La sospensiva Tar sul Decreto Bindi
Policlinico: Regolamento per l'attività libero professionale(21/3/2000)
Regolamento d'Ateneo per l'autorizzazione all'esercizio di incarichi retribuiti (15/07/1999)
Policlinico: rinvio del termine per l'esercizio dell'opzione
DL 2-mar-00: Opzione per il rapporto esclusivo da parte dei dirigenti sanitari
Rassegna Stampa
A
favore del "pubblico":"odioso tutto quel fuggi-fuggi dalle
corsie
A
favore del "privato":"voglio visitare i pazienti nel mio
studio
Malliani:"un'aggressione
all'università è un progetto buffonesco ".
Morettini:
"colleghi, pensate solo ai vostri affari miliardari"
Franco
meloni: "è un decreto folle i più bravi se ne andranno"
________________________________________________________________
MOZIONE
DEL C.U.N. SULL'APPLICAZIONE DEL D.Lvo n.517/99.
la
Bindi continua a intimidire con bizzarre interpretazioni giuridiche i
Docenti
universitari di area clinica, screditandoli presso l'opinione
pubblica
con dichiarazioni false e infanganti. Tutti i Docenti
dell'Universita'
italiana dovrebbero difendere la dignita' ed il profilo
accademico
dei colleghi delle Facolta' mediche, facendo opinione di netta
contrapposizione
al frenetico protagonismo,al dirigismo etico (come ha detto
il
Rettore di Firenze Blasi)e alla linea politica del Ministro della
Sanita',
che tutti noi vedremo molto bene come Ministro delle pari opportunita'.
"Il
C.U.N. con parere in data 02.12.1999 e' intervenuto nel corso
dell'elaborazione
del decreto sulla "Ridefinizione dei rapporti tra servizio
sanitario
nazionale e Universita' ", evidenziando
in particolare i problemi
concernenti
la liberta' di ricerca e d'insegnamento, la questione dello stato
giuridico
dei professori universitari di area sanitaria e in generale le
connessioni
di sistema che intercorrono tra facolta' di medicina e chirurgia e
universita'.
Il
C.U.N. all'atto dell'applicazione
del D.Lvo 517/99 riafferma l'interesse
preminente
del Paese per un rafforzamento del legame esistente tra facolta'
medica
e universita' sede primaria della ricerca scientifica. In questo senso e'
del
tutto evidente che per i docenti universitari della facolta' di medicina e
chirurgia
esiste un inscindibile nesso tra compiti scientifici, didattici e
assistenziali.
Solo cio' consente di formare medici, specialisti e diplomati in
stretto
collegamento con lo sviluppo della ricerca innovativa e una sua
applicazione
all'assistenza positivamente qualificata nell'interesse della
collettivita'.
Analogo discorso deve essere fatto in ordine alla collocazione
giuridica
e funzionale del personale tecnico-amministrativo operante nelle
strutture
universitarie.
Il
CUN nel rilevare la sostanziale differenza istituzionale e ordinamentale fra
gli
universitari che operano nell'area sanitaria e gli ospedalieri, conferma la
propria
contrarieta' a qualsiasi ipotesi che, in premessa o come conseguenza,
abbia
per esito una progressiva separazione della facolta' di medicina e
chirurgia
dall'insieme dell'universita', con una frattura all'interno dei saperi
e
delle formazioni professionali che non puo' non essere considerata
negativamente.
Il
CUN ritiene debbano essere utilizzate tutte le forme d'intervento
legislativo,
a partire dal provvedimento sullo stato giuridico dei professori
universitari
in discussione in Parlamento, al fine d'impedire le paventate
lesioni
dell'autonomia universitaria e di attuare pienamente le garanzie
costituzionali
a presidio dell'indipendenza della ricerca scientifica universitaria.
___________________________________________________
INTRAMOENIA
SCELTA DA 9 MEDICI SU 10
I
dati della Sanità confermano le prime indicazioni ROMABenedetta ieri in prima
persona
anche dal premier Massimo D'Alema, la scelta dell'esclusività del
rapporto
di lavoro col Ssn dei medici pubblici sta raggiungendo percentuali
bulgare.
Il ministero della Sanità ha confermato ieri, mantenendo però una certa
prudenza,
che è stata intorno all'85% la percentuale di medici che hanno deciso
di
esercitare la libera professione intramoenia. Dati di massima, in attesa di
conoscere
le scelte in tutte le Regioni, che però sembrano potersi stabilizzare
assai
vicino al 90%: in Veneto si sono messi all'occhiello il "fiore" del
Ssn
l'88,2%
di medici, in Toscana l'86,3%, in Sicilia si viaggia verso il 90 per
cento.
Di
medici, ieri, s'è occupato anche il presidente del Consiglio. Che,
intervenendo
a un convegno sulla pubblica amministrazione, non ha esitato a
lodare
la prova di fiducia verso il datore di lavoro Ssn mostrata dai medici:
"La
premessa del successo della riforma del sistema sanitario sta nel fatto che
l'85%
dei medici ha optato per il tempo pieno", ha dichiarato D'Alema
riferendosi
all'esclusività. Non senza aggiungere: "Abbiamo investito qualcosa,
ma
era giusto premiare i medici, ci mancherebbe altro che noi li avessimo
puniti.
Ci sono Paesi - ha concluso - in cui essere servitori dello Stato è
socialmente
considerato".
Evidente
il riferimento del premier al nuovo contratto nazionale di lavoro che
incentiva
fortemente l'esclusività e sul quale la settimana scorsa c'è stata la
pre-intesa
tra sindacati (il 72% circa della rappresentatività) e il Governo.
Pre-intesa
che ieri i 300 delegati regionali dell'Anaao hanno approvato
all'unanimità,
chiedendo "fiducia e pazienza ai cittadini" e dicendosi convinti
che
s'è messo in moto un processo di razionalizzazione e di modernizzazione del
Ssn.
Ancora a proposito del contratto, va aggiunto che ieri l'Anpo (primari) ha
deciso
di firmare "con riserva" l'accordo col Governo.
Soltanto
da Toscana e Veneto sono arrivati ieri i dati a consuntivo
dell'operazione-esclusività.
In Toscana (opzione per l'intramoenia all'86,3%)
s'è
registrato un tasso di adesioni per il Ssn del 72,4% tra gli universitari,
il
fronte per altri versi caldissimo dell'esclusività. Valori anche più alti
(88,29%)
si sono registrati in Veneto, dove gli universitari hanno optato per il
rapporto
di lavoro esclusivo. Opzioni per il Ssn che viaggiano verso il 90%,
invece,
in Sicilia, stando almeno alle prime rilevazioni fatte nelle più grosse
strutture
ospedaliere locali.
E
se la "guerra" delle cifre si va smorzando, non accennano a placarsi,
tanto
meno
"sotto" elezioni, le polemiche politiche. "L'ordine regna a
Varsavia", ha
commentato
il responsabile per la sanità di Forza Italia, Antonio Tomassini.
Ricevendo
una secca replica dal popolare Antonello Soro, capogruppo del Ppi alla
Camera:
"Ma non aveva detto l'opposizione di rappresentare la volontà dei medici
italiani?".
Resta il fatto, percentuali a parte, che l'intramoenia andrà
applicata:
e gli spazi a oggi mancano, ha fatto notare il Tdm, che ha anche
messo
in guardia dal rischio di liste d'attesa a due velocità tra attività
istituzionale
e intramoenia a pagamento.
R.Tu.
___________________________________________________
SULL'OPZIONE
BATTAGLIA A COLPI DI CARTA BOLLATA
ROMA
È guerra dichiarata tra i medici universitari e il ministero della Sanità.
Pomo
della discordia l'opzione tra attività assistenziale intramuraria e quella
extramuraria.
