DOCENTI RIFORMA CON POLEMICHE
DOCENTI UNIVERSITARI, CAMBIANO LE REGOLE DI LAVORO
UNIVERSITARI L'ORARIO RADDOPPIA - RICERCATORI AD ESAURIMENTO
ATENEI, RINVIATO IL DDL SUI DOCENTI
UNIVERSITA’ RIVOLUZIONE IMPOSSIBILE 
TRELLLE: UN’AUTHORITY PER LE UNIVERSITÀ
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI, PIÙ TASSE PER SALVARE LA RICERCA
TASSE UNIVERSITARIE, STUDENTI PRONTI ALLA GUERRA
DA OGGI STUDIARE COSTA DI PIÙ 
ALGHERO CONTRO UNIVERSITÀ, ALLO SBANDO 400 STUDENTI
LA MORATTI FA STUDIARE LA SCIENZA AEROSPAZIALE
LA SCOPERTA DELL'ANNO È L'ENERGIA OSCURA
SE ATLANTIDE ESCE DAL MITO E DIVENTA STORIA
SICURA COME ORISTANO, VERDE COME SONDRIO 
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I MEDICI DIVENTANO «MANAGER CLINICI»
PRIMARI-MANAGER PER GLI OSPEDALI 
NON BASTA DECENTRARE NÈ FARE OUTSOURCING 
SISTEMA SANITARIO IN TILT «COLPA DI UNIVERSITÀ E ASL»
URGENTE IL PROTOCOLLO FRA UNIVERSITÀ E REGIONE
DALLA REGIONE SEI MILIONI E MEZZO AL POLICLINICO
UN FRONTE COMUNE CONTRO I RICOVERI INUTILI 
NEL POLO RIVOLTA CONTRO SIRCHIA 
ASL IN ROSSO, DIRETTORE LICENZIATO
UNA PROTEINA DI SOIA CONTRO IL COLESTEROLO
BATTEREMO IL CANCRO COL VIRUS DEL RAFFREDDORE
FRATTURE DA OSTEOPOROSI CURATE CON INIEZIONI DI CEMENTO ACRILICO
DAL GRASSO LA FABBRICA PER RIPANTRE LE FRATTURE
MEDICINA LA CURA DELLE INVALIDITA’ 
ITALIANI SEMPRE PIÙ SANI MA PIÙ POVERI 
STRATEGIE DI VACCINAZIONE
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Il Sole24Ore 18 dic. ’03

DOCENTI RIFORMA CON POLEMICHE

CONSIGLIO DEI MINISTRI	Atteso oggi il via libera al Ddl sul riordino dello 
stato giuridico dei professori I rettori: «Servono investimenti - Accademici e 
atenei devono accettare di farsi valutare»

ROMA a Arriva tra le polemiche la riforma della stato giuridico dei professori 
universitari. Oggi il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, presenterà al 
Consiglio dei Ministri il disegno di legge delega per il riordino delle carriere 
degli accademici.
   Il testo introduce diverse novità: il ripristino del concorso nazionale per 
il reclutamento dei docenti, la liberalizzazione dell'attività 
extraprofessionale, la suddivisione della retribuzione in due parti - una fissa 
e una variabile - e il raddoppio da 60 a 120 del numero di ore da dedicare ogni 
anno alla didattica, senza, però, un corrispondente aumento degli stipendi.
   «II testo - ha detto Giuseppe Valditara, responsabile scuola e università di 
An - contiene elementi motto positivi su cui An aveva particolarmente insistito, 
come il ritorno ai concorsi nazionali e la possibilità di incentivazione 
economica per chi fa più ricerca e più didattica. Ho qualche perplessità sul 
raddoppio a costo zero del numero delle ore a carico dei docenti, anche se nel 
disegno di legge sembra esser lasciata alle facoltà la decisione definitiva. 
Andrebbe anche ridotto il periodo massimo di sei anni prima dell'assunzione a 
tempo indeterminato».
Anche Franco Asciutti (Fi), presidente della commissione istruzione del Senato, 
giudica positivi il ritorno al concorso nazionale «l'unico modo - sostiene - per 
eliminare le chiamate nepotistiche nascoste dietro i finti concorsi attuali». Ma 
secondo il senatore sarebbe opportuno «introdurre una carriera a tre livelli: 
ricercatore professore associato, professore ordinario, dove gli avanzamenti 
avvengono non per anzianità, ma per concorsi successivi».
Critica la posizione dei rettori: <Senza un adeguato investimento di risorse non 
è possibile portare avanti la riforma», ha detto Piero Tosi, presidente della 
Crui, la conferenza dei rettori delle università italiane. «Per migliorare la 
qualità dell'università - ha sottolineato Tosi -- serve un piano pluriennale di 
investimenti, oltre a un adeguato impegno dei docenti e degli atenei a farsi 
valutare».
  Un secco "no" alla riforma arriva dall'opposizione. «Il testo non parla di 
valutazione, di premi per i più bravi e di come si garantisce la libertà dei 
docenti», afferma il senatore Luciano Modica (Ds), che si dichiara «sconcertato 
per l'uso della legge delega». Secondo Modica l'attuale sistema di reclutamento 
dei docenti andrà sicuramente modificato ma il ritorno al concorso nazionale 
rappresenta un passo indietro verso un sistema applicato per 18 anni e che non 
ha funzionato». ALESSIA TRIPODI

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Corriere della Sera 19 dic. ’03

