RASSEGNA STAMPA 03/07/2011 LA RIFORMA UNIVERSITARIA ARRANCA INCENTIVI AL MERITO IN UNIVERSITÀ FACOLTA’ DI MEDICINA: BINDI BATTE GELMINI ESTERNI NEL CDA DELL'UNIVERSITÀ ATTRAVERSO BANDI PUBBLICI» RICERCATORI FANNULLONI? LEGGETE I RAPPORTI INTERNAZIONALI TROPPI TAGLI CI UCCIDERANNO ISRAEL: SCIENZIATI, ATTENTI: NON DIVENTATE STREGONI PIANO NAZIONALE DELLA RICERCA: TANTO TUONO' CHE PIOVVE CONCORSI UNIVERSITA’: IL CONSIGLIO DI STATO ABOLISCE LE E_MAIL APRIRE UN PDF RICHIEDE TROPPO TEMPO CAGLIARI: STUDENTI, ESAMI A RISCHIO: ALLARME DEL PDL ROBERTA LICHERI, PRECARIA, ALL’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA ALTRO CHE BAMBOCCIONI: D ESTATE SI STUDIA E BASTA FACCIAMO SUBITO LA CASA DELLO STUDENTE IN VIALE LA PLAIA SOS LINGUA: CACCIA ALL' ERRORE MA SENZA PURISMI LA GRAN BRETAGNA SI FERMA E' L' ESTATE DELLO SCONTENTO È MIGLIORATA LA SALUTE DELL'OZONO ANTARTICO L'INQUINAMENTO DELL'ARIA MASCHERA IL RISCALDAMENTO GLOBALE POETTO, ALLARME PER I DANNI ALLA POSIDONIA MICROGAMBERETTO SCOPERTO NELL' AREA MARINA DI TAVOLARA BOOM DELLA LANA SARDA SI USA NELL’EDILIZIA E I PREZZI RADDOPPIANO MOLENTARGIUS: OLTRE TREMILA I PICCOLI NATI DEI FENICOTTERI ROSA A VICENZA UN CORSO DI LAUREA DEDICATO AI SANTUARI LUNGA VITA AL LIBRO DI CARTA ========================================================= BIANCO: MEDICINA PUNTI SULLE SCUOLE ATTENTE AL MERCATO" IL LAVORO DEI MEDICI, DIFFICILE E STRESSANTE IL VATICANO IN AIUTO DI DON VERZÉ POLICLINICO DECENNI DI SPRECHI E DUE PADIGLIONI FANTASMA MACCIOTTA ASCENSORI ROTTI E BLATTE IN CORSIA STUDI MEDICI CONVENZIONATI IL TAR: SÌ AI RIMBORSI REDDITI BASSI? NO ALL'ESENZIONE CARBONIA: SANITÀ, SALASSO DA 5 MILIONI ATTILIO MURRU DIRETTORE AMMINISTRATIVO DELLA ASL DI LANUSEI ORISTANO: NOMINE DEI DIRETTORI ASL, IL CASO DIVENTA POLITICO TEST DI MEDICINA: RIVOLUZIONE ALLA CATTOLICA DI ROMA CAGLIARI: AL VIA LA “BANCA DELLE STAMINALI” AL POLICLINICO DI MI LA PRIMA BANCA DEI DENTINI NON SOTTOVALUTIAMO L’ALLARME TBC BROTZU: NUOVA CURA PER LE EPATITI COSA CI INSEGNA SUGLI ANTIBIOTICI IL BATTERIO KILLER ESEGUITO CON SUCCESSO IL PRIMO TRAPIANTO DI STERNO IN ITALIA L’ASSOCIAZIONE ITALIANA OSPEDALITÀ PRIVATA ADOTTA UN PROPRIO CODICE ETICO GLI UOMINI CI SENTONO MEGLIO DELLE DONNE L'INFEZIONE DA H. PYLORI DIFENDE DALL'ASMA ALLAERGICA ========================================================= ______________________________________________________________ Italia Oggi 28 giu. ’11 LA RIFORMA UNIVERSITARIA ARRANCA Sono previsti circa 50 decreti per dare applicazione alla legge 240/10. Solo uno è andato in G.U. Scadono i termini. Ma i provvedimenti attuativi non ci sono DI BENEDETTA PACEII.I Alcuni sono stati inviati alla Corte dei conti per la consueta registrazione, altri attendono la firma dai piani alti di via XX Settembre. Di molti si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e di altri ancora il parere delle commissioni parlamentari. Per non parlare di quelli sui quali pende il parere dell'Agenzia di valutazione (Anvur) la cui operatività, al momento, è solo sulla carta. Insomma a conti fatti la concreta entrata in vigore della riforma universitaria (legge 240/10), pubblicata in Gazzetta Ufficiale ormai cinque mesi fa, sembra ancora un miraggio. È vero che la riforma entrerà in vigore a scaglioni, giacché per molti decreti attuativi c'è tempo fino a un anno, ma è altrettanto vero che per alcuni di questi il tempo è scaduto. Uno su tutti quello relativo alle modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, cuore della legge universitaria, senza le quali i concorsi universitari rimangono bloccati. In tutto dei circa 50 decreti attuativi necessari per dare operatività alla legge, ne sono stati abbozzati meno di 20, uno solo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, la maggior parte arenati nelle sacche degli organi di controllo, e altri tra un ministero e l'altro visto che per alcuni è necessaria anche la firma del ministro dell'economia Giulio Tremonti, poiché la legge, sulla carta, interviene in modo drastico anche sulla gestione della contabilità finanziaria degli'atenei. Un ginepraio di norme e provvedimenti che gettano nel totale scompiglio gli atenei, a loro volta alle prese con la revisione degli statuti e dei codici etici da presentare entro sei mesi (29 luglio) seppure con un margine di altri tre. I DECRETI FIRMATI Una situazione di caos sulla quale due mesi fa era intervenuta lo stesso ministro dell'università Mariastella Gelmini precisando, a chi aveva mostrato perplessità sullo stato di avanzamento dei lavori, che sei provvedimenti erano già stati approvati. Come quello sull'importo minimo degli assegni di ricerca, sulla definizione dei criteri di attivazione delle convenzioni per l'attività dì didattica e di ricerca dei professori e dei ricercatori, ma anche sulla definizione della corrispondenza per la chiamata di studiosi impegnati all'estero e sul trattamento economico del direttore generale. Ma solo uno di questi è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. LO STOP DEL CONSIGLIO DI STATO I veri nodi poi sorgono sull'annoso tema del reclutamento, uno dei temi più delicati della riforma. Il decreto attuativo che stabilisce le modalità per i concorsi nazionali per l'abilitazione a professore associati:, e ordinario, infatti, ha avuto un doppio stop da parte del Consiglio di stato. A seguito dei primi rilievi poi, il ministero aveva effettuato le prime modifiche per poi rispedire il testo ai giudici di Palazzo Spada che, però, l'avevano rinviato nuovamente indietro, specificando che gran parte delle raccomandazioni non era stata risolta. Non solo perché il Cds ha anche preteso che i decreti sui criteri per ottenere l'abilitazione siano anch'essi di natura regolamentare e quindi passino al vaglio del Consiglio di stato. Un ulteriore rinvio che mette in forse anche i tempi annunciati dal ministero per emanare i primi bandi (ottobre 2011). GLI STATUTI Infine, il nodo degli statuti la cui responsabilità ricade esclusivamente sulle spalle degli atenei. Ecco quindi fioccare al ministero, (con il controllo di chi?) le prime bozze di documento. In ballo c'è soprattutto la governante degli atenei, attraverso il ridisegno degli organi decisionali, ma anche la semplificazione e la razionalizzazione delle strutture. Ovunque si assiste a una riduzione del numero di membri degli organi accademici così come la cancellazione delle facoltà. Se la legge Gelmini le fa sparire, gli statuti dovranno stabilire i criteri di accorpamento dei dipartimenti, che andranno a ridursi ovunque per raggiungere l'obiettivo semplificazione. ______________________________________________________________ Il Sole24Ore 27 giu. ’11 INCENTIVI AL MERITO IN UNIVERSITÀ Finanziare gli atenei senza pesare su meno abbienti e conti pubblici di Andrea Ichino Il__ possibile rifmanziare gli atenei in un modo che non gravi sui 4 .1 meno abbienti, sia compatibile con i vincoli di bilancio e responsabilizzi gli atenei stessi e gli studenti? Un inedito spiraglio istituzionale per farlo esiste, ma richiede che i migliori giovani italiani siano disponibili (e adeguatamente incentivati) a spostarsi in modo da indicare "con le loro gambe" le università migliori. Il primo requisito sono i fondi. Qui la novità sta nel far leva sulla Fondazione per il merito (Fm) recentemente istituita con il decreto sviluppo e sapientemente strutturata, al ministero dell'Economia, da Andrea Montanino. Qualsiasi contributo conferito a questa Fondazione può costituire una garanzia che consentirebbe alla Cassa depositi e prestiti (Cdp), che per sua natura può investire a lungo termine, di prestare denaro per finanziare l'istruzione terziaria in misura pari a circa dieci volte la garanzia stessa, purché il rischio di mancata restituzione sia sufficientemente contenuto. La Cdp non rientra nei conti dello Stato e questo consente di non aggravare l'esorbitante debito pubblico. Chi vagheggia di finanziare l'università con tagli ad altre voci di spesa e lotta all'evasione, tenga presente che ogni euro guadagnato su quei fronti (e sarebbe un bene) deve essere usato per ridurre quel debito. Il secondo requisito è uno schema di utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla Cdp che responsabilizzi chi le riceve affmché vengano messe a frutto nel modo più sicuro e redditizio possibile. La struttura base dello schema è oggetto di un'interrogazione parlaMentare ed è stata studiata nei dettagli da Daniele Terlizzese (vedi all'indirizzo web www.eiefit/terlizzese/files/2ou/o6/prestiti-universitari.pdf). Consiste in un sistema di prestiti che i migliori studenti italiani, selezionati mediante un opportuno test nazionale alla fine delle superiori, possono utilizzare per pagare le tasse universita rie e il sostentamento necessario per frequentare l'ateneo ritenuto migliore, anche lontano da casa. Il prestito verrà restituito dallo studente solo se e quando, una volta laureato, raggiungerà un livello sufficiente di reddito. Sarà inoltre comunque restituito in misura proporzionale alla retribuzione. Chi stigmatizza l'indebitamento che questo schema impone, soprattutto ai meno abbienti, rifletta sul fatto che la soglia minima di reddito è per lo studente una garanzia decisiva contro il rischio che l'investimento in istruzione non dia frutti. Questa modalità di prestito riduce al minimo l'ansia che il debito potrebbe generare. Occorre però anche uno schema che condizioni l'erogazione del prestito all'eccellenza effettiva dei corsi di laurea a cui gli studenti possono accedere. Quelli attuali, con rare eccezioni, non consentono ai loro laureati di acquisire il capitale umano e i redditi necessari per ripagare il debito. Il terzo requisito del progetto risolve questo problema. Consideriamo un ateneo che riceva dallo Stato un finanziamento pari a mio, a cui si aggiunga la quota premiale pari a 7 prevista dalla riforma Gelmini. Questo ateneo può decidere di conferire alla Fm una parte della quota premiale: per esempio 5. A fronte di questo conferimento, La Cdp può erogare prestiti per un ammontare di 50 (addirittura la metà del finanziamento originale). Questi prestiti verranno utilizzati dagli studenti meritevoli per iscriversi a un corso di laurea credibilmente eccellente. L'ateneo quindi sa che, combinando l'impegno di una quota relativamente modesta della propria dotazione con un'offerta formativa credibile, può disporre di fondi largamente maggiori a quanto conferito, purché riesca a convincere i destinatari dei prestiti a iscri versi ai suoi corsi migliori. Naturalmente, perché questa offerta sia credibile, il Miur dovrebbe dare agli atenei partecipanti una piena autonomia nella costruzione dei corsi di laurea d'eccellenza: possibilità di aumentare le tasse (in modo differenziato in relazione al reddito), di chiamare i migliori docenti anche dall'estero con retribuzioni adeguate, di acquistare attrezzature d'avanguardia senza vincoli burocratici. Il valore dei corsi che grazie a questa autonomia potranno essere disegnati non sarà legale ma reale:lo certificherà la scelta degli studenti che su di essi scommetteranno. Ciascuno dei tre requisiti del progetto è funzionale agli altre due. Solo atenei in grado di offrire corsi eccellenti riusciranno ad attirare studenti meritevoli e al tempo stesso portatori dei fondi necessari per finanziare proprio quell'offerta formativa di qualità. La Cdp potrà quindi moltiplicare con tranquillità per io il patrimonio della Fm, perché i prestiti da essa offerti andranno a fmanziare un investimento in capitale umano effettivamente redditizio. Il Miur potrà concedere senza tema l'autonomia necessaria agli atenei che vogliano partecipare, perché saranno gli studenti stessi, con le loro gambe, a dire se gli atenei si saranno meritati la fiducia e l'autonomia ricevuta. Non ci saranno, ex ante, atenei di serie A o B: tutti potranno partecipare a questo gioco a somma positiva, se sapranno sfruttare in modo convincente le risorse a loro offerte. Ma potran-no anche andare avanti con il vecchio sistema, se preferiscono. E, soprattutto, tutti gli studenti, indipendentemente dalla condizione sociale, potranno accedere a questa scommessa comune con l'ateneo prescelto, sapendo che dovranno restituire il prestito solo se la scommessa sarà stata vinta e quindi il reddito conseguito lo consentirà. andrea.ichino@unibo.it ______________________________________________________________ Europeo 30 giu. ’11 FACOLTA’ DI MEDICINA: BINDI BATTE GELMINI Il decreto dell'ex ministro può evitare il commissariamento di 36 atenei dotati di una facoltà di medicina ANTONIO TROISI in questi giorni ben 36 università su 66 hanno avuto l'amara sorpresa di un possibile commissariamento a causa del dissesto finanziario determinato dalla legge numero 10 del 26 febbraio 2011 che, eliminando lo "scorporo virtuale" di un terzo della spesa per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, ha determinato lo sfondamento del vincolo del 90 per cento per le spese di personale del Fondo di finanziamento ordinario. Purtroppo la cosiddetta riforma universitaria Gelmini non offre soluzioni a questo drammatico problema, poiché si limita a rinviare alla normativa vigente (lettera c articolo 2 e il comma 13 articolo 6 legge 30/12/2010, n. 240.) Il legislatore ha dimenticato che esiste una normativa, il decreto Bindi (decreto legislativo 517/99 articolo 6 legge 30/11/1998, n. 419) che costituisce una risposta realistica, praticabile e fattibile alle esigenze d'integrazione tra assistenza, didattica e ricerca, capace di eliminare una delle più gravi disfunzioni del servizio sanitario, che determina anche squilibri nei bilanci delle università dotate di una facoltà di medicina. Dove è stata correttamente applicato il decreto Bindi ha dato buoni risultati e, pertanto si può affermare che consente di indicare i parametri per l'individuazione delle attività e delle strutture assistenziali complesse, funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia, delle aziende ospedaliero/universitarie. Il decreto consente poi di garantire l'adozione, all'interno dei Protocolli Università/Regione, modelli comuni di organizzazione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie, più rispondenti alle esigenze d'integrazione, pur preservandone la flessibilità e la possibilità di sviluppare soluzioni alle problematiche connesse ai rapporti tra Università e Servizio sanitario nazionale, mettendo a frutto l'interscambio di esperienze. Infine, permette di definire un sistema per verificare il beneficio complessivo attribuito al personale medico e sanitario non medico in termini di "indennità di esclusività" (comma 7 articolo 5 decreto legislativo 517/99 e successive modifiche) e gli effettivi benefici (assistenziali ed economici) ricavati dall’azienda ospedaliero/universitaria. In conclusione, alla duplice perversità gestionale (bilanci regionali e degli atenei) delle aziende ospedaliero/universitarie, il decreto Bindi offre una soluzione realistica, praticabile e fattibile, che può evitare il commissaria- mento di ben 36 università e, nel contempo, migliorare la qualità del sistema sanitario. ______________________________________________________________ La Gazzetta del Mezzogiorno 28 giu. ’11 «ESTERNI NEL. CDA DELL'UNIVERSITÀ SOLO ATTRAVERSO BANDI PUBBLICI» COMMISSIONE STATUTO IL RETTORE PETROCELLI FISSA LE REGOLE PER L'INGRESSO DEI PRIVATI NELLA GESTIONE DELL'ATENEO «I membri esterni del nuovo consiglio di amministrazione dell'Università saranno selezionati solo attraverso bandi pubblici». Il rettore Corrado Petrocelli ieri è ritornato a bomba sul tema della trasparenza accademica, in occasione di un'audizione della Commissione Statuto, ovvero l'organo che sta riscrivendo l'organizzazione dell'Ateneo così come previsto dalla riforma Gelmini. La legge che ha cambiato il sistema universitario nazionale, infatti, prevede tra le tante novità una nuova composizione, riducendo il numero dei partecipanti, degli organi di governo degli atenei, cioè il senato accademico (competente in materia di didattica e ricerca) e il consiglio di amministrazione (per la programmazione economico finanziaria). In particolare, per quest'ultimo, la riforma impone che sia aperto anche ai privati (professionisti provenienti da aziende o enti) ma non impone le modalità di selezione, limitandosi a riconoscere agli atenei la facoltà di provvedervi «anche mediante avvisi pubblici». Petrocelli, dunque, ha colto al volo l'opportunità, garantendo che l'Università richiederà specifici requisiti ai candidati, per poter accedere al Cda. Le caratteristiche saranno individuate dalla commissione statuto, ma per il rettore è chiaro che dovranno essere «indicative di alta qualificazione». Sempre in materia di trasparenza, Petrocelli ha parlato del codice etico, approvato nel 2007 dall'Università con l'obiettivo di contrastare il nepotismo e in generale il malcostume accademico, ma rivelatosi uno strumento poco efficace perché suscettibile di essere aggirato, non soltanto dai professori ma anche da parte del personale tecnico amministrativo (l'ultima infornata di dipendenti è stato un trionfo di parentopoli). «Se c'è qualcosa da cambiare nel codice etico, la cambieremo» ha detto Petrocelli alla presenza dei rappresentanti dei docenti, degli studenti, del personale e di una serie di associazioni, aziende e sindacati, intervenuti all'audizione su invito dell'Università. Il lavoro di riforma dello statuto accademico, infatti, sta procedendo all'interno dell'ateneo con le riunioni della commissione e, all'esterno, con le audizioni aperte per raccogliere le proposte del territorio sulla nuova organizzazione dell'Ateneo. Finora sono emerse la volontà di potenziare non soltanto la ricerca e la didattica (tenendo sotto controllo la proliferazione dei corsi di laurea), ma anche l'aggiornamento degli insegnamenti in base alle esigenze del mondo produttivo, la promozione delle attività culturali e sportive, in collaborazione con gli altri atenei meridionali. [lu. Lo] ______________________________________________________________ L’Unità 27 giu. ’11 RICERCATORI ITALIANI DEI FANNULLONI? LEGGETE I RAPPORTI INTERNAZIONALI I dati: Sono in realtà la parte più attiva del paese da prendere ad esempio Dicono che i ricercatori italiani siano dei fannulloni. E dei provinciali. Ma questi noti commentatori non leggono i rapporti internazionali su come va la scienza nel mondo. Uno dei più recenti — Knowledge, networks and nations. Global scientific collaboration in the 21st century, pubblicato dalla gloriosa (è il caso di dirlo) Royal Society di Londra — mostra come l'attività di ricerca sia enor-memente cambiata a scala globale nel corso degli ultimissimi anni. Sono aumentati gli investimenti: del 45% tra il 2002 al 2007. Sono aumentati i ricercatori: da 