La sospensiva Tar sul Decreto Bindi

Rassegna Stampa

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ROMA  16 MARZO 2000

 

MOZIONE DEL C.U.N. SULL'APPLICAZIONE DEL D.Lvo n.517/99.

 

la Bindi continua a intimidire con bizzarre interpretazioni giuridiche i

Docenti universitari di area clinica, screditandoli presso l'opinione

pubblica con dichiarazioni false e infanganti. Tutti i Docenti

dell'Universita' italiana dovrebbero difendere la dignita' ed il profilo

accademico dei colleghi delle Facolta' mediche, facendo opinione di netta

contrapposizione al frenetico protagonismo,al dirigismo etico (come ha detto

il Rettore di Firenze Blasi)e alla linea politica del Ministro della

Sanita', che tutti noi vedremo molto bene come Ministro delle pari opportunita'.

 

"Il C.U.N. con parere in data 02.12.1999 e' intervenuto  nel corso

dell'elaborazione del decreto sulla "Ridefinizione dei rapporti tra servizio

sanitario nazionale e Universita' ",  evidenziando in particolare i problemi

concernenti la liberta' di ricerca e d'insegnamento, la questione dello stato

giuridico dei professori universitari di area sanitaria e in generale le

connessioni di sistema che intercorrono tra facolta' di medicina e chirurgia e

universita'.

 

Il C.U.N.  all'atto dell'applicazione del D.Lvo 517/99 riafferma l'interesse

preminente del Paese per un rafforzamento del legame esistente tra facolta'

medica e universita' sede primaria della ricerca scientifica. In questo senso e'

del tutto evidente che per i docenti universitari della facolta' di medicina e

chirurgia esiste un inscindibile nesso tra compiti scientifici, didattici e

assistenziali. Solo cio' consente di formare medici, specialisti e diplomati in

stretto collegamento con lo sviluppo della ricerca innovativa e una sua

applicazione all'assistenza positivamente qualificata nell'interesse della

collettivita'. Analogo discorso deve essere fatto in ordine alla collocazione

giuridica e funzionale del personale tecnico-amministrativo operante nelle

strutture universitarie.

 

Il CUN nel rilevare la sostanziale differenza istituzionale e ordinamentale fra

gli universitari che operano nell'area sanitaria e gli ospedalieri, conferma la

propria contrarieta' a qualsiasi ipotesi che, in premessa o come conseguenza,

abbia per esito una progressiva separazione della facolta' di medicina e

chirurgia dall'insieme dell'universita', con una frattura all'interno dei saperi

e delle formazioni professionali che non puo' non essere considerata 

negativamente.

 

Il CUN ritiene debbano essere utilizzate tutte le forme d'intervento

legislativo, a partire dal provvedimento sullo stato giuridico dei professori

universitari in discussione in Parlamento, al fine d'impedire le paventate

lesioni dell'autonomia universitaria e di attuare pienamente le garanzie

costituzionali a presidio dell'indipendenza della ricerca scientifica universitaria.

 

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Il sole24Ore 16 mar. '00

 

INTRAMOENIA SCELTA DA 9 MEDICI SU 10

 

I dati della Sanità confermano le prime indicazioni ROMABenedetta ieri in prima

persona anche dal premier Massimo D'Alema, la scelta dell'esclusività del

rapporto di lavoro col Ssn dei medici pubblici sta raggiungendo percentuali

bulgare. Il ministero della Sanità ha confermato ieri, mantenendo però una certa

prudenza, che è stata intorno all'85% la percentuale di medici che hanno deciso

di esercitare la libera professione intramoenia. Dati di massima, in attesa di

conoscere le scelte in tutte le Regioni, che però sembrano potersi stabilizzare

assai vicino al 90%: in Veneto si sono messi all'occhiello il "fiore" del Ssn

l'88,2% di medici, in Toscana l'86,3%, in Sicilia si viaggia verso il 90 per

cento.

Di medici, ieri, s'è occupato anche il presidente del Consiglio. Che,

intervenendo a un convegno sulla pubblica amministrazione, non ha esitato a

lodare la prova di fiducia verso il datore di lavoro Ssn mostrata dai medici:

"La premessa del successo della riforma del sistema sanitario sta nel fatto che

l'85% dei medici ha optato per il tempo pieno", ha dichiarato D'Alema

riferendosi all'esclusività. Non senza aggiungere: "Abbiamo investito qualcosa,

ma era giusto premiare i medici, ci mancherebbe altro che noi li avessimo

puniti. Ci sono Paesi - ha concluso - in cui essere servitori dello Stato è

socialmente considerato".

Evidente il riferimento del premier al nuovo contratto nazionale di lavoro che

incentiva fortemente l'esclusività e sul quale la settimana scorsa c'è stata la

pre-intesa tra sindacati (il 72% circa della rappresentatività) e il Governo.

Pre-intesa che ieri i 300 delegati regionali dell'Anaao hanno approvato

all'unanimità, chiedendo "fiducia e pazienza ai cittadini" e dicendosi convinti

che s'è messo in moto un processo di razionalizzazione e di modernizzazione del

Ssn. Ancora a proposito del contratto, va aggiunto che ieri l'Anpo (primari) ha

deciso di firmare "con riserva" l'accordo col Governo.

Soltanto da Toscana e Veneto sono arrivati ieri i dati a consuntivo

dell'operazione-esclusività. In Toscana (opzione per l'intramoenia all'86,3%)

s'è registrato un tasso di adesioni per il Ssn del 72,4% tra gli universitari,

il fronte per altri versi caldissimo dell'esclusività. Valori anche più alti

(88,29%) si sono registrati in Veneto, dove gli universitari hanno optato per il

rapporto di lavoro esclusivo. Opzioni per il Ssn che viaggiano verso il 90%,

invece, in Sicilia, stando almeno alle prime rilevazioni fatte nelle più grosse

strutture ospedaliere locali.

E se la "guerra" delle cifre si va smorzando, non accennano a placarsi, tanto

meno "sotto" elezioni, le polemiche politiche. "L'ordine regna a Varsavia", ha

commentato il responsabile per la sanità di Forza Italia, Antonio Tomassini.

Ricevendo una secca replica dal popolare Antonello Soro, capogruppo del Ppi alla

Camera: "Ma non aveva detto l'opposizione di rappresentare la volontà dei medici

italiani?". Resta il fatto, percentuali a parte, che l'intramoenia andrà

applicata: e gli spazi a oggi mancano, ha fatto notare il Tdm, che ha anche

messo in guardia dal rischio di liste d'attesa a due velocità tra attività

istituzionale e intramoenia a pagamento.

 

R.Tu.

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Il sole24Ore 14 mar. '00

 

SULL'OPZIONE BATTAGLIA A COLPI DI CARTA BOLLATA

 

ROMA È guerra dichiarata tra i medici universitari e il ministero della Sanità.

Pomo della discordia l'opzione tra attività assistenziale intramuraria e quella

extramuraria. Il Tar Lazio, con due ordinanze cautelari, ha rimescolato le

carte, suscitando le ire del ministro della Sanità, Rosy Bindi. Con la prima

decisione del 23 febbraio, il tribunale ha sospeso la lettera con la quale il

rettore dell'Università di Siena ha comunicato ai docenti dell'ateneo di

scegliere tra l'intramoenia e l'extramoenia, stabilendo (si veda "Il Sole-24

Ore" del 25 febbraio) che "va sospesa l'esecuzione di un provvedimento con il

quale si ingiunge ad alcuni sanitari universitari l'esercizio dell'opzione entro

il termine perentorio del 13 marzo, in mancanza della previa individuazione

delle strutture" (il termine è stato in realtà fissato al 14 marzo dal decreto

legislativo 49/2000).