DOCENTI UNIVERSITARI, CAMBIANO LE REGOLE DI LAVORO

Con le nuove norme i professori dovranno dedicare alla didattica 120 ore invece 
delle attuali 60 Ma sono comprese anche esercitazioni ed esami
Arriva in Consiglio dei ministri la legge sulla liberalizzazione del rapporto
Benedetti Giulio
ROMA - Arriva in Consiglio dei ministri il futuro (lavorativo) dei docenti 
universitari: professori a tempo pieno oppure un po' professori e un po' liberi 
professionisti. E' la riforma dello stato giuridico, ma la discussione del 
disegno di legge delega che affida al governo il compito di stabilire nuove 
regole per i rapporti di lavoro nel mondo accademico non si annuncia pacata. La 
proposta di Letizia Moratti è rimasta bloccata tre mesi al ministero dell' 
Economia per un approfondimento della liberalizzazione del rapporto di lavoro, 
appunto l' aspetto che fa più discutere. La legge, infatti, annulla la 
distinzione tra tempo pieno e tempo definito. I docenti potranno dedicarsi a un' 
attività professionale senza subire penalizzazioni. Finora solo il 7% dei 
cattedratici ha optato per la libera professione, pagando il minor impegno 
orario - 250 ore l' anno invece di 350 - e i vantaggi della libera professione 
con un tagliomedio di 750 euro al mese in busta paga. Oltre il 90% degli 
accademici invece ha scelto di occuparsi esclusivamente dell' università. Se la 
riforma passerà i professori dovranno riservare alla didattica 120 ore l' anno 
invece delle attuali 60. Ma non si tratta di didattica tradizionale, cioè in 
aula. Nelle 120 ore sono inclusi anche esercitazioni ed esami. Se guardiamo il 
numero delle ore si tratta di un raddoppio. Tuttavia c' è chi fa notare che le 
lezioni vere e proprie alla fine saranno più o meno le stesse. L' impegno 
globale di servizio resta quello del tempo pieno: 350 ore contro le 250 del 
tempo definito. C' è, in sintesi, un aumento dell' impegno, compensato con la 
libertà di dedicarsi all' attività privata. Un' opportunità di cui si potranno 
avvalere soprattutto i docenti delle facoltà scientifiche e di quelle legate 
alle grandi professioni. I professori che decideranno di destinare la maggior 
parte del proprio tempo all' università avranno diritto, oltre allo stipendio, 
anche a un' ulteriore retribuzione contrattata con l' università. La proposta 
sembra scontentare chi, come il professor Nino Luciani, vicepresidente del 
Cipur, uno dei maggiori sindacati dell' università, puntava sulla riforma per 
veder nascere un sistema di carriere fondato su valutazione e merito. Ma viene 
accolta con favore da altri docenti, come il matematico Alessandro Figà 
Talamanca, pentito del «tempo pieno» perché questo tipo di rapporto ha impedito 
a tanti docenti (chimica, fisica, ingegneria, matematica) «modeste attività di 
consulenza utilissime ai fini industriali e per orientare la ricerca». I bandi 
non saranno più fatti dalle singole università. Si torna ai bandi nazionali, 
ogni due anni: tanti posti quante sono le richieste provenienti dagli atenei più 
un venti per cento. Le singole università chiameranno i professori idonei. Gli 
attuali ricercatori sono destinati a entrare in una fascia a esaurimento. 
Verranno sostituiti da giovani assunti con contratti a tempo determinato. Agli 
atenei viene offerta la possibilità di utilizzare un maggior numero di 
professori a contratto. Per i sindacati la riforma porta il rischio di una 
sempre maggiore precarizzazione del personale. G. Ben. 

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Il Sole24Ore 18 dic. ’03

UNIVERSITARI L'ORARIO RADDOPPIA 

Il ministro Moratti intende portare da 60 a 120 le ore di lezione all'anno senza 
prevedere ritocchi alle retribuzioni

Per ordinari e associati ritorna il concorso nazionale - Incerta la sorte dei 
ricercatori - Spazio ai docenti a contratto
ROMA I docenti universitari dovranno lavorare il doppio: l'impegno orario 
annuale passa da 60 a 120 ore. Senza un aumento di retribuzione.
   Arriva come un ciclone la riforma dello stato giuridico dei professori negli 
atenei: domani, infatti, il ministro Letizia Moratti dovrebbe portare al 
Consiglio dei ministri il disegno di legge che delega il Governo a emanare nuove 
norme sul rapporto di lavoro degli accademici.
   Un testo sul quale Moratti ha deciso di spingere al massimo, ma che dovrà 
affrontare un percorso irto di ostacoli, anche perché riserve e obiezioni, su un 
tema così delicato, non mancano mai.
   Il provvedimento, in discussione da mesi al Miur, propone un profondo 
cambiamento del lavoro degli universitari. Raddoppiano, dunque, le ore dedicate 
agli studenti, ma non è previsto un conseguente incremento retributivo.
   Di fronte alle perplessità sollevate per questo tipo di scelta, la risposta 
del ministero dell'Università è stata quella di sancire, con la riforma, la 
completa liberalizzazione dell'attività professionale degli accademici. Una 
sorta di tacito - ma nemmeno poi tanto - indennizzo rispetto alla richiesta di 
aumento delle prestazioni.
   Una scelta, questa, dettata anche dalla tesi che il lavoro extrauniversitario 
dovrebbe qualificare il docente anche sotto il profilo della didattica. Per 
quanto riguarda la retribuzione il testo prevede che oltre a una parte fissa - 
corrispondente allo stipendio attuale del docente ordinario -- ci sia anche una 
parte variabile: è una sorta di premio di merito, legato alle attività in -più 
svolte in ateneo rispetto a quelle ordinarie. Gli incentivi, tuttavia, non sono 
quantificati e conseguentemente non c'è copertura economica.
   Un altro campo minato è quello della sorte dei ricercatori. Sparisce, 
infatti, la cosiddetta «terza fascia» e rimangono soltanto gli ordinari e gli 
associati. Gli attuali ricercatori dovrebbero confluire in un «ruolo a 
esaurimento» dal quale gli interessati potranno accedere alla seconda fascia 
attraverso selezioni «per quote». Insomma, non c'è affatto la garanzia 
automatica di diventare professori associati e si teme il rischio di una forte 
precarizzazione. Di contro, agli atenei è consentito un maggior ricorso 
all'assunzione di docenti a contralto, anche con incarichi di esperti scelti 
all'estero o conferiti d'intesa con le imprese.
   Il disegno di legge rivoluziona anche il sistema di reclutamento: viene 
ripristinato, infatti, il concorso nazionale, che sarà svolto ogni due anni per 
i docenti ordinari e associati.
   Quella che ha deriso di giocare è una tra le scommesse più difficili del 
ministro dell'Istruzione. L'attuale regime risale al 1980 e tutti i tentativi di 
riordino sono stati regolarmente affondati dal fortissimo "partito trasversale" 
dei professori universitari alla Camera e al Senato. Ma proprio in Parlamento ci 
sono ora molte proposte di legge e la Moratti non intende stare a guardare.
MARCO LUDOVICO