5,7 a 7,1 milioni (+19,7%). È aumentata la produzione scientifica: gli articoli su riviste con peer review sono passato da 1,09 milioni a 1,58 milioni (+45,0%). È aumentato il tasso di internazionalizzazione: tra il 1996 e il 2007 il numero di articoli frutto di una collaborazione tra scienziati di paesi diversi è passato dal 25% al 35%. È aumentato il novero dei paesi dove si fa scienza: ormai è la Cina il paese che ospita più scienziati al mondo (1,5 milioni; contro 1,4 degli Usa e 1,3 dell'Europa). Tutto questo scenario dinamico ha avuto effetti profondi. Per esempio è diminuito il peso relativo dell'Europa. E persino degli Stati Uniti: nel periodo 1999-2003 gli scienziati Usa hanno prodotto il 26% degli articoli scientifici totali; nel quadriennio successivo ne hanno prodotto solo il 21%. In questo tsunami scientifico la comunità scientifica italiana ha mostrato una buona capacità di adattamento. Ha aumentato la produttività scientifica al ritmo del 4% annuo: nessuno tra i paesi del G8 ha fatto meglio. Ha conservato la quota mondiale di articoli scientifici prodotti: il 3,5%. Ha aumentato il tasso di internazionalizzazione: nel 1996 solo il 27% dei lavori firmati da italiani aveva un partner stranieri, nel 2008 la quota è passata al 40%. Il resto del paese negli ultimi 20 anni non ha fatto altrettanto. E se invece di descriverli come fannulloni provinciali, li considerassimo come l'unica parte del paese che si misura quotidianamente con successo col resto del mondo e li assumessimo a modello? PIETRO GRECO ______________________________________________________________ TST 29 giu. ’11 TROPPI TAGLI CI UCCIDERANNO Più controlli e meritocrazia: ecco la via maestra per finanziare soltanto i laboratori migliori Giovanni Abramo, ricercatore del Cnr, avanza in un articolo su «Tutto- scienze» (apparso lo scorso 8 giugno) un'interessante proposta:- poiché - dice l'autore - il 25% della ricerca italiana è improduttiva, attuando un taglio corrispondente della spesa, il progresso scientifico e tecnologico italiano non subirebbe praticamente alcun contraccolpo. Una proposta che suona come musica per un ministro delle Finanze alla ricerca di voci dove tagliare. Siamo d'accordo con chi scrive che, trattandosi in maggior parte di fondi pubblici, debba esistere una relazione tra investimenti e risultati anche nel campo della ricerca. E' però difficile valutare solo quantitativamente il prodotto della ricerca. La si può misurare partendo dai brevetti. Nel 2010 l'Italia ha presentato allo «European Patent Office» 2300 domande contro le 25 mila della Germania. Siamo- sicuri che ridurre i fondi sia la via giusta per correggere lo squilibrio? Si può valutare il numero di pubblicazioni scientifiche in riviste internazionali, correlandolo al numero dei ricercatori in quel Paese o a quello degli di abitanti o agli investimenti (in Europa sono in testa Finlandia e Svizzera). Si può anche valutarlo sulla base dell'impatto (numero di citazioni per autore, l'«impact factor») sulla letteratura di quel campo. Questi indici, più o meno oggettivi, possono dare una stima del valore della ricerca. Tale valutazione, però, è più facile nel campo tecnologico applicato che in quello scientifico, specie di base. I risultati di una ricerca non sono quasi mai riflessi immediatamente nel campo tecnologico pratico o in quello clinico. Terapie farmacologiche Prendiamo un esempio che interessa tutti: le terapie farmacologiche delle malattie nervose e mentali. I principali farmaci usati oggi (ansiolitici, antidepressivi, anti-schizofrenici, anti-epilettici, anti-Parkinson, ami-luzneimer) si sono sviluppati nel secolo scorso durante un periodo di 20-30 anni, come risultato di ricerche di base iniziate 50-70 prima, all'inizio del XX secolo.- Si può quindi prevedere che le scoperte odierne daranno un frutto «pratico» tra 20-25 anni. E' un investimento a lungo termine. E' certamente possibile pensare che in Italia, come in ogni Paese, una parte dei ricercatori sia improduttiva o minimamente produttiva, ma non è una buona ricetta tagliare i fondi a tutta la ricerca, quando i fondi sono già magri, onde punire quei pochi. Valutando la produttività della ricerca accademica bisogna tenere conto del peso talvolta notevole dell' attività didattica, dovuto spesso alla mancanza di docenti, in quanto i posti scaduti non vengono rinnovati, e alle condizioni precarie di molti laboratori italiani e a quelle dei servizi annessi, spesso non degni di un Paese sviluppato. Non occorre essere un economista per valutare quale potrebbe l'impatto devastante di ogni ulteriore taglio su un investimento pubblico e privato dell'attuale misero 1.1 % del Pil, cui corrisponde una media europea del 1.8%, con un traguardo del 3% e punte del 4% in Svezia. Secondo 1'Ocse e lo stesso Cnr, la spesa della ricerca italiana è di circa 18 miliardi di euro contro oltre 40 della Francia e oltre 60 della Germania. Per farsi un'idea della proporzione di tali investimenti con quelli negli Usa basta paragonarli agli oltre 30 miliardi di dollari per anno per la sola ricerca biomedica, elargiti dal National Institute of Health (equivalente al nostro Istituto Superiore di Sanità). Il numero del personale impiegato nella ricerca in Italia, poi, è tra i più bassi in Europa e di nuovo si piazzano in testa i Paesi scandinavi. Si può continuare a discutere sulla base delle cifre, ma è legittimo chiedersi - come fa l'autore che propone un taglio drastico globale - in quale modo si può evitare che i finanziamenti vadano a laboratori improduttivi. Il modo esiste già anche in Italia ed è ben codificato negli Usa. Ogni progetto e la congruità del finanziamento vengono vagliati da un comitato di esperti. All' estero, ed ormai sempre di più in Italia, tali comitati sono formati da esperti di altri Paesi, garantendo così una certa indipendenza. In materia di finanziamenti, inoltre, la situazione italiana è del tutto anomala con domande di fondi, di per sé già molto esigui, approvati ma non finanziati, in quanto i fondi stessi si sono esauriti a metà strada ed i nuovi bandi fatti slittare anche di un anno onde risparmiare. Ci si può, allora, chiedere quanto strette siano le maglie del setaccio della ricerca: nel 2011 chi invia un progetto di ricerca in campo biomedico aIl'NIH americano ha solo 8 probabilità su 100 di vederselo approvato e finanziato. Si tratta di condizioni difficili, dovute alla crisi economica e non del tutto compensata dall'iniezione di 10 miliardi di dollari con il programma «Stimulus» di Obama. Un altro quesito posto giustamente dall'articolo è il fatto che, affinché i risultati della ricerca si trasformino in innovazione, è necessario che il sistema produttivo industriale sia in grado di sfruttarli. Tale obbiezione mette in evidenza una grave lacuna dell'industria italiana, la scarsita' di interesse e di veri investimenti nella ricerca. E' quindi legittimo chiedersi come, per esempio, potrebbe l'industria farmaceutica italiana, data la sua debolezza, utilizzare le scoperte nel campo dei vaccini potenzialmente utili sia per alcuni tumori che per l'Alzheimer o nel campo della diagnostica neuroradiologica precoce dei marcatori per la «Pet» («Positron Emission Tomography»). E' chiaro che ad un investimento nella ricerca di base da parte dello Stato deve corrisponderne uno equivalente da parte industriale (attenta signora Marcegaglia!) in quella applicata, che non miri solo ad un miglioramento di prodotti già esistenti, ma a creare prodotti originali. A CACCIA DEL NUOVO Normalmente, sia i politici che gli industriali tendono a confondere sviluppo con ricerca. Di fatto, nell'industria la voce ricerca e sviluppo pende spesso molto più a favore dello sviluppo e serve più alla trasformazione di prodotti già conosciuti che alla scoperta di nuovi. La ricerca, invece, deve essere ricerca del nuovo per portare a vere innovazioni. Non serve altrimenti avere un MIT ed un- CALTEC o un Politecnico a casa propria, se non si hanno industrie come un'IBM o i Bell Laboratories che possano sfruttarli. ______________________________________________________________ Scienza In rete 30 giu. ’11 PIANO NAZIONALE DELLA RICERCA: TANTO TUONO' CHE PIOVVE 1.Il ministro Gelmini ha presentato il PNR per il triennio 2011-2013. Agli 1,7 miliardi stanziati da qui al 2013 per realizzare i 14 «progetti bandiera» conta di aggiungerne altri 900 milioni tra fondi europei e non, per il finanziamento di due nuovi bandi su distretti e infrastrutture e una "fiche" aggiuntiva di 500 milioni sulla ricerca industriale. Ha dichiarato la Gelmini: "Dopo molti anni finalmente l'Italia può avere uno strumento di pianificazione volto al rilancio della ricerca". Secondo Lei è realmente così? Di quanto e cosa beneficerà il mondo dei ricercatori italiani? Questi tagli non sono frutto di un gioco di prestigio, per cui sono stati sottratti dal fondo per la scuola? Va detto anzitutto che la programmazione strategica delle attività di ricerca individua uno degli assi portanti per il progresso di un Paese: per corrispondere alle esigenze di nuova conoscenza che, con sempre maggior intensità, viene richiesta in tutti gli ambiti umani e sociali; per sostenere e indirizzare l’economia; per affrontare le criticità dello sviluppo e delle sue, spesso contraddittorie, dinamiche. Ovviamente le domande di ricerca percorrono anche molte altre vie e strade d’interazione tra la società e la comunità degli scienziati (la cui iniziativa spontanea e motivata da esigenze di interesse e di curiosità resta un caposaldo essenziale). Si consolidano inoltre, anche se con una qualche fatica, tanto l’area europea della ricerca (ERA), quanto gli strumenti programmatori dell’unione europea (programmi quadro, etc.). Le stesse Regioni con le loro competenze nel settore promuovono proprie iniziative e attività. In questo senso 'importanza di uno strumento di razionalizzazione come il PNR è particolarmente elevata, a patto che esso si riveli utile ed efficace nella programmazione e nell’indirizzo. E per far questo, sono di assoluta necessità effettive risorse e piani di investimento. Non a caso l’ultimo PNR vedeva la sua conclusione nell’anno 2007 e fino ad oggi il Governo non aveva provveduto ad un suo nuovo Piano: avendo in realtà in questi tre anni semplicemente ridotto le risorse in ricerca. Ma veniamo al PNR 2011-2013. Il documento è corposo, corrispondente con gli indirizzi europei, analitico nell’individuazione dei principali difetti del sistema Ricerca Italia (in particolare nell’analisi delle carenze della ricerca privata), adottivo delle politiche innovative impostate dal Governo precedente (sulla valutazione: con la conferma di un’Agenzia di Valutazione per (Università e la Ricerca - ANVUR); sul rilancio delle grandi infrastrutture di ricerca: con il riferimento ad una roadmap italiana per queste infrastrutture; con l’idea di una programmazione più integrata della progettualità scientifica, mantenendo il fondo unico FIRST). E prospetta una serie di azioni per interventi di natura temporale variabile. Risalta in particolare l’enorme discrasia tra il principale punto di difficoltà individuato nella stessa analisi del PNR, ossia il significativo sottodimensionamento di dotazione di capitale umano nel settore, e l’assenza di strumenti progettuali e finanziari per recuperare questo deficit. Ricordiamo che I’ltalia ha la più bassa percentuale di ricercatori dell’Unione Europea con la porzione di 3,8 (ogni 1.000 lavoratori) contro la media europea di 6,4 (dato del 2008 con sorgente OECD, Factbook 2010). Ci si sarebbe quindi attesi un qualche serio piano di interventi in questo ambito nel principale strumento di pianificazione (il Governo precedente aveva operato direttamente in questa direzione e con approcci differenziati, per esempio le cosiddette stabilizzazioni e il piano giovani). Ma anche le altre azioni (almeno in parte parzialmente condivisibili) non risultano essere sostenute finanziariamente in modo diretto e le quote indicate nel quadro finanziario dei cosiddetti progetti bandiera indicano come fonte di approvvigionamento il fondo ordinario degli EPR (che non ha visto incrementi e che quindi sottrae a questi enti la potenzialità di promuovere in via autonoma le poche risorse su cui possono contare). C’è inoltre da dire che non si comprende affatto come le tematiche individuate per questi progetti bandiera in via di finanziamento discendano dalla programmazione strategica del Paese indicata dal PNR. Quindi venendo alla parte della sua domanda in cui ci si interroga se queste risorse non siano derivate dai tagli alla scuola, va sottolineato che queste risorse non sono aggiuntive rispetto al passato, ma al meglio (nel fondo degli Enti) sono costanti (mentre l’università ha visto un taglio di un miliardo e mezzo nei tre anni). Comunque anche nel settore istruzione gli ultimi anni hanno visto un decremento significativo di risorse per cui la percentuale della spesa pubblica è nel 2010 al 4,2% del PIL; ma il recente Documento di Economia e Finanza (approvato dal CdM il 13 aprile 2011) prevede una sua ulteriore riduzione al 3,7% nel 2015, al 3,5% nel 2020 e così progressivamente sino a giungere nel 2040 al 3,2%. In assoluta controtendenza con tutti i Paesi più sviluppati che mentre fanno tagli significativi alla spesa, mantengono o incrementano le risorse sulla conoscenza e l’istruzione. 2. Il sistema della ricerca in Italia è in una fase di crescita o è ancora prigioniero di una politica troppo invadente che ne impedisce lo sviluppo? Quanto sono autonomi gli istituti di ricerca? Siamo competitivi con gli altri Paesi? Il problema dell’autonomia della ricerca resta nel nostro Paese un problema cui va data particolare attenzione. Anche perché in Italia, più che in altri paesi dell’occidente, la politica interpreta spesso il proprio ruolo di regolazione attraverso l’occupazione degli organi da regolare. In realtà con la legge 165/2007 si era inteso procedere, per gli Enti Pubblici di Ricerca vigilati dal MIUR, all’introduzione di statuti autonomi, seguendo finalmente il dettato costituzionale (articolo 33 della Costituzione). Sfortunatamente il decreto delegato 213/2009 della Gelmini ha significativamente reinterpretato la legge di provenienza rendendo il passaggio dell’autonomia statutaria del tutto risibile. Per sintetizzare si pensi che, per esempio nel caso del CNR (il più grande degli enti in questione), nell’organismo predisposto alla realizzazione dello statuto non era presente neppure un ricercatore dell’Ente di cui si sta definendo l’autonomia. E più in generale negli statuti ormai approvati è completamente trascurata la partecipazione attiva della comunità interna alla vita istituzionale di questi enti (vedi anche http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/cnr-le-elezioni-di-un- rappresentante-fantasma • In assenza di una reale autonomia partecipata da parte della comunità scientifica interna, resta il rischio di vedere compromesse da vincoli e lobbie esterne (cui non è possibile attribuire la responsabilità delle scelte) molte delle potenzialità che gli enti di ricerca nazionali dimostrano di possedere (come testimoniato dalle valutazioni nazionali e internazionali). Un’opportunità storica è stata perduta. Anche perché con una piena autonomia degli EPR, affiancata da un sistema di valutazione efficace ed affidabile (quale quello che IANVUR potrebbe realizzare se fosse finalmente avviata e significativamente finanziata), sarebbero cresciute notevolmente le possibilità di vedere un forte rilancio del nostro sistema di ricerca pubblico. 3. Come andrebbe modificato il sistema dell'università e della ricerca in Italia? Il cosiddetto 'familismo amorale' ha ancora molto potere tra le cattedre e le posizioni decisionali degli enti di ricerca? In una sintesi estrema, un progetto di rilancio del sistema della ricerca e dell’università in Italia dovrebbe prevedere: a) un serio piano d’investimenti; b) una capacità di pianificazione partecipata (in cui i differenti protagonisti delle realtà scientifiche, sociali ed economiche, in gergo i vari stakeholders, dovrebbero contribuire a questa pianificazione) con 'obiettivo di individuare le più rilevanti sfide cui offrire opportunità di soluzione. Nel PNR appena varato, non c’è traccia del percorso che porta dalle linee generali d’indirizzo ai finanziamenti selezionati (progetti bandiera). Di questo percorso vanno definite le condizioni e le procedure; c)un sistema di valutazione efficace ed affidabile. Di fianco al piano finanziario e alla capacità d’indirizzamento strategico va recuperata una cultura della responsabilità e della qualità. Un gruppo di ricerca deve dar conto della qualità del proprio lavoro. E sulla base delle valutazioni ricevere dotazioni ulteriori, assumersi la responsabilità dei risultati, essere inserito nelle strategie di sviluppo. Gli ambiti in cui si esercita quello che lei chiama familismo amorale, sono piuttosto individuabili e, in presenza di un serio sistema di valutazione, sarebbe facilmente riconducibile a quote fisiologiche. 