Il Tar Lazio, con due ordinanze cautelari, ha rimescolato le
carte,
suscitando le ire del ministro della Sanità, Rosy Bindi. Con la prima
decisione
del 23 febbraio, il tribunale ha sospeso la lettera con la quale il
rettore
dell'Università di Siena ha comunicato ai docenti dell'ateneo di
scegliere
tra l'intramoenia e l'extramoenia, stabilendo (si veda "Il Sole-24
Ore"
del 25 febbraio) che "va sospesa l'esecuzione di un provvedimento con il
quale
si ingiunge ad alcuni sanitari universitari l'esercizio dell'opzione entro
il
termine perentorio del 13 marzo, in mancanza della previa individuazione
delle
strutture" (il termine è stato in realtà fissato al 14 marzo dal decreto
legislativo
49/2000).
Con
la seconda decisione dell'8 marzo (si veda "Il Sole-24 Ore" del 9
marzo), il
Tar
Lazio ha accolto il ricorso dei medici appartenenti a 27 sedi universitarie.
La
sospensiva sarà operativa fino al 5 luglio, quando i giudici amministrativi
si
pronunceranno sulla richiesta di remissione alla Corte costituzionale di
alcune
norme contenute nei Dlgs 229/1999 e 517/1999, che regolano l'attività di
formazione
e di ricerca dei docenti universitari.
Anche
il Tar dell'Umbria ha accolto il ricorso presentato da 40 medici
universitari
che lavorano negli ospedali di Perugia e Terni e ha sospeso il
decorso
del termine per la scelta tra attività professionale esterna e quella
interna.
Il provvedimento - che fa seguito ad altra analoga ordinanza emessa
dallo
stesso Tar nel dicembre 1999 - è basato sulla constatazione della
"situazione
di incertezza riguardo ai tempi e ai modi della predisposizione di
strutture
e misure organizzative idonee a garantire l'effettivo esercizio
dell'attività
libero-professionale intramuraria".
Superata,
invece, dalla firma del contratto per la dirigenza sanitaria
un'ordinanza
del tribunale civile di Verona che l'11 febbraio aveva "disposto la
sospensione
dell'efficacia del termine fissato ad alcuni medici degli "Istituti
ospitalieri
di Verona" per la comunicazione dell'opzione". In assenza di regole
contrattuali,
per il tribunale, non si può pretendere dal medico una scelta "al
buio".
Fr.
Ab.
___________________________________________________
BINDI:
"PIEGHERÒ LA FRONDA DEI BARONI".
Il
ministro contro professori e giudici: la riforma va avanti
di
MARIO REGGIO
L'ha
annunciato ai suoi più stretti collaboratori fin dalla prima mattina:
"Voglio
partecipare dall'inizio al convegno sulla salute mentale, peccato che
nel
pomeriggio ci sia Consiglio dei ministri". Ma per Rosy Bindi è stato il
giorno
di una vittoria personale. Una vittoria conquistata in due anni di
scontri
anche duri contro una parte dei medici. Adesso spiega: "Per chi non
vuole
l'esclusività del rapporto non rimane che una scelta, quella di svolgere
la
propria attività professionale fuori dalle strutture pubbliche. Non ci
saranno
circolari o sospensive in grado di fermare la riforma".
Ha
sperato fino all'ultimo che sui gradini della direzione dell'ex manicomio di
Santa
Maria della Pietà non ci fossero i giornalisti a caccia di novità sugli
sviluppi
del braccio di ferro sull' incompatibilità dei medici ospedalieri.
Invece,
niente da fare. È stata subito circondata da microfoni, telecamere e
taccuini.
"Ne parleremo più tardi", ha tagliato corto salendo al primo piano
dell'
edificio, quello che ospitava la direzione del grande manicomio
provinciale
di Roma.
E
mentre saliva le scale ha confidato ai suoi collaboratori: "Quanto può
contare
il
ricorso al Tar di un gruppo di medici ribelli, rispetto ai problemi
drammatici
della salute mentale? Qui dobbiamo inziare un percorso assieme alle
famiglie
dei malati, agli operatori psichiatrici, agli amministratori regionali
per
riuscire a dare un'assistenza umana e uniforme a decine di migliaia di
malati
che hanno lasciato i lager. Quanto può valere la fronda di una piccola
parte
dei professori di Medicina?".
Poi,
verso le 11 e mezza, approfittando del break per il caffè, il testardo,
deciso
e a volte poco simpatico ministro della Sanità ha risposto ai
giornalisti.
E sul suo viso è riapparso il sorriso di chi sa di aver vinto una
dura
battaglia, una battaglia iniziata da più di due anni, durante la quale
pochi
scommettevano su di lei, la cocciuta donna di Sinalunga, Siena, da sempre
abituata
a vivere in situazioni difficili. "Come quando, giovane militante dell'
Azione
Cattolica, dovevo confrontarmi con i miei coetanei, quasi tutti
comunisti",
raccontò una volta.
È
soddisfatta? "Certo che lo sono, oggi è una giornata storica del servizio
sanitario
nazionale, alla quale mi pare stiano partecipando con convinzione la
stragrande
maggioranza dei medici italiani. Mi auguro che una minoranza di
universitari
si convinca che questa è un'occasione storica anche per loro e
anche
se non si convinceranno non riusciranno ad impedire questo processo che è
ormai
iniziato. Chi ha fatto ricorso farebbe bene a mettersi in ascolto per
capire
quello che pensano gli italiani".
Rosy
Bindi, adesso, non si trattiene e spiega ancora, come ha fatto spesso in
passato:
"La riforma serve a ridurre le liste d'attesa, ma anche per dare
trasparenza
all'attività libero professionale dei medici, una maggiore
efficienza
del servizio pubblico, per avere medici a disposizione nei luoghi
pubblici
della sanità".
Poi,
all'improvviso, è scomparsa nel nulla. Assieme al commissario straordinario
del
Santa Maria della Pietà, quello che in pochi anni ha messo la parola fine ad
uno
dei più grandi manicomi d'Italia, è andata a visitare il "Museo degli
orrori".
Ha visitato la camera di segregazione: un letto, le cinghie per
immobilizzare
il malato, la camicia di forza e il buco sulla porta di legno, da
dove
gli infermieri controllavano che tutto fosse tranquillo. Poi la camera dove
i
malati venivano curati con la febbre malarica: tra le gambe veniva sistemata
una
gabbietta con le zanzare che avrebbero dovuto infettarli. E di solito il
malato
se ne andava in poco tempo.
E
proprio al Santa Maria della Pietà si allevavano le zanzare per poi spedirle
negli
altri ospedali psichiatrici, convinti che producessero benefici alla
psiche.
Rosy Bindi è rimasta sconvolta dalla visita: "Questo padiglione mi
ricorda
Auschwitz", è stato il suo commento all'uscita.
Senza
nascondere l'emozione è tornata al convegno per l'intervento conclusivo
sui
programmi futuri del dopo manicomio. Poi, di corsa, a Palazzo Madama. Al
ristorante
un'insalata, al tavolo con alcuni senatori del Ppi. Alle 15 Consiglio
dei
Ministri. E con D'Alema la firma dell'errata corrige sul decreto del
rapporto
esclusivo, perchè qualcuno si era dimenticato di scrivere che il 14
marzo
era il termine ultimo per scegliere.
Dopo
un paio d'ore di nuovo al ministero per mettersi in contatto con gli
assessori
regionali alla Sanità: "Una situazione molto tranquilla ovunque, la
maggioranza
dei medici ha scelto il rapporto esclusivo", ha commentato
soddisfatta.
Poi ancora al lavoro, per prepararsi alla registrazione della
puntata
di "Porta a porta", dove l'attende l'ennesimo confronto con i medici.