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Il Sole24Ore 20 dic. ’03

ATENEI, RINVIATO IL DDL SUI DOCENTI

ROMA a Nulla di fatto al Consiglio dei Ministri per la riforma dei docenti 
universitari. Ieri, infatti, lo schema di disegno di legge sulla delega al 
Governo «per il riordino dello stato giuridico dei professori universitari e 
istituzione del Consiglio superiore per l'istruzione e la scienza» non è stato 
esaminato nella riunione di Palazzo Chigi, pur essendo all'ordine del giorno.
  Il calendario molto fitto dei provvedimenti da esaminare ha portato 
l'Esecutivo a rinviare la discussione su un testo molto importante e delicato, 
che da tempo il ministro Letizia Moratti intende portare avanti. Il progetto è 
frutto di un lungo lavoro svoltosi al ministero dell'Università e affronta un 
passaggio difficile: le attuali norme sui	al 1980 e hanno resistito a numerosi 
tentativi di revisione	che si sono infranti sugli scogli parlamentari, dove il 
partito trasversale degli accademici conta numerosi iscritti.
  La bozza messa a punto dal Miur prevede il raddoppio delle ore destinate alla 
didattica - da 60 a 120 l'anno - senza aumenti retributivi, la liberalizzazione 
dell'attività extrauniversitaria, il ritorno al concorso unico nazionale, 
l’abolizione della terza fascia - i ricercatori - con la creazione di un «ruolo 
a esaurimento», un ricorso più intenso agli insegnamenti a contratto. Il testo 
sarà ulteriormente approfondito negli uffici tecnici del Miur nei prossimi 
giorni. Anche perché Letizia Moratti vuole che il testo sia approvato dal 
Governo il più presto possibile.
M.LUD.

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La Stampa 17 dic. ’03

UNIVERSITA’ RIVOLUZIONE IMPOSSIBILE 

IN CERCA DI CONCORRENZA 
Roberto Perotti IL fallimento dell'università italiana è sotto gli occhi di 
tutti: lo confermano indicatori internazionali della qualità della ricerca, in 
quasi tutti i campi. L'età media di laurea è uno sconvolgente 27,8 anni. Di 
fronte a questo fallimento, il mondo accademico italiano da un lato si preoccupa 
di dettagli secondari e fuorvianti: come strutturare i concorsi (se devono avere 
uno o due idonei), come applicare la riforma del 3+2 (i tre anni di laurea breve 
più i due di laurea specialistica), etc. Dall'altro fa quadrato nel chiedere più 
soldi. Ma l'università italiana non è sottofinanziata rispetto a quella inglese, 
che è molto più produttiva. L'università italiana non ha bisogno né di più 
regole sui concorsi o sulla didattica né di più soldi pubblici, ma di una 
riforma ben più radicale con un solo, semplicissimo ingrediente: la concorrenza. 
Come in tutti i campi, per promuovere eccellenza bisogna premiarla: le 
università devono assumere chi vogliono, senza concorsi, e fissare i salari e le 
incombenze didattiche come meglio credono. Estremizzando: un professore di 
fisica di 30 anni, possibile futuro premio Nobel, deve poter guadagnare cinque 
volte più del professore con 40 anni di anzianità che non ha mai pubblicato un 
lavoro scientifico. Nel sistema attuale molte università userebbero questa 
libertà per pagare a discrezione l'amico o il collega di partito. Oggi chi è 
parte del sistema, gli insiders, ha incentivo ad assumere i peggiori per non 
crearsi concorrenti. Quindi, per fornire gli incentivi giusti, è necessario che 
un’università sia costretta a sopportare le conseguenze di una nomina 
clientelare. Oltre che liberalizzando assunzioni e salari, sono necessari due 
ingredienti ulteriori. Gli studenti devono pagare una quota molto più 
sostanziale del costo dell'università di quanto non avvenga. Questo li 
renderebbe molto più attenti a pretendere un prodotto valido: un'università che 
si ostini a nominare mediocri raccomandati perderebbe studenti e quindi una 
fetta sostanziale dei fondi. A lungo andare, anche gli insiders ne 
risentirebbero, in termini di salari, prestigio e consulenze. Gli studenti meno 
abbienti dovrebbero essere finanziati con prestiti da restituire in base allo 
stipendio percepito dopo la laurea. Il secondo ingrediente è che il 30-40% dei 
finanziamenti statali dovrebbe dipendere dai risultati della ricerca, valutati 
da esperti indipendenti e internazionali, come avviene con successo in Gran 
Bretagna. Così le università sarebbero costrette a competere per i migliori se 
non vogliono vedere le proprie risorse ridursi. Così le università 
inevitabilmente si differenzieranno: alcune eccelleranno in ricerca o in 
insegnamento o in entrambi. Le peggiori scompariranno, come è giusto che 
avvenga. Naturalmente perché tutto ciò funzioni è necessario abolire i concorsi 
e quindi quel vero e proprio giogo - imposto dalle corporazioni - che è il 
valore legale del titolo di studio. E ogni università sarà libera di adottare 
approcci didattici díversi senza dover perdere metà del tempo dei suoi 
professori per riorganizzare i corsi in base alle invenzioni del governo in 
carica al momento. Date queste premesse, quante probabilità ha di vedere la luce 
un sistema simile? Nessuna. Ecco perché un’alternativa per cambiare il sistema è 
la creazione di poli esterni al sistema. Questa è la nostra interpretazione 
della proposta dell'Istituto Italiano di Tecnologia. E’ un'iniziativa rischiosa, 
ma è un rischio che vale la pena correre: gettare più fondi nel sistema attuale 
non produrrà alcun effetto. Anzi, premierebbe chi ha contribuito a creare la 
bancarotta attuale promuovendo in pochi anni migliaia di persone senza 
sufficienti meriti scientifici nell'aspettativa che, come sempre, il 
contribuente avrebbe saldato il conto. aalesina@harvard.edu
roberto.perotti@uni-bocconi.it

