AUSTERITY, OSPEDALI A CACCIA DI TAGLI PER 10 MILIONI FINANZIARIA VARATO IL PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE DELLE SPESE CHIESTO DAL GOVERNO. I RISPARMI COLPIRANNO ANCHE MEDICINALI ED ESAMI Dimezzati contratti a termine e formazione, ridotte dell' 80 per cento le consulenze non terapeutiche La mannaia della Finanziaria si abbatte sugli ospedali. Lo dimostrano i piani di razionalizzazione della spesa corrente appena varati da ciascuna azienda ospedaliera. Il risparmio previsto su Milano è di quasi 10 milioni di euro. La fuga dei primari dal Niguarda (7 in quattro mesi) denunciata nei giorni scorsi è il segnale del malumore dei medici che fanno i conti loro malgrado con l' austerity. Per comprendere, invece, gli sforzi contabili con cui devono confrontarsi i manager alla guida degli ospedali basta leggere i bilanci di previsione 2011. Gli obblighi imposti dal ministro Giulio Tremonti vanno principalmente in sei direzioni. Le consulenze sono da ridurre dell' 80% rispetto alle cifre spese nel 2009 (tranne quelle strettamente necessarie all' attività sanitaria e indispensabili per mantenere la piena operatività dell' emergenza-urgenza). Da ridimensionare dell' 80% anche le spese di rappresentanza, relazioni pubbliche, convegni e pubblicità. Le missioni vanno dimezzate. Le uscite per le auto ridotte del 20%. Ci sono, poi, gli ultimi due capitoli. Quelli più dolorosi. I lavoratori con contratto a tempo determinato o con contratti atipici devono essere tagliati del 50%, esclusi gli incarichi indispensabili, assegnati in attesa di concorsi e in sostituzione di operatori sanitari in congedo: ma la scure della Finanziaria è, comunque, destinata a farsi sentire sul carico di lavoro in corsia. E vanno dimezzati, poi, anche i corsi di formazione. Non finisce qui. Tra le pieghe dei bilanci di previsione emerge anche la necessità di risparmiare su garze, manutenzione di Tac e risonanze magnetiche e farmaci (con la crescita dell' utilizzo dei medicinali equivalenti, contenenti lo stesso principio attivo, ma non di marca). È il 12 gennaio 2011 quando il governatore Roberto Formigoni fa un richiamo all' austerity davanti alla platea dei 45 manager appena nominati ai vertici della Sanità lombarda: «Gli obiettivi imprescindibili di cure di qualità e di attenzione all' accoglienza del malato insieme alla sua famiglia - dice Formigoni - vanno sempre coniugati con le risorse finanziarie disponibili e mantenendo le spese sotto controllo». Lo richiedono i diktat della Finanziaria. Una cosa è certa, però: in una Regione come la Lombardia con il bilancio in pareggio dal 2003 stringere i cordoni della borsa rischia di rivelarsi più doloroso che altrove. Un esempio dei risparmi decisi dagli ospedali di Milano e dagli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico? Il Besta prevede tagli per 888 mila euro, l' Istituto dei tumori per 3 milioni e rotti, il San Carlo per quasi 980 mila euro, il Sacco per un milione e 280 mila, il Fatebenefratelli per quasi 300 mila euro, gli Istituti clinici di perfezionamento per oltre un milione, il Niguarda per 520 mila euro. E via di questo passo. Riflette Sara Valmaggi del Pd: «I piani di razionalizzazione degli ospedali imposti dalla manovra Tremonti che prevedono una decurtazione al 50% dei contratti a tempo, uniti alla difficoltà di reperimento di nuovi specializzati, alla scelta di alcuni medici di utilizzare le ultime finestre per il pensionamento e alla fuga di professionalità verso gli ospedali privati, rischiano di mandare in completo default il sistema sanitario lombardo». Dopo essersi ritagliata una posizione di punta nella sanità nazionale, la sfida della Lombardia adesso è quella almeno di mantenere i livelli raggiunti. Nonostante la crisi. Simona Ravizza sravizza@corriere.it 50 Per cento Il taglio, imposto dalla Finanziaria, che dovranno subire i lavoratori con contratti a tempo determinato e con contratti atipici **** 80 Per cento La diminuzione delle consulenze, tranne chequelle strettamente necessarie e indispensabili all' attività sanitaria **** 45 I manager ai vertici della Sanità lombarda che il 12 gennaio 2011 hanno ricevuto dal governatore Roberto Formigoni un richiamo al risparmio Ravizza Simona ______________________________________________________ Repubblica 9 mag. ’11 EMERGENZA ARTRITE REUMATOIDE: L'ESPLOSIONE DEI COSTI SOCIALI In Italia 300miIa pazienti: su 14mila euro di spesa pro capite, secondo uno studio della Sant'Anna di Pisa, un terzo è la mancata produttività: va affrettata la ricerca sulla cura STEFANIA MARTANI In Italia è causa di un terzo di tutte le invalidità, in Europa secondo l'Oms colpisce oltre 2,9 milioni di persone, nel mondo ne soffre tra lo 0,3 % e l’1% della popolazione. Negli Stati Uniti sono già oltre 4 milioni le persone che ne sono affette e per il 2025 si stima che i malati saranno 6 milioni, quando sarà maggiore il numero degli ultrasessantacinquenni. L'artrite reumatoide è un'emergenza sanitaria: se le malattie croniche in Italia colpiscono il 38,8% della popolazione e rappresentano oltre il 70% della spesa, l'artrite reumatoide è una delle più invalidanti. Qualità della vita, lavoro, relazioni sociali, si sgretolano sotto i colpi di questa patologia la cui eziologia è poco chiara (tra le ipotesi più condivise c'è una malattia multifattoriale con l'influenza sia di componenti ereditarie che di fattori am bientali) ma se ne conoscono i meccanismi patogenetici, la distruzione della membrana sinoviale che avvolge e lubrificale articolazioni. In Italia, secondo uno studio condotto dalla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa coordinato da Giuseppe Turchetti, docente di Economiae Gestione delle Imprese, della malattia soffrono quasi 300.000 persone di ogni età, per il 75% donne. Fra i malati, 1126,4% dopo pochi anni non può guidare né prendere mezzi pubblici, il 20% non riesce ad allacciarsi le scarpe, 1115% non è in grado di abbottonarsi la camicia o girare la chiave, i142,3% ha difficoltà a salire pochi piani di scale. La malattia, nell'arco di 10 anni porta i150% dei pazienti alla disabilità. «Su una spesa di 14mila euro per paziente spiega Turchetti i costi diretti sono poco più di 9mila e il resto è composto da spese di trasporto, assistenza domestica a pagamento o gratuita da familiari o conoscenti, dispositivi ausiliari. E questi ricadono interamente sulle famiglie». Le prestazioni previdenziali erogate e le giornate lavorative perse dal paziente e da chi se ne prende cura (65 l'anno in media) sono pari a 4.183 euro, il 31% del totale. «Emerge un quadro preoccupante non solo per il dramma dei malati ma per l'elevato impatto che queste malattie esercitano sull'economia nazionale». Negli Usa la malattia fa perdere annualmente circa 40 miliardi di dollari. In Europa si superano i 25 miliardi di euro, per il 32% a causa della mancata produttività. Trai costi di retti la spesa dei farmaci ammonta a 526 milioni di euro. «Occorre ridefinire le strategie di gestione della malattia», dice Turchetti. Le Regioni stanno attivando i Piani Diagnostici Terapeutici: la diagnosi precoce è importante perché i farmaci non ri-solvono il male ma ne procrastinano di diversi anni le conseguenze estreme. L'accesso ai farmaci biologici è importante: ha un costo pubblico elevato per la sanità pubblica ma rallenta l'evoluzione verso la disabilità e riduce i costi economici. Oggi solo il 59,9% dei pazienti accede alle terapie di fondo utilizzando i Dmards (Diseasemodifying antirheumatic drugs) mentre il 37,3% assume esclusivamente antinfiammatori e solo il 7,4 fa uso di farmaci biologici. Eppure la ricerca ha permesso di affiancare ai farmaci anti-Tnf (Fattore di NecrosiTumorale), anticorpi monoclonali in grado di col pire differenti bersagli molecolari. Traquesti, iltocilizumab dellaRoche, l'etanercept della Wyeth, l'a dalimumab della Abbott, l'abatacept della Bristol-Myers Squibb. ______________________________________________________ L’Unità 9 mag. ’11 SCLEROSI, FORSE LA CAUSA IN UN DIFETTO DI DRENAGGIO NELLE VENE Paolo Zamboni Propone la «procedura di liberazione» per migliorare i sintomi È una storia per metà canadese e per metà italiana, ma che interessa tutti i paesi occidentali. Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell'università di Ferrara, nel 2008 ha ipotizzato che la sclerosi multipla possa essere causata da difetti nella capacità di drenaggio delle vene del cervello e del midollo spinale, la Chronic cerebrospinal venous insufficiency (CCSVI). Zamboni propone di sbloccare le vene con un intervento meccanico che ha battezzato «procedura di liberazione» per migliorare i sintomi della malattia. L'ipotesi di Zamboni, in contrasto con l'idea prevalente che la sclerosi multipla sia una malattia autoimmune, ha ricevuto un'attenzione particolare in Canada dove le sono state dedicate trasmissioni televisive e articoli sui giornali e dove sono sorti oltre 500 gruppi su Facebook di supporto al metodo, oltre a eventi organizzati dalle associazioni dei pazienti. Inoltre, molti malati hanno cominciato a viaggiare a proprie spese per farsi operare in cliniche private. La pressione sociale è così forte che oggi in Canada si discute se si debbano finanziare sperimentazioni cliniche sul metodo Zamboni o addirittura se il sistema sanitario debba fornire il trattamento ai malati, mentre la società canadese di sclerosi multipla sovvenziona 7 studi per valutare l'associazione tra CCSVI e sclerosi. Anche se nessuno dei ricercatori e dei medici canadesi sostiene l'ipotesi del medico italiano. Il fatto è che Zamboni stesso ha condotto uno studio su 65 pazienti, ma molti ricercatori sostengono si trattasse di uno studio non significativo. Ora un articolo su Nature pone una questione: normalmente le sperimentazioni cliniche (costose e spesso invasive) si mettono in piedi solo se c'è un consenso della comunità scientifica sul fatto che quel trattamento sia migliore del non far nulla. Si deve cambiare questo atteggiamento nell'era di Facebook? Di sicuro questa storia insegna che in un'epoca in cui il pubblico non ha più un atteggiamento di deferenza nei confronti dei medici, gli approcci tradizionali per comunicare i risultati scientifici non sono più sufficienti. CRISTIANA PULCINELLI __________________________________________________________________ Corriere della Sera 10 mag. ’11 QUANDO LE STATUE DI CERA AIUTAVANO GLI SCIENZIATI LA STORIA DELLE RICOSTRUZIONI ANATOMICHE RACCONTATA DA JULIUS VON SCHLOSSER. ALCUNI ESEMPLARI ALL' UNIVERSITÀ DI BOLOGNA Quando cerchiamo un' immagine le sofisticate tecnologie ottiche di oggi, le medesime che promettono «fedeltà assoluta», ce la restituiscono in base al pixel (contrazione della locuzione inglese picture element), ovvero ricorrendo ai puntiformi che compongono la rappresentazione nella memoria di un computer. Qualcuno rimpiange la foto o le vecchie riprese cinematografiche, ma non sono pochi a credere che soltanto un ritratto dipinto riveli anche la personalità del soggetto. Ora il testimone è gestito dai megapixel delle fotocamere. Ci fu un tempo nel quale ogni riproduzione della realtà - faccia, fiore, viscere o uomo intero - veniva affidato alla cera. La somiglianza era eccellente e, in più, essa ben rappresentava l' idea di eterno che si desiderava conferire al soggetto ritratto. Di questa singolare avventura, capitolo di storia dell' anatomia oltre che di estetica, con i suoi attuali luoghi di culto nei musei dedicati a Madame Tussauds (presenti, tra l' altro, a Londra, Berlino, Hong Kong, Las Vegas, New York, Shanghai, Roma e dall' agosto 2009 a Hollywood), esce finalmente tradotto in italiano il più autorevole degli inventari. Lo scrisse nel 1911 il sommo Julius von Schlosser: Storia del ritratto in cera (Medusa pp. 248, 16,50; cura e introduzione di Marco Bussagli). Noi, con le tecnologie di cui disponiamo, vorremmo avvicinarci sempre più all' oggetto attraverso geometrie e colori; quello che von Schlosser passa in rassegna sono invece i ritratti tentati sino al romanticismo, cercando quella fedeltà che per secoli è stata inseguita, idealizzata, a volte abbellita. Sovente però è stata evocata impietosamente, con doppi menti, bitorzoli e strabismi. Altre volte il realismo si è fatto feticista e macabro, come capitò all' Eva di Ercole Lelli, conservata all' Istituto di Anatomia dell' Università di Bologna: lo scultore settecentesco utilizzò unghie e capelli veri per la progenitrice biblica. Ma la lettura del testo di von Schlosser si fa entusiasmante proprio per i dettagli che rivela. Ecco i funerali di Pertinace nel foro romano, descritti da Dione Cassio, dove non mancava un' effigie del morto in cera che sfilava con il corteo; ecco un passo di Vasari che riferisce sulle maschere mortuarie; ecco ancora la figura intera di Federico il Grande nel Vaterlänsdisches Museum di Braunschweig con l' uniforme delle guerre di Successione: portamento reclinato, occhi di vetro, parrucca. La cera, insomma, ha fatto miracoli, restituendo ai nostri sguardi un universo scomparso. Il medesimo che continua a vivere congelato in chiese o musei, in raccolte o dove capita, affinché forme e volti non si dissolvano come la carne di cui erano fatti. Torno Armando ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 PIANO E-GOV 2012 AL RUSH FINALE SPECIALE ICT/ II punto sulle previsioni per l'informatizzazione del Servizio sanitario nazionale Fiore all'occhiello i certificati on line - Ultimo adempimento: la ricetta elettronica Una delle innovazioni di maggiore rilievo del primo triennio di attuazione del piano e-Gov 2012 è quella dei certifica ti di malattia, che da aprile 2010 possono essere tranvie si per via telematica dal medico all'Inps e Ball' nps al datore di lavoro. Già prevista per il settore privato nella Finanziaria 2007 ed estesa dal Dlgs 150/2009 al settore pubblico, la trasmissione on line dei certificati è divenuta realtà nel giro di pochi stesi grazie alla cooperazione applicativa tra amministrazioni centrali (ministero Economia, Inps, Inpdap), Regioni e medici, I "numeri" parlano da soli: attivo dal 3 aprile 2010 l'invio dei certificati on line è a regime dal I' febbraio 2011. 1 medici interessati sono circa 180mila (di cui 52infia medici di famiglia), mentre i lavoratori interessati sono i 17 milioni di dipendenti di cui 3,5 milioni nel pubblico (20%) e 13,5 milioni nel settore privato (80%1. E i certificati inviati al 30 aprile erano oltre 9.500.000 (sono 9.827.532 al 5 maggio). La ricetta digitale. La sostituzione della "ricetta rossa" con l'equivalente formato digitale è sostenuta da un quadro normativo in evoluzione che, partendo dall'articolo 50 della legge 326/2003 (avvio del processo di dematerializzazione delle ricette e dei certificati di malattia), porta al D1 78/2010, che va verso il riconoscimento del valore legale della trasmissione telematica dei dati della ricetta, In questa prospettiva, si delinea uno scenario attuabile, nel quale il medico compila la ricetta on line senza rilasciare alcun documento "Militale" al paziente. È sufficiente che il medico comunichi il numero di identificazione della ricetta e rilasci all'assistito un eventuale promemoria cartacce) con indicazioni e posologia per la prescrizione di farmaci. Successivamente, il paziente sì può recare in farmacia e ritirare i farmaci esibendo la tessera sanitaria e comunicando il numero di identificazione della ricetta rilasciato dal medico. La ricetta digitale consente al medico, a esempio, di predisporre ricette "ripetibili", con notevoli facilitazioni per i pazienti cronici o che si debbono sottoporre a terapie cicliche (non bisogna tornate ogni volta dal medico per una nuova ricetta, poiché un'unica ricetta potrebbe prevedere l'erogazione di farmaci secondo una pianificazione temporale appropriata), di facilitare le prenotazioni OD line delle prestazioni senza intermediari e di migliorare l'accessibilità al farmaco, aprendo nuove opportunità anche alla distribuzione dei medicinali (come la dispensazione tramite sportello automatico). L'innovazione nelle aziende sanitarie. Il progetto di innovazione delle aziende sanitarie contemplato nell'Obiettivo salute affronta in modo sistematico l'adeguamento delle infrastrutture tecnologiche presso i poli di erogazione territoriali (aziende sanitarie) per migliorare il rapporto costo-qualità dei servizi, limitare gli sprechi e ridurre le inefficienze che si possono annidare in un sistema articolato conte quello della Sanità pubblica. L'incremento di efficacia e efficienza si ottiene aumentando il tasso dì innovazione digitale nei processi di organizzazione intenta e di erogazione dei servizi agli utenti. Nello specifico, la situazione delle aziende sanitarie si può rappresentare con un quadro piuttosto disomogeneo, nel quale circa un terzo delle aziende si può definire ancora in condizioni di arretratezza. E stato più volte, detto che uno dei problemi più sentiti dai responsabili aziendali riguarda la mancanza di linee guida e di percorsi di investimento affidabili. In questo scenario, anche se vi sono finanziamenti disponibili permane uno stato di incertezza nel prendere azioni per avviare un corretto percorso di innovazione dell'azienda. Incentivare il livello aziendale comporta la programmazione dei possibili interventi su un numero elevato di strutture, che devono divenire oggetto di adeguamenti tecnologici e organizzativi nel pieno rispetto delle prerogative di autonomia riconosciute. Per conoscere la realtà aziendale, il modello Litis (realizzato nell'ambito di una collabormione tra il Ddi, Feidersanità- Araci e Forum Pa) è orientato alla definizione di linee guida, percorsi e modalità condivise per investire in innovazione, sostenendo la progettualità medio termine presso le aziende. Conclusa la fase conoscitiva, è prevista una nuova fase di Litis, per sviluppare e diffondere linee guida condivise per la realizzazione e l'adozione di servizi on line elementari, come a esempio il pagamento delle prestazioni e la consegna dei referti on line. La diffusione dei Cup sovra-territoriali. I centri unificati di prenotazione (Cup) costituiscono il principale punto di contatto fra assistiti e poli di erogazione dei servizi sanitari, In 15 Regioni sono stati realizzati Cup regionali, mentre nelle rimanenti 6 Regioni sono disponibili Cup aziendali in corso di