Con la seconda decisione dell'8 marzo (si veda "Il Sole-24 Ore" del 9 marzo), il

Tar Lazio ha accolto il ricorso dei medici appartenenti a 27 sedi universitarie.

La sospensiva sarà operativa fino al 5 luglio, quando i giudici amministrativi

si pronunceranno sulla richiesta di remissione alla Corte costituzionale di

alcune norme contenute nei Dlgs 229/1999 e 517/1999, che regolano l'attività di

formazione e di ricerca dei docenti universitari.

Anche il Tar dell'Umbria ha accolto il ricorso presentato da 40 medici

universitari che lavorano negli ospedali di Perugia e Terni e ha sospeso il

decorso del termine per la scelta tra attività professionale esterna e quella

interna. Il provvedimento - che fa seguito ad altra analoga ordinanza emessa

dallo stesso Tar nel dicembre 1999 - è basato sulla constatazione della

"situazione di incertezza riguardo ai tempi e ai modi della predisposizione di

strutture e misure organizzative idonee a garantire l'effettivo esercizio

dell'attività libero-professionale intramuraria".

Superata, invece, dalla firma del contratto per la dirigenza sanitaria

un'ordinanza del tribunale civile di Verona che l'11 febbraio aveva "disposto la

sospensione dell'efficacia del termine fissato ad alcuni medici degli "Istituti

ospitalieri di Verona" per la comunicazione dell'opzione". In assenza di regole

contrattuali, per il tribunale, non si può pretendere dal medico una scelta "al

buio".

Fr. Ab.

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Repubblica 15 mar. '00

 

BINDI: "PIEGHERÒ LA FRONDA DEI BARONI".

 

Il ministro contro professori e giudici: la riforma va avanti

di MARIO REGGIO

L'ha annunciato ai suoi più stretti collaboratori fin dalla prima mattina:

"Voglio partecipare dall'inizio al convegno sulla salute mentale, peccato che

nel pomeriggio ci sia Consiglio dei ministri". Ma per Rosy Bindi è stato il

giorno di una vittoria personale. Una vittoria conquistata in due anni di

scontri anche duri contro una parte dei medici. Adesso spiega: "Per chi non

vuole l'esclusività del rapporto non rimane che una scelta, quella di svolgere

la propria attività professionale fuori dalle strutture pubbliche. Non ci

saranno circolari o sospensive in grado di fermare la riforma".

Ha sperato fino all'ultimo che sui gradini della direzione dell'ex manicomio di

Santa Maria della Pietà non ci fossero i giornalisti a caccia di novità sugli

sviluppi del braccio di ferro sull' incompatibilità dei medici ospedalieri.

Invece, niente da fare. È stata subito circondata da microfoni, telecamere e

taccuini. "Ne parleremo più tardi", ha tagliato corto salendo al primo piano

dell' edificio, quello che ospitava la direzione del grande manicomio

provinciale di Roma.

E mentre saliva le scale ha confidato ai suoi collaboratori: "Quanto può contare

il ricorso al Tar di un gruppo di medici ribelli, rispetto ai problemi

drammatici della salute mentale? Qui dobbiamo inziare un percorso assieme alle

famiglie dei malati, agli operatori psichiatrici, agli amministratori regionali

per riuscire a dare un'assistenza umana e uniforme a decine di migliaia di

malati che hanno lasciato i lager. Quanto può valere la fronda di una piccola

parte dei professori di Medicina?".

Poi, verso le 11 e mezza, approfittando del break per il caffè, il testardo,

deciso e a volte poco simpatico ministro della Sanità ha risposto ai

giornalisti. E sul suo viso è riapparso il sorriso di chi sa di aver vinto una

dura battaglia, una battaglia iniziata da più di due anni, durante la quale

pochi scommettevano su di lei, la cocciuta donna di Sinalunga, Siena, da sempre

abituata a vivere in situazioni difficili. "Come quando, giovane militante dell'

Azione Cattolica, dovevo confrontarmi con i miei coetanei, quasi tutti

comunisti", raccontò una volta.

È soddisfatta? "Certo che lo sono, oggi è una giornata storica del servizio

sanitario nazionale, alla quale mi pare stiano partecipando con convinzione la

stragrande maggioranza dei medici italiani. Mi auguro che una minoranza di

universitari si convinca che questa è un'occasione storica anche per loro e

anche se non si convinceranno non riusciranno ad impedire questo processo che è

ormai iniziato. Chi ha fatto ricorso farebbe bene a mettersi in ascolto per

capire quello che pensano gli italiani".

Rosy Bindi, adesso, non si trattiene e spiega ancora, come ha fatto spesso in

passato: "La riforma serve a ridurre le liste d'attesa, ma anche per dare

trasparenza all'attività libero professionale dei medici, una maggiore

efficienza del servizio pubblico, per avere medici a disposizione nei luoghi

pubblici della sanità".

Poi, all'improvviso, è scomparsa nel nulla. Assieme al commissario straordinario

del Santa Maria della Pietà, quello che in pochi anni ha messo la parola fine ad

uno dei più grandi manicomi d'Italia, è andata a visitare il "Museo degli

orrori". Ha visitato la camera di segregazione: un letto, le cinghie per

immobilizzare il malato, la camicia di forza e il buco sulla porta di legno, da

dove gli infermieri controllavano che tutto fosse tranquillo. Poi la camera dove

i malati venivano curati con la febbre malarica: tra le gambe veniva sistemata

una gabbietta con le zanzare che avrebbero dovuto infettarli. E di solito il

malato se ne andava in poco tempo.

E proprio al Santa Maria della Pietà si allevavano le zanzare per poi spedirle

negli altri ospedali psichiatrici, convinti che producessero benefici alla

psiche. Rosy Bindi è rimasta sconvolta dalla visita: "Questo padiglione mi

ricorda Auschwitz", è stato il suo commento all'uscita.

Senza nascondere l'emozione è tornata al convegno per l'intervento conclusivo

sui programmi futuri del dopo manicomio. Poi, di corsa, a Palazzo Madama. Al

ristorante un'insalata, al tavolo con alcuni senatori del Ppi. Alle 15 Consiglio

dei Ministri. E con D'Alema la firma dell'errata corrige sul decreto del

rapporto esclusivo, perchè qualcuno si era dimenticato di scrivere che il 14

marzo era il termine ultimo per scegliere.

Dopo un paio d'ore di nuovo al ministero per mettersi in contatto con gli

assessori regionali alla Sanità: "Una situazione molto tranquilla ovunque, la

maggioranza dei medici ha scelto il rapporto esclusivo", ha commentato

soddisfatta. Poi ancora al lavoro, per prepararsi alla registrazione della

puntata di "Porta a porta", dove l'attende l'ennesimo confronto con i medici.

 

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Il corriere della Sera 15 mar. '00

 

A FAVORE DEL "PUBBLICO"

 

"Odioso tutto quel fuggi-fuggi dalle corsie Dal punto di vista economico cambia

poco"

Massimo Martelli, 56 anni, direttore del reparto di chirurgia toracica

dell'azienda Forlanini-San Camillo, la più grande di Roma, dove l'80% dei

medici, lui compreso, hanno optato per l'intramoenia.

Perché questa scelta?