___________________________________________________
Il
corriere della Sera 15 mar. '00
A
FAVORE DEL "PUBBLICO"
"Odioso
tutto quel fuggi-fuggi dalle corsie Dal punto di vista economico cambia
poco"
Massimo
Martelli, 56 anni, direttore del reparto di chirurgia toracica
dell'azienda
Forlanini-San Camillo, la più grande di Roma, dove l'80% dei
medici,
lui compreso, hanno optato per l'intramoenia.
Perché
questa scelta?
"L'ho
compiuta due anni fa, con convinzione. Credo che in un'azienda ospedaliera
si
sarebbe creato il conflitto di interessi tra il Martelli dipendente e il
Martelli
che va a operare i suoi pazienti in clinica. Trovavo odioso quel fuggi
fuggi
dall'ospedale".
Pienamente
soddisfatto?
"Ho
risolto i problemi di contabilità, ora che fatturo sul bollettario
dell'azienda.
Però ritengo ingiusto che nel momento in cui l'azienda non ti
mette
a disposizione strutture interne ti obblighi a versare il 5% per ogni
prestazione
privata. Io la chiamo tangente".
Dove
esercita l'intramoenia?
"Continuo
ad operare nella clinica dove lavoravo in privato, ho ottenuto la
convenzione.
Preferirei però che tutta la mia attività si concentrasse al
Forlanini.
E non credo che il desiderio si realizzerà almeno per i prossimi 6
anni.
Faccio prima ad andare in pensione".
Guadagna
più o meno di prima?
"Guadagni
identici".
Lei
però è un chirurgo di fama. Non pensa che il nuovo sistema abbia finito col
danneggiare
altri suoi colleghi?
"Al
contrario. Pensi a tutti quelli che, pur non svolgendo libera professione o
comunque
avendo un giro molto limitato, e so che al Forlanini-San Camillo ci
sono
esclusivisti che presentano una fattura ogni 4 mesi, prenderà un milione in
più
al mese. Premiato per non fare niente. Soltanto perché non ha tradito il
servizio
pubblico".
Lo
sa che queste affermazioni la renderanno odioso?
"Lo
so bene. Mi farò dei nemici. Ma la gente deve conoscere tutte le verità. Non
solo
quelle che fanno comodo".
___________________________________________________
Il
corriere della Sera 15 mar. '00
A
FAVORE DEL "PRIVATO":
"Voglio
visitare i pazienti nel mio studio soprattutto
per
un principio di libertà"
Vincenzo
Pegoraro, 54 anni, primario di urologia (ma ora si chiamano dirigenti
di
secondo livello) all'ospedale di Rovigo.
Ha
scelto l'extramoenia. Perché?
"Per
un principio di libertà, innanzitutto. Ma anche perché sono stato costretto
a
farlo. L'azienda da cui dipendo non ha attivato le condizioni per poter
svolgere
l'intramoenia con le caratteristiche del decreto Bindi".
Non
poteva chiedere al direttore generale il convenzionamento dello studio?
"Mi
è stato risposto di no. C'è un contenzioso legale in corso. Non me la sono
sentita
di fare un salto nel buio".
Lei
parla di principi di libertà in generale. Si spieghi.
"Non
capisco che differenza passa per il ministro se noi visitiamo i nostri
pazienti
dentro o fuori l'ospedale, considerato che quest'attività è confinata
agli
orari non istituzionali e quindi non interferisce col lavoro in corsia".
L'obiettivo
è fare in modo che l'attività privata del medico non vada a
discapito
di quella istituzionale. Tra i suoi colleghi c'è chi predilige
smaccatamente
la prima.
"Noi
siamo dipendenti, obbligati a rispettare l'orario. Timbriamo il cartellino,
siamo
controllati come gli operai in fabbrica. Non credo ci siano buoni
samaritani
che restano in corsia anche quando l'orario cui sono tenuti per
contratto
è scaduto".
Lei
è primario, rinuncia dunque alla carriera, accetterà di essere declassato?
"Ho
raggiunto 13 anni fa la figura apicale con concorso pubblico. Provvedano a
fare
quello che vogliono. A me non interessa un titolo accademico vuoto di
significato".
Ma
cosa succederà a voi, primari infedeli?
"La
legge prevede che dovremmo passare da dirigenti di struttura complessa a
struttura
semplice. In realtà credo che neppure il legislatore sappia cosa
avverrà
in concreto".
___________________________________________________
Il
corriere della Sera 15 mar. '00
MALLIANI:"UN'AGGRESSIONE
ALL'UNIVERSITÀ È UN PROGETTO BUFFONESCO ".
Il
clinico Malliani: col tempo pieno guadagniamo un quarto dei francesi
"È
un progetto buffonesco". Alberto Malliani, clinico medico milanese,
ricercatore,
noto alla comunità internazionale per i suoi studi di cardiologia,
e
uno degli universitari che hanno fatto ricorso contro la legge
sull'incompatibilità,
non usa mezzi termini e ci tiene subito a precisare:
"Premetto
che sono a favore del tempo pieno e sono a favore della sanità
pubblica,
ma sono indignato per l'arroganza con cui tutto questo ci viene
chiesto".
Perché
parla di buffonata?
"Gli
ospedali non hanno strutture per permettere, a chi opta per il tempo pieno,
l'attività
intramoenia. Quando non ci sono le strutture, al medico è concesso di
utilizzare
il proprio studio, ma lì, volendo, può farne più di Bertoldo. Dove
sta
la garanzia etica? Chi controlla quello che succede negli studi? Un altro
esempio.
Quando, giustamente, si pretende qualcosa, si deve pagare. E gli
universitari
non sono remunerati adeguatamente. Un clinico di Milano guadagna,
con
il tempo pieno, un quarto dello stipendio che percepisce un suo collega di
Parigi".
Qual
è lo stipendio di un docente universitario con una carriera alle spalle?
"Poco
più di sei milioni al mese".
Le
sue affermazioni potrebbero dar ragione a chi pensa che i medici universitari
siano
"baroni" e pensino soltanto al guadagno e al potere.
"Questo
è quello che pensa la Bindi. E dice che non ci sono i soldi. I nostri
parlamentari
europei guadagnano più di tutti gli altri. Per loro i soldi non
mancano.
È vero che i medici, come del resto i politici, hanno fatto errori, ma
non
capisco lo spirito perverso e punitivo di questa legge. Di persone che
lavorano
per guadagnarsi uno stipendio e fanno coscienziosamente il loro
mestiere,
curando i malati, ce ne sono moltissime. I malati, nelle cliniche
universitarie
come negli ospedali, hanno sempre trovato assistenza".
Il
ministro Bindi vuole mettere gli universitari sullo stesso piano degli
ospedalieri,
e gli universitari si stanno ribellando.
"La
legge Bindi è il cavallo di Troia per un'aggressione sistematica
all'università
e risponde a una pressione dei sindacati ospedalieri che stanno
livellando
la sanità verso il basso. È un progetto che non ha nulla a che fare
con
la cultura e con il progresso tecnologico, ma mira soltanto a
un'ospedalizzazione
becera. E poi, quando mi sono laureato in medicina, pensavo
di
dipendere da un rettore e da un ministro della Pubblica istruzione, ora devo
prendere
ordini dal ministro della Sanità, ma nessuno mi ha detto che ho
cambiato
padrone".
Sui
9000 universitari italiani, soltanto 2000 hanno fatto ricorso.
"La
grande maggioranza dei medici è furibonda, il ministro Bindi ha avuto
soltanto
il consenso dei vertici sindacali. Farà un bagno di opposizione. La
Bindi,
per picchiare nel mucchio, sta abbattendo la tribù degli aquiloni, di chi
ha
cioè un progetto nel cuore: non tiene conto che essere universitari vuol dire
insegnare,
fare ricerca e assistenza e ha aperto la caccia libera
all'universitario.