integrazione. Per ottimizzare l'utilizzo delle risorse del sistema sanitario nel rispetto della specializzazioni esistenti e agevolare l'accesso alle prestazioni del Ssn con riduzione delle liste di attesa, nell'ambito del piano e-Gov 2012 si sta concludendo un progetto comune per l'integrazione sovra-territoriale dei sistemi Cup. Il progetto interessa 5 Regioni (Umbria, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Provincia autonoma di Dato). Dal punto di vista tecnologico, sono state sviluppate soluzioni aperte, per favorirne il rioso e la diffusione sul territorio. In pratica, il modello classico di Cup è superalo nella versione sovra- territoriale, tramite l'utilizzo di un "sistema complesso di gestione delle risorse" grazie al quale l'assistito può prenotare alcune prestazioni specialistiche ambulatoriali al di fuori del normale ambito territoriale di appartenenza (distretto, Asl, Regione), recandosi presso gli sportelli dei Cup abilitati. a cura di Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica Presidenza del Consiglio dei ministri ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 UNA CERTIFICAZIONE EUROPEA PER I PRODOTTI DI E-HEALTH In tutti i Paesi europei è orinai diffuso un numero elevato di prodotti e servizi di Sanità elettronica, in particolare dei sistemi di cartella clinica e di fascicolo sanitario, e si intravede la crescita di un mercato sovra-nazionale. Il progetto europeo Ehr-Q-In ha lo scopo di predisporre il settore sanitario dei diversi Paesi verso un percorso sistematico e comparabile per l'assicurazione di qualità e la certificazione di tali prodotti. Nell'ambito dell'iniziativa europea, ciascuno dei Paesi coinvolti ha prodotto un censimento (Ehr market overview) di tutti gli "stakeholders" potenzialmente coinvolti e/o interessati alla qualità dei prodotti sulla documentazione clinica, partendo certamente dai fornitori, ma considerando anche istituzioni pubbliche cena-ali e locali, enti di ricerca, organizzazioni di utenti, accademici ecc. Infatti uno degli aspetti conclusivi più importanti di un precedente progetto europeo, Ehr-Implement, è stato affermare che il coinvolgimento di tutti i possibili stakeholders fosse fondai nerttale e cruciale nelle diverse fasi del processo di selezione, decisione e adozione su larga scala di tali prodotti, per massimizzare i benefici e il successo delle implementazioni. Di seguito, la sintesi dei dati più rilevanti sulla comparazione dei differenti mercati nazionali, per i principali domini di applicazione. In totale, sono state censite più di 1.041 istanze di fornitori significativi con i loro prodotti/servizi, in particolare: - 848 sistemi commerciali per cure primarie, ospedali, cure domiciliari (Home Care/Home Nursing), personale paramedico, con un focus soprattutto per i sistemi informativi per Ming e ospedali; • 27 sistemi informativi ospedalieri sviluppati in proprio ("in- house"); • 122 servizi "tecnici" (e.g. servizi telematici, servizi privati di connessione ecc.) e loro fornitori; • 44 organizzazioni che raggruppano diversi partner industriali nazionali (Ilealth lei organizations). Sono stati censiti 721 fornitori in Paesi diversi, con una inedia di 30 fornitoti per Paese. Il mercato degli Ming e il mercato ospedaliero sono i due principali domini rilevati. Essi hanno un numero medio circa pari di applicazioni e di fornitori significativi. Entrambi i mercati hanno, per i Paesi segnalati, in media circa 13 applicazioni diverse presenti sul mercato. Gli altri mercati sono meno completi, visto il numero ridotto di Paesi che riportano tali sistemi. Il numero di fornitori e le applicazioni riportati per Paese sono circa la metà di quanto rilevato per i sistemi Ming; ciò indica un mercato meno maturo o un mercato organizzato in modo diverso: un minor numero di committenti e/o acquirenti di queste applicazioni. Dalla rilevazione è emersa una possibile relazione Ira il modo con cui è organizzata l'assistenza primaria e il numero di fornitori che operano in tale mercato: a esempio, alcuni grandi Paesi (Italia, Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi) che hanno un elevato grado di utilizzo di sistemi lei nelle cure primarie., riportano un piccolo numero di fornitori. Altri Paesi, con una disposizione più competitiva e "libera" delle cure primarie, segnalano un gran numero di fornitori e tinche di applicazioni diverse per l'assistenza primaria (alcuni esempi sono Austria, Belgio e Germania, anche se una fase di consolidamento è in corso in questi Paesi). Angelo Rossi Mori, Gregorio Mercurio, Rita Verbicaro Unità di Sanità elettronica, Istituto Tecnologie biomediche del Cnr ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO: ANALISI. INNOVAZIONE/CNR SULLO STATO DI REALIZZAZIONE DEL FSE A LIVELLO LOCALE Regioni al lavoro sull'interoperabilità Verso l'allineamento agli standard europei con la collaborazione tra amministrazioni locali, Ddi e Salute Il percorso verso la realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico del cittadino (Fse) sta proseguendo con gradualità. Il Fse raccoglie tutti i documenti sociosanitari dell'assistito, consentendone la consultazione on line a tutti gli operatori sanitari autorizzati (come a esempio il medico di famiglia, o nel caso di un pronto soccorso): dovrebbe avere quindi valenza nazionale, così da consentire la consultazione e l'alimentazione dei documenti da parte di qualsiasi operatore sul lenitorio nazionale. Sul piano realizzativo, il Fse è il risultato dell'unione di tutti i Fse aziendali esistenti per un dato assistito: per ottenere ciò, il Fse ha dunque bisogno di una infrastruttura che deve collegare tra di loro tutti i punti che erogano servizi socio-sanitari al cittadino e che pertanto concorrono alla produzione (e/o alla consultazione) di documenti socio- sanitari in formato digitale. Alcuni importanti passi sono stati già realizzati, sia a livello nazionale che a livello regionale. A livello locale, ormai tutte le Regioni e Province autonome stanno investendo, anche se con tempi e intensità diversi, nello sviluppo di soluzioni di Fse per i propri cittadini. La maggior pale delle Regioni ha già realizzato o sta realizzando una propria infrastruttura di Fse; IO Regioni (Lombardia, Abruzzo, Emilia Romagna, Molise, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto, Provincia di Trento) stanno collaborando per realizzare l'interoperabilità dei propri Fse, in linea con lo standard europeo, con il coordinamento del Ddi e del ministero della Salute. ll Ddi, in collaborazione con il Cnr e insieme a tutte le Regioni e Province autonome, ha curato un'analisi dettagliata dello stato di realizzazione del Fse a livello regionale di cui la sintesi è riportata nella tabella. L'organizzazione regionale del fascicolo sanitario ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 MARCHE: L'E-HEALTH DIMEZZA I RICOVERI SPECIALE ICT Nelle Marche controllo a distanza del paziente in dimissione protetta I vantaggi: risparmi fino al 40%, posti letto "liberati" e comfort per il malato La Sanità pubblica e privata può disporre di molteplici soluzioni tecnologi che, che se ben utilizzate, convogliano vantaggi qualitativi ai pazienti e al personale medico, con non trascurabili ricadute economiche per le stesse strutture sanitarie. Questo articolo descrive un'applicazione della tecnologia a larga banda a un concetto che finora era solo immaginabile, mostrando un dimensionamento dei miglioramenti qualitativi ed economici che ne possano derivare. La valutazione è basata sull'applicazione della cosiddetta "deospedalizzazione protetta" e cioè la dimissione di un paziente in anticipo rispetto al normale iter di ricovero, con la continuazione della degenza presso la propria abitazione o domicilio, seguito e monitorato puntualmente dal personale medico della stessa struttura sanitaria, che lo ha preso in carico e ne ha eseguito il ricovero. Perché ciò possa realizzarsi in modo efficiente bisogna ricreare, nel domicilio del paziente, le stesse garanzie sanitarie offerte da una struttura ospedaliera e cioè un adeguato supporto medico e psicologico. Bisogna, inoltre, fare attenzione a non spezzare quel delicato rapporto fiduciario che di solito si crea tra il paziente e il medico e che spesso è determinante per il processo di guarigione. Si dovrà pertanto ricorrere a mezzi e strumenti di telemedicina che possano "remotizzare" i due aspetti fondamentali di un processo di ospedalizzazione: quello sanitario e quello umano. Il modello è applicato allo scenario della realtà sanitaria marchigiana, prendendo a riferimento i dati statistici e ospedalieri della popolazione. L'analisi è concentrata sulla riduzione della permanenza ospedaliera di pazienti, al fine di ottimizzare le prestazioni medico- sanitarie, dimostrando che è possibile offrire un servizio con un migliore rapporto costi/ benefici per entrambi, paziente e struttura ospedaliera. Combinando i dati dell'Istat, della Regione Marche e dell'Agenzia regionale sanitaria otteniamo l'insieme dei dati illustrati nella tabella a pagina 5. Nell'ipotesi di studio il paziente viene trattenuto nella struttura ospedaliera solo per 5 giorni