"L'ho compiuta due anni fa, con convinzione. Credo che in un'azienda ospedaliera

si sarebbe creato il conflitto di interessi tra il Martelli dipendente e il

Martelli che va a operare i suoi pazienti in clinica. Trovavo odioso quel fuggi

fuggi dall'ospedale".

Pienamente soddisfatto?

"Ho risolto i problemi di contabilità, ora che fatturo sul bollettario

dell'azienda. Però ritengo ingiusto che nel momento in cui l'azienda non ti

mette a disposizione strutture interne ti obblighi a versare il 5% per ogni

prestazione privata. Io la chiamo tangente".

Dove esercita l'intramoenia?

"Continuo ad operare nella clinica dove lavoravo in privato, ho ottenuto la

convenzione. Preferirei però che tutta la mia attività si concentrasse al

Forlanini. E non credo che il desiderio si realizzerà almeno per i prossimi 6

anni. Faccio prima ad andare in pensione".

Guadagna più o meno di prima?

"Guadagni identici".

Lei però è un chirurgo di fama. Non pensa che il nuovo sistema abbia finito col

danneggiare altri suoi colleghi?

"Al contrario. Pensi a tutti quelli che, pur non svolgendo libera professione o

comunque avendo un giro molto limitato, e so che al Forlanini-San Camillo ci

sono esclusivisti che presentano una fattura ogni 4 mesi, prenderà un milione in

più al mese. Premiato per non fare niente. Soltanto perché non ha tradito il

servizio pubblico".

Lo sa che queste affermazioni la renderanno odioso?

"Lo so bene. Mi farò dei nemici. Ma la gente deve conoscere tutte le verità. Non

solo quelle che fanno comodo".

 

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Il corriere della Sera 15 mar. '00

 

A FAVORE DEL "PRIVATO":

 

"Voglio visitare i pazienti nel mio studio soprattutto

per un principio di libertà"

 

Vincenzo Pegoraro, 54 anni, primario di urologia (ma ora si chiamano dirigenti

di secondo livello) all'ospedale di Rovigo.

Ha scelto l'extramoenia. Perché?

"Per un principio di libertà, innanzitutto. Ma anche perché sono stato costretto

a farlo. L'azienda da cui dipendo non ha attivato le condizioni per poter

svolgere l'intramoenia con le caratteristiche del decreto Bindi".

Non poteva chiedere al direttore generale il convenzionamento dello studio?

"Mi è stato risposto di no. C'è un contenzioso legale in corso. Non me la sono

sentita di fare un salto nel buio".

Lei parla di principi di libertà in generale. Si spieghi.

"Non capisco che differenza passa per il ministro se noi visitiamo i nostri

pazienti dentro o fuori l'ospedale, considerato che quest'attività è confinata

agli orari non istituzionali e quindi non interferisce col lavoro in corsia".

L'obiettivo è fare in modo che l'attività privata del medico non vada a

discapito di quella istituzionale. Tra i suoi colleghi c'è chi predilige

smaccatamente la prima.

"Noi siamo dipendenti, obbligati a rispettare l'orario. Timbriamo il cartellino,

siamo controllati come gli operai in fabbrica. Non credo ci siano buoni

samaritani che restano in corsia anche quando l'orario cui sono tenuti per

contratto è scaduto".

Lei è primario, rinuncia dunque alla carriera, accetterà di essere declassato?

"Ho raggiunto 13 anni fa la figura apicale con concorso pubblico. Provvedano a

fare quello che vogliono. A me non interessa un titolo accademico vuoto di

significato".

Ma cosa succederà a voi, primari infedeli?

"La legge prevede che dovremmo passare da dirigenti di struttura complessa a

struttura semplice. In realtà credo che neppure il legislatore sappia cosa

avverrà in concreto".

 

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Il corriere della Sera 15 mar. '00

 

MALLIANI:"UN'AGGRESSIONE ALL'UNIVERSITÀ È UN PROGETTO BUFFONESCO ".

 

Il clinico Malliani: col tempo pieno guadagniamo un quarto dei francesi

"È un progetto buffonesco". Alberto Malliani, clinico medico milanese,

ricercatore, noto alla comunità internazionale per i suoi studi di cardiologia,

e uno degli universitari che hanno fatto ricorso contro la legge

sull'incompatibilità, non usa mezzi termini e ci tiene subito a precisare:

"Premetto che sono a favore del tempo pieno e sono a favore della sanità

pubblica, ma sono indignato per l'arroganza con cui tutto questo ci viene

chiesto".

Perché parla di buffonata?

"Gli ospedali non hanno strutture per permettere, a chi opta per il tempo pieno,

l'attività intramoenia. Quando non ci sono le strutture, al medico è concesso di

utilizzare il proprio studio, ma lì, volendo, può farne più di Bertoldo. Dove

sta la garanzia etica? Chi controlla quello che succede negli studi? Un altro

esempio. Quando, giustamente, si pretende qualcosa, si deve pagare. E gli

universitari non sono remunerati adeguatamente. Un clinico di Milano guadagna,

con il tempo pieno, un quarto dello stipendio che percepisce un suo collega di

Parigi".

Qual è lo stipendio di un docente universitario con una carriera alle spalle?

"Poco più di sei milioni al mese".

Le sue affermazioni potrebbero dar ragione a chi pensa che i medici universitari

siano "baroni" e pensino soltanto al guadagno e al potere.

"Questo è quello che pensa la Bindi. E dice che non ci sono i soldi. I nostri

parlamentari europei guadagnano più di tutti gli altri. Per loro i soldi non

mancano. È vero che i medici, come del resto i politici, hanno fatto errori, ma

non capisco lo spirito perverso e punitivo di questa legge. Di persone che

lavorano per guadagnarsi uno stipendio e fanno coscienziosamente il loro

mestiere, curando i malati, ce ne sono moltissime. I malati, nelle cliniche

universitarie come negli ospedali, hanno sempre trovato assistenza".

Il ministro Bindi vuole mettere gli universitari sullo stesso piano degli

ospedalieri, e gli universitari si stanno ribellando.

"La legge Bindi è il cavallo di Troia per un'aggressione sistematica

all'università e risponde a una pressione dei sindacati ospedalieri che stanno

livellando la sanità verso il basso. È un progetto che non ha nulla a che fare

con la cultura e con il progresso tecnologico, ma mira soltanto a

un'ospedalizzazione becera. E poi, quando mi sono laureato in medicina, pensavo

di dipendere da un rettore e da un ministro della Pubblica istruzione, ora devo

prendere ordini dal ministro della Sanità, ma nessuno mi ha detto che ho

cambiato padrone".

Sui 9000 universitari italiani, soltanto 2000 hanno fatto ricorso.

"La grande maggioranza dei medici è furibonda, il ministro Bindi ha avuto

soltanto il consenso dei vertici sindacali. Farà un bagno di opposizione. La

Bindi, per picchiare nel mucchio, sta abbattendo la tribù degli aquiloni, di chi

ha cioè un progetto nel cuore: non tiene conto che essere universitari vuol dire

insegnare, fare ricerca e assistenza e ha aperto la caccia libera

all'universitario. All'università non ha riconosciuto il plusvalore

rappresentato dalla ricerca e dalla cultura d'avanguardia".

Che cosa doveva fare?

"Dare più peso al valore accademico e alla cultura. L'università non è nemica

dell'ospedale e, quando vi coesiste, può, anzi, rappresentare la linfa vitale

perché porta attrezzature, metodologie avanzate, un'atmosfera di curiosità,

tutti ingredienti che servono a curare meglio i malati. Si direbbe che il

ministro soffra di provincialismo e non conosca le strutture internazionali che,

invece, dovrebbe cercare di riprodurre in Italia. E non ha mai consultato i

ricercatori italiani di livello internazionale per capire dove sta andando la

medicina. Preferisce parlare con i sindacalisti e simulare un accordo globale

che non esiste".