All'università non ha riconosciuto il plusvalore
rappresentato
dalla ricerca e dalla cultura d'avanguardia".
Che
cosa doveva fare?
"Dare
più peso al valore accademico e alla cultura. L'università non è nemica
dell'ospedale
e, quando vi coesiste, può, anzi, rappresentare la linfa vitale
perché
porta attrezzature, metodologie avanzate, un'atmosfera di curiosità,
tutti
ingredienti che servono a curare meglio i malati. Si direbbe che il
ministro
soffra di provincialismo e non conosca le strutture internazionali che,
invece,
dovrebbe cercare di riprodurre in Italia. E non ha mai consultato i
ricercatori
italiani di livello internazionale per capire dove sta andando la
medicina.
Preferisce parlare con i sindacalisti e simulare un accordo globale
che
non esiste".
Adriana
Bazz
___________________________________________________
MORETTINI:
"COLLEGHI, PENSATE SOLO AI VOSTRI AFFARI MILIARDARI"
Morettini,
primario a Firenze: "È un'ottima riforma"
FIRENZE
(m.bol.) - Ad Antonio Morettini, primario "storico" a Firenze,
gastroenterologo
tra i più noti in città, oggi professore a contratto
all'Università,
il decreto Bindi piace. E anche parecchio. "E' un'ottima cosa,
bravo
ministro, ha fatto benissimo" dice.
Ma
i suoi colleghi sono arrabbiati, dicono che l'irreversibilità della scelta
tra
extra ed intramoenia è ingiusta.
"Balle.
La ragione della rivolta è un'altra, semplicicissima. Questi medici non
vogliono
mollare la libera professione perché ci rimettono dai cento milioni ai
quattro
miliardi l'anno, a seconda del giro d'affari degli ambulatori che
ciascuno
di loro ha. E' un problema rispettabilissimo, ma solo di questo si
tratta.
E allora lo dicano chiaramente: noi difendiamo la nostra capacità
economica".
E
adesso che succederà?
"Non
lo so, spero che vinca la Bindi. So solo, e lo ribadisco, che era l'ora che
una
legge imponesse ai medici la scelta se fare la professione dentro o fuori
l'ospedale.
E' così in tutta Europa. Un operaio non può lavorare la mattina alla
Fiat
e la sera alla Maserati".
Chi
si ribella dice che non vuole essere penalizzato sotto il profilo
professionale
e della carriera.
"Guardi
che anche sotto questo aspetto la riforma non fa una piega. I professori
hanno
una convenzione con il servizio sanitario nazionale per fare assistenza
sanitaria
all'interno dell'ospedale, accanto alla didattica e alla ricerca che
svolgono
per conto dell'amministrazione universitaria. Ma se optano per la
libera
professione extramoenia vuol dire che l'assistenza sanitaria la faranno
fuori
dalla struttura pubblica. E' normale quindi che questi medici non possano
aspirare
al primariato".
Riforma
perfetta, dunque, secondo lei?
"Attenzione,
i rischi sono nella parte attuativa. Adesso bisogna mettere chi ha
scelto
l'intramoenia nelle condizioni di poter lavorare".
___________________________________________________
CASSANO
"NO, QUESTO DECRETO DISTRUGGE L'UNIVERSITÀ"
Cassano,
psichiatra: "Legge scritta dai sindacati"
ROMA
(ma.re.) - Giovan Battista Cassano è professore ordinario di Psichiatria
all'università
di Pisa. Ha firmato il ricorso contro il decreto Bindi.
Perché
ha deciso di fare ricorso?
"È
dal '61 che vivo, come tutti i miei colleghi, una vita monastica per
costruire
un'unità di Psichiatria degna di questo nome. Per me non è una
questione
di tempo pieno, il problema è che con il decreto si distrugge la vita
universitaria.
Ho molti amici tra i medici ospedalieri, ma il mondo
dell'università
è un'altra cosa. È una riforma dettata dai sindacati, vale a
dire
la parte più arretrata, una copertura per distruggere la ricerca
universitaria.
La Bindi decida pure il rapporto esclusivo dei medici, ma lasci
perdere
l'università. Queste scelte toccano, caso mai, al ministro Zecchino".
Ma
anche Zecchino ha firmato il decreto.
"Ha
firmato sotto il ricatto della caduta del governo".
Lei
fa anche attività privata?
"Certo.
Ma ho fatto ricorso perché ritengo, come altri, di avere il diritto di
svolgere
l'attività intramoenia, ma che mantenga la mia università competitiva,
non
voglio un'università trasformata in ospedale".
Lei
ha vissuto gli anni quando c'era la libera professione in ospedale?
"Sono
quarant'anni che faccio il docente, ho vissuto negli anni '60 e '70
quell'esperienza,
ed era un casino. Io non voglio fare il controllore dei medici
che
fanno l'attività privata in ospedale, chi si assume la responsabilità di
tutto
quello che accade all' interno della struttura pubblica? Allora si
proibisca
l'attività privata, oppure la si faccia solo fuori. Il nostro compito
è
assistere i malati in funzione della ricerca e della didattica. Ora tutti
parlano
solo dell'attività dentro o fuori, ma non si discute di una fatto
fondamentale:
con questo decreto si abolisce la facoltà di Medicina. Non me la
sento
di dipendere dal direttore generale dell'ospedale, perché lui non sa nulla
dell'attività
universitaria".
___________________________________________________
CAGLIARI:
I CAMICI BIANCHI STANNO CON LA BINDI
In
linea con resto d'Italia i medici cagliaritani: su 1416, soltanto 135 non
hanno
scelto il "pubblico"
Ma
sette docenti universitari dell'Asl 8 fanno ricorso al Tar
Nove
su dieci, in perfetta media nazionale. Anche dalle nostre parti il medico
va
con Rosy Bindi, con la legge di riforma sanitaria voluta dalla ministra:
libera
professione in ospedale, chi non ci sta verrà pagato un milione in meno
al
mese, ma potrà continuare l'attitività privata nel suo studio. Intanto, sette
universitari
che lavorano negli ospedali dell'Asl 8 si sono rivolti al Tar
chiedendo
che venga annullato "il regolamento dell'attività libero-professionale
intramuraria
e in regime di ricovero" emanato dal direttore generale, Gino
Meloni.
Le
tre aziende ospedaliere della città, quindi, sono in linea: i camici bianchi
dipendenti
dell'Asl 8, del "Brotzu" e del Policlinico universitario restano
tutti
intramoenia, o quasi. Su 1.436 professionisti in attività, solo 135 hanno
detto
no alla struttura pubblica. Queste le cifre nel dettaglio, ancora
provvisorie
per quanto riguarda l'azienda 8, dove lo spoglio delle cartoline è
quasi
alla fine: al "Brotzu" 336 sì e 25 no; al Policlinico 65 sì e 16
contrari;
nelle
strutture dell'Asl 8, su 994 medici, fino a ieri 94 avevano scelto la
libera
professione fuori dall'ospedale.
"È
cambiato poco o nulla", dice Meloni, direttore generale dell'azienda
sanitaria
cagliaritana, "oggi il blocchetto delle ricevute porterà il logo
dell'azienda,
un valido motivo perché i medici emettano per ogni paziente una
ricevuta.
In caso di contestazione, magari di un esposto, a ogni caso dovrà
corrispondere
un documento". Altrimenti sarà truffa, con licenziamento in tronco
e
fine di una carriera. Finirà, almeno si spera, la curiosa contrattazione fra
il
paziente e lo specialista: vuole la ricevuta? In caso di risposta
affermativa,
la tariffa subiva un rialzo del 20 per cento, nemmeno fossero state
azioni
di Tiscali. Meloni, chi controllerà i medici? "Sarà compito dell'azienda.