dei 9 previsti in media, il rimanente periodo lo trascorre presso il suo domicilio. Confrontando i costi sostenuti con i due metodi si rileva un miglioramento economico delle strutture sanitarie che già dal primo anno supera il 30% annuo per sito con una tendenza verso il 40% sul breve periodo. Il modello è applicabile sia ai casi di ricovero di breve durata che nei casi di pazienti soggetti a malattie croniche, che richiedono quindi lunghi periodi di osservazione come a esempio i casi di malattie respiratorie o cardiologiche. Mettendo a confronto i costi della diaria giornaliera si può osservare inoltre che il costo della "deospedalizzazione protetta" è inversamente proporzionale al numero di pazienti de-ospedalizzati e decresce al crescere di quest'ultimo dato (si veda il grafico in pagina). Lo studio, se pur condotto in modo conservativo, dimostra che il ricorso a sistemi remoti di "home care" per la deospedalizzazione protetta può fornire un contributo significativo alla efficienza delle strutture sanitarie. Grazie all'adozione del ricovero parziale presso il domicilio del paziente si guadagnano ulteriori posti letto, per accogliere un numero sempre maggiore di pazienti, migliorando il rapporto di efficienza territoriale e offrendo un servizio sanitario di migliore qualità. Inoltre, aspetto non trascurabile è che il sistema garantisce la continuità del rapporto medico- paziente traslando il concetto di ricovero a casa del paziente, che offre notevoli vantaggi anche psicologici in soggetti fragili o bisognosi di un maggiore conforto familiare. Vincenzo Gullà Director AdiTech Srl, Ancona ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 ROTTA VERSO IL PATIENT FILE La priorità: un sistema informativo integrato La trasformazione del sistema sanitario verso il territorio e le cure primarie, secondo modelli organizzativi innovativi basali sulla gestione integrata (Disease management, Expanded chronic care mode]), con un forte coinvolgimento attivo dell'assistito e dei suoi coadiutori informali (patient engagement), richiede un'evoluzione dei presidi sociali e sanitari, che si ramifichino "a rete", con il massimo del coordinamento, elasticità nell'organizzazione e appropriatezza nell'erogazione. Questo cambiamento può essere facilitato da opportune soluzioni di Sanità elettronica per una gestione efficace di informazioni, comunicazioni e conoscenze, usando in modo versatile la rete di presidi sanitari e le strutture comunali esistenti oppure iniziative promosse da organizzazioni esterne. Le 3C: continuità, collaborazione, comunicazione. La gestione può essere regolata da convenzioni e accordi adattati al contesto locale in modo che: garantiscano un uso (Animale di tutti i presidi esistenti nell'Asl e nel Comune; • permettano all'Asl e al Comune un controllo efficace sull'appropriatezza; • regolino gli aspetti economici (es. tariffe e rimborsi per singole prestazioni). Questo comporta una pressante esigenza di pianificazione e controllo. Dovranno quindi essere concordati percorsi assistenziali di riferimento per le principali problematiche, per costruire indicatori idonei a verificare l'appropriatezza della presa in carico di un paziente e a monitorare l'andamento dei piani diagnostico-terapeutici-riabilitativi del singolo paziente. Dal punto di vista del sistema informativo, si tratta a esempio di definire: • quali dati clinici un operatore sanitario dovrebbe comunicare, nel momento di un percorso in cui avviene un trasferimento di responsabilità a un altro operatore; • il contenuto della "copertina" della cartella socio-sanitaria (profilo clinico del paziente e profilo sociale dell'utente); • ì nomi standard dei principali tipi di documenti da raccogliere nel fascicolo. Le strutture sanitarie funzionali, su base telematica. La condivisione di dati sociosanitari correnti sul cittadino (opportunamente autorizzata) può essere la chiave per avviare i nuovi modelli organizzativi tra i presidi, anche in assenza di una struttura fisica accentrata, configurando una sorta di "struttura virtuale telematica". L'Ict infatti rende alcune funzioni parzialmente indipendenti dal luogo fisico in cui si trova l'operatore o il cittadino: • le "pratiche facili", es. prenotazioni, protesica, procedure amministrative svolte attraverso un qualsiasi sportello telematico di una rete integrata socio-sanitaria; • forme di continuità delle cure con dispositivi mobili o apparecchiature domiciliari, per assicurare un'assistenza di qualità anche in assenza di personale medico, es. telemonitoraggio per l'assistenza domiciliare (teleassistenza), servizi mobili per l'emergenza sanitaria e medicina d'urgenza (es. teleconsulto dalle ambulanze; • una "cartella clinica socio-sanitaria" condivisa potrebbe facilitare il coordinamento tra gli operatori; • il (Accentramento di alcuni servizi telematici in presidi a livello di comuni minori e frazioni isolate. Il sistema informativo per la governance. Un aspetto cruciale del sistema informativo riguarda gli strumenti per la governance del sistema. I percorsi assistenziali più rilevanti dovrebbero essere modellati in modo esplicito e la descrizione dovrebbe essere resa facilmente fruibile agli operatori, concordando appositi indicatori clinici, organizzativi e informativi per facilitare la valutazione del sistema e predisporre le azioni di modifica, sia sul sistema di erogazione dell'assistenza che sulle modalità di cooperazione tra operatori. E poi opportuno studiare le possibilità di facilitare 'autovalutazione degli operatori, soprattutto Mmg, e il supporto alle eventuali riunioni (tra Mmorb o multidisciplinari) per lo studio dei casi e la modulazione dei piani di cura comuni. Dall'integrazione organizzativi all'integrazione informativa. L'organizzazione attuale dell'assistenza è frammentata mentre occorre un sistema informativo integrato che aiuti a raggiungere il livello richiesto di integrazione "sistemica", assicurando a operatori e cittadino l'accesso sicuro alle informazioni cliniche individuali, con appropriati meccanismi di autorizzazione, secondo i diversi sistemi: • la documentazione clinica generata dai singoli operatori e dal cittadino, su carta o in formato elettronico; • una eventuale "cartella socio-sanitaria integrata", accessibile in rete, le cui caratteristiche devono ancora essere definite, essendo uno strumento su cui non c'è esperienza diffusa e condivisa; • la collezione dei documenti clinici presente nel fascicolo sanitario, per facilitare l'importazione controllata di dati clinici; • i sistemi per la sincronizzazione tempestiva delle attività del paziente e sul paziente, oggi basata sullo scambio (spesso informale) di informazioni prevalentemente gesti°. nali e organizzative. Ciò porterebbe a migliorare la collaborazione tra diverse figure professionali e con i cittadini, ottimizzare l'uso delle risorse umane e strumentali già disponibili, ridurre la mobilità evitabile dei cittadini e i trasporti in ambulanza. Angelo Rossi Mori Gregorio Mercurio Rita Verbicaro Unità di Sanità elettronica, Istituto tecnologie biomediche del Cnr ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 TUTTI I BENEFICI DI UNA CLASSIFICAZIONE DELLE CURE PRIMARIE Icpc (International classification of primary care) è una classificazione specifica per le cure primarie. E stata sviluppata nel 1987 dal Wonca (VVorld organization of national colleges, academies and academic associations of generai practitioners and family physician) e permette ai professionisti nelle cure primarie di identificare tre elementi dell'incontro sanitario: i "motivi dell'incontro" (Mdi), le diagnosi o i problemi di salute, e le procedure. Il Mdi rappresenta il punto di vista del paziente: la causa per cui il paziente si presenta al sistema sanitario o la richiesta di cura effettuata; la diagnosi o il problema rappresenta l'interpretazione dei professionista; le procedure si riferiscono a entrambe le prospettive. I Mdi possono riguardare sintomi o dolori (mal di testa o paura del cancro), malattie conosciute (influenza o diabete), richieste di assistenza preventiva o diagnostica (controllo della pressione sanguigna o Ecg), di cure (ripetizione di una prescrizione), di interpretazione e commento di risultati di test diagnostici, di procedure amministrative (certificati). Espresso sotto forma di sintomi e disturbi, il Mdi permette di stimare la probabilità a priori e a posteriori di eseguire alcune diagnosi in gruppi standard predefiniti. Espresso sotto forma di richiesta di intervento, svolge un ruolo importante nello spiegare la variazione nella distribuzione degli interventi per un determinato problema di salute. Un Mdi può essere correlato a uno o più problemi di salute che il medico formula alla fine di ogni incontro e che potrebbero, oppure no, coincidere con il Mdi. I problemi indicati in diversi incontri o da diversi professionisti, riconducibili a una stessa problematica del paziente, possono esse re raggruppati in un "filone". L'Icpc permette di etichettare in modo semplice ed efficace i problemi e i filoni per costruire opportune "chiavi di lettura" che rendano più facile e corretta la gestione delle informazioni