Adriana Bazz

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La repubblica 16 mar. '00

 

MORETTINI: "COLLEGHI, PENSATE SOLO AI VOSTRI AFFARI MILIARDARI"

 

Morettini, primario a Firenze: "È un'ottima riforma"

FIRENZE (m.bol.) - Ad Antonio Morettini, primario "storico" a Firenze,

gastroenterologo tra i più noti in città, oggi professore a contratto

all'Università, il decreto Bindi piace. E anche parecchio. "E' un'ottima cosa,

bravo ministro, ha fatto benissimo" dice.

Ma i suoi colleghi sono arrabbiati, dicono che l'irreversibilità della scelta

tra extra ed intramoenia è ingiusta.

"Balle. La ragione della rivolta è un'altra, semplicicissima. Questi medici non

vogliono mollare la libera professione perché ci rimettono dai cento milioni ai

quattro miliardi l'anno, a seconda del giro d'affari degli ambulatori che

ciascuno di loro ha. E' un problema rispettabilissimo, ma solo di questo si

tratta. E allora lo dicano chiaramente: noi difendiamo la nostra capacità

economica".

E adesso che succederà?

"Non lo so, spero che vinca la Bindi. So solo, e lo ribadisco, che era l'ora che

una legge imponesse ai medici la scelta se fare la professione dentro o fuori

l'ospedale. E' così in tutta Europa. Un operaio non può lavorare la mattina alla

Fiat e la sera alla Maserati".

Chi si ribella dice che non vuole essere penalizzato sotto il profilo

professionale e della carriera.

"Guardi che anche sotto questo aspetto la riforma non fa una piega. I professori

hanno una convenzione con il servizio sanitario nazionale per fare assistenza

sanitaria all'interno dell'ospedale, accanto alla didattica e alla ricerca che

svolgono per conto dell'amministrazione universitaria. Ma se optano per la

libera professione extramoenia vuol dire che l'assistenza sanitaria la faranno

fuori dalla struttura pubblica. E' normale quindi che questi medici non possano

aspirare al primariato".

Riforma perfetta, dunque, secondo lei?

"Attenzione, i rischi sono nella parte attuativa. Adesso bisogna mettere chi ha

scelto l'intramoenia nelle condizioni di poter lavorare".

 

 

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La repubblica 16 mar. '00

 

CASSANO "NO, QUESTO DECRETO DISTRUGGE L'UNIVERSITÀ"

 

Cassano, psichiatra: "Legge scritta dai sindacati"

ROMA (ma.re.) - Giovan Battista Cassano è professore ordinario di Psichiatria

all'università di Pisa. Ha firmato il ricorso contro il decreto Bindi.

Perché ha deciso di fare ricorso?

"È dal '61 che vivo, come tutti i miei colleghi, una vita monastica per

costruire un'unità di Psichiatria degna di questo nome. Per me non è una

questione di tempo pieno, il problema è che con il decreto si distrugge la vita

universitaria. Ho molti amici tra i medici ospedalieri, ma il mondo

dell'università è un'altra cosa. È una riforma dettata dai sindacati, vale a

dire la parte più arretrata, una copertura per distruggere la ricerca

universitaria. La Bindi decida pure il rapporto esclusivo dei medici, ma lasci

perdere l'università. Queste scelte toccano, caso mai, al ministro Zecchino".

Ma anche Zecchino ha firmato il decreto.

"Ha firmato sotto il ricatto della caduta del governo".

Lei fa anche attività privata?

"Certo. Ma ho fatto ricorso perché ritengo, come altri, di avere il diritto di

svolgere l'attività intramoenia, ma che mantenga la mia università competitiva,

non voglio un'università trasformata in ospedale".

Lei ha vissuto gli anni quando c'era la libera professione in ospedale?

"Sono quarant'anni che faccio il docente, ho vissuto negli anni '60 e '70

quell'esperienza, ed era un casino. Io non voglio fare il controllore dei medici

che fanno l'attività privata in ospedale, chi si assume la responsabilità di

tutto quello che accade all' interno della struttura pubblica? Allora si

proibisca l'attività privata, oppure la si faccia solo fuori. Il nostro compito

è assistere i malati in funzione della ricerca e della didattica. Ora tutti

parlano solo dell'attività dentro o fuori, ma non si discute di una fatto

fondamentale: con questo decreto si abolisce la facoltà di Medicina. Non me la

sento di dipendere dal direttore generale dell'ospedale, perché lui non sa nulla

dell'attività universitaria".

 

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L'Unione Sarda 16 mar. '00

 

CAGLIARI: I CAMICI BIANCHI STANNO CON LA BINDI

 

In linea con resto d'Italia i medici cagliaritani: su 1416, soltanto 135 non

hanno scelto il "pubblico"

Ma sette docenti universitari dell'Asl 8 fanno ricorso al Tar

Nove su dieci, in perfetta media nazionale. Anche dalle nostre parti il medico

va con Rosy Bindi, con la legge di riforma sanitaria voluta dalla ministra:

libera professione in ospedale, chi non ci sta verrà pagato un milione in meno

al mese, ma potrà continuare l'attitività privata nel suo studio. Intanto, sette

universitari che lavorano negli ospedali dell'Asl 8 si sono rivolti al Tar

chiedendo che venga annullato "il regolamento dell'attività libero-professionale

intramuraria e in regime di ricovero" emanato dal direttore generale, Gino

Meloni.

Le tre aziende ospedaliere della città, quindi, sono in linea: i camici bianchi

dipendenti dell'Asl 8, del "Brotzu" e del Policlinico universitario restano

tutti intramoenia, o quasi. Su 1.436 professionisti in attività, solo 135 hanno

detto no alla struttura pubblica. Queste le cifre nel dettaglio, ancora

provvisorie per quanto riguarda l'azienda 8, dove lo spoglio delle cartoline è

quasi alla fine: al "Brotzu" 336 sì e 25 no; al Policlinico 65 sì e 16 contrari;

nelle strutture dell'Asl 8, su 994 medici, fino a ieri 94 avevano scelto la

libera professione fuori dall'ospedale.

"È cambiato poco o nulla", dice Meloni, direttore generale dell'azienda

sanitaria cagliaritana, "oggi il blocchetto delle ricevute porterà il logo

dell'azienda, un valido motivo perché i medici emettano per ogni paziente una

ricevuta. In caso di contestazione, magari di un esposto, a ogni caso dovrà

corrispondere un documento". Altrimenti sarà truffa, con licenziamento in tronco

e fine di una carriera. Finirà, almeno si spera, la curiosa contrattazione fra

il paziente e lo specialista: vuole la ricevuta? In caso di risposta

affermativa, la tariffa subiva un rialzo del 20 per cento, nemmeno fossero state

azioni di Tiscali. Meloni, chi controllerà i medici? "Sarà compito dell'azienda.

I soldi che i cittadini pagheranno allo specialista "ospedaliero", dovranno

essere versati nelle casse della stessa azienda. La quale, a conti fatti,

verserà circa l'ottanta per cento della parcella al medico che ha effettuato la

visita". Negli studi privati, quelli dove l'attività ospedaliera dovrà

necessariamente proseguire per garantire la cura, comparirà il nome

dell'ospedale: "Studio dottor Rossi, per conto dell'azienda sanitaria... ". Il

cittadino sarà tutelato da una tabella, esposta in grande evidenza, con i prezzi

per ogni prestazione.