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La Stampa 17 dic. ’03

TRELLLE: UN’AUTHORITY PER LE UNIVERSITÀ

PROPOSTA DELL’ASSOCIAZIONE «TREELLE» IN UN CONVEGNO NEL RETTORATO 
L’obiettivo, valutare la bontà di ricerca e didattica degli atenei 
Un’authority nazionale per la valutazione della ricerca e della didattica degli 
atenei. E’ una delle proposte del terzo Quaderno dell’Associazione «TreLLLe» 
presentato ieri nell’aula magna dell’Università, al convegno «Università 
italiana, università europea?» cui ha portato il suo saluto Umberto Agnelli, 
presidente dell’Associazione. Numerosi i dati allarmanti contenuti nel Quaderno, 
che per migliorare l’efficienza degli atenei italiani ne invoca una riforma che 
passa anche attraverso un’iniezione di management e una modifica degli organi di 
governo. Per le università si chiedono però anche più investimenti: la povertà 
di risorse è tale da porre l’Italia agli ultimi posti in Europa. Ad illustrare 
la proposta, nata anche dal raffronto con le università straniere, sono stati - 
dopo un saluto di Onorato Castellino, il presidente della Compagnia di San Paolo 
- il «chairman» del forum Thomas Alexander ed Attilio Oliva, presidente 
esecutivo dell’Associazione, che «è apolitica e apartitica» ed è sostenuta da 5 
fondazioni bancarie tra cui la Compagnia di San Paolo. I dati della ricerca 
partono dall’assoluta insufficienza di fondi (lo 0,8% del Pil investito in 
Italia contro l’1,2 di media europea) e arrivano all’esiguo numero di laureati: 
solo il 42% degli immatricolati italiani, contro il 67% di media dell’Ue e il 70 
nell’Ocse; appena lo 0,4% consegue un dottorato di ricerca, contro l’1,2 
nell’Ue. In questo quadro, ha detto Oliva, «Gli atenei, che gestiscono comunque 
ben 20 mila miliardi di vecchie lire di fondi pubblici, dovrebbero migliorare in 
efficienza di gestione e ottimizzazione delle risorse». Cioè? «Sono governati da 
organi pletorici con una confusione di poteri tra consigli d’amministrazione e 
senati accademici». «Occorre più governo e più responsabilità»: dunque 
bisognerebbe «introdurre una figura di manager, che ricopra un incarico di 
direttore generale, e affidare la gestione a consigli d’amministrazione snelli e 
strutturati in modo da rappresentare anche il contesto esterno agli atenei». 
Indispensabile poi «Un sistema di accreditamento dei corsi di studio, che 
debbono essere certificati a livello ministeriale», e la creazione di 
«un’Authority per le università, un’agenzia nazionale di valutazione, autonoma e 
indipendente, che valuti ricerca e didattica». Compito del ministero fissare gli 
obiettivi generali, distribuendo le risorse con criteri che non solo premino ma 
anche «puniscano» tenendo conto delle indicazioni dell’Authority. Alla 
presentazione del Quaderno è seguita una tavola rotonda con i rettori dei tre 
atenei piemontesi, condotta dal giornalista Piero Bianucci. Rinaldo Bertolino, 
rettore dell’Università, da un lato ha apprezzato le proposte di miglioramento, 
dall’altro ha preso di mira la valanga di numeri dello studio, in cui è 
implicita una dura critica al pianeta universitario: «Non credo che si possa 
ridurre la realtà degli atenei solo in numeri. I metodi quantitativi sono per 
molti versi insufficienti». Bertolino ha poi sottolineato «la necessità di 
portare avanti ogni riforma con la Crui, la Conferenza dei rettori». Del Tin ha 
fatto riferimento all’accusa di autoreferenzialità e ha spiegato che «La cultura 
della valutazione è entrata nella generalità degli atenei»: sotto molti profili 
al Politecnico «Esiste già, ed è affidata a organi esterni, come i referaggi 
internazionali o i tavoli congiunti con studenti, aziende ed enti locali». Se 
Guido Fiegna (Comitato nazionale di valutazione delle università) ha accusato 
gli atenei d’essere refrattari a sottoporsi ad esami («Anche per questo non 
abbiamo mai usato atteggiamenti ispettivi»), dal rettore del Piemonte Orientale, 
Ilario Viano, la sottolineatura di un punto su cui avevano insistito anche i 
colleghi: «Sì alla valutazione, purché siano chiari e condivisi obiettivi e 
criteri».

g. fav.

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L’Unione Sarda 16 dic. ’03

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI, PIÙ TASSE PER SALVARE LA RICERCA

Ipotesi formulata da tre presidi di facoltà dopo i tagli
Da qualche parte i soldi devono saltare fuori. E visto che Roma quest’anno è 
matrigna come poche altre volte e la Regione fa finta di nulla, gli studenti e 
le loro famiglie comincino ad abituarsi all'idea: l'aumento delle tasse non è 
più un tabù. Università di Cagliari 2003, l’anno dell'emergenza. Non solo in 
città, chiaramente: in tutti gli atenei italiani è rivolta contro i tagli 
all'istruzione, contro i budget ridotti all'osso, contro la drastica cura 
dimagrante firmata dai ministri Moratti e Tremonti per i finanziamenti al mondo 
accademico. 
Ma per i sardi la situazione è ancora più buia: da queste parte le celebri 
sinergie con i privati sono poco più di una bella idea, visto il tessuto 
imprenditoriale isolano ha già i suoi problemi. Ci sarebbe la Regione, che 
potrebbe e dovrebbe assumersi una parte degli oneri per l'istruzione dei giovani 
sardi, ma anche questo capitolo è abbastanza sconfortante. Basta dire che pochi 
giorni fa il rettore cagliaritano Pasquale Mistretta ha annunciato che per 
riscuotere i crediti con Villa Devoto si rivolgerà a un avvocato, e chiederà un 
atto ingiuntivo alla magistratura. Ed ecco che resta solo la terza via: tasse 
più alte per gli studenti. 
A indicarla sono tre presidi, preoccupati - come d’altronde i loro colleghi - 
per il futuro buio della ricerca, mortificati per le ristrettezze economiche in 
cui si dibattono le loro facoltà, esasperati da un’emergenza finanziaria che 
arriva proprio mentre la riforma chiede agli atenei sempre più corsi, sempre più 
attività, sempre più impegno. I conti non tornano, non possono tornare. A meno 
che la Regione non firmi il protocollo d’intesa con l’Università - bloccato 
ormai da troppo tempo - e non si chieda qualche euro in più agli studenti che 
frequentano le aule dell’Ateneo cagliaritano. 
«La carenza di fondi è evidente», dice il preside di Giurisprudenza Francesco 
Sitzia. «Tutto il sistema universitario italiano - aggiunge - vive una stagione 
di grandi difficoltà: come risulta dalla relazione del presidente della Crui, la 
conferenza dei rettori, siamo agli ultimi posti per la quota del prodotto 
interno lordo destinato alla ricerca e alla didattica. Naturalmente nel 
Meridione, dove l’apporto dei privati è meno cospicuo, la situazione è peggiore. 
Probabilmente va rivista la politica delle tasse, che a Cagliari sono tra le più 
basse o quasi, oppure deve intervenire la Regione». Simile l’analisi di Gaetano 
Di Chiara, preside di Farmacia: «Non direi tanto che l’Università di Cagliari 
abbia un problema di cattiva gestione, quanto che i problemi nazionali qui si 
riflettono in modo particolare. Ci viene detto che gli atenei devono proporre 
una didattica di alto livello, e sappiamo che perché questo sia possibile serve 
un forte impegno nella ricerca. Eppure - prosegue il professor Di Chiara - 
l’Italia è il fanalino di coda in Europa nella ricerca a lungo termine, e la 
situazione non è certo migliorata con questo governo. Aggiungiamo che in pochi 
anni andrà in pensione un 30 per cento dei docenti, mentre ci viene chiesto di 
attivare sempre nuovi corsi di laurea. Il rettore fa il possibile, ma il fondo 
di finanziamento ordinario serve sostanzialmente a pagare gli stipendi, e il 
rapporto con la Regione - per carenze della politica - non è certo dei migliori. 
Un aumento delle tasse - conclude il docente - può essere una soluzione 
praticabile, a patto naturalmente di offrire agli studenti una formazione che 
aumenti le possibilità di occupazione dopo la laurea». 
Quello del ritocco al contributo chiesto annualmente agli iscritti «è un 
discorso che torna periodicamente», spiega il preside di Lettere Giulio Paulis, 
che aggiunge: «La riforma ha introdotto novità che hanno dei costi: da noi, 
soltanto per fare un esempio, sono previsti i laboratori di informatica. Ma non 
basta crearli, bisogna mantenerli, gestirli. Chiaro che la riforma a costo zero 
è soltanto una favola, ma va detto anche che i finanziamenti per la nostra 
Università quest’anno sono passati da 14 a 8 milioni di euro. Se vogliamo 
davvero offrire alta formazione - e non didattica paraliceale - non possiamo 
mortificare la ricerca. Certo - conclude il professor Paulis - se intanto la 
Regione pagasse gli oltre 8 milioni di euro che da tempo deve all’ateneo sarebbe 
un bel gesto».
Celestino Tabasso 