associate ai processi di cura. L'Icpc, giunta alla versione 2 (Icpc-2), si interrelaziona con la decima edizione della lcd (lcd-10), pubblicata dall'Oms nel 1992 e aggiunge criteri di inclusione e riferimenti incrociati a una buona parte delle sue rubriche. L'Icpc-2 fornisce 1.360 voci, con relativi codici mnemonici, con una semplice struttura bi-assiale: 17 capitoli, principalmente per apparati anatomici (bodysystems), denominati con una lettera; 7 componenti mediche, comuni, per quanto possibile, a tutti i capitoli, con codici numerici a due cifre. L'incrocio di questi due assi definisce le voci dell'Icpc; per esempio "stanchezza"=A04, "anemia da carenza di ferro"=1380, "colonoscopia"r-D40. La struttura simmetrica e la numerazione uniforme attraverso i vari capitoli facilita l'utilizzo anche nei sistemi di registrazione manuale. Quasi tutti i software in uso nella medicina generale adottano la classificazione lcd9, utile per la classificazione statistica, ma inadeguata per etichettare i processi propri delle cure primarie. L'Icpc ha avuto un crescente riconoscimento mondiale ed è utilizzata soprattutto in Europa e in Australia. In Italia, l'utilizzo dell'Icpc trova ancora scarsa applicazione. Recentemente un gruppo di medici di varie Regioni ha fondato un associazione denominata "Icpc Club Italia" (http://www.icpc-italia.org). Il "campione" delle Marche Gli indicatori Percentuale annua di ricoveri anziani su popolazione totale 29% Numero strutture regionali marchigiane 36 Pazienti medi (proiezione 2006) 121.885 Percentuale di pazienti eleggibili per la deospedalizzazione protetta(dal 2006) : 15% Numero medio pazienti anno in ospedalizzazione protetta per struttura 508 Potenziale medio pazienti mese in deospedalizzazione protetta per struttura 42 ______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’11 CODIFICA DELLE INFORMAZIONI CLINICHE Dati di laboratorio (e non solo) nel nomenclatore unico «Loinc» Loinc (Logical observation iden tifiers names and codes, http://loinc.org/background) è una nomenclatura dettagliata per rappresentare in modo univoco i risultati di laboratorio e altri dati sanitari (tra cui i nomi dei documenti clinici e delle loro sezioni). Loinc è mantenuto a cura del Regentrief Institute di Indianapolis, è gratuito ed è il sistema di codifica più diffuso nel settore, con utenti in 140 Paesi, si affianca e non sostituisce i nomenclatori tariffari per le prescrizioni. Si tratta infatti di una nomenclatura di uso clinico, nata originariamente per codificare con precisione i risultati di laboratorio.- Nel campo dei sistemi informativi per il laboratorio di analisi, servono diversi tipi di liste o cataloghi: un nomenclatore tariffario degli esami, con finalità economiche; una lista con finalità organizzati ve (prevedere quali prelievi 'predisporre O allocare le attività nell'ambulatorio o sull'apparecchiatura); una lista clinica degli esami richiedibili, in grado di specificare Ldettagli utili per eseguire l'esame; una lista clinica per esprimere i risultati, specificando tutti i dettagli per interpretare correttamente i valori e a renderli "nativamente" confrontabili dagli applicativi senza mediazione umana. Ognuna di queste liste può essere usata in tabelle che permettono agli applicativi di svolgere determinate funzioni. A esempio: dal punto di vista economico rimborsi e ticket; dal punto di vista organizzativo gestione della tempistica, modalità di conservazione dei campioni, stampa di un numero adeguato di etichette; dal punto di vista clinico esplicitazione dei valori "normali" e gestione dei tipi di segnalazioni da emettere in caso di anormalità. A ogni voce del tariffario corrispondono una o più voci della lista organizzativa, alle quali corrispondono una o più voci della lista clinica delle prescrizioni. Ogni voce delle prescrizioni cliniche corrisponde a una o più voci dei risultati clinici (es. diverse misure con la stessa apparecchiatura o sullo stesso segnale, oppure diverse metodiche - non specificate dal medico). La nomenclatura sistematica di Loinc fornisce una lista di termini, in formato strutturato secondo 6 campi e a ogni termine è associato un codice progressivo, per gestire i risultati clinici. Nel tempo il sistema Loinc si è esteso oltre il laboratorio di analisi, per coprire altre necessità di codifica dei sistemi informativi sanitari. Avendo raggiunto ormai un numero di voci elevato, oltre 60mila, si è reso necessario selezionare, per scopi pratici, un numero ridotto di voci per costruire una base minima di partenza. Attraverso l'analisi di circa 50 milioni di risultati, provenienti da fonti eterogenee, sono stati individuati inizialmente 784 codici in grado di coprire il 99% del campione. Con una successiva fase di segnalazioni e commenti, si è giunti a costruire un "Common Lab Orders Loinc Value Set" di soli 292 test e batterie di uso più comune. Dagli anni '90 l'Itb-Cnr è nel Comitato internazionale di Loinc e ha curato i contatti tra HL7 Italia e il Centro internazionale per concordare i codici Loinc necessari per le specifiche italiane sui documenti Cda utilizzati nel fascicolo sanitario. Nel 2010 è stato creato un coordinamento in Italia tra alcune strutture per l'introduzione della nomenclatura Loinc a livello nazionale, dopo una opportuna validazione delle società scientifiche interessate. L'Urt-Cnr dì Cosenza, nell'ambito del contratto Cnr-Ddi sul fascicolo e la salute in rete, ha sviluppato un'applicazione web per aiutare i singoli laboratori a mappare i propri codici interni verso Loinc e ha attivato un contatto stabile con il Regenstrief institute, che cura la manutenzione e la diffusione di Loinc, per gestire l'inserimento della versione italiana tra quelle riconosciute e collaborare sugli aspetti metodologici e sullo sviluppo dei servizi collegati. L'adozione delle specifiche Loinc in Italia potrebbe consentire l'interoperabilità delle strutture dei laboratori di analisi, superando le codifiche diverse utilizzate in ogni laboratorio, a volte anche dello stesso ospedale, e potrebbe aprire la strada a una più razionale e omogenea definizione delle politiche di spesa nel settore. ______________________________________________________ La Stampa 9 mag. ’11 BLACKBURN: VI FARÒ INVECCHIARE IN SALUTE" Il Nobel pe a Medicina: cominciate con 15 minuti di esercizi fisici al giorno per proteggere le cellule Intervista MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEWYORK Migliorare la qualità della salute durante la vita, consentire agli anziani di evitare le più comuni malattie e aumentare la protezione dai tumori: sono le sfide a cui Elizabeth Blackburn, Nobel per la Medicina nel 2009, dedica il proprio lavoro, sviluppando la scoperta dei «telomeri» così come suggerendo di «fare ginnastica 15 minuti al giorno». La motivazione del «Premio StellaRe» che riceve a Torino oggi sottolinea che «ha aperto nuovi cammini nello studio delle malattie dell'invecchiamento». Quali sono le maggiori sfide su questo fronte? «Sono di due tipi. Riguardo alla scienza di base la maggiore sfida per la ricerca è comprendere la natura molecolare dei telomeri e come i cambiamenti nella loro struttura li porti a funzionare per proteggere la parte finale dei cromosomi. E' essenziale scoprire come la struttura dinamica dei telomeri porti a inviare un messaggio ad una cellula per dirle di morire o vivere. La seconda sfida è l'applicazione della conoscenza dei telomeri e dell'enzima telomerasi nella salute. Quando i telomeri si spengono e accorciano, le cellule funzionano meno bene e non possono ricostituire i tessuti nella maniera dovuta, innescando alcune malattie degli anziani. Negli adulti la carenza di manutenzione dei telomeri può aumentare i rischi di serie malattie, come quelle cardiovascolari, il diabete ed alcuni tipi di tumori. Il veloce logoramento dei telomeri porta ad un aumento del rischio di tali malattie. E' un indicatore generale della salute degli anziani. Dobbiamo rendere accessibili tali nozioni alla gente ed è una sfida che può essere affrontata in varie maniere: assieme ad un gruppo di ricercatori dell'Università della California studiamo come spiegare agli anziani il funzionamento dei telomeri». Nella ricerca presentata all' Associazione americana per la ricerca contro il cancro lei ha affermato che fare ginnastica aiuta a proteg-gere i cromosomi dall'invecchiamento. Perché? «Possiamo fare in modo che i telomeri vengano conservati? A mio avviso sì. Sappiamo che sono i gravi stress a metterne a rischio il funzionamento. Ad esempio abusi o traumi infantili impediscono ai telomeri di funzionare anche nell'età adulta. Fare ginnastica va in senso opposto, i telomeri si mantengono e rafforzano. Gli studi dimostrano che chi fa ginnastica più volte la settimana per almeno 15 minuti e in modo da sudare o avere il fiato corto contrasta l'indebolimento dei telomeri dovuto a stress. Ciò che non sappiamo è se l'impatto positivo sui telomeri avviene perché la fatica fa indietreggiare lo stress o se intervengono altri fattori. Forse entrambe lé cose sono vere». Come la pensa sul dibattito che considera il cancro come una malattia battibile? E' vero che si