E chi ha scelto di non lavorare da privato nella struttura pubblica? "Per quanto

ci riguarda", prosegue il manager Meloni, "hanno scelto l'attività extramoenia

soprattutto odontoiatri, oculisti, ortopedici e otorini: non cambierà nulla,

alla fine dell'orario di lavoro in ospedale, potranno fare quello che ritengono

opportuno, ma non potranno lavorare nelle strutture accreditate con il servizio

sanitario nazionale, come cliniche e studi privati convenzionati". Chi ha scelto

il rapporto esclusivo, invece, firmerà in questi giorni un contratto con

l'azienda dove lavora e dovrà essere autorizzato per proseguire l'attività

"fuori". I signori medici che hanno scelto di stare con la ministra si

ritroveranno una busta paga più leggera, circa il 15 per cento in meno rispetto

ai colleghi che hanno scelto il rapporto esclusivo. Fra di loro, non ci sono i

ricorrenti - i professori Marino Cagetti, Bernardo Carpiniello, Giuseppe Casula,

Gian Benedetto Melis, Paolo Puxeddu, Enzo Usai, Claudio Velluti e il primario

Roberto Puxeddu - i quali, rappresentati dall'avvocato Giuseppe Andreozzi,

giudicano illegittimo il provvedimento dell'azienda sanitaria che si riferisce

"a docenti medici che svolgono l'attività in uno studio privato". In pillole: i

docenti dovrebbero svolgere l'attività pubblica nei loro studi detraendo dai

costi il 10% dei guadagni e versando il 25% degli introiti all'azienda. "Tutto

questo - dicono - è un inammissibile balzello". I ricorrenti non sceglieranno la

libera professione perché questo impedirebbe loro di dirigere le strutture

sanitarie delle quali sono responsabili "con grave danno al prestigio personale

del lavoro di ricerca".

Quale lo scopo di questa rivoluzione? "Finirà, almeno spero, il fuggi fuggi

dagli ospedali sverso gli studi privati", pronostica Gino Meloni, "il medico

sarà costretto a essere presente negli ospedali, dove non sarà più così lunga la

lista d'attesa per una visita".

.Enrico Pilia

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L'Unione Sarda 16 mar. '00

 

FRANCO MELONI: "È UN DECRETO FOLLE I PIÙ BRAVI SE NE ANDRANNO"

 

Policlinico universitario: 65 sì e 16 no

Policlinico universitario: anche qui la scelta dei medici in organico ha puntato

verso l'esclusività con la struttura pubblica. Per la precisione su 80 camici

bianchi, 65 hanno optato per il servizio sanitario nazionale. A differenza delle

altre strutture, qui c'è una variante: una dozzina di professionisti hanno

presentato ricorso (come altri 2000 colleghi in tutta Italia) al Tribunale

amministrativo regionale del Lazio. Per ora il Tar ha concesso la sospensiva e

si pronuncerà nel merito il 5 luglio prossimo.

Al di là dei numeri, resta il forte malumore che circola fra i reparti, in testa

quello del direttore generale del policlinico Franco Meloni che sull'argomento

parla chiaro ed esprime forti perplessità: "Siamo davanti a un decreto

sbagliato, una pura follia. Ora il rischio è che i più bravi se ne vadano. Non

solo, ma non riesco neppure a capire perché questo decreto è dedicato al 40 per

cento sul problema della libera professione che è un falso problema, se parliamo

ovviamente di ambulatori e non di cliniche. Sono altre le cose che avrebbero

meritato priorità. In testa la composizione delle piante organiche, i posti

letto e il rapporto fra l'università e il servizio sanitario nazionale".

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L'Unione Sarda 17 mar. '00

 

C.VELLUTI: "L'OSPEDALE CI CHIEDE TROPPO"

 

Intervista a uno dei sette professori che hanno presentato ricorso al Tar

Il clinico Claudio Velluti: resto a malincuore

È uno dei medici in prima linea. Uno fra i "ricorrenti" contro l'Azienda

sanitaria: sette docenti d'oro della sanità cagliaritana. "Se ci penso, questo

sistema non mi conviene più". Claudio Velluti è il principe del gesso, il mago

delle ginocchia, il meccanico al quale rivolgersi quando una caviglia ha bisogno

di un'aggiustatina. Gli sportivi più noti o le persone qualunque, tutti in fila

dall'ortopedico cagliaritano. A lui - e ad altri sei big della sanità locale -

si rivolge anche l'Azienda sanitaria numero 8, che batte cassa con una richiesta

giudicata inaccettabile dai "supermedici": "Il manager ci chiede il 25 per cento

dei nostri guadagni e ci concede di tenerci il 10 per cento per le spese".

Lo scontro fra i cattedratici d'oro e il direttore generale dell'azienda finisce

al Tribunale amministrativo regionale, la battaglia sulle trattenute sarà lunga:

in pratica, su 100 mila lire incassate per una visita nel loro ambulatorio

privato, l'ospedale ne lascia 10 mila ai primari e gli impone di versarne 25

mila allo Stato. Che sia guerra, anche se col fucile scarico, perché i sette

docenti in camice hanno scelto di non abbandonare comunque l'ospedale: "Non

potevamo farlo, restiamo intra moenia, la legge non ci dava altra scelta".

Amareggiato, il professore sottoscrive le dichiarazioni di fuoco del presidente

dell'Ordine dei medici, Raimondo Ibba: "Sì, è una riforma contro la libertà di

cura. Ci accusano di portar via il lavoro dall'ospedale, di favorire le

strutture private, invece in tanti che l'altro giorno hanno scelto di esercitare

la professione in ospedale, lo hanno fatto per paura". Per paura di uno

stipendio preso a spallate dalla ministra Rosy Bindi e di un ostracismo esteso a

tutto il territorio della sanità pubblica.

Velluti, 61 anni, un passato straordinario da atleta, ha accumulato più di 600

ore di lavoro straordinario in ospedale: "Già, e come me anche gli altri sei

docenti che hanno sottoscritto il ricorso al Tar: un messaggio da recapitare a

chi parla di fuggi fuggi verso i nostri ambulatori privati. Tutti sappiamo bene

che quelle ore non mi verranno mai pagate, che nessuno me le riconoscerà".

Potrebbe andar via, Claudio Velluti, oggi che ha le cliniche private che bussano

alla sua porta e quarant'anni di contributi previdenziali dietro le spalle: "Sto

venendo a lavorare gratis". In che senso? "Stando fuori guadagnerei molto di

più, chi ha fatto un'altra scelta so quali cifre si porta a casa e vive

tranquillo. Se lo faccio, se resto in ospedale, significa che mi piace, che ho a

cuore la preparazione dei miei studenti". Potrebbe "tenersi" l'Università e

abbandonare l'ospedale? "Nessuna legge me lo vieterebbe, resterei al mio posto

di direttore della Clinica ortopedica traumatologica dell'Università ma mi

troverei un primario ospedaliero a dirigere il reparto. Seduto a fianco a me,

con tutti i problemi che questa carica sdoppiata comporterebbe". Problemi per

gli studenti, per gli specializzandi, per chi sarà chiamato, domani, a occupare

quelle cariche.

Insomma, Velluti, cosa salviamo di questa contestata riforma della sanità?