4. Le ultime dichiarazioni di De Mattei hanno suscitato molte polemiche. Non doveva essere rimosso immediatamente dalla sua carica, presupponendo una indipendenza del pensiero razionale da quello religioso? E mancata, tra l'altro, una reazione di sdegno dell'opinione pubblica, forse troppo disattenta alle problematiche che riguardano la comunità scientifica italiana? Sul caso De Mattei mi è già capitato di scrivere (http://www.unita.it/italia/misteri-della-fede-il-prof-de-mattei-br- arriva-ai-vertici-del-cnr-1.282 651). La cosa che trovo di maggior incongruenza sta nel fatto che la politica (nel caso in questione prima il Ministro Moratti e poi il Ministro Gelmini) possa decidere di nominare vice-presidente del maggior ente di ricerca nazionale un uomo le cui convinzioni personali (da sempre manifestate pubblicamente) possono condurlo a professare opinioni evidentemente contrarie al pensiero razionale e alle acquisizioni scientifiche continuando a conservare l’autorità che proviene da un incarico istituzionale di tale rilievo. Se il vice-presidente del CNR dichiara che il recente terremoto del Giappone ha origine nei peccati delle popolazioni colpite o che 'Impero romano deve la sua caduta alla diffusione dell’omosessualità, il danno reale non consiste nella diffusione di opinioni discutibili, ma nella correlazione tra quelle opinioni e le conoscenze di geofisica piuttosto che nelle conoscenze storico-scientifiche. Anche per questo, come sostenevo sopra, 'importanza dell’autonomia delle comunità scientifiche è un valore primario. tratto da Agenda Coscioni ______________________________________________________________ Il Giornale 29 giu. ’11 SCIENZIATI ATTENTI: NON DIVENTATE STREGONI Un polemico saggio a quattro mani di un medico e di un biologo contro la tecnologia che stravolge la natura La conoscenza non va misurata sulla capacità di modificare il mondo ma sulla volontà di capire la sua bellezza parlare di scienza in modo libero, anche avanzando critiche a certi aspetti della ricerca contemporanea, è diventato oggi sempre più difficile e persino pericoloso: quasi certamente s'incorrerà nell'accusa di essere nemici della scienza e della ragione e di appartenere alla congrega dei mistici e delle fattucchiere. Tanto più è importante che una visione critica venga proposta da due scienziati militanti come Alessandro Giuliani (ricercatore al - l'Istituto Superiore di Sanità) e Carlo Modonesi (specialista in biodiversità ed evoluzione), autori di Scienza della natura e stregoni di passaggio (Jaca Book, 2011, euro12), un libro ispirato da un autentico amore per la scienza e che intende difendere quel che viene definita la «scienza bella» contro la «scienza brutta», di cui si da subito un esempio in apertura con la cosiddetta «creazione della vita artificiale» da parte di Craig Venter. Di fatto, quest' ultima impresa fornisce l'esempio della scienza più «brutta» di tutte, in quanto pur realizzando un avanzamento nelle pratiche biotecnologiche non ha portato nulla «in termini di nuove conoscenze» e «in termini di nuove spiegazioni dei fenomeni naturali». Questa valutazione delle manipolazioni di Venter fa subito capire che gli autori difendono a spada tratta un'idea di scienza come conoscenza, contro la moda della «scienza-manipolazione», e affermano con forza il principio che, senza avanzamento nella comprensione dei processi naturali, e quindi senza ricerca di base, non ha senso parlare di scienza. Tanto sono saldi in questa convinzione che non hanno timore di prendersela con un mostro sacro come Francesco Bacone, cui rimproverano il motto «scientia est potenda» all'origine di una visione empirista e utilitaristica, cui si contrappone l'affermazione di Henri Poincaré secondo cui «lo scienziato non studia la natura perché è utile, ma perché ne prova piacere e ne prova piacere perché è bella. Se la natura non fosse bella, non varrebbe la pena studiarla e la vita non varrebbe la pena di essere vissuta». Va precisato che quando gli autori parlano di «bellezza» non intendono affatto qualcosa di fumo- so e vago. Non si tratta di una sorta di richiamo sentimentale ed estetizzante. Al contrario, essi si sforza- no di enucleare dei criteri precisi dell'idea di «bellezza» e gran parte del libro è dedicato a illustrarli con esempi. In tal modo, essi si col- locano in un filone ben definito della scienza che con il riferimento al criterio estetico allude a un preciso equilibrio metodologico. Ad esempio, il celebre scienziato John von Neumann, individuava il criterio «estetico» nella formula- zione di un modello matematico nell'esigenza che «in relazione con la quantità di informazione che fornisce debba essere piuttosto semplice». Una rappresenta- zione molto semplice può essere chiara ma troppo povera, una rap- presentazione molto ricca e arti- colata può essere più aderente al- la realtà ma troppo complicata e quindi inutilizzabile. Giuliani e Modonesi qualificano come modi di fare «brutta scienza» l'adesio- ne dogmatica a certi «ismi», come il determinismo, il riduzionismo o la recente moda di proporre teorie della complessità tanto verbose quanto inconcludenti. Un altro modo di fare «brutta» scienza è di farsi dominare dall'ossessione di andare alla ricerca del sempre più piccolo, sempre «oltre», verso la spiegazione «ultima». Viene in mente la celebre annotazione con cui Pascal si proponeva di «scrivere contro coloro che si addentrano troppo nelle scienze». Erwin Chargaff la commentava (nel suo Mistero impenetrabile) osservando ironicamente che «la pruumuna ur per se Hun preseti La alcun vantaggio, a meno che non abbia sotto di sé un fondo» e che il rischio è di «dimenticare alla fine le domande cui questa spedizione interminabile avrebbe dovuto dare risposta». Come si è detto, il libro propone un gran numero di esempi di scienza «bella» e «brutta». Non possiamo certo farne un elenco sostituendoci alla lettura, mavogliamo citare in particolare la «scienza del destino» e cioè l'ossessione di ricondurre ogni evento della nostra vita materiale e mentale a fatti genetici e quindi a un determinismo genetico stretto che, come osservano gli autori, non ha alcun fondamento scientifico serio, essendo «il problema della causalità biologica un affare tutt'altro che semplice e risolto». Sta di fatto che su questo rozzo determinismo - diciamo pure fatalismo - cresce una tecnoscienza ispirata al mito del controllo totale del destino dell'uomo e del mondo. La smania del controllo totale della natura - e, aggiungiamo, sempre più anche del pensiero dell'uomo - è «foriera di disastri», come hanno dimostrato i totalitarismi ispirati rispettivamente alle idee della rigenerazione razziale dell'umanità e della sua rigenerazione sociale. Oggi, ammoniscono gli autori, il rischio totalitario si presenta in modo «infinitamente più subdolo», «in quanto si maschera del suo esatto contrario - un mondo di infinite libertà e possibilità senza alcun limite - che però, a conti fatti, si trasforma in feroce individualismo e in controllo spietato della debordante tristezza attraverso il consumo di merci, di antidepressivi e di altre false panacee». Perciò, la «brutta» scienza non rischia soltanto di distruggere la scienza propriamente detta lasciando sulla terra bruciata soltanto pratiche manipolative prive di orientamento e finalità, se non quella di affermare con un vero de lino di potenza che la natura «fatta male» debba essere rifatta daccapo, ma ci consegna la prospettiva di un mondo privo di valori au-tenticamente umani. Giorgio Israel __________________________________________________________ Corriere della Sera 27 Giu. ‘11 UNIVERSITÀ SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO APRIRE UN PDF RICHIEDE TROPPO TEMPO «Difficile leggere le mail» E i prof ingolfano le poste No al computer, concorso da 25 milioni di pagine L' indicazione «La trasmissione informatica può diventare troppo onerosa e richiedere tempi di confezionamento e lettura più lunghi» rispetto a quella «in formato cartaceo» ROMA - Il digital divide (si legge divaid, all' inglese) è quella barriera che separa chi usa il computer e chi no. Ma nel nostro Paese il digital divide (si legge divide, all' italiana) anche due pezzi dello Stato, chi vorrebbe concorsi con e-mail e pdf e chi rimane fedele nei secoli alla carta. Fogli fruscianti e inchiostro anche a costo di una montagna da 35 milioni di pagine, poco meno dell' intero patrimonio della Biblioteca vaticana. Fogli fruscianti e inchiostro perché per leggere le mail, nell' anno domini 2011, ci vuole più tempo. La disputa riguarda i concorsi da professore universitario che dovrebbero partire in autunno. Un' operazione colossale con 180 commissioni, 900 «giudici» e una previsione di oltre 25 mila candidati. Numeri da concorsone alle Poste che però non devono sorprendere. La selezione non metterà in palio un tot di cattedre come avveniva finora. Ma servirà a entrare negli elenchi dell' abilitazione nazionale, il listone dal quale tutte le università potranno chiamare ordinari e associati per tutte le materie. Ci proveranno in tantissimi: gran parte dei ricercatori (e soltanto loro sono già 25 mila), professori associati che vogliono essere promossi a ordinari, più altri studiosi che lavorano fuori dagli atenei. Ma a far salire la montagna di carta sono anche i documenti richiesti. Ogni partecipante deve spedire alla commissione almeno 12 pubblicazioni, dall' articolo di tre pagine al libro di 500. Ogni testo andrebbe poi girato a ciascuno dei cinque commissari, sparsi tra le università italiane e anche all' estero visto che uno di loro deve essere straniero. Per questo il ministero dell' Università aveva cercato la strada più semplice. E nella prima versione del decreto aveva scritto che le «domande, corredate da titoli e pubblicazioni scientifiche sono presentate per via telematica». Una mail certificata e un pdf in allegato. Anche per limitare le spese che sarebbero a carico delle università, già da tempo a corto d' ossigeno. Ma a dire no è arrivato il parere del Consiglio di Stato: «Occorrerebbe specificare che l' uso dell' informatica si limita alla presentazione delle domande e del mero elenco dei titoli». Perché? «La trasmissione informatica può diventare troppo onerosa e richiedere tempi di confezionamento e lettura più lunghi» rispetto a quella «in formato cartaceo». Fogli fruscianti e inchiostro. Il ministero ha provato a far valere le sue ragioni scrivendo (su carta) al Consiglio di Stato: «La presentazione in formato cartaceo comporterebbe un notevole aggravio» con un costo aggiuntivo «quantificato in 8 milioni di euro». Un tesoretto che se ne andrebbe tra fotocopie, acquisto di copie aggiuntive (il candidato ne deve mandare una sola), spedizioni con raccomandata o corriere. E una somma che basterebbe per gli stipendi di 150 ricercatori, non un dettaglio visto che molti vincitori di concorso restano a bocca asciutta proprio perché non ci sono i soldi per pagarli. Ma il Consiglio di Stato ha risposto (sempre su carta) senza spostarsi di una virgola: «I risparmi di spesa non sembrano così rilevanti a fronte della complicazione che si introduce, pretendendo l' invio delle pubblicazioni esclusivamente per via informatica». La decisione finale spetta al Consiglio dei ministri, ma il no del Consiglio di Stato può essere superato solo all' unanimità. Chissà se anche tra i ministri c' è chi pensa che le mail hanno «tempi di confezionamento e lettura più lunghi»? Lorenzo Salvia RIPRODUZIONE RISERVATA Salvia Lorenzo __________________________________________________________ L’Unione Sarda 27 Giu. ‘11 CAGLIARI: STUDENTI, ESAMI A RISCHIO: ALLARME DEL PDL Un'interrogazione sulla polemica tra gli universitari a rischio decadenza (con la perdita di tutti gli esami già sostenuti) e il rettorato di Cagliari è stata presentata all'assessore all'Istruzione Sergio Milia dal consigliere regionale del Pdl Carlo Sanjust. L'obiettivo è che «la Giunta regionale possa intervenire presso il rettore per provare a riaprire un dialogo con i circa diecimila studenti che rischiano di veder vanificato il proprio percorso unversitario alla luce del decreto varato dal rettore di Cagliari nel maggio del 2010». __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 26 Giu. ‘11 ROBERTA LICHERI, RICERCATRICE PRECARIA, SELEZIONATA DALL’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA «Potrei costruire palazzi su Marte ma per Brunetta sono una parassita» Una cagliaritana nello Spazio: lavora in un seminterrato della facoltà di Ingegneria di Giacomo Mameli Per il ministro Renato Brunetta fa parte dell’Italia peggiore, parassitaria e petulante. Perché Roberta Licheri, 36 anni, ricercatrice alla facoltà di Ingegneria dell’università di Cagliari - selezionata dall’Agenzia Spaziale Italiana per essere una possibile candidata a volare e vivere sulla Luna o su Marte - è semplicemente una precaria o, se preferite una definizione agrodolce, “assegnista”. Lei - nata cinque anni dopo il primo allunaggio del 20 luglio 1969 - ha bruciato molte tappe. È una privilegiata perché è stata, ha lavorato e studiato su un Airbus A300, ha vagato nel vuoto di una carlinga muovendosi in assenza di gravità come aveva fatto mezzo secolo fa Alan Shepard e poi la russa Valentina Vladimirovna Tereskova, prima donna nello spazio. Anche Roberta - in camice bianco nel suo studio in un seminterrato della facoltà di piazza d’Armi - può raccontare in sedicesimi cose vietate ai comuni mortali. «Il corpo fluttua, vaghi imbrigliata nelle cinghie in manovre di 25 secondi consecutivi di gravità ridotta. Le prove sono ripetute a intervalli regolari fino a trenta volte con l’interruzione di un minuto tra una serie e l’altra con cinque sequenze di parabole. È la stessa sensazione, la stessa libertà di movimento che si prova sott’acqua. Si percepisce un senso di vuoto profondo». Un altro mondo, un iperuranio portato in casa. «È come stare sulle montagne russe. Perché in ciascuna di quelle sequenze da 25 secondi, dopo il decollo raggiungi la quota ottimale di 12 mila piedi, quasi novemila metri. E poi torni a terra. E risali. Così ti alleni, è il tuo training”. Davvero pronta per volare? «Lo spirito c’è. Magari il sogno si avverasse. Quanto sarebbe emozionante vedere la terra dall’alto. Ma è necessario un addestramento di una decina d’anni, poi ci sono le selezioni. Certo sarebbe stupefacente poter cogliere quel traguardo. Semmai issando una bandierina dei Quattro Mori sul Pianeta Rosso». L’esperimento del volo parabolico Roberta Licheri lo ha fatto a Bordeaux nell’ottobre del 2010. Con una missione ben precisa. «Poter raggiungere Marte. Ma queste missioni si pongono l’obiettivo di arrivare, stare e tornare in sicurezza. Per sbarcare su Marte occorrono sei mesi, per la Luna bastano tre giorni. E una volta che si va si concepisce tutta la missione. Io per esempio potrei studiare la superficie di Marte. Ma in che modo? Non potrei certo vagare nello spazio. Noi simuliamo un suolo lunare o marziano e costruiamo una sorta di mattone per l’edilizia, in gergo regolite. E così realizzeremmo il nostro office nello spazio. Inizieremo a costruire prima con la gravità terrestre, poi in assenza di gravità, su un aereo, anche sull’Airbus dove mi sono esercitata e continuerò a farlo. Almeno fino a quando Brunetta me lo consentirà». È un progetto che arriva da lontano e che vede coinvolti tanti soggetti, anche in Sardegna. Il tutto è inserito nella 53.ma campagna di voli parabolici organizzata dalla società Novespace per conto dell’Ase (Agenzia spaziale europea) che ha sede a Parigi e collabora, fra gli altri, con l’Estec di Noordwijk, lo European Space Research and Technology Centre, fulcro dei progetti della maggior parte dei veicoli spaziali e dello sviluppo tecnologico. Qui si inserisce l’ateneo cagliaritano col professor Giacomo Cao, docente di Principi di ingegneria chimica. È stato Cao a ottenere il brevetto denominato “Procedimento di fabbricazione di elementi per strutture abitative e/o industriali sul suolo lunare e/o marziano” depositato in forma congiunta tra l’università di Cagliari e l’Agenzia spaziale italiana. Ed è qui che lavora Roberta, la precaria, col collega Gianluca Corrias. Siete insomma i futuri palazzinari su Marte? «Magari. Per ora costruiamo i mattoncini, i regoliti. Poi è l’Europa, l’Italia per la sua parte a dover decidere se e come fare la missione. Certo è che noi ce la stiamo mettendo tutta”. Roberta Licheri pochi giorni fa stava lavorando in facoltà con una ragazza, Leila Nikzad, di Teheran, dottoranda iraniana che si sta occupando di materiali ceramici per applicazioni ad altissime temperature. Ceramiche da una parte. E mattoni destinati a Marte dall’altra. Dice Roberta. «Il nostro progetto specifico si chiama Cosmic, Combustion Synthesis under Microgravity Conditions, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) nel settore dell’esplorazione umana dello spazio. L’Asi ha stanziato alla fine del 2009 poco meno di 500 mila euro per un anno, finalizzati allo sviluppo di tecnologie innovative non solo per l’esplorazione umana, ma anche per il trasferimento tecnologico a supporto di numerose attività terrestri». Il progetto ha avuto come capofila l’università di Cagliari con il Dipartimento di Ingegneria chimica e in collaborazione con il Dipartimento energia e trasporti del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), il Crs4 di Pula (Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna), l’Istituto tecnico industriale Enrico Fermi di Fuscaldo di Cosenza, e le aziende Corem e SpaceLand. «Il progetto - spiega Roberta - rientra nell’esplorazione dello spazio, anche attraverso l’ausilio di reazioni chimiche in grado di autosostenersi in condizioni di gravità ridotta. Sono gli stessi settori applicativi che la Nasa americana ha definito con gli acronimi Isfr - In Situ Fabrication and Repair (fabbricazione e riparazione in situ) - e Isru - In Situ Resource Utilisation (Utilizzazione delle risorse disponibili in situ). Perché tutto questo? «Perché se dovessimo arrivare su Marte non potremmo certo portarci tutto dalla terra. Le finalità sono quelle di consentire alle missioni di lunga durata e con presenza umana l’estrazione e l’utilizzo delle risorse reperibili sul posto (per esempio Luna o Marte), senza doversi equipaggiare con scorte abbondanti a bordo, oltre a realizzare materiali e strumenti da utilizzare come “cassette degli attrezzi” per intervenire su piattaforme orbitanti. Nello specifico è fondamentale garantire agli equipaggi le risorse (ossigeno, azoto) necessarie alla loro sopravvivenza una volta esaurite quelle portate direttamente dalla terra, nonché garantire gli strumenti per manutenzioni ordinarie e straordinarie». Dalla Terra, se dovesse allunare o vivere su Marte, Roberta porterebbe con sé “sicuramente”, almeno due libri, due classici: «L’insostenibile leggerezza dell’essere» di Milan Kundera e «Cent’anni di solitudine» di Gabriel Garcia Marquez. Libri “inseparabili”. Porterebbe nello spazio anche qualche film di Vittorio Gassman, sicuramente «Riso Amaro» di Giuseppe De Santis e «Mortacci» di Sergio Citti. Dovrebbe forse rinunciare al suo piatto preferito, la pastasciutta, “comunque condita” e difficilmente potrebbe giocare a basket, come faceva da ragazza quando militava in Prima Divisione. Ultima di tre figli, papà Paolo ingegnere minerario, mamma Rita Billi di Macerata (dove Roberta nasce e resta poche settimane), elementari medie e liceo scientifico a Carbonia, all’università sceglie la facoltà di Chimica a Cagliari, discute una tesi sulla “sintesi e la caratterizzazione dei nano compositi” con Anna Musinu e Mariano Casu. «Mi laureo di venerdì, dopo tre giorni incontro il professor Giacomo Cao del Dipartimento di ingegneria chimica e materiali e l’avventura parte. Mi si spalanca un mondo affascinante, stimolante, il progetto Cosmic è collegato a quelli della Nasa, con gli americani ci sono di mezzo cinesi e giapponesi, la mia formazione diventa davvero globale. L’ambizione era ed è raggiungere Marte e studiarne la superficie. Progetto possibile, è solo questione di finanziamenti che ovviamente sono stratosferici». Per la ricerca scientifica non sono giorni facili. «Purtroppo. È la vera palla al piede dell’Italia. L’ignoranza totale sul valore della scienza, della ricerca è un peso che ci opprime. Per simulare a terra il suolo lunare o marziano non bastano pochi bruscolini, ma sforzi economici che poi hanno il loro ritorno. La Sardegna, con le sue università, col