I
soldi che i cittadini pagheranno allo specialista "ospedaliero",
dovranno
essere
versati nelle casse della stessa azienda. La quale, a conti fatti,
verserà
circa l'ottanta per cento della parcella al medico che ha effettuato la
visita".
Negli studi privati, quelli dove l'attività ospedaliera dovrà
necessariamente
proseguire per garantire la cura, comparirà il nome
dell'ospedale:
"Studio dottor Rossi, per conto dell'azienda sanitaria... ". Il
cittadino
sarà tutelato da una tabella, esposta in grande evidenza, con i prezzi
per
ogni prestazione.
E
chi ha scelto di non lavorare da privato nella struttura pubblica? "Per
quanto
ci
riguarda", prosegue il manager Meloni, "hanno scelto l'attività
extramoenia
soprattutto
odontoiatri, oculisti, ortopedici e otorini: non cambierà nulla,
alla
fine dell'orario di lavoro in ospedale, potranno fare quello che ritengono
opportuno,
ma non potranno lavorare nelle strutture accreditate con il servizio
sanitario
nazionale, come cliniche e studi privati convenzionati". Chi ha scelto
il
rapporto esclusivo, invece, firmerà in questi giorni un contratto con
l'azienda
dove lavora e dovrà essere autorizzato per proseguire l'attività
"fuori".
I signori medici che hanno scelto di stare con la ministra si
ritroveranno
una busta paga più leggera, circa il 15 per cento in meno rispetto
ai
colleghi che hanno scelto il rapporto esclusivo. Fra di loro, non ci sono i
ricorrenti
- i professori Marino Cagetti, Bernardo Carpiniello, Giuseppe Casula,
Gian
Benedetto Melis, Paolo Puxeddu, Enzo Usai, Claudio Velluti e il primario
Roberto
Puxeddu - i quali, rappresentati dall'avvocato Giuseppe Andreozzi,
giudicano
illegittimo il provvedimento dell'azienda sanitaria che si riferisce
"a
docenti medici che svolgono l'attività in uno studio privato". In pillole:
i
docenti
dovrebbero svolgere l'attività pubblica nei loro studi detraendo dai
costi
il 10% dei guadagni e versando il 25% degli introiti all'azienda. "Tutto
questo
- dicono - è un inammissibile balzello". I ricorrenti non sceglieranno la
libera
professione perché questo impedirebbe loro di dirigere le strutture
sanitarie
delle quali sono responsabili "con grave danno al prestigio personale
del
lavoro di ricerca".
Quale
lo scopo di questa rivoluzione? "Finirà, almeno spero, il fuggi fuggi
dagli
ospedali sverso gli studi privati", pronostica Gino Meloni, "il medico
sarà
costretto a essere presente negli ospedali, dove non sarà più così lunga la
lista
d'attesa per una visita".
.Enrico
Pilia
___________________________________________________
FRANCO
MELONI: "È UN DECRETO FOLLE I PIÙ BRAVI SE NE ANDRANNO"
Policlinico
universitario: 65 sì e 16 no
Policlinico
universitario: anche qui la scelta dei medici in organico ha puntato
verso
l'esclusività con la struttura pubblica. Per la precisione su 80 camici
bianchi,
65 hanno optato per il servizio sanitario nazionale. A differenza delle
altre
strutture, qui c'è una variante: una dozzina di professionisti hanno
presentato
ricorso (come altri 2000 colleghi in tutta Italia) al Tribunale
amministrativo
regionale del Lazio. Per ora il Tar ha concesso la sospensiva e
si
pronuncerà nel merito il 5 luglio prossimo.
Al
di là dei numeri, resta il forte malumore che circola fra i reparti, in testa
quello
del direttore generale del policlinico Franco Meloni che sull'argomento
parla
chiaro ed esprime forti perplessità: "Siamo davanti a un decreto
sbagliato,
una pura follia. Ora il rischio è che i più bravi se ne vadano. Non
solo,
ma non riesco neppure a capire perché questo decreto è dedicato al 40 per
cento
sul problema della libera professione che è un falso problema, se parliamo
ovviamente
di ambulatori e non di cliniche. Sono altre le cose che avrebbero
meritato
priorità. In testa la composizione delle piante organiche, i posti
letto
e il rapporto fra l'università e il servizio sanitario nazionale".
___________________________________________________
C.VELLUTI:
"L'OSPEDALE CI CHIEDE TROPPO"
Intervista
a uno dei sette professori che hanno presentato ricorso al Tar
Il
clinico Claudio Velluti: resto a malincuore
È
uno dei medici in prima linea. Uno fra i "ricorrenti" contro l'Azienda
sanitaria:
sette docenti d'oro della sanità cagliaritana. "Se ci penso, questo
sistema
non mi conviene più". Claudio Velluti è il principe del gesso, il mago
delle
ginocchia, il meccanico al quale rivolgersi quando una caviglia ha bisogno
di
un'aggiustatina. Gli sportivi più noti o le persone qualunque, tutti in fila
dall'ortopedico
cagliaritano. A lui - e ad altri sei big della sanità locale -
si
rivolge anche l'Azienda sanitaria numero 8, che batte cassa con una richiesta
giudicata
inaccettabile dai "supermedici": "Il manager ci chiede il 25 per
cento
dei
nostri guadagni e ci concede di tenerci il 10 per cento per le spese".
Lo
scontro fra i cattedratici d'oro e il direttore generale dell'azienda finisce
al
Tribunale amministrativo regionale, la battaglia sulle trattenute sarà lunga:
in
pratica, su 100 mila lire incassate per una visita nel loro ambulatorio
privato,
l'ospedale ne lascia 10 mila ai primari e gli impone di versarne 25
mila
allo Stato. Che sia guerra, anche se col fucile scarico, perché i sette
docenti
in camice hanno scelto di non abbandonare comunque l'ospedale: "Non
potevamo
farlo, restiamo intra moenia, la legge non ci dava altra scelta".
Amareggiato,
il professore sottoscrive le dichiarazioni di fuoco del presidente
dell'Ordine
dei medici, Raimondo Ibba: "Sì, è una riforma contro la libertà di
cura.
Ci accusano di portar via il lavoro dall'ospedale, di favorire le
strutture
private, invece in tanti che l'altro giorno hanno scelto di esercitare
la
professione in ospedale, lo hanno fatto per paura". Per paura di uno
stipendio
preso a spallate dalla ministra Rosy Bindi e di un ostracismo esteso a
tutto
il territorio della sanità pubblica.
Velluti,
61 anni, un passato straordinario da atleta, ha accumulato più di 600
ore
di lavoro straordinario in ospedale: "Già, e come me anche gli altri sei
docenti
che hanno sottoscritto il ricorso al Tar: un messaggio da recapitare a
chi
parla di fuggi fuggi verso i nostri ambulatori privati. Tutti sappiamo bene
che
quelle ore non mi verranno mai pagate, che nessuno me le riconoscerà".
Potrebbe
andar via, Claudio Velluti, oggi che ha le cliniche private che bussano
alla
sua porta e quarant'anni di contributi previdenziali dietro le spalle: "Sto
venendo
a lavorare gratis". In che senso? "Stando fuori guadagnerei molto di
più,
chi ha fatto un'altra scelta so quali cifre si porta a casa e vive
tranquillo.
Se lo faccio, se resto in ospedale, significa che mi piace, che ho a
cuore
la preparazione dei miei studenti". Potrebbe "tenersi"
l'Università e
abbandonare
l'ospedale? "Nessuna legge me lo vieterebbe, resterei al mio posto
di
direttore della Clinica ortopedica traumatologica dell'Università ma mi
troverei
un primario ospedaliero a dirigere il reparto. Seduto a fianco a me,
con
tutti i problemi che questa carica sdoppiata comporterebbe". Problemi per
gli
studenti, per gli specializzandi, per chi sarà chiamato, domani, a occupare
quelle
cariche.