"Bisogna chiederlo ai giovani medici, a quelli che non hanno un'attività

esterna: si troveranno un milione in più al mese senza aver chiesto nulla a

nessuno". E per voi, diciamo, del grande giro? "La reazione di nove medici del

mio reparto, su undici, mi fa pensare: sono scappati via, hanno scelto l'extra

moenia, alla fine del loro orario di lavoro correranno nei loro studi privati".

"Caro dottor Velluti, dicono i miei 700 pazienti in lista d'attesa per un

intervento, vogliamo essere operati da lei, solo da lei. Ecco perché io contesto

questa riforma, lo faccio anche per i malati". La parola privacy, sempre di

moda, ricorre in questi giorni fra i corridoi dell'ospedale: "Possibile che

nessuno, al ministero della Sanità, abbia pensato ai pazienti? Mi vengono in

mente quelli di un mio collega, primario di psichiatria, a chi veniva visitato

nel suo ambulatorio privato con la garanzia dell'anonimato: da oggi, invece,

tutti in fila in ospedale, a guardarsi negli occhi fra persone in gravi

difficoltà". È una violazione gravissima della privacy, sostiene Claudio

Velluti: "anche i miei pazienti potrebbero chiedermi un consulto, magari dopo

essere stati visitati da qualcuno dei medici del mio stesso ospedale: chi

garantisce la riservatezza in situazioni come questa?".

A grandi passi, si fanno avanti le due categorie della sanità: in serie A i

ricchi, un gradino più in basso gli altri. "È proprio così: nulla vieta a una

persona che può di pagarsi una visita medica in una struttura privata, come e

quando vuole", dice il primario, "mentre chi non può pagare certe cifre, dovrà

passare in mezzo a cento malati in una corsia d'ospedale, restare in attesa ed

essere visitato da uno specialista che potrebbe non essere quello di fiducia".

Loro, i sette professori, chiedono di eliminare "quell'inammissibile balzello".

Parola al Tar.

.Enrico Pilia

 

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L'Unione Sarda 16 mar. '00

 

IBBA: "COSÌ SI UCCIDE LA LIBERTÀ DI CURA"

 

Il leader dei medici:

Prima cannonata: "Una riforma figlia delle velleità assolutistiche della

ministra". Seconda, decisamente più forte: "Così si uccide la libertà di cura e

si manda a fondo il servizio pubblico". Raimondo Ibba, presidente dell'Ordine

dei medici dal 1981, non sarà un abile diplomatico ma è senza dubbio uno che

parla chiaro: "Il tentativo della Bindi è quello di controllare tutto il

personale medico e di impedire che ogni professionista sviluppi la sua capacità

nel campo della medicina, delle cure e delle diagnosi". Male, malissimo, secondo

il dottor Ibba, sempre peggio: "Il rapporto fra medico e paziente è basato sulla

fiducia, ne scelgo uno per tutti, quello fra un ginecologo e una delle sue

pazienti. Oggi, con questo colossale errore che si sta commettendo, il rapporto

cambierà: perché sarà sempre più difficile poter incontrare il proprio medico

senza dover attendere i tempi ospedalieri, perché i servizi delle strutture

pubbliche non saranno mai al livello di quelle private, perlomeno in tempi

brevi".

Dal malato al medico. Ibba, dipendente di un istituto, l'Inrca, specializzato

nella cura dell'anziano, è sicuro: "Con questo ingabbiamento della professione

medica, alla fine verrà penalizzato il cittadino. Noi saremo obbligati a

ingoiare tutto: pensate che le linee guida e i protocolli terapeutici sono

stabiliti dal ministero della Sanità. Stiamo arrivando in tempi strettissimi

alla cura di Stato, alla diagnosi di Stato. Questo inquadramento militaresco del

personale della sanità mi spaventa, e mi spaventa soprattutto il consenso che

questa legge ottiene, questo silenzio assordante che accompagna un'ingiustizia

così grande". Però la maggioranza dei medici, nove su dieci anche a Cagliari, ha

scelto di esercitare la professione privata nelle strutture pubbliche. Come mai?

"La risposta è molto semplice, paura. Per chi ha scelto l'extramoenia c'è un

atteggiamento punitivo: questa riforma penalizza la libera professione".

Dal 1981, "Mondino" Ibba è presidente dell'Ordine: "Una scelta di volontariato,

non ho mai preso un gettone di presenza". La sua amarezza per questo ribaltone

nel campo della medicina traspare in ogni passaggio: "Ma cosa importa alla

ministra di cosa faccio dalle 14 in poi, quando lascio il mio ospedale dopo sei

ore di duro lavoro? Potrei andare a mettere dischi in un club, o magari mettermi

a scrivere, oppure - come nel nostro caso - andare in uno studio a fare l'unico

mestiere che so fare, il medico. Non si può ingabbiare il pensiero, la cultura,

l'esperienza, la voglia di scoprire nuove cure, di coltivare il rapporto

fiduciario con i nostri pazienti". Libertà, ma non solo, perché il presidente

dei medici punta il dito sui grandi nomi prossimi alla fuga: "Tante

professionalità se ne andranno, la corsa verso le strutture private, anche se

non convenzionate con il servizio sanitario nazionale, sarà imponente quando si

vedranno gli effetti reali di questa riforma".

.E. P.


 

L'unione Sarda 09  mar. '00

ESCLUSIVITÀ: IL TAR DEL LAZIO BLOCCA L'INCOMPATIBILITÀ

 

Sindacati divisi sul contratto a premi

ROMA Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di un gruppo di professori di alcune facoltà di medicina delle università italiane di sospendere la scelta per l'incompatibilità fissata dal decreto legislativo al 14 di marzo prossimo. Il ministero della sanità ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato.

"É molto grave che in questo Paese, mentre il Governo e il Parlamento varano importanti riforme, i Tribunali amministrativi regionali ne sospendano l' applicazione". Questo il commento del ministro della sanità Rosy Bindi alla decisione del Tar del Lazio.

Intanto i camici bianchi sono in subbuglio. La pre-intesa siglata ieri per il rinnovo del contratto dei centomila dirigenti medici e veterinari del servizio pubblico ha spaccato in due i sindacati di categoria. Dopo 33 ore di trattativa, l'accordo ha visto la luce ma non tutte le associazioni mediche hanno accettato la regola dell'esclusivita' di rapporto e ora minacciano scioperi e manifestazioni a raffica. Cosa prevede l'intesa, che arriva a qualche giorno di distanza dal rinnovo della convenzione dei medici di base ed e' il primo contratto del dopo-riforma sanitaria? Il punto nodale e' quello della messa in pratica appunto dell'esclusivita' di rapporto, un principio che portera' - commenta soddisfatto il ministro della Sanita' Rosy Bindi - "al taglio delle liste d'attesa per i cittadini e al miglioramento del servizio".

E' di 830mila lire nette mensili l'aumento che dirigenti medici e veterinari del Servizio sanitario nazionale troveranno in busta paga se sceglieranno di esercitare la libera professione all'interno della struttura pubblica dove operano (intramoenia) come indennita' di esclusivita' di rapporto, una cifra che sara' retribuita in forma retroattiva a partire dal gennaio 2000 e in base all'anzianita' di servizio. A questo incremento si aggiungeranno altre 350mila legate alle altre voci, per un totale di quasi un milione e duecentomila lire a mese. Per i primari ci saranno miglioramenti pari a 1,4 milioni in piu' netti al mese, 1 milione a chi ha 15 anni di servizio, 750mila lire a chi ne ha meno di 15 e solo 200mila lire per chi ha un'anzianita' professionale inferiore ai 5 anni. Tutti gli incrementi, pero', saranno legati a una verifica professionale ogni tre anni. Quanti sceglieranno di svolgere la libera professione fuori dal Servizio sanitario, avranno invece una decurtazione dello stipendio e dovranno restituire parte di quanto hanno gia' ricevuto a partire dal luglio '99.