Parco tecnologico di Pula, con quello di Porto Conte potrebbe diventare un avamposto anche per lo studio dello spazio. Ma chi può convincere personaggi come Brunetta o Giulio Tremonti?». __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 Lug. ‘11 ALTRO CHE BAMBOCCIONI: D ESTATE SI STUDIA E BASTA Bettina Camedda CAGLIARI. La «protesta per il diritto allo studio non va in ferie» ha dichiarato qualche giorno fa Peppino Loddo, segretario regionale Cgil Scuola. E mentre gli Istituti superiori chiudono i battenti dopo gli esami di Stato e i meteorologi annunciano, come del resto fanno ogni estate, temperature record, c’è anche qualcun altro che dovrà centellinare i giorni di vacanza. Gli studenti universitari scelgono di stare sui libri: sono i ‘bamboccioni’ accusati di snobbare i lavori manuali; gli idealisti, convinti che si possa diventare medico o avvocato senza per forza esser figli di medici o avvocati. Gli stessi giovani che in questo anno accademico hanno visto aumentare a dismisura le tasse universitarie e diminuire l’importo delle borse di studio; che rischiano di veder morire un’intera carriera universitaria per non aver conseguito tutti i crediti previsti dal piano di studio entro i termini stabiliti. Tra loro anche gli universitari che hanno protestato sui tetti, che hanno occupato il Rettorato e manifestato anche sotto la pioggia. Quelli che, insieme, hanno dimostrato di poter ribaltare un sistema sbagliato che non aveva fatto i conti con la loro presenza e soprattutto con il loro futuro. Nessuno in vacanza, insomma. Lo dimostrano le università ancora frequentate dagli studenti nonostante la fine delle lezioni. «Non c’è tempo per il mare - spiega Marina Pili insieme al collega Daniele Pingiori, iscritti al primo anno del Corso di laurea in Servizi giuridici - stiamo ripassando perché questo pomeriggio abbiamo l’esame di Diritto romano e domani Filosofia del diritto e principi di informatica giuridica. È tosta ma ce la devo fare per forza». Una studentessa determinata Marina, di 19 anni, che viene dall’Ogliastra ma vive nella Casa dello Studente di via Trentino. «Per poter continuare a stare nella Casa devo raggiungere almeno 27 crediti entro la fine di luglio - afferma la ragazza - e poi non voglio stare indietro con gli esami». Finire in tempi regolari e bene, resta sempre il primo obiettivo per quanti sperano di entrare presto nel mondo del lavoro. Perché il ‘sogno’ motivo anche di angoscia per troppi resta sempre quello di trovare un lavoro. Uno. «A luglio spero di riuscire a dare Elementi di costruzione di macchine - spiega Francesco, studente 32enne di Ingegneria meccanica - ma questa estate voglio lavorare, al mare ci andrò poco». Programma diverso per Fabrizio, 25 anni: «Sosterrò Analisi matematica 2 poi ad agosto durante la pausa degli appelli andrò al mare». Tra gli universitari c’è anche chi riesce a conciliare mare e studio: «A metà luglio ho l’esame di Storia moderna - spiega Sara, 22 anni, iscritta a Beni culturali - magari al mare ci andrò qualche volta ma con il libro da studiare». __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 2 Lug. ‘11 FACCIAMO SUBITO LA CASA DELLO STUDENTE IN VIALE LA PLAIA Milia ribadisce la disponibilità di 30 milioni di euro per l’Ersu sul vecchio progetto Edilia L’assessore regionale: «Facciamo subito la Casa dello studente in viale La Plaia» ALESSANDRA SALLEMI CAGLIARI. Trenta milioni di euro sono pronti da spendere per costruire 500 posti letto nell’ex Semoleria di viale La Plaia secondo il progetto della società Edilia che nel 2008 vendette all’Ersu i terreni davanti al porto. Riparte da qui l’assessore regionale alla Pubblica istruzione, Sergio Milia, per affrontare il tema dell’edilizia studentesca non rinviabile sia per la giusta insistenza dell’Ente regionale per il diritto allo studio (molto spalleggiato dall’università di Cagliari che ha due terzi dei frequentanti fuori sede), sia perché i 30 milioni di euro devono essere spesi entro il 31 dicembre 2011, altrimenti si perdono. I 30 milioni fanno parte di un pacchetto dell’Apq, l’accordo di programma quadro firmato da Stato e Regione, non eterno nella disponibilità di spesa. Milia non dubita che questa sia una strada da imboccare subito: i posti letto servono, i soldi ci sono, il progetto anche. L’assessore spiega che il progetto presentato a suo tempo dalla società privata Edilia e poi acquisito dall’Ersu è stato approvato dal Comune, rientra in una convenzione e, fondamentale, ha tutte le concessioni e le autorizzazioni di legge. Queste durano cinque anni, nel 2009 il consiglio comunale del capoluogo le aveva rinnovate per altri cinque anni, ma non ci potrà essere un’ulteriore proroga. Milia non vede un ostacolo nel possibile problema che l’Ersu aveva affacciato il 2 marzo scorso durante la conferenza di servizi convocata dallo stesso assessore per rimettere in moto la questione alloggi degli studenti a Cagliari. L’Ersu, per voce del direttore generale, sostenne infatti che non si sarebbe potuto dar corso neppure al progetto Edilia perché negli anni del governo Soru l’allora giunta regionale aveva modificato il progetto Edilia attraverso lo studio presentato dall’architetto brasiliano da Rocha e quindi deliberato (il 24 aprile 2007) che si andasse avanti per dare vita al campus immaginato dall’archistar sudamericano. Spiega l’assessore regionale: «Il comune di Cagliari ha rigettato il progetto da Rocha, nessuno può realizzare un’opera che non sia stata approvata dal Comune, l’unico progetto in essere resta quello fatto proprio dall’Ersu dopo l’acquisto dell’area dalla società Edilia che ha tutte le concessioni necessarie. Nella conferenza di servizi abbiamo constatato che non si poteva andare avanti sul progetto da Rocha, la situazione giuridica è cristallizzata sulla mancata concessione da parte del Comune. Il progetto da Rocha richiedeva un aumento di volumetrie e quindi una variante al piano urbanistico comunale che non comporta tempi brevi». Quello proposto dall’architetto brasiliano era un campus sul mare con gli accessi per gli sport d’acqua: «Nella conferenza di servizi è emerso che - spiega ancora l’assessore -, per realizzarlo nella sua completezza, si prevedeva che la Regione acquisisse alcune aree dismesse delle ferrovie e quindi anche una fetta di terreni portuali». La Regione di Soru puntava molto su questo progetto da mille posti letto: l’allora governatore, ricorda Milia, con l’articolo 10 della legge 3 del 2009 aveva chiesto all’Ersu di Cagliari (e non anche a quello di Sassari) di presentare alla presidenza della giunta il piano per la residenzialità universitaria e, siccome quella norma è tuttora in vigore, anche l’attuale assessore agisce su questo preciso tema con una delega del presidente Cappellacci. Dunque le prossime tappe secondo l’assessore sono due: una nuova conferenza di servizi come richiesto dall’Ersu e poi delibera della giunta regionale che promuoverà la spesa dei fondi disponibili per una casa dello studente in viale La Plaia. __________________________________________________________ Corriere della Sera 27 Giu. ‘11 SOS LINGUA: CACCIA ALL' ERRORE MA SENZA PURISMI TERZA PAGINA ELZEVIRO «SOS LINGUA» DI GIORGIO DE RIENZO L' italiano cambia attraverso l' uso ma è fondamentale opporsi al dilagare dell' ignoranza F inisce così il nuovo libro del professor Giorgio De Rienzo: «...nell' approssimazione sciatta dilagante del parlare e scrivere dei nostri giorni». La sua mission (la farà passare questa parola?) continua. Insegnare e far rispettare la lingua italiana è un impegno che ha preso già quando era allievo del mitico Giovanni Getto. Poi ha insegnato alle università di Torino e del Piemonte orientale. Dato il brusco carattere e le ingiustizie subite nel mondo accademico, a un certo punto s' è dedicato esclusivamente a scrivere saggi di letteratura e romanzi d' avventura, articoli sui giornali e blog su testate online. Proprio da due rubriche sue («Scioglilingua» su «Corriere.it» e «Sos lingua» su «Vanity Fair») nasce Sos Lingua, manuale di pronto soccorso per l' uso corretto dell' italiano (Kowalski editore, pagine 167, Euro 13). Il professor De Rienzo è severo e s' arrabbia quando i suoi lettori scomodano lui anziché consultare direttamente un buon dizionario. Ma è anche tollerante e trasgressivo. «L' aspetto curioso - scrive nella premessa - è che generalmente i miei lettori difendono la nostra lingua come una bandiera, un territorio che vogliono difendere dai barbarismi. Insomma sono puristi molto più di me». E dei suoi colleghi puristi dice: «Rimettano le spade nel fodero e si preparino all' unica vera battaglia che vale la pena di intraprendere, quella di salvare il salvabile con un po' di stile». Perché bisogna prendere atto che «la lingua non segue una logica fuorché quella dell' uso e del radicamento di alcune consuetudini su altre». Buona parte dei lettori di De Rienzo è convinta che esista una grammatica con regole precise, che non si possono trasgredire. «Non è così - scrive -. Nella realtà è sempre l' uso a costruire una lingua, che per restare un organismo vivo deve adattarsi a trasformazioni continue. Dunque le regole possono cambiare: oggi non sono più quelle del passato e in futuro saranno con molta probabilità diverse dalle attuali. È anche possibile che con la globalizzazione in atto si arrivi a una grammatica e a una sintassi semplificate, modellate su quelle inglesi. Tuttavia per il momento è bene "segnare alcuni punti fermi" fino a che l' uso non abbia avuto la forza di spazzare via anche questi». Quindi: tolleranza sì, ma bisogna pur difendersi dal «preoccupante dilagare dell' ignoranza anche di regole elementari» e questo Sos Lingua vuole segnare punti di riferimento che riguardano perlomeno la grafia, la punteggiatura e gli elementi essenziali del discorso: articolo, nome, aggettivo, verbo, avverbio, pronome, preposizione, congiunzione e interiezione. Insomma tutto ciò che serve a evitare errori che portano a eccessi come quelli che De Rienzo cita in una delle «divagazioni» seminate qua e là nel libro: «In caso, di problema, ritirare l' ho scontrino»; «Non. Sostare da avanti al garage. ance di note»; «Entrare, a dagio stanno i bambini»; «Adio, pupa quanto tioamato» (cartelli e murales letti in una città del Sud). A parte questi eccessi che servono anche a far ridere il lettore, il manuale di De Rienzo scioglie centinaia di casi che hanno fatto litigare insegnanti e studenti, professionisti e professionisti, casalinghe e mariti, impiegati e (i) capiufficio o (le) capoufficio. Come l' impiegato che non si rassegnava ad ammettere che il suo collega aveva un atteggiamento troppo «ossequente» nei confronti dei superiori e insisteva a dire e scrivere «ossequiente». O l' ingegnere di Parma che non accettava la correttezza della frase: «Ammiro i tuoi "diti" anulari», insistendo che dito al plurale fa sempre e soltanto «dita». Abbiamo detto che il professor De Rienzo con i suoi allievi-lettori è tollerante e gentile, ma se volete togliervi lo sfizio di farlo arrabbiare davvero, fatevi fare una domanda qualsiasi e rispondetegli come va di moda adesso: «Assolutamente». Replicherà secco o vi rimanderà a pagina 117 del suo manuale: «La risposta non significa nulla, perché quell' "assolutamente" lasciato in aria potrebbe essere in realtà un "sì" o un "no". La cosa migliore è abolire questo avverbio del tutto e rispondere "sì" o "no". Con molte probabilità si tratta di una moda passeggera». E se lo state guardando negli occhi vi trasmetterà il senso di profonda pena che prova nei vostri confronti. RIPRODUZIONE RISERVATA Cevasco Francesco __________________________________________________________ Corriere della Sera 30 Giu. ‘11 LA GRAN BRETAGNA SI FERMA E' L' ESTATE DELLO SCONTENTO Da Eton a Heathrow lo sciopero statale blocca tutto DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA - Persino 70 docenti di Eton hanno aderito allo sciopero. Una pugnalata alla spalle per il premier David Cameron che nel college più esclusivo e famoso d' Inghilterra si è formato e che del suo marchio etoniano, come del resto mezza classe dirigente e mezza aristocrazia londinese, va fierissimo. Chi l' avrebbe pensato che persino oltre le mura di questo leggendario istituto privato superiore, vecchio di quasi cinque secoli e sui cui banchi si sono seduti principi (ultimo Harry), primi ministri, scrittori (George Orwell), poeti (Shelley), proprio in queste aule, i piani di austerità varati dal governo dei conservatori e dei liberaldemocratici incontrassero una così forte opposizione? Oggi, in coincidenza con l' astensione dal lavoro proclamata da quattro centrali dei sindacati, Eton non chiuderà, però in qualche sezione le lezioni salteranno. Evento quasi storico. Da 25 anni il pubblico impiego non incrociava la braccia. La tregua è saltata per via dei tagli alla spesa pubblica che ha deciso Downing Street al fine di rimettere ordine ai conti dello Stato. E i primi a respingere la manovra da lacrime e sangue che la coalizione ha impostato sono i dipendenti della scuola e dell' amministrazione pubblica. Dunque, scendono in piazza gli insegnanti ma anche i dipendenti delle dogane, i funzionari e i dirigenti dei ministeri, il personale civile delle carceri, dei tribunali e delle imposte. È un giovedì d' altri tempi per il Regno Unito e per Londra dove le manifestazioni bloccheranno la zona di Westminster con allarme di scontri. Sole contro tutti le Trade Union hanno rotto la pace sociale. David Cameron le ha accusate di agire contro il Paese: «Lo sciopero è sbagliato per voi e per la gente che servite». Il sindaco di Londra Boris Johnson, e con lui molti esponenti tory, hanno invocato una nuova legge restrittiva sulle agitazioni che coinvolgono il settore pubblico. Il ministro dell' Educazione Gove ha invitato i genitori a sostituirsi ai professori. Ma pure i laburisti non sono rimasti in silenzio. È ritornato in pista Tony Blair che in televisione ha invitato i sindacati a cavalcare l' onda della modernità e non della conservazione, implicitamente accusandoli di ricorrere a metodologie di lotta antiquate. E il nuovo leader Ed Miliband, che grazie al sostegno delle Union è arrivato alla testa del partito, ha invitato a non rompere il tavolo delle trattative. Si sa, l' opinione pubblica britannica non vede di buon occhio gli scioperi e anche se il malcontento è diffuso resta insensibile ai richiami delle mobilitazioni. Eppure non c' è stato niente da fare. Gli insegnanti (600 mila) e i dipendenti dell' amministrazione hanno alzato il tiro. A loro la riforma delle pensioni pubbliche, che è parte importante del piano di austerità, non piace per tre motivi: perché li costringe a lavorare un anno in più (entro il 2020 uscita a 66 anni anziché 65 sia per gli uomini sia per le donne), perché richiede più contributi (il 3,2 per cento dal 2012 ma ciò non vale per i redditi inferiori a 15 mila sterline), perché garantisce rendite più basse. Quindi hanno respinto gli ultimi disperati appelli affinché evitassero di bloccare una parte dell' economia del Paese. Ventiquattro ore che dal college di Eton all' aeroporto di Heathrow rischiano di lasciare il segno. E pare che sia solo un antipasto. Sul piede di guerra, sempre a causa dei tagli alla spesa e delle pensioni, ci sono i lavoratori della sanità, medici compresi, e dei trasporti. L' estate e l' autunno di David Cameron rischiano di essere roventi. Persino i laburisti non dormono tranquilli: una parte del loro elettorato sciopera nonostante le frenate dei leader. Fabio Cavalera RIPRODUZIONE RISERVATA **** Lavorare un anno in più Stretta sul pubblico impiego Il governo britannico vuole alzare l' età pensionabile da 65 a 66 anni entro il 2020 sia per gli uomini che per le donne Aumento dei contributi Il piano richiede più contributi per le pensioni: il 3,2% dal 2012 (misura che non riguarda i redditi inferiori a 15 mila sterline) Ieri e oggi L' inverno 1978-79 Con «Inverno dello scontento» (Winter of Discontent) si indica l' ondata di scioperi che investì la Gran Bretagna nell' inverno 1978-79 (foto sotto). Quel clima è stato paragonato alle proteste di questi giorni Contro i laburisti I lavoratori si opponevano ai tentativi del governo laburista di James Callaghan (primo ministro dal 1976, primo tondo dall' alto) di controllare l' inflazione congelando gli stipendi del settore pubblico per dare l' esempio anche al privato: gli aumenti andavano mantenuti sotto la soglia del 5% I conservatori La maggior parte delle proteste si concluse nel febbraio 1979 ma la gestione dell' emergenza costò cara a Callaghan e le elezioni politiche del maggio successivo videro la vittoria del partito conservatore guidato dalla Lady di ferro Margaret Thatcher (secondo tondo) Cavalera Fabio ______________________________________________________________ Corriere della Sera 28 giu. ’11 È MIGLIORATA LA SALUTE DELL'OZONO ANTARTICO di GUIDO VISCONTI Le condizioni del famoso «buco» nell'ozono sopra l'Antartide migliorano notevolmente. I segni di ripresa del prezioso gas che protegge la vita sulla Terra sono evidenti. Nell'ultimo decennio dopo avere raggiunto la riduzione minima intorno al 2000 Si è recuperata una quantità pari al 15%. Lo dimostra la ricerca di un gruppo di scienziati australiani guidato da Murry Salby della Macquarie University di Sidney e pubblicata dalla rivista americana Science. Ciò si deve al controllo dell'immissione nell'atmosfera dei composti di doro dannosi all'ozono, iniziato con l'entrata in vigore del protocollo di Montreal alla fine degli anni Ottanta. La conseguenza è stata prima un livellamento della concentrazione e finalmente una diminuzione dello stesso cloro. La comunità scientifica riteneva di poter osservare un deciso miglioramento dell'ozono antartico solo a partire dal 2020. Murry Salby e i suoi collaboratori hanno elaborato una montagna di dati raccolti in diversi decenni riproducendo quasi perfettamente le fluttuazioni di ozono che si verificano di anno in anno. Normalmente la concentrazione del noto gas è intorno ai 300-350 Dobson. Le fluttuazioni che si osservano di anno in anno sono del 20-25% rispetto al valore normale di riferimento. Nel momento peggiore che ha segnato la distruzione massima si è arrivati ad un valore minimo di 80-90 Dobson. I risultati dimostrano che la cura allo strato di ozono sul Polo Sud, voluta dalla comunità internazionale, produce i suoi benefici effetti. Bisogna continuare. __________________________________________________________ Le Scienze 1 Lug. ‘11 L'INQUINAMENTO DELL'ARIA MASCHERA IL RISCALDAMENTO GLOBALE Un effetto paradossale: l'abbattimento delle emissioni di polveri sottili potrebbe comportare un aumento di circa 1ºC delle temperature Una riduzione dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili provocherebbe paradossalmente un aumento del riscaldamento globale. A sostenerlo sono gli studiosi del progetto Eucaari (European Integrated project on 'Aerosol Cloud Climate and Air Quality Interactions'), promosso dalla Commissione Europea, al quale hanno partecipato 48 istituzioni di ricerca di 24 Paesi, tra cui l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac- CNR). I risultati, appena presentati a Helsinki e pubblicati su Atmospheric Chemistry and Physics Discussions, aprono nuovi scenari sulla relazione clima-inquinamento. "Gli aerosol atmosferici, o polveri sottili, riflettendo la radiazione solare e favorendo la formazione di nubi, causano un effetto di raffreddamento del clima terrestre, mascherando in parte il tasso reale del riscaldamento globale indotto dai gas serra", spiega Stefano Decesari, ricercatore dell'Isac-Cnr che ha preso parte a Eucaari. "I risultati del nostro progetto dimostrano che se si impiegassero in tutto il mondo le migliori tecnologie disponibili per abbattere il livello di aerosol in atmosfera, si verificherebbe una riduzione dell'inquinamento che favorirebbe senza dubbio il miglioramento della qualità dell'aria, con conseguenze positive sulla salute, ma con un effetto collaterale sulle temperature medie globali. L'abbattimento dell'emissione di inquinanti ridurrebbe infatti l'intensità del raffreddamento esercitato dalle particelle di aerosol, comportando un riscaldamento di circa 1ºC su scala globale entro il 2030". Un risultato preoccupante che arriva dopo tre anni di studi. Il progetto, costato 15 milioni di euro, ha rilevato dati in Europa (In Italia presso la stazione sperimentale Arpa 'G. Fea' di San Pietro Capofiume-Bologna), ma anche in Cina, Sud Africa, Brasile e India. "Abbiamo effettuato misure sia da stazioni al suolo che da aereo e da satellite", prosegue il ricercatore dell'Isac-CNR. "Ora grazie a queste ricerche abbiamo una migliore comprensione del ciclo di vita degli aerosol atmosferici e questo ci permetterà di perfezionare i modelli per la predizione del clima e dell'inquinamento e di presentare prospettive più certe circa la loro evoluzione in Europa". Cosa fare dunque per evitare le conseguenze negative del contrasto all'inquinamento? "Sicuramente implementare il monitoraggio globale dei cambiamenti nella composizione dell'atmosfera e studiare le tipologie di particolato atmosferico, come gli aerosol carboniosi, responsabili dei maggiori impatti sulla salute. Inoltre, dovremmo adottare nuove politiche per lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie ambientali che permettano di bilanciare gli effetti benefici e negativi della riduzione delle emissioni con studi mirati per le varie regioni del globo", conclude Decesari. __________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Giu. ‘11 POETTO, ALLARME PER I DANNI ALLA POSIDONIA Un convegno sulla biodiversità marina nel veliero scuola messicano attraccato al porto Ascolta la notizia I lavori di pulizia della spiaggia spesso danneggiano il litorale SERGIO CASANO CAGLIARI.La posidonia sulla battigia da fastidio, eppure fa parte dell’ecosistema e toglierla fa male alla sabbia. Ma per anni, anche al Poetto, la posidonia è stata portata via, anche assieme alla sabbia. Questo è quanto è emerso dalla tavola rotonda “Gli erbari di posidonia. Salvaguardia del mare e della sua biodiversità”, che si è svolta ieri a bordo del veliero Cuauhtemoc, nave scuola della marina militare messicana, giunta in città in occasione della celebrazione, nel 2011, dell’anno delle foreste: «I Comuni ricevono decine di richieste per far ripulire le spiagge dalle cosiddette alghe - dice il direttore dell’Area marina protetta di Capo Carbonara, Bruno Paliaga - che poi non sono altro che posidonie. Purtroppo, spesse volte quando si interviene sulle spiagge si provocano dei danni all’ambiente: con le alghe vengono portati via anche quintali di sabbia». Eppure la posidonia, pianta endemica del Mediterraneo, costituisce una risorsa fondamentale per l’habitat marino, esercitando un’azione di rallentamento nell’arretramento delle spiagge: «Queste piante hanno un’azione protettiva - prosegue Bruno Paliaga - nei confronti delle spiagge sempre più sottoposte ad interventi da parte dell’uomo. Come è avvenuto anni fa al Poetto, quando si è dovuti intervenire per cercare di salvare la spiaggia dall’erosione, causata forse anche dal dragaggio dei fondali e dalla costruzione del porticciolo di Marina Piccola». La posidonia agisce insomma come barriera all’avanzamento del mare che, nei suoi fondali, è costituito per circa un terzo da “posidoneti”, vale a dire praterie di posidonie, dove trovano ospitalità diverse specie ittiche: «Sulla grande utilità di questa pianta marina - afferma Giorgio Culazzu, il responsabile dell’associazione Marevivo Sardegna - si sta cercando di sensibilizzare la gente, attraverso diverse iniziative. Alla fine del prossimo mese di luglio (dal 27 al 30) è in programma a Carloforte il Festival delle posidonie». Tra i temi della tavola rotonda anche quelli di medicina iperbarica trattati da Cesare Iesu e di archeologia subacquea illustrati da Andrea Coffa della Guardia di Finanza. Il dibattito si è svolto tra il Gran pavese del Cuauhtemoc, che potrà essere ancora visitato per tutta la giornata di oggi al molo Ichnusa. __________________________________________________________ Corriere della Sera 28 Giu. ‘11 MICROGAMBERETTO SCOPERTO NELL' AREA MARINA DI TAVOLARA PRESENTATO AL CONGRESSO DEI BIOLOGI Il «mare nostrum» si arricchisce di una nuova specie. Si tratta di Caprella tavolarensis, un microscopico gamberetto scoperto nelle acque dell' area marina protetta di Tavolara - Punta Coda Cavallo, dove convive il 50% dei vertebrati marini della Sardegna. L' animale è stato rinvenuto da Nicola Sturaro, dell' Università di Liegi (Belgio), in una prateria di Posidonia, ed è stato battezzato ufficialmente in occasione del 42° congresso della Società italiana di Biologia Marina - a cui hanno partecipato più di 200 ricercatori -, tenutosi recentemente proprio presso l' area protetta. La tutela dell' ambiente a Tavolara si trasforma in un autentico «business blu». L' Università di Sassari ha stimato infatti che le 16 mila immersioni nelle sue acque hanno una ricaduta economica di 23 milioni e 428 mila euro. (R.Fur.) RIPRODUZIONE RISERVATA Furlani Roberto __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 27 Giu. ‘11 BOOM DELLA LANA SARDA SI USA NELL’EDILIZIA E I PREZZI RADDOPPIANO SASSARI. «Compro lana a 90 centesimi al chilo». L’annuncio, pubblicato sabato scorso dal nostro giornale, ha fatto sobbalzare molti allevatori che solo 7-10 giorni fa avevano venduto la loro lana a 40-50 centesimi. Ma c’è qualcuno che vorrebe comperare anche a prezzi maggiori. Che cosa sta succedendo? «Forse è bastato che girasse la voce che ci stiamo organizzando per far muovere un comparto che sembrava stagnante», commenta Battista Cualbu, allevatore. Battista Cualbu (nella foto) è presidente della Coldiretti provinciale di Sassari, l’organizzazione che sta promuovendo l’aggregazione di tutti gli allevatori produttori di lana di pecora. «Contiamo di mettere insieme la lana di almeno un terzo dei capi ovini isolani - dice - L’obbiettivo è di arrivare a organizzare un’asta del prodotto ai primi di agosto. Non ci importa, per adesso, chi compera, l’importante è che il prezzo sia soddisfacente per noi». Intanto gli allevatori stanno concentrando la lana ad Alghero. Ma non tutti i pastori hanno tosato le pecore contemporaneamente. Nelle zone più calde la tosatura c’è già stata. Nelle zone più fredde del Goceano o della Barbagia potranno farla a luglio, quando le temperature stagionali saranno più miti. «Il prossimo anno- dice Cualbu- con l’aiuto della Camera di Commercio di Sassari che ha subito creduto nel nostro progetto e l’assistenza tecnica del Banco di Sardegna, contiamo di organizzare nell’isola la filiera della lana. Non solo, cerchiamo di far tesoro dell’esperienza nel comparto lana per cercare di migliorare la vendita di altri prodotti. Chi ha detto, per esempio, che dobbiamo continuare a vendere la carne di pecora a 18 euro a capo, vale a dire meno di quanto costi un chilo di ciliegie? Ma sono certo che potremmo applicare il modello anche al formaggio di pecora, concentrando il prodotto e vendendo all’asta. Dimenticavo una cosa importante: per l’asta della lana, noi allevatori anticipiamo solo il prodotto e, dal momento che non ci sono intermediari, tutto il ricavato va ai produttori». Ma a chi interessa comprare la lana di pecora sarda? «Nell’asta- precisa Cualbu- specificheremo le caratteristiche tecniche di ciascuno dei lotti in vendita. Sappiamo che la lana sarda ha delle virtù particolari che la rendono preziosa nella coibentazione in edilizia. Sappiamo che qualcuno conta di usare le nostre lane miscelate con quelle di pecore siciliane». L’iniziativa che coinvolge le otto cooperative che aderiscono all’Unci Coldiretti di Sassari è stata finora in grado di aggregare alcune centinaia di allevatori ovini per un totale di oltre un milione di capi che hanno come obbiettivo il conferimento della lana delle pecore attraverso il deposito in conto lavorazione ad Alghero, presso un grosso industriale del settore. Un successo importante per le imprese del nord Sardegna poiché grazie a questa intesa si è rimesso in moto un meccanismo in grado di far ripartire un microsettore economico che negli ultimi anni era stato praticamente abbandonato perchè realmente non remunerativo né in grado di competere con altre realtà al di fuori della Sardegna. Nel progetto lana saranno coinvolti gli imprenditori agricoli associati alle cooperative del latte, le quali forniranno, ove richiesta, assistenza nella procedura di consegna di stoccaggio della materia prima. Coldiretti, attraverso i suoi uffici provinciale e periferici, continuerà a fornire adeguata comunicazione e pubblicità dell’accordo, e quel che più conta assistenza. L’iniziativa si propone di rintrodurre nel mercato un sottoprodotto dell’allevamento della pecora che fino a qualche decennio fa rappresentava un vero e proprio introito nel bilancio aziendale. Ma come va il mercato mondiale della lana? Come ci ricorda il bellissimo studio di Lorenzo Idda, Roberto Furesi e Pietro Pulina («Economia dell’allevamento ovino da latte», pubblicato da Franco Angeli, lo scorso anno), «la lana costituisce a livello mondiale, il principale prodotto dell’allevamento ovino, tant’è che alcuni ritendgono la carne e -laddove viene ottenuto- il latte come sottoprodotto dell’attività armentizia». Negli anni che vanno dal 1967 al 2007 la raccolta è prima cresciuta fino agli anni Novanta e poi ha segnato un brusco rallentamento. Negli ultimi anni la quantità di lana grezza prodotta nel mondo è di circa 2 milioni e 200 mila tonnellate, contro gli oltre 3 milioni di tonnellate negli anni Novanta. Il motivo è da ricercare nella crescente importanza delle fibrea sintetiche e naturali sostitutive della lana. Nel mercato mondiale della lana di pecora il ruolo dell’Italia è marginale mentre cresce la concorrenza internazionale esercitata da Cina e India. Ma gli spazi per la lana sarda nei mercati interno e internazionale possono essere molto interessanti soprattutto per le applicazioni in edilizia. __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 27 Giu. ‘11 MOLENTARGIUS: OLTRE TREMILA I PICCOLI NATI DEI FENICOTTERI ROSA Helman Schenk: migliorata la gestione dello stagno Vincenzo Tiana: affollate le postazioni di osservazione Ascolta la notizia CAGLIARI. Se tutto va bene potrebbero essere da tre a quattromila i i piccoli dei fenicotteri rosa (i pulli) a nascere a Molentargius. «Da poco più di tre settimana le uova hanno cominciato a schiudersi», precisa l’ornitologo Helman Schenk. La colonia che dai primi di maggio ha «invaso Molentargius» rappresenta una delle più numerose dai primi anni Novanta del secolo scorso. Nel 2010, però e forse a causa di alcune interferenze ambientali, i fenicotteri hanno disertato sia Molentargius che Santa Gilla. Ora sono tornati in forze. «Venerdì scorso - informa Vincenzo Tiana, responsabile regionale di Legambiente - sono arrivati sei pullman di turisti spagnoli di una nave crociera ormeggiata nel porto: per ammirare lo spettacolo dei pulli di questi grandi uccelli». Nei giorni scorsi per vederli meglio gli ambientalisti hanno predisposto in viale Europa (in collaborazione col consorzio di gestione del parco di Molentargius) una postazione con quattro cannocchiali e altrettanti binocoli. «Il successo di pubblico è stato veramente alto - continua Tiana - e non solo di turisti: c’è una grande fame di informazioni da parte dei cagliaritani e dell’hinterland». Non va dimenticato «che Cagliari può vantare una situazione eccezionale: una colonia così vasta di fenicotteri all’interno ddi una conurbazione urbana, fatto unico al mondo». In altri posti per ammirare questi uccelli, gli appassionati devono fare decine di chilometri come avviene a Camargue, in Francia. Iniziate a Molentargius nel 1993, le nidificazioni dei fenicotteci, dal 2005 si sono spostate nell’area di Santa Gilla. Ora hanno riscelto lo specchio umido del Poetto: la situazione della zona «è migliorata grazie a una più attenta gestione del parco», sottolinea Tiana. Sono soprattutto due, spiega Schenk, gl interventi che hanno contribuito a questo particolare affollamento della colonia: la regolazione dell’immissione dell’acqua salata, che ha impedito di sommergere gli isolotti, e la chiusura di un argine del canale di Is Arenas che immetteva acqua dolce nel Bellarosa maggiore danneggiando così la formazione degli elementi nutritivi di cui si cibano questi uccelli. Quando l’ornitolo arrivò a Molentargius per la prima volta c’era un solo fenicottero, oggi vi sono circa 4.500 coppie. (r.p.) ______________________________________________________________ Avvenire 29 giu. ’11 A VICENZA UN CORSO DI LAUREA DEDICATO AI SANTUARI È il primo iter formativo di livello magistrale sui «luoghi del sacro» avviato in Europa Servirà per creare nuove figure professionali e per fornire competenze a chi opera nella pastorale e nel settore turistico DAVICENZA FRANCESCO DAL MAS Il Santuario come luogo del sacro, meta di pellegrinaggi, ma anche centro di civiltà. «Il Santuario identifica non solo le religioni ma anche le società e i popoli, e anzi esprime al meglio, anche attraverso i manufatti, la loro creatività, e quindi le diverse civiltà». Padre Gino Alberto Faccioli, direttore dell'Istituto superiore di scienze religiose di Santa Maria di Monte Berico, ne è così convinto che tanto si è adoperato per ottenere a Vicenza il corso di laurea magistrale dedicato ai Santuari, un unicum nel panorama degli studi in Italia e in Europa. Il corso partirà il prossimo autunno e avrà un approccio interdisciplinare e insieme scientifico. Potrà così essere interessato chi semplicemente vuole approfondire le proprie conoscenze; chi, invece, già opera o intende operare dentro i santuari in più mansioni (nella pastoralità religiosa, nell'amministrazione, nella conservazione dei beni artistici, nel turismo), ma anche l'operatore turistico o la guida e in particolare l'insegnante di religione. Due essenzialmente le finalità del biennio di specializzazione: formare nuove figure professionali nei diversi settori del mondo storico-artistico-culturale e del turismo religioso e non, e contribuire alla progettazione di itinerari di santuari di livello regionale. Fin dalle epoche più antiche il Santuario ha rappresentato un luogo speciale carico di sacralità, in cui si manifestava o si diceva presente e operante la divinità. Padre Faccioli ricorda che «non esiste religione che prescinda da un luogo siffatto, compreso il cristianesimo che pure è sorto, dopo l'ascesa al cielo di Cristo, come religione della tomba vuota e nella storia cristiana i Santuari sono perciò il luogo dei martiri, dei santi, di Maria». Ecco perché il Santuario continua ad essere un «mistero» che merita di essere indagato per essere ancora più amato. «Chi o che cosa ha stabilito quel luogo; ovvero, chi è all'origine del Santuario — si chiede il direttore dell'Issr di Monte Berico —. Dio o chi in suo nome sceglie in terra un sito dove attendere l'uomo; o l'uomo che ha bisogno di lasciare il suo mondo per stare con Dio? È questo il mistero del Santuario; un mistero che mobilita l'umanità di tutti i tempi, quella che al Santuario non cessa di pellegrinare, e che i poteri del mon- do hanno spesso dovuto "governare", non potendo ignorarlo o reprimerlo. A ben pensare, anche il luogo sul monte in cui Dio diede a Mosè le tavole di pietra con le leggi e i Comandamenti, divenne un Santuario: perfino la Lex fundamentalis da cui dipende l'umana convivenza è connessa con un Santuario». La proposta dell'Istituto superiore di scienze religiose di Monte Berico si rivolge pertanto ai laureati delle facoltà umanistiche (per nuove figure di studiosi e insegnanti), ad artisti e architetti (per fornire loro un valido aiuto sia per ricerche artistiche-architettoniche, sia per possibili progetti in ambito santuariale); ad operatori impegnati nella pastorale della cultura; ai responsabili della pastorale del Santuario; agli addetti degli uffici diocesani che si occupano di turismo religioso, liturgia, catechesi, insegnamento della religione cattolica; ad operatori culturali (ministero dei Beni e delle Attività culturali e funzionari di Soprintendenze e degli Enti locali, conservatori di musei, galleristi, curatori di mostre ed eventi culturali, specialisti del marketing culturale); a guide, tour operator, responsabili dei servizi turistici e dei pellegrinaggi, a persone inviate dai singoli santuari interessati alla propria promozione. La laurea magistrale in Scienze religiose verrà rilasciata dalla Pontificia Facoltà teologica Marianum di Roma. Le pre- iscrizioni sono aperte dal 1° giugno al 31 luglio 2011; le iscrizioni dall'i settembre al 31 ottobre 2011 (I semestre) e dall'I dicembre 2011 al 31 gennaio 2012 (II semestre). __________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Giu. ‘11 LUNGA VITA AL LIBRO DI CARTA «Questo libro parla di libri; è una spudorata difesa della parola a stampa, passata presente e futura». Con un incipit simile e un autore con un curriculum come quello di Robert Darnton (ultimo incarico, direttore generale delle biblioteche dell'Università di Harvard) si sarebbe portati a supporre che “Il futuro del libro” (Adelphi, pp. 273, 24 euro) sia una raccolta di saggi che guarda con sospetto all'editoria digitale. Non è così. Darnton è un bibliofilo, ma ha onestà intellettuale e cultura adatta a cogliere non solo rischi ma anche opportunità connesse alla "quarta rivoluzione". Del resto predicare contro l'editoria