Insomma,
Velluti, cosa salviamo di questa contestata riforma della sanità?
"Bisogna
chiederlo ai giovani medici, a quelli che non hanno un'attività
esterna:
si troveranno un milione in più al mese senza aver chiesto nulla a
nessuno".
E per voi, diciamo, del grande giro? "La reazione di nove medici del
mio
reparto, su undici, mi fa pensare: sono scappati via, hanno scelto l'extra
moenia,
alla fine del loro orario di lavoro correranno nei loro studi privati".
"Caro
dottor Velluti, dicono i miei 700 pazienti in lista d'attesa per un
intervento,
vogliamo essere operati da lei, solo da lei. Ecco perché io contesto
questa
riforma, lo faccio anche per i malati". La parola privacy, sempre di
moda,
ricorre in questi giorni fra i corridoi dell'ospedale: "Possibile che
nessuno,
al ministero della Sanità, abbia pensato ai pazienti? Mi vengono in
mente
quelli di un mio collega, primario di psichiatria, a chi veniva visitato
nel
suo ambulatorio privato con la garanzia dell'anonimato: da oggi, invece,
tutti
in fila in ospedale, a guardarsi negli occhi fra persone in gravi
difficoltà".
È una violazione gravissima della privacy, sostiene Claudio
Velluti:
"anche i miei pazienti potrebbero chiedermi un consulto, magari dopo
essere
stati visitati da qualcuno dei medici del mio stesso ospedale: chi
garantisce
la riservatezza in situazioni come questa?".
A
grandi passi, si fanno avanti le due categorie della sanità: in serie A i
ricchi,
un gradino più in basso gli altri. "È proprio così: nulla vieta a una
persona
che può di pagarsi una visita medica in una struttura privata, come e
quando
vuole", dice il primario, "mentre chi non può pagare certe cifre,
dovrà
passare
in mezzo a cento malati in una corsia d'ospedale, restare in attesa ed
essere
visitato da uno specialista che potrebbe non essere quello di fiducia".
Loro,
i sette professori, chiedono di eliminare "quell'inammissibile
balzello".
Parola
al Tar.
.Enrico
Pilia
___________________________________________________
L'Unione
Sarda 16 mar. '00
IBBA:
"COSÌ SI UCCIDE LA LIBERTÀ DI CURA"
Il
leader dei medici:
Prima
cannonata: "Una riforma figlia delle velleità assolutistiche della
ministra".
Seconda, decisamente più forte: "Così si uccide la libertà di cura e
si
manda a fondo il servizio pubblico". Raimondo Ibba, presidente dell'Ordine
dei
medici dal 1981, non sarà un abile diplomatico ma è senza dubbio uno che
parla
chiaro: "Il tentativo della Bindi è quello di controllare tutto il
personale
medico e di impedire che ogni professionista sviluppi la sua capacità
nel
campo della medicina, delle cure e delle diagnosi". Male, malissimo,
secondo
il
dottor Ibba, sempre peggio: "Il rapporto fra medico e paziente è basato
sulla
fiducia,
ne scelgo uno per tutti, quello fra un ginecologo e una delle sue
pazienti.
Oggi, con questo colossale errore che si sta commettendo, il rapporto
cambierà:
perché sarà sempre più difficile poter incontrare il proprio medico
senza
dover attendere i tempi ospedalieri, perché i servizi delle strutture
pubbliche
non saranno mai al livello di quelle private, perlomeno in tempi
brevi".
Dal
malato al medico. Ibba, dipendente di un istituto, l'Inrca, specializzato
nella
cura dell'anziano, è sicuro: "Con questo ingabbiamento della professione
medica,
alla fine verrà penalizzato il cittadino. Noi saremo obbligati a
ingoiare
tutto: pensate che le linee guida e i protocolli terapeutici sono
stabiliti
dal ministero della Sanità. Stiamo arrivando in tempi strettissimi
alla
cura di Stato, alla diagnosi di Stato. Questo inquadramento militaresco del
personale
della sanità mi spaventa, e mi spaventa soprattutto il consenso che
questa
legge ottiene, questo silenzio assordante che accompagna un'ingiustizia
così
grande". Però la maggioranza dei medici, nove su dieci anche a Cagliari,
ha
scelto
di esercitare la professione privata nelle strutture pubbliche. Come mai?
"La
risposta è molto semplice, paura. Per chi ha scelto l'extramoenia c'è un
atteggiamento
punitivo: questa riforma penalizza la libera professione".
Dal
1981, "Mondino" Ibba è presidente dell'Ordine: "Una scelta di
volontariato,
non
ho mai preso un gettone di presenza". La sua amarezza per questo ribaltone
nel
campo della medicina traspare in ogni passaggio: "Ma cosa importa alla
ministra
di cosa faccio dalle 14 in poi, quando lascio il mio ospedale dopo sei
ore
di duro lavoro? Potrei andare a mettere dischi in un club, o magari mettermi
a
scrivere, oppure - come nel nostro caso - andare in uno studio a fare l'unico
mestiere
che so fare, il medico. Non si può ingabbiare il pensiero, la cultura,
l'esperienza,
la voglia di scoprire nuove cure, di coltivare il rapporto
fiduciario
con i nostri pazienti". Libertà, ma non solo, perché il presidente
dei
medici punta il dito sui grandi nomi prossimi alla fuga: "Tante
professionalità
se ne andranno, la corsa verso le strutture private, anche se
non
convenzionate con il servizio sanitario nazionale, sarà imponente quando si
vedranno
gli effetti reali di questa riforma".
.E.
P.
L'unione
Sarda 09 mar. '00
ESCLUSIVITÀ:
IL TAR DEL LAZIO BLOCCA L'INCOMPATIBILITÀ
Sindacati
divisi sul contratto a premi
ROMA
Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di un gruppo di professori di alcune
facoltà di medicina delle università italiane di sospendere la scelta per
l'incompatibilità fissata dal decreto legislativo al 14 di marzo prossimo. Il
ministero della sanità ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato.
"É
molto grave che in questo Paese, mentre il Governo e il Parlamento varano
importanti riforme, i Tribunali amministrativi regionali ne sospendano l'
applicazione". Questo il commento del ministro della sanità Rosy Bindi
alla decisione del Tar del Lazio.
Intanto
i camici bianchi sono in subbuglio. La pre-intesa siglata ieri per il rinnovo
del contratto dei centomila dirigenti medici e veterinari del servizio pubblico
ha spaccato in due i sindacati di categoria. Dopo 33 ore di trattativa,
l'accordo ha visto la luce ma non tutte le associazioni mediche hanno accettato
la regola dell'esclusivita' di rapporto e ora minacciano scioperi e
manifestazioni a raffica. Cosa prevede l'intesa, che arriva a qualche giorno di
distanza dal rinnovo della convenzione dei medici di base ed e' il primo
contratto del dopo-riforma sanitaria? Il punto nodale e' quello della messa in
pratica appunto dell'esclusivita' di rapporto, un principio che portera' -
commenta soddisfatto il ministro della Sanita' Rosy Bindi - "al taglio
delle liste d'attesa per i cittadini e al miglioramento del servizio".