Ancora: ci sara' un Fondo che servira' ad assicurare i medici per gli errori commessi durante il servizio. Con circa 50mila lire che saranno prelevate dallo stipendio sara' possibile assicurarsi anche per il dolo e la colpa grave.

. E. M.

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Il Sole24Ore 10 mar. '00

 

ESCLUSIVITÀ, BINDI CONTRO I RETTORI

 

Il contratto dei medici[]Il ministro passa all'attacco dopo la sentenza del Tar

ROMA"Chiederò alle Regioni di sospendere le convenzioni con gli Atenei che non creeranno le condizioni per l'esclusività del rapporto di lavoro dei medici universitari". Ha rincarato la dose, ieri, il ministro della Sanità, Rosy Bindi, per contrastare le ordinanze dei Tar del Lazio e dell'Umbria che hanno sospeso l'esecutività del termine fissato al 14 marzo per l'opzione dei medici universitari tra il rapporto esclusivo e la libera professione extramuraria. E all'affondo del ministro gli universitari hanno risposto per le rime. Rinnovando il duello mai sopito tra Ssn e Università.

Al Tar Lazio si erano rivolti medici provenienti da 26 Atenei, affermando che l'obbligo di opzione sarebbe incostituzionale in quanto in contrasto con lo status giuridico di docenti, e i giudici amministrativi hanno dato loro ragione. Di diverso avviso il Tar Campania cui si era rivolto un gruppo di medici del Policlinico della seconda Università di Napoli: i magistrati campani hanno negato la sospensiva affermando che "al rilevante interesse pubblico derivante dall'ingresso del nuovo modello ordinamentale, non si contrappone un pregiudizio grave per i medici universitari chiamati a effettuare la scelta". Da parte sua il rettore dell'Ateneo napoletano, Mario del Vecchio, ha deciso di prorogare comunque il termine dell'opzione fino al 5 luglio (data in cui il Tar Lazio si dovrà pronunciare con una sentenza di merito dopo la sospensiva già concessa) "per non creare trattamenti disomogenei tra i medici dell'Ateneo che in parte si erano rivolti al Tar Lazio e in parte al Tar Campania".

Contro le Università "ribelli" il ministro ha annunciato provvedimenti severissimi: "Il Ssn non si può convenzionare con Università che non accettano l'esclusività di rapporto. Impugneremo le convenzioni delle Regioni con gli Atenei che non rispetteranno questo aspetto della riforma". Bindi ha quindi ricordato che il motivo principale dei ricorsi degli universitari si fonda sul presupposto che l'esclusività non permetterebbe di svolgere i loro compiti di formazione e ricerca: "Andremo a vedere - ha detto la Bindi - quanta ricerca e formazione fanno i medici universitari quando operano nelle cliniche private". A prescindere dall'esito del ricorso al Consiglio di Stato, la Bindi ha ribadito che le ordinanze del Tar si applicano solamente ai medici che si sono rivolti ai Tar, e non hanno certo valenza generale.

Dura la Bindi, ma altrettanto duro nei confronti del ministro il rettore dell'Università di Siena, Piero Tosi: "Non è giusto mettere all'indice i medici universitari", ha detto ricordando che il principio dell'esclusività "è stato accolto e condiviso dai rettori, ma mancano ancora le linee guida sull'attività libero-professionale e ci sono dubbi sulle modalità del convenzionamento degli studi e delle cliniche private". Su questo fronte la Bindi ha assicurato che la settimana prossima sarà discusso dalla Conferenza Stato-Regioni l'atto di indirizzo e coordinamento che disciplina la libera professione intramuraria. Già oggi, invece, dovrebbe essere all'esame del Consiglio dei ministri un correttivo alla riforma ter del Ssn per rafforzare i poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle Regioni che non adempiono ai loro compiti.

La questione delle sospensive per l'opzione dei medici universitari rischia di ripercuotersi anche sugli ospedalieri. Il sindacato Anaao Assomed ha, infatti, invitato la Bindi a sospendere le convenzioni in atto con le Università: "In mancanza di tale provvedimento sarà inevitabile che anche i medici ospedalieri operanti nelle aziende miste ricorrano al Tar per ottenere il ripristino di regole omogenee".

Chiara Bannella

 

LA BINDI BOICOTTA I MEDICI RIBELLI "NIENTE CONVENZIONI CON LE UNIVERSITÀ"

 

ROMA - "Inviterò le Regioni a sospendere le convenzioni con le università che non creano le condizioni per l'esclusività di rapporto dei medici universitari con il Servizio Sanitario Nazionale". E' la ferma presa di posizione del ministro della Sanità Rosy Bindi.

"Il motivo principale dei ricorsi al Tar presentati dai professori universitari - spiega - è che l'esclusività di rapporto non rispetta lo stato giuridico dei docenti, che devono fare ricerca e formazione. Andremo a vedere quanta ricerca e formazione fanno i medici universitari quando visitano od operano nelle cliniche private. Il Servizio sanitario nazionale non sopporterà di convenzionarsi con istituzioni che non applicano la riforma".

 

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Il Sole24Ore  9 mar. '00

 

I sindacati si dividono: non firmano la Cimo e i primari

 

 

ROMA"Non abbiamo firmato perché non abbiamo alcun obbligo elettorale nei confronti del Governo e perché il contratto non realizza compiutamente nessuna delle richieste formulate a suo tempo dall'intersindacale medica". È categorica la Cimo, il secondo sindacato dei medici dipendenti, che ha "bocciato" l'intesa raggiunta ieri dalla maggioranza delle organizzazioni rappresentative dei camici bianchi pubblici. Assieme alla Cimo non hanno sottoscritto per ora l'accordo i primari dell'Anpo, che ha abbandonato la sede dell'Aran prima della fine della trattativa, e la Federazione medici. Secondo il coordinatore del sindacato, Armando Masucci, il contratto darebbe ancora "troppo spazio alla figura degli ex primari, che con il livello unico sarebbero dovuti scomparire del tutto, e non contiene il tanto richiesto tavolo di contrattazione regionale".

 

Per il resto, un coro unanime di approvazione.

 

"Fino a ieri eravamo parte del sistema, oggi diventiamo protagonisti" ha affermato Enrico Bollero, segretario nazionale dell'Anaao AssomeD, il maggior sindacato della categoria. Secondo Bollero, il contratto porta a termine positivamente la sfida aperta con la riforma ter del Ssn di cui è strumento operativo. "È un risultato ottimo sia come investimenti, sia come modalità organizzative -- ha aggiunto - e sfido chiunque, dati alla mano, a dire che l'obiettivo fissato non sia stato raggiunto".

 

D'accordo con Bollero anche il segretario nazionale della Cisl medici, Giuseppe Garraffo: "Finalmente si può attuare la riforma ter". E anche Umsped (anestesisti, radiologi e laboratoristi) e Fesmed (chirurghi, ginecologi) ritengono soddisfacenti gli aumenti economici e la nuova organizzazione del lavoro.

 

"È stato affermato il principio dell'esclusività del rapporto di lavoro - ha affermato il responsabile nazionale della Fp Cgil medici, Roberto Polillo - ma la vittoria di cui siamo più orgogliosi è quella dell'equiparazione economica degli ex assistenti agli ex aiuti: un'operazione per la quale ci siamo battuti fin dallo scorso contratto".