digitale sarebbe una battaglia di retroguardia: di recente è uscita la notizia del sorpasso della vendita di eBook nei confronti delle rispettive versioni cartacee su Amazon.com, la più grande libreria digitale al mondo. Darnton affronta le tematiche in modo laico, cercando di capire «quali vantaggi reciproci legano le biblioteche a Internet». E infatti uno dei terreni di confronto dell'autore è il caso di Google Books Search. Come è noto, il progetto di Google era quello di digitalizzare milioni di libri, e renderli disponibili online, commercializzandone le versioni digitali. Dal progetto nacque una guerra giudiziaria con l'associazione degli editori americani, risolta in un accordo commerciale con cui gli editori si impegnavano a ritirare le cause in cambio di 125 milioni di dollari. Ma l'iniziativa è stata bloccata da una sentenza che ha contestato a Google la possibilità di digitalizzare e commercializzare libri per i quali non si può risalire al titolare dei diritti. Google li aveva digitalizzati comunque (15 milioni!), impegnandosi a rimuoverli qualora i titolari del copyright fossero saltati fuori. In questo modo Big G ha ottenuto la titolarità di una fetta di mercato su cui eventuali competitori non avrebbero potuto mettere le mani. Commentando l'iniziativa c'è stato chi ha messo in risalto l'idealismo di Google, la volontà di garantire il libero accesso alla conoscenza di un patrimonio sterminato. Darnton, che pure nel libro si richiama agli ideali illuministi della Repubblica delle lettere e rivendica il valore positivo della prima formulazione del copyright da parte dei costituenti americani (28 anni per proteggere gli interessi privati e poi prevalenza dell'interesse pubblico; oggi invece il copyright si estende per 70 anni), qualche dubbio se lo è posto. «Non ero contrario al progetto di rendere accessibili su internet i testi di pubblico dominio, ma Google mi appariva un grande monopolio interessato a conquistare mercati, anziché un naturale alleato delle biblioteche». Dubbi che Dartnon si pone pur dichiarandosi sicuro della capacità di questo progetto di rendere «il sapere contenuto nei libri accessibile su scala mondiale». Ma con alcune clausole: «finché non sarà risolto il problema della sopravvivenza elettronica, tutti i testi "nati digitali" sono specie a rischio. Il miglior sistema di conservazione è antiquato e premoderno: il libro». Ecco un'altra ragione per cui, per fortuna, non ce ne libereremo tanto facilmente. Andrea Tramonte ========================================================= __________________________________________________________ Repubblica 3 lug. ’11 BIANCO: MEDICINA PUNTI SULLE SCUOLE ATTENTE AL MERCATO" AMEDEO Bianco è il presidente della Federazione degli ordini dei medici. Come mai specializziamo meno dottori del necessario? «Prima di tutto è un problema di costi. I contratti di formazione di cinque anni superano i 100 mila euro di retribuzione, e riguardano 25 mila persone. Poi ci vogliono spazi e attrezzature. I chirurghi devono poter operare, ma c'è bisogno di turni di sala. Con mille persone in più l'anno, le scuole potrebbero non reggere». Bisogna andare oltre le università? «Da tempo si parla di allargare agli ospedali non universitari le specializzazioni e lo stesso ministro Fazio ha proposto che gli ultimi due anni si passi dal contratto di formazione a quello a tempo determinato. Mi sempre una strada percorribile, con le giuste modifiche retributive e previdenziali per i giovani colleghi». CHE FARE PER LE SPECIALIZZAZIONI MENO NUMEROSE? «Occorre maggiore flessibilità. Penso a percorsi comuni per i primi due anni tra specializzazioni contigue, con gli ultimi tre orientati verso i settori in cui ci sono carenze importanti. Invecchiamo, abbiamo bisogno di geriatri, fisioterapisti, cardiologi. Ma anche la pediatria è in sofferenza». (m.b.) __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 3 lug. ’11 IL LAVORO DEI MEDICI, DIFFICILE E STRESSANTE Cardiologo muore per infarto dopo un intervento. Rischi da valutare PRESIDENTE ORDINE DEI MEDICI DELLA PROVINCIA DI NUORO Alcune settimane fa un pilota di linea di una compagnia aerea nazionale raccontava che, poiché accusava sintomi, verosimilmente correlati a stress e affaticamento da lavoro (valori pressione arteriosa aumentati, insonnia), aveva richiesto una visita presso l’istituto di medicina legale competente. Il medico legale, dopo averlo ascoltato e visitato, ha prescritto un periodo prolungato di riposo. Il benessere fisico e psicologico del pilota sono stati tenuti in profonda considerazione, nell’ottica della tutela del personale ma anche per la sicurezza dei passeggeri. Tutto è avvenuto in maniera molto semplice e lineare. Pochi giorni fa un medico ospedaliero, cardiologo, moriva di infarto miocardio all’età di cinquant’anni, dopo essere stato chiamato d’urgenza e aver praticato una procedura di angioplastica coronarica in un paziente colpito da infarto del miocardio. Tutti gli organi di stampa ne hanno parlato diffusamente, dedicando al caso ampi servizi giornalistici. Secondo quel che è stato riportato dalla cronaca, il collega non stava bene da qualche giorno, eppure continuava a lavorare, garantiva la sua reperibilità per un servizio di cardiologia interventistica, quindi per una procedura salvavita, rischiosa, impegnativa fisicamente e psicologicamente. La stampa ha esaltato la generosità del collega, la sua disponibilità, la sua totale dedizione all’assistenza di chi soffriva e aveva bisogno del suo operato. In sintesi, il medico morto praticamente sul lavoro è stato descritto come un eroe. Non credo però che il collega volesse essere un eroe, ma penso che, con molta semplicità, facesse quello per cui tanto aveva studiato e tanto si era sacrificato, svolgendo il suo lavoro quotidiano con passione e dedizione, come fanno migliaia di medici ogni giorno E soprattutto non credo che volesse essere eroe anche a costo della propria vita, lasciando la moglie e i figli. Non posso credere che la sua abnegazione al servizio potesse essere totale fino ad immaginare che volesse immolare la propria vita mettendo peraltro a repentaglio la vita del paziente che stava assistendo. Avrebbe potuto fare quel che ha fatto il pilota, chiedendo il temporaneo distacco dal lavoro? Lo stress e la fatica del cardiologo avrebbero potuto essere valutati preventivamente? Non son sicuro che le cose sarebbero andate lineari come è successo per il pilota, nonostante dall’inizio degli anni 2000 in sanità si citi l’aviazione come modello di sicurezza e organizzazione all’interno dei sistemi complessi, dal momento che ad oggi in Italia si discute ancora se il lavoro del medico possa essere classificato tra le attività usuranti. Si accetterà in Italia di informare il paziente che il chirurgo che sta per fare l’intervento in sala operatoria ha lavorato per delle emergenze durante la notte, e quando è stato privato del riposo notturno? Oppure, indipendentemente dalla volontà e dalla scelta del paziente, si potranno porre dei limiti di orario come per i piloti? Non abbiamo bisogno di eroi, pur chinandomi in silenzio di fronte al dolore della famiglia del collega cardiologo. Abbiamo bisogno che cambi il modo in cui tanti colleghi lavorano. __________________________________________________________ Corriere della Sera 1 lug. ’11 IL VATICANO IN AIUTO DI DON VERZÉ L' OPERAZIONE LA SCELTA DEL CDA CHE CONTROLLA L' OSPEDALE. IL GRUPPO ROTELLI AVEVA OFFERTO 250 MILIONI. NUOVO VERTICE A METÀ LUGLIO Sì del San Raffaele al piano della cordata di cattolici e anglo-americani Il cambio Il Cda della Fondazione va verso il totale rinnovo dei suoi componenti MILANO - Il Papa in soccorso di don Luigi Verzé, l' imprenditore Giuseppe Rotelli spiazzato. Così si è concluso ieri il consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor che governa il San Raffaele, il colosso ospedaliero della sanità lombarda a rischio di fallimento per avere accumulato quasi un miliardo di debiti. Adesso è ufficiale: la Santa Sede si mobilita per il salvataggio della «creatura» del prete- manager. Lo fa, sicuramente, anche in virtù del prestigio accumulato dal polo ospedaliero nella ricerca scientifica e per gli oltre mille posti letto presenti (57 mila ricoveri e 8 milioni di prestazioni ambulatoriali l' anno). Sul tavolo del Cda c' è anche la proposta di Giuseppe Rotelli, a capo del gruppo San Donato che gestisce 18 ospedali. L' impegno dell' imprenditore della sanità è di versare subito 250 milioni cash. Ma don Luigi Verzé, il fondatore del San Raffaele e ancora presidente della Fondazione che lo controlla (nonostante i suoi 91 anni), fa l' ennesimo coup de théâtre: durante la riunione informa consiglieri e consulenti «del vivo interesse manifestato dalla Santa Sede a supportare la Fondazione nel processo di risanamento in corso e nella gestione delle attività ospedaliere, sanitarie e di ricerca». Da una parte Rotelli con i soldi in mano, dall' altra l' interesse del Vaticano. È quest' ultima l' opzione che viene preferita. Dopo tre ore di riunione il consiglio di amministrazione «raccomanda di approfondire e di perseguire il percorso con la Santa Sede». A metà luglio ci sarà una nuova riunione e, forse, per quella data il progetto vaticano avrà contorni più chiari. Ma fin d' ora il piano anti-crac pare avere l' avallo del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Ed è lo Ior stesso, la banca vaticana, a essere indicato come finanziatore. Rotelli fuori dai giochi? Si vedrà, anche perché le variabili in questa vicenda restano molte. Compreso il faro acceso dalla Procura di Milano che mercoledì ha convocato Mario Cal, da sempre braccio destro di don Verzé. Nessuna inchiesta penale aperta, ma un controllo di vigilanza come prevede la legge fallimentare in situazioni di crisi aziendale. Altro elemento emerso ufficialmente nel Cda è il coinvolgimento di una charity internazionale, disposta a partecipare al progetto promosso dalla Santa Sede attraverso una donazione all' Università Vita-Salute San Raffaele: la cifra in gioco è di un miliardo di dollari in tre-cinque anni (vedi box). Il ruolo di deus ex machina dell' operazione tocca al mondo universitario. Dietro le quinte hanno lavorato Massimo Clementi (preside della facoltà di medicina dell' Università Vita e Salute San Raffaele), Alberto Zangrillo (alla guida della Scuola di specialità di anestesia e rianimazione e medico personale del premier Silvio Berlusconi) e Maurizio Pini, docente di accounting dell' Università Bocconi. L' operazione è il risultato di un lavoro iniziato già sei mesi fa. Una soluzione che, dicono i bene informati, piace all' amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera e a Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Un ruolo determinante, soprattutto nei rapporti con il Vaticano, sembra averlo giocato Giuseppe Profiti, presidente dell' ospedale «Bambino Gesù» di Roma. Via libera ieri anche per il piano di ristrutturazione finanziaria degli advisor Bain e Borghesi Colombo che richiede il sostegno delle banche per le esigenze di cassa immediate. Approvato il bilancio 2010 con una perdita di 80 milioni e un patrimonio netto di 48,5 milioni. Entro metà luglio è prevista una nuova seduta del Cda che va verso il rinnovo totale dei suoi consiglieri. Mario Gerevini Simona Ravizza RIPRODUZIONE RISERVATA **** 1 miliardo **** La vicenda Il rischio crac Il San Raffaele, il colosso ospedaliero della sanità lombarda da oltre mille posti letto, è a rischio fallimento per aver accumulato quasi un miliardo di debiti Le proposte Due le proposte. Giuseppe Rotelli, a capo del gruppo San Donato, si è impegnato a versare subito 250 milioni cash. Il fondatore del San Raffaele don Luigi Verzé (nella foto a sinistra), durante il Cda della Fondazione Monte Tabor che governa il colosso ospedaliero, ha informato consiglieri e consulenti «del vivo interesse della Santa sede a supportare la Fondazione nel processo di risanamento in corso» L' opzione È questa l' opzione preferita dal Cda. A metà luglio ci sarà una nuova riunione. Fin d' ora il piano anti-crac pare avere l' avvallo del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Sarebbe lo Ior stesso, la banca del Vaticano, a finanziare l' operazione Gerevini Mario, Ravizza Simona __________________________________________________________ Sardegna Quotidiano 2 lug. ’11 POLICLINICO DECENNI DI SPRECHI E DUE PADIGLIONI FANTASMA di Lazzaro Cadelano LA RELAZIONE Nel 2009 la commissione d'inchiesta del Senato scrisse: «Rischio di perdurante incompiutezza». Spesi oltre 80 milioni, struttura incompleta. Filigheddu: stiamo provvedendo Un gigante da milioni di euro oggi molto meno gigante rispetto alle iniziali previsioni ma sempre più costoso. Già undici anni fa la commissione d'inchiesta sulla Sanità de: Senato effettuò un'indagine in cui ripercorreva la storia del Policlinico Universitario di Monserrato. Une storia fatta di oltre un decennio di progetti mai completati e di finanziamenti mai sufficienti. Oggi, 21 anni dopo l'inizio dei lavori e n anni dopo l'analisi della XIII Legislatura nulla è cambiato: ritardi, lavori ma: finiti, e finanziamenti che continuano ad arrivare. In 21 anni la strutture ospedaliera dell'Università ha subìto cambi e modifiche che si sono tradotti in una struttura più piccola c molto più costosa. «Il progetto iniziale era faraonico e sarebbe state spropositato e ingestibile. Già oggi che i blocchi sono cinque (ne erano previsti più di dieci, ndr), non è semplice gestire i trasporti e gli spostamenti interni, figuriamoci con pii: del doppio dei padiglioni»: è queste la spiegazione del manager dell'Azienda mista Ennio Filigheddu. Ma i milioni di finanziamenti sono stati stanziati sulla base di quel pro• getto iniziale: i soldi sono finiti e la struttura non è neanche la metà d e iermato anche nel sito del Policlinico (www.aoucagliari.it), che ancora oggi proclama: «Entro la fine dell'estate del 2008 sarà pronto il blocco che ospiterà il dipartimento materno infantile della Clinica pediatrica Macciotta e la Clinica universitaria di Ostetricia e Ginecologia ospitata al San Giovanni di Dio». Il direttore Filigheddu non dà molto peso a questo annuncio: «Un semplice esempio di cattiva gestione del portale». La verità è un altro ritardo, altri soldi stanziati e una rassicurazione: «L'ultima tranche di finanziamenti, 2 milioni e mezzo di curo, per il completamento del Blocco Q è stata deliberata dalla Regione il 15 marzo scorso. Con questi finanziamenti saranno terminati i lavori sull'edificio e saranno acquistati arredi e attrezzature». Se tutto va bene tra un anno la situazione dei dipendenti della clinica pediatrica Macciotta, e soprattutto dei piccoli pazienti, che nonostante l'impegno e gli sforzi del personale in condizioni non certo di eccellenza portano avanti il loro lavoro, avrà una struttura degna del servizio offerto. «Se tutto dovesse procedere senza intoppi, il cronogramma prevede la fine lavori nella primavera del 2012». E quanti soldi in più costerà rispetto ai milioni già stanziati per una struttura che doveva essere il triplo di quella attuale? «Non meno di 28 milioni di euro», ha precisato Filigheddu. ma si è costretti a ricorrere a un convertitore Lira—Euro per leggere l'analisi realizzata dal Senato: i lavori cominciarono nel 1990 con un finanziamento di 64,205 milioni di lire. Nelle conclusioni un esempio di preveggenza: sarebbero stati necessari altri 8o mila milioni per alimentare il gigante ospedaliero e prevedeva il rischio, di "perdurante incompiutezza". Ma il direttore generale non ha dubbi sul completamento del progetto: «Se non manteniamo questo impegno sarà un fallimento», è la promessa di Filigheddu, convinto che «segneremo questo gol nel giro di un mese». Il bando di concorso è online sul sito aoucagliari.it: partito il 31 maggio 2011, scadrà il i agosto 2011 per "Affidamento, progettazione ed esecuzione dei lavori di completamento del blocco Q, presidio ospedaliero di Monserrato". Subito seguirà l'apertura delle buste e l'avvio del procedimento. • 1990 L'anno di inizio dei lavori di realizzazione i del Policlinico, - con un finanziamento di 64.205 milioni di lire i che dovevano - bastare per completare i lavori in quattro anni con 16 padiglioni e oltre mille posti letto. 100 I miliardi di lire investiti nella struttura fino al 2000 e certificati dal Senato: se ne prevedeva circa il doppio, per finire i lavori 2 I padiglioni che dovevano essere realizzati nel 2008 e che avrebbero dovuto consentire il trasferimento della clinica pediatrica Macciotta e del reparto di Ginecologia del San Giovanni. 