sopravvive di più ai tumori? «Il trattamento dei tumori, e ve ne sono di tipi diversi, continua a migliorare. Ad alcuni, che a lungo abbiamo considerato mortali, ora si può sopravvivere per diversi anni Penso per esempio a quelli infantili e ad altri tipi di leucemie o ad alcuni tumori al seno. Nel complesso, però, i tumori restano una sfida da vincere. La buona notizia è che la ricerca ha cambiato la conoscenza della biologia dei tumori, portando a più opzioni di trattamento. Presto avremo nuove opportunità per trattare i tumori all'inizio e in alcuni casi per prevenirli». Nel 2004 lei lasciò il Consiglio sulla Bioetica perché Bush non approvava il suo sostegno alla ricerca sulle staminali. Come vede l'approccio di Obama? «L'amministrazione Obama è interessata nello sviluppo di una scienza fondata su prove solide al fine di determinare politiche su temi come i cambiamenti climatici e la ricerca sulle staminali. Ritengo sia importante basarsi sulle migliori prove disponibili». Obama spinge le nuove generazioni a studiare di più la scienza. Come riuscirci? «Bisogna migliorare la qualità degli insegnanti dei più piccoli. Devono ricevere salari pari a quelli di dottori ed avvocati, perché il loro lavoro è di importanza straordinaria». Come sarà una società nella quale si vivrà più a lungo? «La mia ricerca punta a far vivere le persone più tempo in salute, non più a lungo. Anzichè vivere di più in condizioni precarie, bisogna concentrarsi sulla possibilità di migliorare la qualità della salute durante la vita». __________________________________________________________________ La Stampa 12 mag. ’11 DUE TESTIMONI DI GEOVA RISARCITE PER LE TRASFUSIONI Riconosciuto per la prima volta il mancato rispetto delle scelte religiose ALBERTO GAINO TORINO Deve riconoscersi il danno non patrimoniale consistente nelle ripercussioni che il non voluto trattamento sanitario ha prodotto nella sfera personale, nella vita sociale e familiare, nella coscienza religliosa delle signore». Due testimoni di Geova si sottoposero ad intervento di isterectomia alla clinica Villa Maria Pia perché là operava il dottor Salvatore Martelli, segnalato dal Comitato di assistenza sanitaria dei Testimoni di Geova «quale medico rispettoso delle loro scelte religiose». Entrambe le donne espressero chiaramente la volontà di non essere sottoposte a trasfusioni di sangue, il dottore le rassicurò. Poi le cose andarono diversamente. Dopo la prima operazione, si ricorse ad una seconda per entrambe - le pazienti erano in pericolo di vita - e vennero trattate con ripetute emotrasfusioni. Il giudice civile Marco Ciccarelli ha condannato medico e casa di cura, chiamando in cause le rispettive assicurazioni, a pagar loro rispettivamente 36.870 e 38.960 euro. L’avvocato Renato Mattarelli, legale delle pazienti: «E’ la prima volta che in Italia si riconosce il danno per il mancato rispetto della libertà religiosa oltre che sanitaria». Il caso - del gennaio 2005 - è complicato non solo perché investe principi oggi oggetto di furibonde dispute ideologiche: le due testimoni di Geova scelgono quel medico e quella casa di cura perché si sentono rassicurate, l’intervento di rimozione parziale e totale (per una delle due) dell’utero è tutt’altro che semplice, lo era ancora meno per quelle pazienti con «un’accentuata anemia evidenziata dalle analisi eseguite il giorno del ricovero». Il dottor Martelli non avrebbe dovuto escludere il ricorso a trasfusioni di sangue. Il giudice evidenzia gravi negligenze commesse ai danni delle pazienti durante la prima operazione e dopo di fronte a «complicanze, manifestatesi in entrambe il mattino successivo». A seguito delle quali, vennero sottoposte a operazione di «revisione chirurgica» e a «emotrasfusioni clandestine», registra il magistrato. Mentre le signore, poco prima, pur coscienti di trovarsi in pericolo di vita, avevano ribadito il loro rifiuto. Il dottor Ciccarelli prende atto che c’era stato un accordo e che fu disatteso. E va oltre: «L’astratta esistenza di un diritto a rifiutare le cure è del tutto pacifica, trattandosi di un diritto costituzionalmente riconosciuto.... Ritiene questo giudice che non possano sussistere seri dubbi sul fatto che, al momento in cui vennero trasfuse, le signore non intendevano sottoporsi a un simile trattamento». Medico e casa di cura hanno invocato lo stato di necessità (ricordano la telefonata ad un pm per essere autorizzati al trattamento sanitario obbligatorio). Il giudice osserva che «il pericolo di vita per le pazienti fu causato da un complesso di condotte del tutto volontarie che integrano il colposo inadempimento degli obblighi assunti». E ancora: «Al di fuori di taluni casi eccezionali, la necessità del consenso si evince dall’articolo 13 della Costituzione che sancisce l’inviolabilità della libertà personale...». In ogni caso, «il trattamento sanitario obbligatorio per legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana», Costituzione alla mano. ___________________________________________________ SYNTHETIC BLOOD SAVES LIFE Published on May 5, 2011 at 6:54 PM By Dr Ananya Mandal, MD In a medical first, a revolutionary synthetic blood has saved the life of a Victorian woman. Doctors at The Alfred brought Tamara Coakley, 33, back from the brink of death after a horrific car crash left her with severe blood loss and dangerously close to heart failure. This is the first reported case of the synthetic blood reversing cardiac hypoxia and anaemia in a trauma patient. They tried to save her using 10 units of the haemoglobin-based oxygen carrier, called HBOC-201 that had to be flown in from the US. The synthetic blood contains a molecule derived from cow's blood and restored the level of haemoglobin in her blood, which carries oxygen to the tissues. According to trauma service director Dr Mark Fitzgerald, it marked an important step in developing a viable blood alternative to address world blood supply shortages. Unlike donor blood it does not require matching and can be stored without refrigeration for up to three years- making it suitable for use in rural settings or on the battlefield he noted. “It's a bit of science fiction,” Dr Fitzgerald admitted. “Currently only one in 30 people give blood, but one in three will need it…What we would eventually like to see is synthetic blood products to be available in remote areas of Australia and in the Defence Forces when people don't have any other option,” he said. As a Jehovah's Witness, Mrs Coakley was unable to have whole blood transfusions, but was permitted to accept blood substitutes. Dr Fitzgerald added that he was familiar with the product, which is being developed by the US Navy, because he gave independent advice on a proposed research project five years ago. Working through the night he negotiated with the drug's manufacturer, OPK Biotech, the Therapeutic Goods Administration, the Australian Quarantine and Inspection Service and airline carriers. The Alfred's ethics committee also approved the import and permission was granted under the TGA's special access scheme and the manufacturer picked up the tab. Within 48 hours, the blood product had arrived in Melbourne and five units (2350ml) were painstakingly administered over two days. Mrs Coakley did develop some problems including high temperatures and pneumonia but her haemoglobin levels more than doubled. HBOC-201 is one of several blood substitutes being developed around the world. University of Melbourne Paediatrics Department head Prof Paul Monagle said synthetic blood could relieve donor supply issues and give people in remote areas access to life-saving treatment. “The other issue is storage…If you could make a synthetic blood with a long shelf life and it was portable you could carry it with you,” he said. But experts add that any synthetic blood product would have to be rigorously tested before it moved from working prototype to routine practice. __________________________________________________________________ Corriere della Sera 14 mag. ’11 I CHIRURGHI E LE OPERAZIONI ESTREME: NOI, TUTTI CONDANNABILI ROMA — La sentenza della Corte di Cassazione sui limiti deontologici dei professionisti del bisturi ha fermato la mano dei chirurghi. «In questi giorni avrei dovuto operare una signora in condizioni disperate. L’intervento è inutile ma le darebbe sollievo alleviando sintomi dolorosi. Ho un ripensamento» , racconta Giovan Battista Grassi, dipartimento di chirurgia oncologica al San Filippo Neri di Roma. La sentenza è dell’ 8 aprile e ha scosso il mondo della chirurgia. Riguarda il caso di una donna con tumore al pancreas e metastasi morta dopo un’operazione eseguita nel 2001 a Roma. Tre medici condannati per omicidio colposo. Tra i quali Cristiano Huscher, ex primario dell’ospedale San Giovanni di Roma. Il reato viene dichiarato prescritto ma i magistrati riportano le conclusioni dei giudici di secondo grado scrivendo: «I chirurghi hanno agito in dispregio del codice deontologico che fa divieto di trattamenti dettati da forme di inutile accanimento terapeutico. Si evidenzia la violazione delle regole di prudenza e delle disposizioni dettate da scienza e coscienza» . In