 

Anche i veterinari del Sivemp, per bocca del loro presidente, Aldo Grasselli, hanno espresso soddisfazione e a coronare il coro di valutazioni positive ci ha pensato il presidente del Comitato di settore del comparto Sanità, Alberto Zorzoli, vicepresidente della Regione Lombardia: "Siamo di fronte al completamento del processo di aziendalizzazione, iniziato con il contratto del 1996", ha affermato.

 

Valutazioni ottimistiche anche per l'altro contratto firmato ieri, quello della dirigenza sanitaria non medica, giudicato più che positivamente da Snabi (biologi, chimici, fisici), Aupi (psicologi) e Fp-Cgil, fra i principali firmatari dell'accordo, analogo nei contenuti a quello dei colleghi in camice bianco.

 

Paolo Del Bufalo


FEDERUNI MEDICINA RISPONDE ALLA BINDI 

La Federazione dei Docenti Universitari di Medicina (Feder-Uni Medicina) a

nome di 10.000 Docenti di area clinica

critica in modo deciso le dichiarazioni non veritiere rilasciate ultimamente

dal Ministro Bindi

e si contrappone all' atteggiamento ricattatorio e di sfida che il Ministro

della Sanita' ha assunto non appena appresa la notizia dell'ordinanza del

TAR Lazio che concedeva la sospensiva dei termini per l'opzione per

l'attivita' libero-professionale intra-extramuraria.

Il Ministro Bindi e' in mala fede quando cerca di limitare l'azione critica

e di opposizione esercitata dai Docenti universitari di area clinica e dalle

relative associazioni al solo problema dell'attivita' libero-professionale

intra-extramuraria. Tutti i ricorsi, presentati in questi ultimi giorni da

circa 2000 Docenti appartenenti a 25 sedi universitarie italiane,

contengono, accanto alla richiesta di sospensiva dei termini per l'opzione

intra-extramuraria, elementi di valutazione giuridica di illegittimita',

d'incostituzionalita' e di abuso di potere in settori non di competenza del

Ministero della Sanita', che saranno valutati nel merito dal TAR entro

luglio 2000.

Il Ministro Bindi invece di prendere atto di questa massiva

contrapposizione, anche dal punto di vista giurisdizionale, al "suo"

Decreto(517/99) e di considerare che difficilmente riforme sostanziali

possono essere operative senza il consenso, anche parziale, degli

interessati, ha inondato i mezzi di comunicazione con dichiarazioni non

veritiere e false, che screditano il profilo dei docenti universitari di

area clinica, attribuendo loro la volonta' di lavorare in regime

privatistico "in case di cura dove non e' possibile svolgere attivita'

didattica e di ricerca".

Il Ministro della Sanita' conosce benissimo che il principale ostacolo al

fatto che i Docenti non abbiano potuto fare l'opzione e' rappresentato dalla

mancanza di strutture pubbliche idonee a svolgere,in modo appena decoroso,

un'attivita' libero-professionale intramuraria e dall'incertezza che ne

deriva [ strutture che tra l'altro dovevano essere predisposte fin dal 1992

(D.L. 502)]. Per quanto riguarda le case di cura alcune aziende

ospedaliere hanno creato convenzioni con le case di cura per permettervi

l'espletamento dell'attivita' libero-professionale in regime di ricovero ai

medici ospedalieri e universitari.

Il Ministro Bindi, figura emblematica della sinistra italiana, dovrebbe

avere ben presente che l'esperienza, la competenza, e la cultura che i

Docenti universitari hanno acquisito in anni di studio, di lavoro e di

sacrifici devono essere considerate come elemento sociale, in uno spirito di

servizio per la collettivita', che puo' essere applicato ovunque e in modo

non condizionato in base ad una struttura pubblica o privata.

Il Ministro Bindi ha continuato a fare dichiarazioni che noi riteniamo

ricattatorie ed intimidatorie, come quella di minacciare la sospensione

delle convenzioni con le Universita' (Facolta' di Medicina) qualora non si

creassero condizioni per il lavoro esclusivo (intramurario). Oltre ai

rilievi d'incostituzionalita' e d'illegittimita' al "suo" Decreto, con

queste dichiarazioni, il Ministro ci permette di sospettare che non abbia

sufficiente fiducia nei mezzi giuridici messi a disposizione dalla

Costituzione italiana, come il ricorso al Consiglio di Stato, e voglia

ricorrere a mezzi d'intimidazione e di ricatto, scordandosi forse che,

nonostante tutto, lo stato di diritto caratterizza ancora la nazione italiana.

Pur nel rispetto della carica e figura istituzionale dell'On. Rosy Bindi,

la Feder-Uni Medicina e' decisa ad esercitare una forte e globale azione di

opinione contro la politica di sostegno all'azione "bindiana" , utilizzando

tutti i mezzi a disposizione. In questo particolare momento ritiene di

utilizzare quell'arma che, in regime democratico, e' concessa a tutti ed in

modo particolare ad una categoria di Docenti, non considerata ne' ascoltata,

cioe' quella del voto.

(Feder-Uni medicina)

 

 

Roma, 10 marzo 2000

Comunicato stampa

L’intercollegio ha, con grande sconcerto e vivo rammarico, preso atto dalla

stampa delle dichiarazioni rese, in relazione alle sospensive disposte dal

TAR Lazio, dal Ministro della Sanità Rosy Bindi, la quale ha ritenuto di

ribadire le proprie posizioni sulla riforma da lei fortemente voluta

attraverso la pratica dell’insulto anziché, come legittimamente ci si

dovrebbe attendere da un Ministro della repubblica, attraverso il confronto

sul piano del diritto, che è il solo sul quale si sono posti professori e

ricercatori universitari.

Il Ministro accusa infatti l’intera categoria dei docenti universitari di

pensare solo a "garantire un esercizio individualistico e monetizzato della

professione". Sono parole in libertà, che pur essendo obiettivamente

offensive, l’Intercollegio neppure riterrebbe degne di replica se non

pervenissero da una fonte così autorevole.

La categoria dei docenti universitari ha manifestato, coi numerosi ricorsi

proposti al TAR Lazio, il proprio profondo dissenso sui contenuti della

riforma non per mantenere chissà quali rendite di posizione, ma per

rivendicare la propria identità di docenti e ricercatori, che vedono

seriamente compromessa da un impianto della riforma, e in particolare del

D.Leg.vo 517/99 sui rapporti tra Università e S.S.N., che di fatto subordina

totalmente i fini istituzionali della didattica e della ricerca a quelli

dell’assistenza e determina una situazione di grave ambiguità imponendo

contemporaneamente al docente universitario due distinti e opposti

referenti, il Rettore e, contemporaneamente, il Direttore Generale aziendale.

La normativa contestata, che dovrebbe limitarsi a dettare modalità per una

"armonizzazione" delle esigenze della didattica e della ricerca con quelle

dell’assistenza, in realtà va ben oltre, andando a modificare istituti

fondamentali dell’ordinamento universitario con l’obiettivo finale di

omologare il personale medico universitario ai dirigenti ospedalieri, con

una visione "mono-orientata" dell’interesse pubblico.

In ogni caso, sulla validità delle ragioni sottese ai ricorsi dei docenti,

giudicherà la magistratura in base a principi giuridici e non certo in base

alle considerazioni ingiuriose del Ministro, al quale resta la

responsabilità di certe affermazioni.