E'
di 830mila lire nette mensili l'aumento che dirigenti medici e veterinari del
Servizio sanitario nazionale troveranno in busta paga se sceglieranno di
esercitare la libera professione all'interno della struttura pubblica dove
operano (intramoenia) come indennita' di esclusivita' di rapporto, una cifra che
sara' retribuita in forma retroattiva a partire dal gennaio 2000 e in base all'anzianita'
di servizio. A questo incremento si aggiungeranno altre 350mila legate alle
altre voci, per un totale di quasi un milione e duecentomila lire a mese. Per i
primari ci saranno miglioramenti pari a 1,4 milioni in piu' netti al mese, 1
milione a chi ha 15 anni di servizio, 750mila lire a chi ne ha meno di 15 e solo
200mila lire per chi ha un'anzianita' professionale inferiore ai 5 anni. Tutti
gli incrementi, pero', saranno legati a una verifica professionale ogni tre
anni. Quanti sceglieranno di svolgere la libera professione fuori dal Servizio
sanitario, avranno invece una decurtazione dello stipendio e dovranno restituire
parte di quanto hanno gia' ricevuto a partire dal luglio '99.
Ancora:
ci sara' un Fondo che servira' ad assicurare i medici per gli errori commessi
durante il servizio. Con circa 50mila lire che saranno prelevate dallo stipendio
sara' possibile assicurarsi anche per il dolo e la colpa grave.
.
E. M.
______________________________________________________________
Il
Sole24Ore 10 mar. '00
ESCLUSIVITÀ,
BINDI CONTRO I RETTORI
Il
contratto dei medici[]Il ministro passa all'attacco dopo la sentenza del Tar
ROMA"Chiederò
alle Regioni di sospendere le convenzioni con gli Atenei che non creeranno le
condizioni per l'esclusività del rapporto di lavoro dei medici
universitari". Ha rincarato la dose, ieri, il ministro della Sanità, Rosy
Bindi, per contrastare le ordinanze dei Tar del Lazio e dell'Umbria che hanno
sospeso l'esecutività del termine fissato al 14 marzo per l'opzione dei medici
universitari tra il rapporto esclusivo e la libera professione extramuraria. E
all'affondo del ministro gli universitari hanno risposto per le rime. Rinnovando
il duello mai sopito tra Ssn e Università.
Al
Tar Lazio si erano rivolti medici provenienti da 26 Atenei, affermando che
l'obbligo di opzione sarebbe incostituzionale in quanto in contrasto con lo
status giuridico di docenti, e i giudici amministrativi hanno dato loro ragione.
Di diverso avviso il Tar Campania cui si era rivolto un gruppo di medici del
Policlinico della seconda Università di Napoli: i magistrati campani hanno
negato la sospensiva affermando che "al rilevante interesse pubblico
derivante dall'ingresso del nuovo modello ordinamentale, non si contrappone un
pregiudizio grave per i medici universitari chiamati a effettuare la
scelta". Da parte sua il rettore dell'Ateneo napoletano, Mario del Vecchio,
ha deciso di prorogare comunque il termine dell'opzione fino al 5 luglio (data
in cui il Tar Lazio si dovrà pronunciare con una sentenza di merito dopo la
sospensiva già concessa) "per non creare trattamenti disomogenei tra i
medici dell'Ateneo che in parte si erano rivolti al Tar Lazio e in parte al Tar
Campania".
Contro
le Università "ribelli" il ministro ha annunciato provvedimenti
severissimi: "Il Ssn non si può convenzionare con Università che non
accettano l'esclusività di rapporto. Impugneremo le convenzioni delle Regioni
con gli Atenei che non rispetteranno questo aspetto della riforma". Bindi
ha quindi ricordato che il motivo principale dei ricorsi degli universitari si
fonda sul presupposto che l'esclusività non permetterebbe di svolgere i loro
compiti di formazione e ricerca: "Andremo a vedere - ha detto la Bindi -
quanta ricerca e formazione fanno i medici universitari quando operano nelle
cliniche private". A prescindere dall'esito del ricorso al Consiglio di
Stato, la Bindi ha ribadito che le ordinanze del Tar si applicano solamente ai
medici che si sono rivolti ai Tar, e non hanno certo valenza generale.
Dura
la Bindi, ma altrettanto duro nei confronti del ministro il rettore
dell'Università di Siena, Piero Tosi: "Non è giusto mettere all'indice i
medici universitari", ha detto ricordando che il principio dell'esclusività
"è stato accolto e condiviso dai rettori, ma mancano ancora le linee guida
sull'attività libero-professionale e ci sono dubbi sulle modalità del
convenzionamento degli studi e delle cliniche private". Su questo fronte la
Bindi ha assicurato che la settimana prossima sarà discusso dalla Conferenza
Stato-Regioni l'atto di indirizzo e coordinamento che disciplina la libera
professione intramuraria. Già oggi, invece, dovrebbe essere all'esame del
Consiglio dei ministri un correttivo alla riforma ter del Ssn per rafforzare i
poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle Regioni che non adempiono ai
loro compiti.
La
questione delle sospensive per l'opzione dei medici universitari rischia di
ripercuotersi anche sugli ospedalieri. Il sindacato Anaao Assomed ha, infatti,
invitato la Bindi a sospendere le convenzioni in atto con le Università:
"In mancanza di tale provvedimento sarà inevitabile che anche i medici
ospedalieri operanti nelle aziende miste ricorrano al Tar per ottenere il
ripristino di regole omogenee".
Chiara
Bannella
LA
BINDI BOICOTTA I MEDICI RIBELLI "NIENTE CONVENZIONI CON LE UNIVERSITÀ"
ROMA
- "Inviterò le Regioni a sospendere le convenzioni con le università che
non creano le condizioni per l'esclusività di rapporto dei medici universitari
con il Servizio Sanitario Nazionale". E' la ferma presa di posizione del
ministro della Sanità Rosy Bindi.
"Il
motivo principale dei ricorsi al Tar presentati dai professori universitari -
spiega - è che l'esclusività di rapporto non rispetta lo stato giuridico dei
docenti, che devono fare ricerca e formazione. Andremo a vedere quanta ricerca e
formazione fanno i medici universitari quando visitano od operano nelle cliniche
private. Il Servizio sanitario nazionale non sopporterà di convenzionarsi con
istituzioni che non applicano la riforma".
______________________________________________________________
Il
Sole24Ore 9 mar. '00
I
sindacati si dividono: non firmano la Cimo e i primari
ROMA"Non
abbiamo firmato perché non abbiamo alcun obbligo elettorale nei confronti del
Governo e perché il contratto non realizza compiutamente nessuna delle
richieste formulate a suo tempo dall'intersindacale medica". È categorica
la Cimo, il secondo sindacato dei medici dipendenti, che ha "bocciato"
l'intesa raggiunta ieri dalla maggioranza delle organizzazioni rappresentative
dei camici bianchi pubblici. Assieme alla Cimo non hanno sottoscritto per ora
l'accordo i primari dell'Anpo, che ha abbandonato la sede dell'Aran prima della
fine della trattativa, e la Federazione medici. Secondo il coordinatore del
sindacato, Armando Masucci, il contratto darebbe ancora "troppo spazio alla
figura degli ex primari, che con il livello unico sarebbero dovuti scomparire
del tutto, e non contiene il tanto richiesto tavolo di contrattazione
regionale".
Per
il resto, un coro unanime di approvazione.
"Fino
a ieri eravamo parte del sistema, oggi diventiamo protagonisti" ha
affermato Enrico Bollero, segretario nazionale dell'Anaao AssomeD, il maggior
sindacato della categoria. Secondo Bollero, il contratto porta a termine
positivamente la sfida aperta con la riforma ter del Ssn di cui è strumento
operativo. "È un risultato ottimo sia come investimenti, sia come modalità
organizzative -- ha aggiunto - e sfido chiunque, dati alla mano, a dire che
l'obiettivo fissato non sia stato raggiunto".
D'accordo
con Bollero anche il segretario nazionale della Cisl medici, Giuseppe Garraffo:
"Finalmente si può attuare la riforma ter". E anche Umsped
(anestesisti, radiologi e laboratoristi) e Fesmed (chirurghi, ginecologi)
ritengono soddisfacenti gli aumenti economici e la nuova organizzazione del
lavoro.