altre parole, quando non c’è speranza e l’intervento non può modificare la prognosi di una malattia non bisogna insistere. Anche se il paziente sarebbe d’accordo a farsi operare e non vuole arrendersi. «Sono affermazioni molto gravi e pericolose — commenta Giovanni Broggi, neurochirurgo dell’istituto Besta —. In questo modo saremmo tutti condannabili ogni volta in cui riteniamo opportuno intervenire in situazioni estreme. Ma come si permettono i giudici di decidere cosa è giusto è cosa no?» . Secondo Broggi questa sentenza spingerà molti medici ad attuare la cosiddetta medicina difensiva: «Eviteranno di prendersi rischi per non avere denunce. Ci condizionerà. Sono molto preoccupato. Dovrei abbandonare chi non può essere curato?» . Huscher non rinnega un solo intervento dei circa mille eseguiti in 30 anni di carriera, una quarantina di denunce col sospetto di accanimento terapeutico: «Ne sono state archiviate 37 — precisa. Tutte partite da un mio ex aiuto» . E difende il suo modo di intendere la chirurgia: «E’ nobile operare un malato senza speranza. Continuerò a farlo quando riterrò che possa trarne vantaggi sul piano della qualità di vita. Purtroppo è un atteggiamento in estinzione. Molti colleghi hanno paura. Io cerco di guarire i guaribili o, nel caso non lo siano, migliorare quel poco di vita che resta» . Margherita De Bac mdebac@corriere. it __________________________________________________________________ Le Scienze 11 mag. ’11 IL CAFFÈ PROTEGGE DAL TUMORE DEL SENO, MA NON IN TUTTI I CASI Le donne che consumano caffè hanno una probabilità inferiore d'insorgenza del tumore del seno negativo per il recettore degli estrogeni rispetto a quelle che non ne bevono Recenti studi hanno messo in luce come i bevitori di caffé abbiano un ridotto rischio di insorgenza di tumori. Una più dettagliata ricerca in via di pubblicazione sulla rivista ad accesso libero Breast Cancer Research (Jingmei Li, Petra Seibold, Jenny Chang-Claude et al, Coffee consumption modifies risk of estrogen-receptor negative breast cancer) mostra che il consumo di questa bevanda riduce in modo specifico il rischio di tumore negativo al recettore per gli estrogeni (un sottotipo che non risponde al trattamento per ridurre la produzione di estrogeni, denominato anche ER-negatvo). Il gruppo di ricercatori svedesi del Karolinska Institutet, autori dello studio, hanno confrontato gli stili di vita e il consumo di caffè tra donne di pari età affette da tumore e donne senza. Si è così riscontrato che le bevitrici di caffè avevano una minore prevalenza di tumore del seno rispetto a quelle che ne bevono raramente. Tuttavia, il rischio è influenzato da diversi fattori riguardanti gli stili di vita, come l'età della menopausa, l'esercizio fisico, il peso, lo status socioeconomico, e familiarità per lo stesso tumore. Una volta ponderati i dati per tenere conto di questi fattori, è emerso come l'effetto protettivo del caffè sul tumore del seno era statisticamente significativo solo per il tumore del seno ER negativo. Secondo gli studiosi: “Esistono spesso informazioni contraddittorie sugli effetti benefici del caffè: dal confronto con i nostri risultati, quelli dei precedenti studi mostrano lo stesso andamento ma con una correlazione molto più debole; l'ipotesi è che le differenze dipendano dal tipo di preparazione del caffè o dalla sua tipologia. È improbabile che l'effetto protettivo fosse dovuto alla presenza di fitoestrogeni presenti nel caffè dal momento che non si osserva alcuna riduzione nell'incidenza del cancro ER-positivo”. Perciò mentre è evidente che il caffè può avere effetti benefici nella protezione dal tumore ER negativo, l'esatto meccanismo di azione e i composti coinvolti non sono chiari e non tutti i tipi di caffè hanno lo stesso effetto. (fc) COFFEE CONSUMPTION MODIFIES RISK OF ESTROGEN-RECEPTOR NEGATIVE BREAST CANCER Jingmei Li , Petra Seibold , Jenny Chang-Claude , Dieter Flesch- Janys , Jianjun Liu , Kamila Czene , Keith Humphreys and Per Hall Breast Cancer Research 2011, 13:R49doi:10.1186/bcr2879 Published: 14 May 2011 Abstract (provisional) Introduction Breast cancer is a complex disease and may be sub-divided into hormone- responsive (estrogen receptor (ER) positive) and non-hormone-responsive subtypes (ER-negative). Some evidence suggests that heterogeneity exists in the associations between coffee consumption and breast cancer risk, according to different estrogen receptor subtypes. We assessed the association between coffee consumption and postmenopausal breast cancer risk in a large population-based study (2,818 cases and 3,111 controls), overall, and stratified by ER tumour subtypes. Methods Odds ratios (OR) and corresponding 95% confidence intervals (CI) were estimated using the multivariate logistic regression models fitted to examine breast cancer risk in a stratified case-control analysis. Heterogeneity among ER subtypes was evaluated in a case-only analysis, by fitting binary logistic regression models, treating ER status as a dependent variable, with coffee consumption included as a covariate. Results In the Swedish study, coffee consumption was associated with a modest decrease in overall breast cancer risk in the age-adjusted model (OR>5 cups/day compared to OR[less than or equal to]1 cup/day: 0.80, 95% CI: 0.64, 0.99, P trend = 0.028). In the stratified case-control analyses, a significant reduction in the risk of ER-negative breast cancer was observed in heavy coffee drinkers (OR>5 cups/day compared to OR[less than or equal to]1 cup/day : 0.43, 95% CI: 0.25, 0.72, P trend = 0.0003) in a multivariate-adjusted model. The breast cancer risk reduction associated with higher coffee consumption was significantly higher for ER-negative compared to ER-positive tumours (P heterogeneity (age-adjusted) = 0.004). Conclusions A high daily intake of coffee was found to be associated with a statistically significant decrease in ER-negative breast cancer among postmenopausal women. ____________________________________________________ Il Giornale 15 Mag.’11 UNA PROTEINA CONSENTE DI RALLENTARE LO SVILUPPO DEL TUMORE AL SENO I tumore alla mammella è una patologia che presenta diverse varianti a livello molecolare, che guidano l'oncologo nella scelta terapeutica. Individuare i geni e le proteine coinvolte nello sviluppo dei vari tipi di carcinoma mammario ed i loro meccanismi di comunicazione aiuta ad attuare terapie sempre più mirate ed efficaci. Il team di ricercatori coordinati da Paola Nisticò, del Laboratorio di immunologia dell'Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire), in collaborazione con altri, ha dimostrato che itumori al seno contemporaneamente positivi per l'espressione dell'oncogene Her2 e della proteina hMena, sono particolarmente aggressivi. Esperimenti condotti in vitro su cellule di carcinoma mammario mostrano inoltre come inibendo hMena si abbia un rallentamento della proliferazione tumorale indotta da Her2. Lo studio è stato recentemente pubblicato dalla rivista PLos-One. I dati non solo evidenziano il ruolo fondamentale di hMena nello sviluppo delle neoplasie mammarie, ma suggeriscono anche che, interrompendo i segnali di comunicazione molecolari che intercorrono tra hMena e Her2, si possa arrestare la progressione tumorale. Il gene hMena, identificato per la prima volta all'IRE, è assente nell'epitelio delle mammelle sane e compare invece nelle lesioni benigne che evolvono in tumori. Esso si candida quindi ad essere un marker di diagnosi precoce per il cancro al seno ed un importante target terapeutico. Per identificare alcuni meccanismi di comunicazione che le cellule tumorali utilizzano per proliferare, stimolate da segnali che provengono sia dalla cellula stessa che dal microambiente tumorale, i ricercatori hanno studiato la cooperazione tra Her-2 e hMena nei tumori al seno. Il gene hMena dà origine a diverse varianti proteiche, che si sono dimostrate validi marcatori precoci di carcinoma mammario, in quanto presenti solo nelle lesioni benigne che hanno però una elevata probabilità di evolvere in cancro. Ciò avviene, con molta probabilità, poiché hMena regola il complesso di filamenti proteici che costituiscono l'impalcatura delle cellule, il così detto citoscheletro. Questa è una struttura molto dinamica, che controlla la forma e la funzione di ogni cellula. In quelle cancerose, questo «scheletro mobile» cambia peri' aumentata espressione di hMena. __________________________________________________________________ Sanità News 11 mag. ’11 UN'OPERA D'ARTE PUO' GENERARE UN AUMENTO DI DOPAMINA Guardare un'opera d'arte attiva, nel cervello, le stesse aree coinvolte nell'innamoramento. A sostenerlo e' uno studio inglese realizzato dai ricercatori dell'University College di Londra guidati dal neurobiologo Semir Zeki. Dopo aver scansionato il cervello di un gruppo di volontari a cui erano stati fatti visionare 28 dipinti di pittori tra cui Monet, Rembrandt, Leonardo da Vinci e Cezanne, Zeki e colleghi hanno rilevato che osservare grandi opere d'arte innesca nella corteccia orbito-frontale del cervello un aumento di dopamina, uno degli ormoni responsabili del benessere. E' questo meccanismo, spiegano