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L’Unione Sarda 17 dic. ’03

TASSE UNIVERSITARIE, STUDENTI PRONTI ALLA GUERRA

Oggi il Consiglio di amministrazione. I ragazzi: «Congeliamo il contributo di 
facoltà»
È come una mano di poker, ma il gioco scarseggia: tutti passano, tutti vogliono 
vedere quanto puntano gli altri. All’Università, trascurata da Stato e Regione, 
funziona sempre così, con la costante che nessuno ha mai gioco in mano e il 
piatto piange sempre.
Ora tre presidi (Giurisprudenza, Farmacia e Lettere) chiedono un colpo di reni 
ai giocatori più poveri del tavolo, cioè agli studenti: l’aumento delle tasse 
universitarie è inevitabile, dicono, per poter consentire quel minimo di ricerca 
che ancora si fa. Apriti cielo: i rappresentanti degli studenti nel Consiglio 
d’amministrazione sono in rivolta, e già stamattina lo dimostreranno durante la 
riunione dello stesso Cda. Voteranno un emendamento proposto dal Collettivo 
studenti a sinistra, che congeli anche per quest’anno il contributo di facoltà. 
Se passerà la proposta, i ragazzi e le loro famiglie risparmieranno tra i venti 
e i settanta euro, se sarà respinta scoppierà la guerra contro il rettore, 
Pasquale Mistretta. «Siamo contro ogni aumento delle tasse», tuona Matteo Orrù, 
rappresentate di Uniti e liberi (che si ispira a Comunione e liberazione): 
malgrado non gli sia stata proposta la firma dell’emendamento, lo appoggerà 
sicuramente. I rappresentanti degli studenti nel Consiglio di amministrazione, 
insomma, sono pronti a scatenare la rivolta (come accadde nello scorso anno 
accademico) se agli iscritti si chiederà anche un solo centesimo in più.
«Siamo molto critici sui tagli del ministero e sulla miopia della Regione, che 
tutti gli anni diminuiscono i fondi all’Ateneo e fanno in modo che il bilancio 
non sia sostenibile. Nel contenzioso con Stato e Regione», annuncia Giuseppe 
Frau, componente del Cda in quota a Università per gli studenti 
(centrosinistra), «siamo al fianco del rettore, ma siamo pronti a schierarci 
contro se aumenterà le tasse. È assurdo», aggiunge, «che la Regione non paghi 
all’Ateneo i debiti per otto milioni di euro per le prestazioni del Policlinico 
universitario alla cittadinanza».
Non è solo con il recupero dei crediti nei confronti della Regione, secondo 
Valeria Deplano (rappresentante nel Cda del Comitato studenti a sinistra), che 
si può risolvere la terribile crisi di cassa dell’Ateneo. «Dobbiamo stipulare i 
protocolli d’intesa per favorire la ricerca, che significa sviluppo per la 
nostra Isola e per tutto il Paese», suggerisce, «dobbiamo affiancare Mistretta 
nel contenzioso con Stato e Regione, ma anche il rettore deve stare dalla nostra 
parte. Non si può nemmeno parlare di aumentare le tasse». Valeria Deplano 
ricorda che lo stesso rettore «ha contattato nove diversi assessori, chiedendo a 
ciascuno due milioni di euro con un apposito capitolo di spesa: è una battaglia 
che noi studenti condividiamo, anche perché se escludiamo i contributi del 
ministero, siamo noi ragazzi a sopportare il sessanta per cento dei costi del 
nostro Ateneo».
«Una provocazione»: così Matteo Orrù, di Uniti e liberi, legge le dichiarazioni 
dei tre presidi che sollecitano un aumento delle tasse universitarie. «La 
leggiamo come una provocazione nei confronti della Regione. Nel frattempo, per 
spendere meglio i soldi, i presidi dovrebbero controllare qual è la ricerca 
utile e quale quella inutile, perché esiste anche questa. Inoltre, si deve 
controllare quali sono i docenti che rendono più lungo del necessario il 
percorso formativo degli studenti». Si affilano le armi: sulle tasse potrebbe 
scoppiare la guerra.
Luigi Almiento 