"È
stato affermato il principio dell'esclusività del rapporto di lavoro - ha
affermato il responsabile nazionale della Fp Cgil medici, Roberto Polillo - ma
la vittoria di cui siamo più orgogliosi è quella dell'equiparazione economica
degli ex assistenti agli ex aiuti: un'operazione per la quale ci siamo battuti
fin dallo scorso contratto".
Anche
i veterinari del Sivemp, per bocca del loro presidente, Aldo Grasselli, hanno
espresso soddisfazione e a coronare il coro di valutazioni positive ci ha
pensato il presidente del Comitato di settore del comparto Sanità, Alberto
Zorzoli, vicepresidente della Regione Lombardia: "Siamo di fronte al
completamento del processo di aziendalizzazione, iniziato con il contratto del
1996", ha affermato.
Valutazioni
ottimistiche anche per l'altro contratto firmato ieri, quello della dirigenza
sanitaria non medica, giudicato più che positivamente da Snabi (biologi,
chimici, fisici), Aupi (psicologi) e Fp-Cgil, fra i principali firmatari
dell'accordo, analogo nei contenuti a quello dei colleghi in camice bianco.
Paolo Del Bufalo
FEDERUNI MEDICINA RISPONDE ALLA BINDI
La Federazione dei Docenti Universitari di Medicina (Feder-Uni Medicina) a
nome di 10.000 Docenti di area clinica
critica in modo deciso le dichiarazioni non veritiere rilasciate ultimamente
dal Ministro Bindi
e si contrappone all' atteggiamento ricattatorio e di sfida che il Ministro
della Sanita' ha assunto non appena appresa la notizia dell'ordinanza del
TAR Lazio che concedeva la sospensiva dei termini per l'opzione per
l'attivita' libero-professionale intra-extramuraria.
Il Ministro Bindi e' in mala fede quando cerca di limitare l'azione critica
e di opposizione esercitata dai Docenti universitari di area clinica e dalle
relative associazioni al solo problema dell'attivita' libero-professionale
intra-extramuraria. Tutti i ricorsi, presentati in questi ultimi giorni da
circa 2000 Docenti appartenenti a 25 sedi universitarie italiane,
contengono, accanto alla richiesta di sospensiva dei termini per l'opzione
intra-extramuraria, elementi di valutazione giuridica di illegittimita',
d'incostituzionalita' e di abuso di potere in settori non di competenza del
Ministero della Sanita', che saranno valutati nel merito dal TAR entro
luglio 2000.
Il Ministro Bindi invece di prendere atto di questa massiva
contrapposizione, anche dal punto di vista giurisdizionale, al "suo"
Decreto(517/99) e di considerare che difficilmente riforme sostanziali
possono essere operative senza il consenso, anche parziale, degli
interessati, ha inondato i mezzi di comunicazione con dichiarazioni non
veritiere e false, che screditano il profilo dei docenti universitari di
area clinica, attribuendo loro la volonta' di lavorare in regime
privatistico "in case di cura dove non e' possibile svolgere attivita'
didattica e di ricerca".
Il Ministro della Sanita' conosce benissimo che il principale ostacolo al
fatto che i Docenti non abbiano potuto fare l'opzione e' rappresentato dalla
mancanza di strutture pubbliche idonee a svolgere,in modo appena decoroso,
un'attivita' libero-professionale intramuraria e dall'incertezza che ne
deriva [ strutture che tra l'altro dovevano essere predisposte fin dal 1992
(D.L. 502)]. Per quanto riguarda le case di cura alcune aziende
ospedaliere hanno creato convenzioni con le case di cura per permettervi
l'espletamento dell'attivita' libero-professionale in regime di ricovero ai
medici ospedalieri e universitari.
Il Ministro Bindi, figura emblematica della sinistra italiana, dovrebbe
avere ben presente che l'esperienza, la competenza, e la cultura che i
Docenti universitari hanno acquisito in anni di studio, di lavoro e di
sacrifici devono essere considerate come elemento sociale, in uno spirito di
servizio per la collettivita', che puo' essere applicato ovunque e in modo
non condizionato in base ad una struttura pubblica o privata.
Il Ministro Bindi ha continuato a fare dichiarazioni che noi riteniamo
ricattatorie ed intimidatorie, come quella di minacciare la sospensione
delle convenzioni con le Universita' (Facolta' di Medicina) qualora non si
creassero condizioni per il lavoro esclusivo (intramurario). Oltre ai
rilievi d'incostituzionalita' e d'illegittimita' al "suo" Decreto, con
queste dichiarazioni, il Ministro ci permette di sospettare che non abbia
sufficiente fiducia nei mezzi giuridici messi a disposizione dalla
Costituzione italiana, come il ricorso al Consiglio di Stato, e voglia
ricorrere a mezzi d'intimidazione e di ricatto, scordandosi forse che,
nonostante tutto, lo stato di diritto caratterizza ancora la nazione italiana.
Pur nel rispetto della carica e figura istituzionale dell'On. Rosy Bindi,
la Feder-Uni Medicina e' decisa ad esercitare una forte e globale azione di
opinione contro la politica di sostegno all'azione "bindiana" , utilizzando
tutti i mezzi a disposizione. In questo particolare momento ritiene di
utilizzare quell'arma che, in regime democratico, e' concessa a tutti ed in
modo particolare ad una categoria di Docenti, non considerata ne' ascoltata,
cioe' quella del voto.
(Feder-Uni medicina)
Roma, 10 marzo 2000
Comunicato stampa
L’intercollegio ha, con grande sconcerto e vivo rammarico, preso atto dalla
stampa delle dichiarazioni rese, in relazione alle sospensive disposte dal
TAR Lazio, dal Ministro della Sanità Rosy Bindi, la quale ha ritenuto di
ribadire le proprie posizioni sulla riforma da lei fortemente voluta
attraverso la pratica dell’insulto anziché, come legittimamente ci si
dovrebbe attendere da un Ministro della repubblica, attraverso il confronto
sul piano del diritto, che è il solo sul quale si sono posti professori e
ricercatori universitari.
Il Ministro accusa infatti l’intera categoria dei docenti universitari di
pensare solo a "garantire un esercizio individualistico e monetizzato della
professione". Sono parole in libertà, che pur essendo obiettivamente
offensive, l’Intercollegio neppure riterrebbe degne di replica se non
pervenissero da una fonte così autorevole.
La categoria dei docenti universitari ha manifestato, coi numerosi ricorsi
proposti al TAR Lazio, il proprio profondo dissenso sui contenuti della
riforma non per mantenere chissà quali rendite di posizione, ma per
rivendicare la propria identità di docenti e ricercatori, che vedono
seriamente compromessa da un impianto della riforma, e in particolare del
D.Leg.vo 517/99 sui rapporti tra Università e S.S.N., che di fatto subordina
totalmente i fini istituzionali della didattica e della ricerca a quelli
dell’assistenza e determina una situazione di grave ambiguità imponendo
contemporaneamente al docente universitario due distinti e opposti
referenti, il Rettore e, contemporaneamente, il Direttore Generale aziendale.
La normativa contestata, che dovrebbe limitarsi a dettare modalità per una
"armonizzazione" delle esigenze della didattica e della ricerca con quelle
dell’assistenza, in realtà va ben oltre, andando a modificare istituti
fondamentali dell’ordinamento universitario con l’obiettivo finale di
omologare il personale medico universitario ai dirigenti ospedalieri, con
una visione "mono-orientata" dell’interesse pubblico.
In ogni caso, sulla validità delle ragioni sottese ai ricorsi dei docenti,
giudicherà la magistratura in base a principi giuridici e non certo in base
alle considerazioni ingiuriose del Ministro, al quale resta la
responsabilità di certe affermazioni.