i ricercatori, a essere responsabile della conseguente sensazione di piacere intenso che se ne ricava. E non solo: gli studiosi hanno anche messo in evidenza un aumento del flusso sanguigno nelle aree del cervello generalmente associate alla sfera amorosa. __________________________________________________________________ Sanità News 11 mag. ’11 PER L'INTOLLERANZA AL LATTOSIO ESISTE UNA COMPONENTE PSICOLOGICA L'origine dei sintomi dell'intolleranza al lattosio puo' essere di natura psicologica e non organica: a sostenerlo e' Guido Basilisco della Fondazione IRCCS-Ca' Granda di Milano in uno studio presentato durante la Digestive Disease Week 2011 che si conclude oggi a Chicago (Usa). ''I risultati ottenuti - dice Basilisco - suggeriscono che i sintomi dell'intolleranza al lattosio possono rivelare la presenza di un disturbo di somatizzazione di problematiche psicologiche''. Un giusto approccio, spiega, dovrebbe basarsi su terapie psicologiche volte a risolvere le problematiche emotive e a ristabilire un equilibrio nel rapporto col cibo: da scoraggiare, invece, l'eliminazione dalla dieta dei prodotti lattiero-caseari che, alla lunga, potrebbe portare allo sviluppo di carenze di calcio. __________________________________________________________________ Sanità News 9 mag. ’11 LE 8 POSSIBILI CAUSE CHE POSSONO DETERMINARE IL RISCHIO ICTUS Ricercatori olandesi coordinati da Monique HM Vlak dell'University Medical Center di Utrecht, Paesi Bassi, hanno identificato otto principali cause scatenanti che sembrano aumentare il rischio di aneurisma intracranico: la parete debole di un vaso sanguigno del cervello sottoposta ad un improvviso aumento della pressione sanguigna, seppure di breve durata, può rompersi e tradursi in una emorragia subaracnoidea. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Stroke dell'American Heart Association, i ricercatori hanno identificato in otto fattori le possibili cause attribuendo loro un valore in percentuale: Consumo di caffè (10,6%) Vigoroso esercizio fisico (7,9%) Soffiaggio del naso (5,4%) Rapporto sessuale (4,3 per cento) Lo sforzo del defecare (3,6%) Consumo di Cola (3,5%) Essere sorpreso (2,7%) Essere arrabbiati (1,3%) Gli studiosi sono pervenuti a queste conclusioni intervistando 250 pazienti vittime di emorragia subaracnoidea. Ai soggetti è stato domandato se un’ora circa prima di essere colpiti dall’ictus avessero bevuto caffè, Cola o se si fossero soffiati il naso, ecc.. In base alle risposte sono stati in grado di stimare quanto ognuna di questa attività avesse aumentato il rischio di ictus. TRIGGER FACTORS AND THEIR ATTRIBUTABLE RISK FOR RUPTURE OF INTRACRANIAL ANEURYSMS A Case-Crossover Study Monique H.M. Vlak, MD; Gabriel J.E. Rinkel, MD, PhD; Paut Greebe, RN, PhD; Johanna G. van der Bom, MD, PhD; Ale Algra, MD, PhD From the Utrecht Stroke Center (M.H.M.V., G.J.E.R., P.G., A.A.), Department of Neurology, Rudolf Magnus Institute of Neuroscience, University Medical Center, Utrecht, the Netherlands; Julius Center for Health Sciences and Primary Care (M.H.M.V., A.A.), University Medical Center, Utrecht, the Netherlands; Department of Clinical Epidemiology (J.G.v.d.B., A.A.), Leiden University Medical Center, Leiden, the Netherlands. Correspondence to Ale Algra, MD, PhD, Department of Neurology and Julius Center, University Medical Center Utrecht, Room STR 7.140, Mailbox STR 6.131, PO Box 85500, 3508 GA Utrecht, the Netherlands. E- mail a.algra@umcutrecht.nl Abstract Background and Purpose—Little is known about activities that trigger rupture of an intracranial aneurysm. Knowledge on what triggers aneurysmal rupture increases insight into the pathophysiology and facilitates development of prevention strategies. We therefore aimed to identify and quantify trigger factors for aneurysmal rupture and to gain insight into the pathophysiology. Methods—During a 3-year period, 250 patients with aneurysmal subarachnoid hemorrhage completed a structured questionnaire regarding exposure to 30 potential trigger factors in the period soon before subarachnoid hemorrhage (hazard period) and for usual frequency and intensity of exposure. We assessed relative risks (RR) of rupture after exposure to triggers with the case-crossover design comparingexposure in the hazard period with the usual frequency of exposure. Additionally, we calculated population-attributable risks. Results—Eight triggers increased the risk for subarachnoid hemorrhage: coffee consumption (RR, 1.7; 95% CI, 1.2–2.4), cola consumption (RR, 3.4; 95% CI,1.5–7.9), anger (RR, 6.3; 95% CI, 4.6– 25),startling (RR, 23.3; 95% CI, 4.2–128), straining for defecation (RR, 7.3; 95% CI, 2.9–19), sexual intercourse (RR, 11.2; 95% CI, 5.3–24), nose blowing (RR, 2.4; 95% CI, 1.3–4.5), and vigorous physical exercise (RR, 2.4; 95% CI, 1.2–4.2). The highest population-attributable risks were found for coffee consumption (10.6%) and vigorous physical exercise (7.9%). Conclusions—We identified and quantified 8 trigger factors for aneurysmal rupture. All triggers induce a sudden and short increase in blood pressure, which seems a possible common cause for aneurysmalrupture. Some triggers are modifiable, and further studies should assess whether reduction of exposure to these factors or measures preventing sudden increase in blood pressure decrease the risk of rupture in patients known to have an intracranial aneurysm. __________________________________________________________________ Le Scienze 13 mag. ’11 CHIARITO UN MECCANISMO CHIAVE DELLE INFEZIONI BATTERICHE Gli studi sono ora diretti alla ricerca di composti che possano ridurre la quantità di KLF2 nella prima fase dell'infezione e di altri che possano elevarla nella seconda fase Le infezioni rappresentano una delle principali cause di morte nelle unità di cura intensiva degli ospedali: per cercare di mitigare questo problema i ricercatori della Case Western Reserve University School of Medicine hanno messo a punto una tecnica di manipolazione di un fattore genetico in grado di indurre una risposta efficace da parte dell'organismo. “Attualmente le terapie per la sepsi sono molto limitate”, ha spiegato Mukesh K. Jain, direttore del Case Cardiovascular Research Institute, e professore di medicina della Case Western Reserve University School of Medicine e direttore dei ricerca dell'Harrington-McLaughlin Heart & Vascular Institute presso lo University Hospitals Case Medical Center. Gli studiosi hanno scoperto che stimolando in modo indiscriminato il sistema immunitario in realtà si può aumentare la gravità delle condizioni del paziente: quando un paziente soffre di una sepsi allo stadio terminale, occorre paradossalmente impedire che il sistema immunitario possa determinare un shock e quindi la morte. Secondo quanto esposto in un articolo sulla rivista Immunity, la chiave per migliori terapie della sepsi è sapere quando attivare e quando disattivare il fattore di trascrizione di Kruppel di tipo 2 (KLF2). All'interno delle cellule immunitarie chiamate macrofagi, il KLF2 regola le attività cellulari secondo i segnali dell'ambiente interno. Normalmente, il fattore mantiene le cellule immunitarie in uno stato quiescente; durante la prima fase dell'infezione, quando il batterio comincia in suo attacco, i risultanti bassi livelli di ossigeno e l'alta quantità di prodotti batterici determinano una riduzione del livello di KLF2. Quest'ultima a sua volta determina il rilascio da parte dei macrofagi di sostanze che uccidono i batteri. Ma quando la sepsi entra nella seconda fase, caratterizzata da bassa temperatura corporea e bassa pressione, danno ai tessuti e agli organi, le difese interne dell'organismo sono pericolose perché promuovono un'infiammazione che può causare shock e morte. “In questa fase occorre promuovere l'azione del KLF2 e calmare quest'infiammazione senza controllo", ha aggiunto Jain. Il corpo, tuttavia, non fa questo in modo naturale: i ricercatori non sanno perché, ma sospettano che l'ipossia continuata e la presenza di prodotti batterici in circolo mantenga bassi i livelli di KLF2. La ricerca si basa su una scoperta dello stesso laboratorio di Jain del 2006 del KLF2 nei macrofagi. In questo nuovo studio, i test hanno mostrato che i topi mancanti di KLF2 riuscivano a superare in modo efficace le infezioni polimicrobiche nella prima fase dell'infezione. Nell'ultima fase, per contro, gli stessi animali avevano una maggiore mortalità e morivano in più giovane età. L'analisi di campioni di sangue raccolti da pazienti ricoverati in ospedale e colpiti da sepsi mostravano lo stesso fenomeno. Il gruppo è ora alla ricerca di composti che possano ridurre la quantità di KLF2 nella prima fase dell'infezione e di altri che possano elevarla nella seconda fase. Il gruppo di Jain, così come altri, ha trovato che le statine, la classe di farmaci utilizzati per ridurre i livelli di colesterolo, e il resveratrolo, la sostanza presente nel vino rosso che si ritiene possa elevare i livelli di colesterolo buono, possano essere utili per combattere le sepsi. Il gruppo di Jain ipotizza che la risposta dei pazienti sia influenzata anche dai tempi di somministrazione di tali terapie. (fc)