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L’Unione Sarda 19 dic. ’03

DA OGGI STUDIARE COSTA DI PIÙ: VIA LIBERA AL CONTRIBUTO DI FACOLTÀ 

il contenzioso Si gioca la partita con la Regione che è debitrice di 8 milioni 
di euro per le prestazioni garantite alle Asl dal Policlinico    
Mano alle tasche: da quest’anno gli studenti universitari iscritti all’Ateneo 
cittadino pagheranno il contributo di facoltà, che sarà compreso tra i venti e i 
settanta euro a seconda del reddito familiare e della facoltà che si frequenta. 
L’ha deciso ieri il Consiglio di amministrazione dell’Università, che ha 
respinto (con sette voti contro undici) un emendamento presentato da Valeria 
Deplano, del Comitato studenti a sinistra, votato anche dagli altri 
rappresentanti degli studenti, da due del personale tecnico-amministrativo e da 
un docente.
Studiare, dunque, anche per quest’anno accademico richiederà sacrifici in più, 
dopo l’aumento delle tasse universitarie deciso esattamente un anno fa tra le 
proteste degli studenti. Costerà di più, ma non troppo di più: il rettore si è 
infatti impegnato formalmente a non aumentare le tasse né per quest’anno né per 
l’anno prossimo. Prezzi inchiodati, insomma, fino a tutto il prossimo anno 
accademico. 
Le novità decise ieri durante il Consiglio di amministrazione dell’Ateneo non 
sono finite. L’assemblea ha infatti stabilito di ridurre sensibilmente le tasse 
per gli studenti fuori sede (accogliendo un emendamento dei rappresentanti dei 
giovani universitari). Un altra decisione importante è quella di creare una 
commissione di cui faranno parte il rettore, i presidi e gli studenti, che 
decideranno i criteri di ripartizione del contributo di facoltà (il gettito sarà 
di seicentomila euro all’anno). Questo denaro dovrà tassativamente essere 
utilizzato per garantire servizi agli studenti, e non, ad esempio, per le spese 
correnti.
Malgrado il piccolo aumento arrivato con il contributo di facoltà, Giuseppe Frau 
(di Università per gli studenti, vicina al centrosinistra) parla di successo: 
"Non abbiamo accettato la provocazione dei presidi di Giurisprudenza, Farmacia e 
Lettere, che in un’intervista all’Unione Sarda avevano chiesto l’aumento delle 
tasse universitarie. Portiamo a casa risultati importanti". Per Valeria Deplano, 
il Consiglio di amministrazione non ha condotto a un successo, ma a una 
sconfitta solo parziale: "L’impegno del rettore di non aumentare le tasse nasce 
proprio dal nostro atteggiamento di opposizione". Per Matteo Orrù di Uniti e 
liberi (vicina a Comunione e liberazione) quella di ieri per il contributo di 
facoltà era una sconfitta annunciata, "ma è importante il fatto che potremo dire 
la nostra sulla ripartizione di quei fondi".
Lo Stato, ha ricordato il rettore Pasquale Mistretta, incide per l’85 per cento 
sul bilancio dell’Università cagliaritana: stanzia 130 milioni di euro, contro i 
10 che provengono dalla Regione e gli 11 rastrellati con le tasse universitarie 
(gli studenti sono 38 mila). Per Mistretta, la partita da giocare ora è proprio 
con la Regione, debitrice per otto milioni di euro nei confronti dell’Ateneo per 
le prestazioni sanitarie fornite, dal Policlinico di Monserrato, ai pazienti 
delle Asl. Il rettore non ha ancora fatto partire il decreto ingiuntivo già più 
volte minacciato: "Per ora mi sono limitato a spedire una lettera, alla quale 
non mi è stata ancora data risposta. Il decreto arriverà dopo. La Regione deve 
onorare il suo debito di otto milioni e fornire altro denaro per garantire il 
funzionamento del Policlinico universitario, che garantisce le prestazioni 
ospedaliere. Soltanto allora, e non prima, si potrà parlare di azienda mista tra 
Ateneo e Regione".
 
Luigi Almiento

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L’Unione Sarda 16 dic. ’03

COMUNE CONTRO UNIVERSITÀ, ALLO SBANDO 400 STUDENTI

Guerra sulla gestione dei corsi: in freezer circa due milioni di euro
Lotta di potere: senza sede Architettura e Scienze del Mare
Braccio di ferro tra Università e Comune sulla nascita della società consortile 
e, a rimetterci, sono gli studenti. Stenta a decollare il consorzio per la 
formazione e i servizi universitari cittadini, un organismo a responsabilità 
limitata composto da Comune, ateneo sassarese e forse anche Provincia, che si 
occuperà dello sviluppo e della gestione dell’Università di Alghero. 
Con l’ente sarebbero dovuti partire tutti quei servizi di cui necessitano gli 
iscritti alle facoltà di Architettura e di Scienze del mare, come nuove aule, 
mensa e casa dello studente. I circa 400 giovani che frequentano i corsi, 
infatti, lamentano i continui disagi di essere sbattuti da una parte all’altra 
della città per le lezioni che, per problemi di natura logistica, vengono tenute 
in diversi locali. 
Gli aspiranti esperti dell’ambiente marino occupano un piano del Pou Salit, nel 
cuore del centro storico, ma condividono il palazzo con i dipendenti comunali, 
visto che al piano terra ci sono gli uffici distaccati dell’amministrazione. 
Gli studenti di architettura, invece, fanno la spola tra la villa Costantino, la 
torre di Sulis e l’ex orfanotrofio diocesano in piazza del Teatro. 
«Conosciamo perfettamente la situazione di disagio degli studenti», ammette 
l’assessore alla Pubblica istruzione Antonello Muroni: «Fosse per noi, il 
consorzio a quest’ora sarebbe già una realtà». Invece è ancora un sogno.
L’appuntamento di fronte al notaio era stato fissato per lo scorso 6 novembre, 
ma all’ultimo momento l’ateneo sassarese si è tirato indietro dando uno stop 
alle trattative. «Ha chiesto la modifica dello statuto Ñ spiega l’assessore Ñ ma 
noi non vogliamo essere trattati come l’ultima ruota del carro. In ogni caso 
avevano tutto il tempo per muovere delle critiche allo statuto, visto che rea 
pronto da mesi. Senza contare Ñ continua Muroni Ñ che il finanziamento regionale 
di un milione e 700mila euro si trova già nelle casse dell’ateneo da luglio». 
Denaro che sarebbe dovuto essere impiegato per migliorare i servizi allo 
studente. Adesso, invece, è tutto da rifare. L’amministrazione dovrà riproporre 
il documento, riveduto e corretto, prima alla commissione consiliare, poi al 
consiglio comunale, infine all’Università per il definitivo bene placet. 
«Tradotto in termini di tempo Ñ avverte l’assessore alla Pubblica istruzione Ñ 
significa che la società consortile non vedrà la luce prima del febbraio 2004». 
Nel frattempo gli studenti dovranno pazientare.
La situazione peggiore è quella della facoltà di Scienze dell’ambiente e 
produzioni marine, ospitata nella sede del Pou Salit, l’edificio del centro 
storico dove i ragazzi dispongono di due aule «non troppo grandi Ñ raccontano Ñ 
e decisamente insufficienti per i tre corsi di studi presenti». Accade quindi 
che gli orari si sovrappongano creando notevoli difficoltà per studenti e corpo 
docente. 
Anche nella facoltà di Architettura gli studenti lamentano una situazione di 
vera emergenza, con le lezioni dislocate tra la sala convegni del chiostro di 
San Francesco, i locali della Villa Costantino (futura sede del museo del 
corallo) dove ci sono i laboratori didattici e di progettazione e l’ex 
orfanotrofio di via Principe Umberto. La sede definitiva sarà l’ex asilo Erminio 
Sella, vicino al porto turistico. Per la ristrutturazione dell’edificio storico 
l’amministrazione ha stanziato 553.188,83 euro, finanziati in parte con fondi 
regionali e in parte con un mutuo presso la Cassa Depositi e Prestiti. L’ex 
scuola materna è tuttora interessata da un intervento di ripristino che avrebbe 
dovuto concludersi entro la fine dell’anno e che invece si protrarrà per alcuni 
mesi a causa di alcuni inconvenienti sopraggiunti in corso d’opera.
Caterina Fiori 