1999 La conclusione dei lavori dei blocchi C, D, G, M, e N era prevista per il 1999. Un anno dopo alle voce spese c'erano altri 38 mila milioni. __________________________________________________________ Sardegna Quotidiano 3 lug. ’11 MACCIOTTA ASCENSORI ROTTI E BLATTE IN CORSIA I reparti dovrebbero essere trasferiti nei padiglioni del Policlinico, ma i lavori sono in ritardo di vent'anni. La clinica pediatrica è a pezzi e funziona grazie agli sforzi dei dipendenti Dovrebbero stare nel nuovo "blocco Q" del Policlinico di Monserrato. Ma la realizzazione del nuovo padiglione è in ritardo di vent'anni, così i reparti della Clinica pediatrica sono ancora alla Macciotta, di fronte al san Giovanni di Dio. In una struttura che cade a pezzi. Continuano a sperare i medici e gli infermieri della struttura ospedaliera di riferimento per i bambini del Sud Sardegna, ma soprattutto aspettano i piccoli pazienti e i genitori costretti a fare i conti con una struttura che sta in piedi solo grazie al grande lavoro dei dipendenti. Anche ieri pomeriggio i tecnici erano all'opera per l'ennesimo guasto all'ascensore: «Siamo intervenuti già una decina di volte negli ultimi due anni» ha spiegato un tecnico della società che ha in appalto la manutenzione degli ascensori, «Le macchine hanno tenuto fin troppo, ormai i guasti si fanno sempre più frequenti». Perché alla Macciotta, ma anche in altre strutture, racconta il tecnico, non c'è distinzione per gli ascensori, e vengono utilizzati per trasportare le incubatrici, così come la spazzatura, vengono presi dal personale medico come dai visitatori. È grave che manchi un doppio circuito sporco-pulito». La clinica Macciotta, in via Porceli, è entrata in funzione nel 1938: a quei tempi fu subito riconosciuta struttura all'avanguardia e presidio di eccellenza della medicina pediatrica. Ma il tempo si è fermato: i muri cadono a pezzi, ci sono infiltrazioni, cavi scoperti, penzoloni, sottotetti di plastica portano i segni dei numerosi interventi e tra le assi mancanti si intravedono tubi di ferro arrugginiti, mattonelle rotte e gradini pericolosi mai sistemati. Un carrello con la spazzatura attende di essere ritirato dalla mattina davanti al reparto di terapia intensiva. Una donna, con diligenza fa le pulizie: lava il pavimento e ha lo sguardo di chi da sola non ce la fa a fare tutto. Il punto è questo: è la struttura, il palazzo della clinica Macciotta che ha bisogno di essere mandato in pensione e m approdare finalmente al Policlinico di Monserrato, in uno stabile capace di valorizzare il lavoro di tutto il personale che nonostante tutto riesce a fare il suo lavoro e a garantire il servizio. Come può, con tutte le riserve di un ospedale ormai inadeguato. Due donne del personale parlano di «una situazione insostenibile». Non dicono il loro nome ma parlano, e rivelano la loro speranza che dura ormai da più di quattro anni: «Aspettiamo il trasferimento tanto atteso. Lo promettono da anni ma ancora non avviene, ora speriamo, dopo averlo appreso dai giornali che per l'anno prossimo arriverà il trasloco al Policlinico». A gennaio di quest'anno un bimbo è rimasto bloccato nell'ascensore e ha rischiato di morire. Ieri, ancora un- guasto: così una giovane mamma di due gemellini ricoverati nella clinica da qualche giorno, ha dovuto fare le scale per una richiesta urgente. Una giovane coppia di senegalesi aspettava in una poco confortevole sala d'aspetto fuori dal reparto, su tre seggiolini posizionati alla fine della rampa delle scale. E più di una persona giura di aver visto le blatte al secondo piano. Lazzaro Cadelano I RITARDI BLOCCO FANTASMA AL POLICLINICO E FONDI SPRECATI La clinica Pediatrica Macciotta e il reparto di Ginecologia e Ostetricia del San Giovanni di Dio dovevano essere trasferite al Policlinico di Monserrato già tre anni fa: così dice il sito ufficiale del complesso ospedaliero accanto alla Cittadella Universitaria. Ma il manager dell'Azienda mista Ennio Filigheddu ha già promesso che «il Blocco Q, che comprenderà le due cliniche, sarà pronto per il 2012». Sia alla Macciotta che al San Giovanni, il personale ha paura che sia l'ennesima illusione: «Si continua a rimandare da anni, chissà se sarà la volta buona». Ma Filigheddu è sicuro: «Segneremo questo gol e procederemo a tutte le operazioni fin da subito. Se non ci riusciremo sarà un fallimento». Ma nel e 2000, a dieci anni dalla nascita del Policlinico, erano già stati stanziati 2011 Il primo agosto scade la gara d'appalto per la progettazione e la realizzazione del Blocco Q del Policlinico che ospiterà i due reparti di Pediatria della Macciotta e Ginecologia del San Giovanni. La prossima primavera i due reparti verranno definitivamente trasferiti nella Policlinico di Monserrato. 28 I milioni di euro il costo ulteriore per completare il padiglione con i due reparti. __________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Giu. ‘11 STUDI MEDICI CONVENZIONATI IL TAR: SÌ AI RIMBORSI Il Tar ha dato ragione agli studi medici specialistici convenzionati. E ha condannato la Regione a rimborsare le somme dovute, annullando la delibera 35 del 28 ottobre 2010 sui «tetti di spesa per la stipula dei contratti tra le Asl e i privati per il 2010, 2011 e 2012». Il Centro analisi mediche, il Laboratorio patologia clinica Melis e Ponti, il Laboratorio Laao Sas, Francesco Fiorini, il Centro medico fisiokinesiterapico Piria e Musso, lo studio di radiologia medica San Giacomo con l'avvocato Stefano Porcu avevano presentato ricorso su quella delibera che tagliava nettamente i fondi. I ricorrenti, titolari di strutture sanitarie autorizzate e accreditate che operano nell'Asl 5, hanno rimarcato che per le prestazioni di specialistica ambulatoriale ci sono stati rilevanti riduzioni e dai 6 milioni 882 mila del 2009 si è scesi ai 6 milioni 700 mila euro assegnati per il 2010, 2011 e 2012. Una somma che dai privati convenzionati è stata sempre considerata inferiore al fabbisogno della popolazione. E anche la Asl 5 ha confermato questa posizione sostenendo che «sin dal 2007 il fabbisogno complessivo della popolazione nel suo territorio veniva soddisfatto solo per il 50 per cento con il tetto di spesa assegnato dalla Regione. Il resto, invece, con i 5 milioni di euro del fondo sanitario per prestazioni erogate dalle strutture di altre aziende ai pazienti della Asl 5» si legge nella sentenza del Tar. Si aumentava in questo modo la mobilità passiva, mentre la Asl 5 aveva proposto, un anno fa, un piano per migliorare i servizi ed eliminare la mobilità passiva, senza incrementi della spesa sanitaria complessiva. Ma non era stato accolto dall'assessorato. Adesso il Tribunale amministrativo ha dato dunque ragione alle strutture accreditate e la Regione dovrà fare marcia indietro. ( v. p. ) __________________________________________________________ L’Unione Sarda 2 Lug. ‘11 REDDITI BASSI? NO ALL'ESENZIONE IL CASO. Percepisce 2.335 euro all'anno ma deve pagare ugualmente il ticket della Asl La normativa del 1993 non tiene conto dei precari Percepisce all'anno un reddito di 2.335 euro. Con cui mantiene la figlia minorenne. Rosalba Fadda, vedova cinquantenne, nonostante la situazione economica svantaggiata non ha diritto a l'esenzione dal ticket sanitario. Non si tratta di un errore della Asl, è proprio la legge a non aver inserito, tra le categorie protette, i lavoratori con redditi bassi. LA VICENDA Giovedì la sede della Asl di via Romagna è gremita di disoccupati, pensionati, invalidi e malati di gravi patologie. Tutti in fila per chiedere l'esenzione dal ticket. C'è anche Rosalba Fadda, che dopo aver parlato con il funzionario dello sportello è furibonda. «Mi ha detto che non mi spetta l'esenzione perché lavoro. Non importa che percepisca solo 2.335 euro all'anno, che sia vedova da sei anni e che abbia una figlia minore a carico. Devo pagare e basta». LA LEGGE La norma che disciplina l'esenzione dal ticket è l'articolo 8 della legge 537 del '93. Pensata quasi 18 anni fa, quando non esisteva il fenomeno del precariato, dei co.co.pro e degli interinali. Per questo, nei moduli della Asl per l'esenzione non è prevista la casella da barrare con la dicitura “Lavoratore con reddito basso”. IL CASO «Cosa devo fare, come molte persone che lavorano in nero, o fanno attività illecite e però ufficialmente risultano disoccupate e quindi hanno diritto alle esenzioni?», si chiede Fadda. Oggi nella sua situazione ci sono migliaia di persone che per sbarcare il lunario fanno lavori mal pagati anche se con contratti regolari. Proprio come Rosalba Fadda: «Se percepisco molto meno di un pensionato perché non devo aver diritto all'esenzione?». Mario Gottardi __________________________________________________________ L’Unione Sarda 1 Lug. ‘11 CARBONIA: SANITÀ, SALASSO DA 5 MILIONI CARBONIA. Il direttore Calamida: «Saranno scelte condivise con i sindaci» Previsti tagli e nuovi servizi per ridurre le perdite VEDI LA FOTO Servono almeno cinque milioni per fare quadrare i conti della sanità del Sulcis. Però è inutile sperare nell'arrivo dei nuovi ticket annunciati dal ministro Tremonti. Maurizio Calamida, direttore generale della Asl 7 gela le attese: «Un'inezia, non ci possono aiutare». E allora? Per Calamida la strada è una sola. «Razionalizzazione e potenziamento dei servizi». È la vecchia ricetta della chiusura dei reparti-doppione (Pediatria e Neonatologia del Sirai di Carbonia) per allestire nuovi servizi e potenziare quelli esistenti in maniera da ridurre l'esodo di pazienti verso altre asl (costo 20 milioni/anno) e incrementare gli arrivi esterni che già nel 2010 hanno fruttato 5 milioni. LA STRATEGIA La cura è la stessa che mesi addietro ha provocato la levata di scudi generale contro i vertici della Asl. Con tutta probabilità è anche la ragione che ha indotto i sindaci della Conferenza sanitaria a bocciare il bilancio consuntivo del 2010 nonostante, come fa rilevare il direttore generale, «abbia fatto registrare per la prima volta una riduzione della perdita di quasi due milioni e mezzo». Maurizio Calamida, però, fa anche un po' di autocritica e lancia un messaggio di apertura in direzione dei sindaci e delle forze sociali. «Il nuovo bilancio imporrà tagli e sacrifici ma non partiamo da decisioni già acquisite. Piuttosto discutiamo con i sindaci individuando soluzioni collegiali». LE CRITICITÀ È un'apertura non da poco ma indispensabile per riprogettare un sistena sanitario che costa 214 milioni all'anno ma presenta molte criticità, come le liste d'attesa inconcepibilmente lunghe per alcune specialistiche, la farraginosità di talune procedure, le carenze delle strutture territoriali. Sarà anche importante che la Regione sblocchi i 38 milioni e mezzo di finanziamenti per “investimenti strutturali” assegnati tre anni fa al Sulcis: fino ad ora non se n'è vista traccia. Sandro Mantega __________________________________________________________ L’Unione Sarda 30 Giu. ‘11 ATTILIO MURRU DIRETTORE AMMINISTRATIVO DELLA ASL DI LANUSEI Attilio Murru, economista di Tortolì, è il nuovo direttore amministrativo della Asl di Lanusei. La notizia della sua nomina è arrivata ieri dalla Regione. Consigliere provinciale d'opposizione (Pdl) nella scorsa legislatura, Murru si era dimesso negli ultimi mesi di mandato per ricoprire l'incarico di direttore amministrativo all'azienda mista ospedaliera di Cagliari. Ora torna in Ogliastra per rivestire lo stesso ruolo alla Asl di Lanusei. __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 Lug. ‘11 ORISTANO: NOMINE DEI DIRETTORI ASL, IL CASO DIVENTA POLITICO ORISTANO.Mentre tutte le Aziende sanitarie della Sardegna hanno provveduto a nominare, come previsto dalle normative, i nuovi direttori sanitari e amministrativi, a Oristano le beghe politiche all’interno della maggioranza di centro destra hanno fatto slittare ancora questo importante provvedimento. In attesa che le anime del Pdl si mettano d’accordo il nuovo direttore generale, Mariano Meloni, pochi giorni fa, per sanare l’emergenza, ha dovuto così nominare due facenti funzioni: Nicola Orrù, responsabile sanitario dei presidi ospedalieri di Oristano, Bosa e Ghilarza e Luciano Oppo, responsabile dei servizi amministrativi. I direttori uscenti, Pierattilio Manca e Serafino Ponti, di fatto non sono stati quindi riconfermati. La vicenda trasborda così dai contorni della banale interpretazione burocratica e assume quelli di un caso politico che sta condizionando la gestione della sanità in provincia. Il problema è stato sollevato all’interno della III Commissione regionale, Finanze e Bilancio, presieduta da Paolo Maninchedda, in particolare dopo la proroga concessa alla Commissione d’inchiesta che si occupa della mancata applicazione delle leggi regionali. Questa, aveva di fatto il compito primario di verificare eventuali irregolarità nelle nomine dei nuovi Direttori generali e dei rispettivi responsabili sanitari e amministrativi. Secondo il centrosinistra infatti, molti dei prescelti sarebbero stati privi dei requisiti fondamentali previsti dalla legge. Uno di questi casi riguardava proprio la Asl di Oristano, con la nomina dell’ex direttore sanitario Serafino Ponti. Proprio su questa nomina è stato presentato nei mesi scorsi un ricorso al Tar. Se il Tribunale amministrativo regionale dovesse dare ragione al ricorrente, nella Asl di Oristano si aprirebbe un serio problema e potrebbe condizionare anche le scelte fatte negli ultimi anni. Rischierebbero cioè di saltare anche i concorsi espletati e presieduti dallo stesso ex dirigente sanitario. In Commissione è stato, infine, messo in evidenza che i nuovi direttori facenti funzioni, sono chiamati solo ad evadere l’ordinaria amministrazione. Un dettaglio non di poco conto che sta comunque condizionando l’attività amministrativa di tutta la Asl 5. (e.s.) ______________________________________________________________ Repubblica 28 giu. ’11 TEST DI MEDICINA: RIVOLUZIONE ALLA CATTOLICA DI ROMA L’orale dopo lo scritto, conterà anche il voto di maturità ROMA — Rivoluzione nei test di ingresso per la facoltà di Medicina e chirurgia e Odontoiatria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Da quest'anno le selezioni scrittesi svolgeranno su tre sedi: Roma, Mi-lano e Bari. «Una scelta - spiega il preside Rocco Bellantone - dettata dalla difficoltà di accogliere più di 5mila studenti al Gemelli di Roma e dall'esigenza delle famiglie di affrontare viaggi meno impegnativi». Ma non è tutto. Perché oltre al test scritto, torna quest'anno la prova orale. I primi 600 candidati della graduatoria per i 282 posti a con- corso per Medicina e i primi 75 per i 25 posti di Odontoiatria, scremati in base alla valutazione del voto finale di maturità e al punteggio acquisito nei 120 test psicoattitudinali, scientifici e d i inglese, dovranno superare anche un colloquio motivazionale, di cultura generale e di bioetica che si svolgerà nella capitale a partire dal 7 settembre. Un secondo step che peserà in maniera minore (il 30 per cento) sulla valutazione complessiva. «Una facoltà importante come la nostra- commenta ancora Bellantone - deve continuamente interrogarsi sui criteri di selezione». I ragazzi più meritevoli si siederanno di fronte a otto commissioni composte da due docenti, uno psicologo e un sacerdote. __________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Giu. ‘11 CAGLIARI: AL VIA LA “BANCA DELLE STAMINALI” Antonello Liori: «L'Isola al primo posto per donazioni di midollo osseo» La lunga attesa è finita. Entro la fine dell'estate anche la Sardegna avrà la sua prima banca del cordone ombelicale e le neo mamme potranno finalmente donare le staminali. Il centro di raccolta del sangue cordonale sorgerà, come previsto, all'ospedale Binaghi di via Is Guadazzonis. «Siamo pronti a partire», ha annunciato ieri l'assessore regionale alla Sanità, Antonello Liori, «la banca è stata allestita e siamo in fase di accreditamento. Il personale - un direttore, due medici responsabili, due biologi e un funzionario amministrativo - è già stato formato con un apposito corso. Manca solo il collegamento in rete con tutti i punti nascita del territorio, ma stiamo provvedendo ed entro l'estate la banca sarà certamente attiva». Sarà ospitata in un'ala dell'ospedale ai piedi di Monte Urpinu e gestita da Asl 8 e Centro trasfusionale dell'ospedale Brotzu. Il nuovo centro sarà diretto da Marino Argiolas, responsabile del servizio di Immunologia dei trapianti del Brotzu, e sarà connesso al Centro regionale per i trapianti diretto da Carlo Carcassi (nominato responsabile scientifico della banca). «Nell'Isola le richieste delle neo mamme sono numerosissime», ha riferito quest'ultimo, «e presto potranno finalmente essere soddisfatte». In Italia le banche del cordone ombelicale sono attualmente diciotto, il dieci per cento di quelle presenti in tutto il mondo. La nuova banca dell'ospedale Binaghi potrà raccogliere le donazioni del sangue placentare e cordonale subito dopo la nascita del neonato. Sangue che contiene cellule “primitive” utilizzabili per la cura di patologie tumorali (come leucemie e linfomi) o non tumorali (incluse gravi forme di anemia, a cominciare dalla beta talassemia). Alla buona notizia se n'è aggiunta anche un'altra. «La Sardegna è al primo posto in Italia, in rapporto alla popolazione, per potenziali donatori di midollo osseo», ha rivelato l'assessore Liori, «nel registro nazionale risultano quasi 21 mila iscritti sardi». La percentuale è del 23,14 per mille considerando i residenti fra i 18 e i 55 anni. «Lo scorso anno», ha sottolineato l'assessore, «ci sono state nove donazioni, l'anno precedente otto». Dal 1992 hanno donato il midollo 149 volontari sardi a favore di altrettanti malati, tra cui molti corregionali. Paolo Loche ______________________________________________________________ Libero 30 giu. ’11 AL POLICLINICO LA PRIMA BANCA DEI DENTINI Una banca per crio-conservare (a bassa temperatura) i denti da latte così da studiare i possibili utilizzi delle cellule staminali contenute nelle radici e puntante - un giorno - a ricreare in vitro un dente perfettamente funzionale. È la sfida della clinica odontoiatrica dell'Ospedale Maggiore Policlinico attraverso il progetto "banca del sorriso". L'idea è quella di convincere un centinaio di genitori a donare il dente di loro figlio estratto per ragioni terapeutiche così da incentivare la ricerca: si tratta infatti di una banca no profit e completamente rivolta al pubblico. L'équipe guidata dalla dottoressa Silvia Gioventù ha escogitato una tecnica per non fa deperire la polpa dentale durante la conservazione, preservando così le staminali: si praticano di fori nello smalto dentale con un laser, così che il liquido crioconsevante mantiene vitale il dente, e alla bisogna le cellule staminali saranno "fresche" come se appena estratte. In potenza gli usi di queste cellule potranno portare benefici a chi soffre di patologie non solo del cavo orale, ma anche nervose e articolari. ______________________________________________________________ L’Espresso 7 Lug. ’11 NON SOTTOVALUTIAMO L’ALLARME TBC Ignazio Marino Malattie infettive Tredici bimbi colpiti a Milano. Molti casi tra i migranti. E da noi nessuno fa ricerca ACCADUTO A GENNAIO: DUE BAMBINI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE DI MILANO SI SONO AMMALATI DI TUBERCOLOSI. GENITORI E INSEGNANTI ENTRANO IN FIBRILLAZIONE E L'AZIENDA SANITARIA PREDISPONE CONTROLLI CAPILLARI SU TUTTI I 900 ALUNNI DELL'ISTITUTO. A TEST CONCLUSI, RISULTANO ESSERE ENTRATI IN CONTATTO CON IL BATTERIO 1.3 BAMBINI, TUTTI PER LO PIÙ IN FORMA LIEVE. IL PERICOLO DI UN'EPIDEMIA, PER QUANTO CIRCOSCRITTA, È SCAMPATO, MA LA NOTIZIA ARRIVA COMUNQUE SULLE PAGINE DEI GIORNALI: CI SI CHIEDE COME MAI, NELLA CITTÀ PIÙ RICCA D'ITALIA, POSSA FARE CAPOLINO UN MALATTIA DATA PER SCOMPARSA E COLLEGABILE A CONDIZIONI DI VITA DISAGIATE, ALLA POVERTÀ E ALLA SCARSA IGIENE? La prima risposta è che la Tbc non è affatto scomparsa, né dall'Italia né tanto meno dal mondo. L'abbiamo solo dimenticata; siamo fiduciosi perché, grazie a un accesso generalizzato ai farmaci e, soprattutto, a un netto miglioramento delle condizioni sociali, economiche e sanitarie, la malattia della povertà non dovrebbe rappresentare più un pericolo. Eppure, chi lavora nel campo delle malattie infettive, descrive un fenomeno in crescita, con almeno 5 mila nuovi casi di Tbc notificati al ministero della Salute ogni anno, ma si suppone siano altrettanti quelli non segnalati dai medici che, talora, faticano a diagnosticarla e la scambiano con altre patologie. Dal 2001 poi, sono pochissime le persone che vengono sottoposte alla vaccinazione tubercolare, tra esse tutti gli opera-tori sanitari e coloro che vivono a contatto con persone ammalate, mentre gli screening nelle scuole e tra i militari non vengono più effettuati. Forse abbiamo cantato vittoria troppo presto, forse non abbiamo dato il giusto peso ai rischi che un mondo globalizzato comporta anche a livello sanitario. In tutto il pianeta, infatti, si registrano ogni anno nove milioni e mezzo di nuovi casi di Tbc, due milioni di persone muoiono e più del 10 per cento sono infettati anche dall'Hiv. Complessivamente circa due miliardi di persone, un terzo della popolazione mondiale, sono portatrici di un'infezione latente che potrebbe evolvere in malattia. E i virus e i batteri viaggiano liberi e veloci, facilitati anche dai flussi migratori verso l'Europa dai paesi dove la tubercolosi è ancora molto diffusa. Stando così le cose, è evidente che non possiamo pensare di essere al sicuro solo perché viviamo in un Paese mediamente ricco. È auspicabile, anche in Italia, un cambio di strategia, passando rapidamente per l'approvazione di un disegno di legge depositato a Palazzo Madama e sottoscritto da oltre cento senatori. È infatti fondamentale un rigoroso monitoraggio dei pazienti, affinché seguano correttamente, e fino alla fine, le cure previste. In caso contrario si corre il rischio che la malattia, non guarendo del tutto, diventi un potenziale serbatoio per la diffusione dei germi e un fattore di rischio per lo sviluppo di ceppi resistenti agli antibiotici. Serve inoltre un serio aggiornamento dei dottori di medicina generale e di tutti coloro che, a diverso titolo, intervengono nella prevenzione e nella cura. L'informazione e la formazione sono le armi più efficaci per contrastare l'insorgenza e il dilagare della malattia. Servirebbero poi dei centri di riferimento regionali per la sorveglianza e il trattamento delle persone provenienti dai paesi dove la Tbc è diffusa e l'istituzione di registri dove raccogliere i dati sanitari dei malati da tenere sotto controllo. Infine il capitolo ricerca. Nell'ultimo decennio si sono aperte opportunità storiche per lo sviluppo di farmaci di nuova generazione in grado di agire sui batteri resistenti agli antibiotici comuni. Puntando sulla manipolazione genetica del microbatterio della tubercolosi, i ricercatori si sono messi al lavoro su progetti per la realizzazione di nuovi vaccini, 12 dei quali sono già arrivati alla sperimentazione sull'uomo. Esiste una speranza concreta di avere a disposizione un vaccino sicuro ed efficace, e anche vantaggioso economicamente, entro il 2015. Purtroppo nessuno di questi progetti è nato in un laboratorio italiano e, ancora una volta, l'Italia sarà esclusa dai paesi che guidano lo sviluppo medico e scientifico grazie alla miopia di una classe dirigente che non crede nella ricerca e nell'innovazione come leve per il progresso e il futuro economico dell'Italia. __________________________________________________________ L’Unione Sarda 30 Giu. ‘11 BROTZU: NUOVA CURA PER LE EPATITI Tecnica già sperimentata al Brotzu, salvata una vita Presentazione in un convegno in città alla presenza di due luminari Si chiama Mars (Sistema di adsorbimento molecolare ricircolante) ed è la nuova metodica terapeutica fatta propria in questi giorni dall'Azienda ospedaliera Brotzu, che permette il trattamento di gravi insufficienze epatiche acute, soprattutto nei pazienti in attesa di trapianto al fegato. La tecnica prevede un circuito extracorporeo che consente di eliminare sia le sostanze tossiche sia quelle idrosolubili che vengono prodotte dalla malattia, è stata presentata durante un convegno divulgativo svoltosi al T Hotel, al quale hanno partecipato esperti di fama internazionale come Faouzi Saliba (dell'ospedale Paul Brousse di Villejuif, in Francia) e Gilnardo Novelli (dell'università La Sapienza di Roma). Entrambi hanno illustrato la loro esperienza nell'impiego della Mars, portando a conoscenza i successi di una tecnica che a oggi è già stata utilizzata su oltre 40 mila pazienti affetti da forme di insufficienza epatica. «Per il nostro ospedale rappresenta un'acquisizione fondamentale per la gestione ottimale dei casi clinici», ha spiegato Maria Rosaria Piras, del coordinamento Trapianti di fegato del Brotzu. Già la scorsa settimana è stato effettuato il primo trattamento Mars a Cagliari su una donna di 48 anni colpita da epatite fulminante virale, grave patologia che lascia poche speranze di sopravvivenza anche a chi si dovesse sottoporre in tempi brevi a un trapianto. «Abbiamo salvato una vita che senza la Mars probabilmente avremmo perso», ha raccontato la Piras, che ha precisato quanto sia costoso il trattamento (si parla di 5 mila euro a ciclo). «Per questo che vorrei ringraziare pubblicamente la direzione del Brotzu per il grande sforzo economico che ha messo in preventivo di sostenere». Daniele Gamberini __________________________________________________________ Corriere della Sera 27 Giu. ‘11 COSA CI INSEGNA SUGLI ANTIBIOTICI IL BATTERIO KILLER Dell' «E.coli 0104:H4», quello che in Germania ha colpito 3.600 persone e ne ha uccise 39 si è detto e scritto molto. È stata la più grave epidemia mai vista con questo tipo di Coli anche se non la peggiore per il numero di persone colpite. Anche questa volta come in Giappone agli inizi degli anni 90 il batterio lo si è trovato nei germogli di vari legumi di un' azienda biologica della bassa Sassonia. E potrebbe esserci dell' altro: Der Spiegel di questa settimana suggerisce che il Coli potrebbe essersi annidato nelle condutture d' acqua dei piccoli centri. Verissimo e non sarebbe la prima volta. Però le condutture trascurate delle cittadine tedesche non spiegano i casi della Svezia, dell' Austria, dell' Inghilterra e di tanti altri paesi. Insomma è un problema complesso, ci vuole tempo. Intanto i medici dell' Università di Amburgo hanno descritto le caratteristiche dell' epidemia nel New England Journal of Medicine di questi giorni, un bel passo avanti. E i microbiologi del Robert Koch Institute hanno confrontato il batterio dell' epidemia della Germania con gli altri della stessa famiglia. «È stata una corsa contro il tempo» scrivono nel lavoro appena uscito online su Lancet Infectious Diseases. Cosa hanno fatto? Hanno prima confrontato l' «E.coli 0104:H4» con uno molto simile che è stato responsabile di un' epidemia nel Montana nel ' 94. Là 11 persone si erano ammalate per aver bevuto del latte non pastorizzato (di un' azienda biologica). I due ceppi, quello tedesco e quello del Montana, differiscono per una proteina che si trova sui «flagelli», certi lunghi baffi che consentono al batterio di muoversi. Ma non basta, «E.coli 0104:H4» ha acquisito la capacità di produrre beta- lattamasi, una sostanza che neutralizza l' azione di certi antibiotici. Ce ne sono di Coli così, che si selezionano soprattutto negli Ospedali e nelle comunità, ma finora nessuno dei Coli che producono verotossina sapeva produrre anche beta-lattamasi. Insomma i microbiologi tedeschi hanno trovato due brutte cose in un solo germe. A questo punto potrebbe anche darsi che il batterio così modificato si sia adattato all' ambiente intestinale dell' uomo, insomma l' origine animale per questa epidemia della Germania non è affatto sicura. Mentre c' è il forte sospetto che la capacità dell' «E.coli 0104:H4» di produrre beta-lattamasi possa dipendere dall' uso indiscriminato di antibiotici che veterinari e allevatori hanno fatto in tutti questi anni (li mettono persino nel cibo). È per cercare di ridurre il rischio di infezioni in allevamenti quasi sempre troppo affollati. Non c' è modo migliore per selezionare ceppi resistenti, che alla lunga danneggiano gli stessi animali e rappresentano una grande minaccia per l' uomo. Ma la resistenza agli antibiotici non basta a spiegare i danni renali provocati «E.coli 0104:H4» e le lesioni al cervello che possono portare a coma e morte. E allora?. Questo Coli aderisce alle pareti dell' intestino più tenacemente di qualunque altro («sembrano dei mattoni appiccicati alla parete - ha detto la dottoressa Karch, se lo vedi una volta non te lo dimentichi più») così si riversa nel sangue una grande quantità di tossina. È così che «il cibo può uccidere» scrive Nicholas Kristof sul New York Time dell' 11 giugno. Appunto, siamo proprio sicuri che tutto quello che è «biologico» sia buono e che i cibi prodotti dall' industria, con tanto di etichetta che ne certificano la qualità, siano invece concentrati di sostanze chimiche dannose? Sentite questa: nell' ottobre del 1986 in Canada si ammalano 70 persone quasi tutti hanno diarrea emorragica, 25 finiscono in ospedale con la sindrome emolitico uremica e uno muore. Tutti quelli che s' erano ammalati avevano bevuto succo di mela che veniva dalla stessa azienda, paradiso dell' agricoltura biologica dove c' era di tutto, persino cervi in libertà. Così le mele una volta cadute a terra venivano a contatto con gli escrementi degli animali e il Coli questa volta finiva nel succo di mela. Una mela al giorno leva il medico di torno. Di solito, ma non è sempre così. RIPRODUZIONE RISERVATA **** 39 le vittime in Europa provocate dal batterio killer Remuzzi Giuseppe __________________________________________________________ Sanità News 1 Lug. ‘11 ESEGUITO CON SUCCESSO IL PRIMO TRAPIANTO DI STERNO IN ITALIA Una ragazza di 30 anni, colpita da un neoplasia ossea devastante localizzata nello sterno, è stata operata con successo di trapianto dello sterno dall’ èquipe di Chirurgia toracica del Policlinico S.Orsola- Malpighi di Bologna diretta dal prof. Aurea. L’intervento è stato eseguito dal Dott. Franco Stella, ricercatore già confermato e idoneo come professore associato, in collaborazione con il Dott. Guido Frascaroli direttore della Rianimazione e Anestesiologia, i Dottori Andrea Dell’Amore e Giampiero Dolci, la Coordinatrice Infermieristica Sandra Mortelli e lo staff infermieristico del Blocco Cardio - Chirurgico. In passato in Italia era già stato eseguito un trapianto – parziale – di sterno ma è la prima volta che si effettua il trapianto subtotale, anche della parte superiore con sostituzione dell’ 80% dello sterno malato. Lo sterno impiantato, prelevato dalla Banca dell’osso tra quelli compatibili per morfologia e dimensione, è stato decellularizzato per evitare rigetti e rimodellato in sala operatoria. “ Questa tipologia d’ intervento è la più vantaggiosa perché non richiede terapia immunosoppressiva e porta ad una restituzione funzionale dell’organo – spiega il Dott. Stella – la paziente dopo circa due settimane è stata dimessa e dalle prime indagini istologiche la neoplasia risulta debellata. L’intervento potrà essere eseguito anche per traumi o dimorfismi e apre la strada a nuove soluzioni chirurgiche di patologie complesse”. __________________________________________________________ Sanità News 30 Giu. ‘11 L’ASSOCIAZIONE ITALIANA OSPEDALITÀ PRIVATA ADOTTA UN PROPRIO CODICE ETICO L’Aiop, Associazione italiana ospedalità privata, ha deciso di redigere e adottare un proprio codice etico. “L’adozione di questo nuovo strumento che ribadisce e integra i principi contenuti nel nostro statuto – commenta Enzo Paolini, Presidente dell’Aiop - esprime la volontà di sottolineare e ribadire il sistema di valori e principi etici posti a fondamenta della nostra Associazione. Un’iniziativa che trae origine da un senso di responsabilità per il ruolo non solo economico ma anche sociale degli imprenditori. Questo - prosegue Paolini - riguarda tutto il sistema delle aziende italiane ed è particolarmente importante per chi, come le strutture sanitarie, esercita l’attività di impresa in un settore di straordinaria delicatezza e di forte impatto sul piano del welfare”. Il nuovo testo integra lo statuto dell’Associazione ed è articolato in due parti: la prima contiene i principi etici associativi, la seconda lo schema tipo di codice etico aziendale che le strutture sanitarie dell’Aiop, oltre 500 distribuite su tutto il territorio nazionale, sono chiamate ad adottare. Il codice associativo individua i doveri che l’Associazione si impegna a far rispettare ed elenca i principi imprescindibili, come il diritto di scelta da parte dei cittadini, la partecipazione del paziente ad ogni informazione sul proprio stato di salute, efficienza e efficacia nell’erogazione delle prestazioni, miglioramento e innovazione continua dei propri servizi. La seconda parte è la traccia di codice etico che ogni azienda associativa potrà modulare e adottare. Oltre ai principi generali, il codice stabilisce anche le regole di comportamento nei rapporti con l’esterno, cittadini-pazienti innanzitutto, ma anche pubbliche amministrazioni e fornitori. Il documento approvato dall’Aiop è di rilievo non solo per i cittadini, che trovano negli obblighi del codice etico un ulteriore strumento di tutela, ma anche per la funzionalità delle stesse aziende. Ogni azienda potrà modulare il testo base redatto dall’Aiop anche nell’ambito delle eventuali iniziative adottate in relazione alle disposizioni del decreto 231. Il codice etico, infatti, diventerà parte integrante dei cosiddetti modelli organizzativi del decreto legislativo 231, che difende non solo l’azienda, ma anche gli utenti, dai comportamenti illeciti di manager o figure apicali. __________________________________________________________ Sanità News 1 Lug. ‘11 GLI UOMINI CI SENTONO MEGLIO DELLE DONNE Non solo hanno migliori capacita' visuo-spaziali delle donne: un recente studio pubblicato su Cortex ha messo in evidenza che gli uomini hanno anche maggiori abilita' dal punto di vista uditivo. Lo studio e' stato condotto da Ida Zundorf e colleghi del Centro di Neurologia dell'Universita' di Tubinga, Germania. I ricercatori hanno in un primo momento chiesto ai partecipanti - maschi e femmine sani - di ascoltare dei suoni, proposti uno alla volta, e di determinare la posizione delle rispettive sorgenti sonore. Durante la seconda fase dell'esperimento, invece, i partecipanti dovevano essere in grado di distinguere e localizzare un singolo suono all'interno di un ambiente rumoroso: i ricercatori hanno quindi notato che, mentre nella prima parte dell'esperimento le donne avevano ottenuto dei buoni risultati, il secondo compito risultava invece per loro molto piu' difficile rispetto agli uomini. Secondo i ricercatori gli uomini potrebbero aver sviluppato queste capacita' come il risultato della selezione naturale e sessuale nel corso dell'evoluzione umana. Research report Male advantage in sound localization at cocktail parties Ida C. Zündorfa, Hans-Otto Karnatha, , and Jörg Lewaldb, c a Section of Neuropsychology, Center of Neurology, Hertie-Institute for Clinical Brain Research, University of Tübingen, Germany b Leibniz Research Centre for Working Environment and Human Factors, IfADo, Dortmund, Germany c Department of Cognitive Psychology, Ruhr University Bochum, Bochum, Germany Received 9 February 2010; revised 8 April 2010, 10 May 2010; accepted 4 August 2010. Action editor David Carey. Available online 13 August 2010. Abstract Sex differences exist in the structural organization of the human brain and are related to cognitive abilities. Females usually outperform men in verbal fluency, verbal memory, perceptual speed, numerical calculation, and fine motor skills, whereas males are superior in visuospatial abilities, throwing accuracy, and mathematical reasoning. Here we demonstrated a male advantage in spatial abilities for the auditory modality. We employed a sound localization task based on the so-called “cocktail party situation”, requiring extraction of auditory information of a specific sound source when multiple competing sound sources were present. The results indicated better performance of males than females for localizing target sounds in a multi-source sound environment. This finding suggests a sex difference in the attentional mechanisms extracting spatial information of one acoustic event of interest from an auditory scene composed of multiple sound sources. It seems that the known male superiority in spatial abilities may be supramodal, rather than a specificity of the visual modality. __________________________________________________________ Le Scienze 1 Lug. ‘11 L'INFEZIONE DA H. PYLORI DIFENDE DALL'ASMA ALLAERGICA Sulla rivista Journal of Clinical Investigation Le conclusioni dello studio corroborerebbero l’ipotesi secondo cui il notevole incremento di allergie nelle società industriali sarebbe collegato con la rapida diminuzione di specifici microrganismi che popolano l’organismo umano L’infezione da Helicobacter pylori conferisce all’organismo ospite una notevole protezione contro l’asma allergica: il risultato è frutto di uno studio di un gruppo di immunologi dell’Università di Zurigo che, in collaborazione con gli allergologi dello University Medical Center della Johannes Gutenberg University di Mainz firmano in proposito un articolo sulla rivista Journal of Clinical Investigation. Le conclusioni dello studio corroborerebbero l’ipotesi secondo cui il notevole incremento di allergie nelle società industriali sarebbe collegato con la rapida diminuzione di specifici microrganismi che popolano l’organismo umano. In particolare, l’asma allergica ha subito un incremento per alcuni decenni e ha attualmente raggiunto proporzioni epidemiche. L’origine del fenomeno è stata attribuita all’inquinamento atmosferico, al fumo di sigaretta, all’indiscriminato uso di antibiotici e all’”ipotesi igienica”. Secondo quest’ultima, il livello di igiene della società moderna porta a un deficit di esposizione agli agenti infettivi che durante lo sviluppo dell’individuo sono importanti per la maturazione del sistema immunitario. Per il loro studio, i ricercatori hanno infettato alcuni topi di laboratorio con il batterio H. pylori, che secondo le stime sarebbe presente in circa la metà della popolazione umana del mondo. Spesso l’infezione non dà sintomi significativi, ma in certe condizioni può causare gastrite nonché ulcere e gastriche e duodenali e tumori dello stomaco. Per questo motivo, spesso si procede all’eradicazione con la somministrazione di antibiotici. Nel corso della ricerca si è riscontrato come i topi infettati a pochi giorni dalla nascita sviluppassero una tolleranza immunologica al batterio e reagissero in modo non significativo – o non reagissero affatto – alla presenza di forti allergeni, in grado di scatenare l’asma. Gli animali che si infettavano invece solo in età adulta manifestavano invece una difesa molto più debole. “L’infezione precoce inficia la maturazione delle cellule dendritiche e scatena l’accumulo delle cellule T regolatorie, che sono cruciali per la soppressione dell’asma”, ha spiegato Anne Müller, professoressa di oncologia presso l’Università di Zurigo. Inoltre, se le cellue T venivano trasferite da topi infetti a topi non infetti, anche questi ultimi sperimentavano una protezione nei confronti dell’asma allergica. Tuttavia, i topi infettati precocemente perdevano la loro resistenza agli allergeni in grado di scatenare l’asma se H. pylori veniva eliminato con l’aiuto di antibiotici. (fc)