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Il Giornale 17 dic. ’03

LA MORATTI FA STUDIARE LA SCIENZA AEROSPAZIALE

AIla presentazione del canale web spazio, nel salone delle conferenze del Cira 
(Centro italiano ricerche aerospaziali) di Capua (Caserta), c'è il ministro 
della Ricerca scientifica, Letizia Moratti: «L'obbiettivo del canale web spazio 
è quello di affiancare l'insostituibile ruolo della scuola nell'insegnamento 
delle materie scientifiche per offrire spunti ai giovani e ai docenti, 
nell'approfondimento della tematica aerospaziale». Presente Sergio Vetrella, 
Presidente dei Cira, il ministro ha poi rivelato che «il governo ha impiegato 
per il settore aerospaziale nel piano nazionale 2 miliardi 770 milioni di euro. 
Prima investivamo in molti progetti di altri Paesi senza avere nulla in cambio 
oggi lavoriamo in condizioni di reciprocità». E sul canale web, Letizia Moratti 
ha detto ancora: «È necessario mettere a disposizione delle scuole degli 
strumenti innovativi, capaci di catturare l'attenzione dei giovani per 
l'insegnamento delle scienze e della matematica».
[CSpa]

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Il Sole24Ore 19 dic. ’03

LA SCOPERTA DELL'ANNO È L'ENERGIA OSCURA

La più importante svolta 2003 è la dimostrazione della forza misteriosa che 
domina l'Universo
Nella classifica della rivista «Science» molti studi di biologia molecolare e 
medicina - In evidenza le ricerche sui lampi gamma
Un Universo in espansione, mosso da una forza oscura. L'idea, dapprima ritenuta 
bizzarra, che il cosmo fosse composto perlopiù da una materia sconosciuta che 
non emette luce e viene dispersa da un'energia fantasma, si è radicata nel corso 
del 2003. Ed è proprio questo, secondo la rivista «Science» - espressione 
dell'American association for the advancement of science - il più im
portante passo avanti compiuto dalla scienza nell'anno che sta per concludersi.
   Le informazioni raccolte nei mesi passati da un satellite, il Wmap (Wilkinson 
microwave anisotropy probe), e dai telescopi dello Sloan digital sky survey 
(Sdss) avrebbero definitivamente confermato alcune delle più strane ipotesi sul 
destino dell'Universo. Il dibattito tra i cosmologi durava da una decina d'anni. 
Cinque anni fa due gruppi di astronomi erano riusciti a vedere le pallide tracce 
di una forza sconosciuta negli ultimi istanti di stelle che stavano morendo.
   Studiando l'apparente brillantezza di alcuni tipi di supernovae trovarono un 
modo per misurare il tasso di espansione dell'Universo in diversi periodi della 
sua storia. Scoprirono così che il cosmo si sta ancora espandendo, e sempre più 
velocemente, invece di decelerare, come previsto dalla teoria della relatività. 
Un'energia oscura doveva dunque agire in senso opposto alla forza di gravità e 
permettere l'allontanamento delle galassie. Molti astronomi si buttarono alla 
ricerca di una dimostrazione dell'esistenza di questa energia, mentre altri 
rimasero scettici.
  A febbraio Wmap, scandagliando il cosmo delle microonde, ha fornito 
un'immagine dell'Universo bambino, quando aveva meno di 400mi1a anni. Ha 
rilevato cioè una mappa dettagliatissima di quella che è conosciuta come 
«radiazione cosmica di fondo», o «radiazione fossile» un debole calore che 
permea tutto il cosmo ed è la traccia di quando, dopo il Big Bang, la materia 
stava diventando energia. Le piccole fluttuazioni di questa quasi impercettibile 
radiazione hanno rivelato di cosa è composto l'universo. I punti più caldi sono 
le immagini di primordiali zone di plasma denso e compresso, mentre le aree più 
fredde sono lo specchio di regioni di gas rarefatto.
   Analizzando le proprietà di questa radiazione i ricercatori hanno concluso 
che l'Universo è formato solo per il 4% dalla materia che oggi conosciamo. II 
23% sarebbe materia oscura, che gli astrofisici credono sia composta da una 
particella non ancora scoperta, mentre il rimanente 73% è energia oscura. Wmap 
ha anche permesso di determinare l'età dell'universo: 13,7 miliardi di anni, con 
un margine d'errore compreso in poche centinaia di migliaia di anni (prima era 
stimata tra i 12 e i 15), e altre proprietà come il tasso di espansione del 
cosmo e la sua densità.
  Una conferma è arrivata dai ricercatori che hanno esaminato i dati provenienti 
da Sdss, il cui obiettivo era fornire, una mappa di un milione di galassie. A 
ottobre avevano analizzato le prime 250mi1a galassie, osservando come queste 
sono distribuite nello spazio hanno potuto ipotizzare se venivano 
prevalentemente disperse dall'energia oscura o aggregate dalla forza 
gravitazionale. La conclusione è stata la stessa: l'Universo è dominato da una 
forza oscura. Un'ulteriore prova è venuta dall'integrazione dei risultati di 
questi due esperimenti. Ora si cerca di capire di cosa sia fatta l'energia 
oscura e cosa possa dirci sulla nascita e sull'evoluzione del cosmo. Un'ipotesi 
è che questa forza sconosciuta a un certo punto possa provocare una morte 
repentina e violenta dell'Universo.
   Sono però la medicina e la biologia molecolare le vere protagoniste della 
classifica di Science delle dieci più importanti scoperte scientifiche del 2003 
(la rivista ha valutato l'impatto che possono avere sulla società e sullo 
sviluppo della conoscenza). Sei dei nove posti mancanti sono infatti occupati da 
studi che coinvolgono le scienze della vita. Le ricerche sulla base genetica 
delle malattie mentali o i nuovi farmaci antitumorali (si vedano le due schede 
in alto), ma anche le nuove informazioni raccolte su minuscoli frammenti di Rna 
(molecole che servono a tradurre le informazioni contenute nel Dna in proteine, 
le molecole "operaie" che trasformano le istruzioni in azione) scoperti lo 
scorso anno. Sembrerebbero coinvolti nella modulazione dell'espressione dei geni 
e avrebbero una funzione di guida nello sviluppo embrionale. La speranza è di 
utilizzare le loro capacità di controllare la produzione di alcune proteine per 
combattere malattie come l'Aids e l’epatite.
   Importante anche lo studio che ha mostrato che anche il cromosoma Y, quello 
che hanno solo i maschi, ha i geni in doppia copia e dunque se si sviluppa una 
mutazione ha a disposizione un gene "gemi corretto e la scoperta che le cellule 
staminali embrionali dei topi possono trasformarsi in uova e spermatozoi: 
permetterà di capire qualcosa di più sullo sviluppo delle cellule sessuali e su 
certi tipi di infertilità, ma l'eventualità che le staminali erri possano un 
giorno trasformarsi in sorgenti di uova umane ha sollevato diverse problematiche 
etiche.
   A metà tra biologia molecolare e fisica gli studi che hanno permesso di 
osservare la "vita indaffarata" di alcune molecole dentro le cellule. Sono stati 
così studiati motori molecolari, come la proteina miosina, sviluppate etichette, 
chiamate quantum dots, minuscoli cristalli di semiconduttori legati ad anticorpi 
capaci di attaccarsi a certi recettori e brillare per 20 minuti se eccitati 
dalla luce laser, e ancora sono state stabilite le, costanti chimico-fisiche di 
un enzima che digerisce una singola molecola di Dna.
  Dopo due anni di dibattito è stato dimostrato che certi materiali possono 
essere costruiti per curvare le onde elettromagnetiche nelle direzione opposta a 
quella tradizionale (hanno un indice di rifrazione negativo) come ipotizzato nel 
'64 da un fisico russo. Questi materiali sono quindi stati usati per produrre un 
effetto Doppler inverso e si sta lavorando per creare lenti che generino minore 
distorsione.
  Nella top ten anche un'altra notizia di astronomia: la conferma che i lampi 
gamma, le più tremende esplosioni di energia di tutto l'universo, sono collegate 
alle supernovae, alle implosioni di stelle dalla grande massa a formare buchi 
neri o dense stelle a neutroni. 1E infine il cambiamento climatico. Nel 2003 il 
riscaldamento globale non i: stato più, solo un concetto astratto: ricercatori 
hanno riportato lo scioglimento dei ghiacciai, inusuali siccità legate al 
riscaldamento degli oceani, ridotta prod-uttività delle coltivazioni e un 
comportamento alterato di animali e piani:e, che starebbero migrando per 
adattarsi alle mutate condizioni ambientali.
LARA RICCI

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La Repubblica 19 dic. ’03

SE ATLANTIDE ESCE DAL MITO E DIVENTA STORIA

IL SUCCESSO DEL LIBRO DI FRAU 
PAOLO MAURI
L’ultimo evento risale a pochi giorni fa: al Suor Orsola Benincasa si è tenuta 
una tavola rotonda con cinque antichisti per discutere la tesi avanzata da 
Sergio Frau nel suo libro-inchiesta sulle colonne d'Ercole, edito da Nur Neon. 
Come i lettori di Repubblica ricorderanno (il nostro giornale ha anticipato le 
parti salienti del libro) si tratta né più né meno di una vistosa correzione 
alla geografia in uso dal Medio Evo in qua. Dante pone infatti le Colonne a 
Gibilterra, ma questo comporta (sto riassumendo alla buona), una stupefacente 
lettura dei testi antichi: risultano infatti tutti sbagliati, con città e luoghi 
di cui non si trova alcuna traccia archeologica o almeno documentaria.
    Frau ha spostato le Colonne al Canale di Sicilia e improvvisamente tutto il 
puzzle della geografia antica è tornato al suo posto: le città, gli dei, il 
problema della navigazione... Rileggendo Platone alla luce della tesi avanzata 
da Frau si risolve persino il problema di Atlantide. Altro non sarebbe che la 
Sardegna, passata attraverso autentici cataclismi. Ma all'autore non preme 
affatto mettersi nella lunga schiera dei cercatori di Atlantide, genere 
prediletto dai fanta archeologi, molto di più gli preme la verifica di quanto ha 
scoperto. Nei pochi mesi che ci separano dall'uscita del libro, che è già alla 
sesta ristampa con circa ventimila copie vendute, non poche per un tomo di oltre 
seicento pagine e zeppo di citazioni, le conferme non sono mancate.
  Per Luis Godart, che è un celebre archeologo, l'inchiesta di Frau «lancia una 
teoria rivoluzionaria... e costringe chiunque a ripensare molte delle certezze 
che riguardano gli studi in corso». Per il geologo del Cnr Mario Tozzi il libro 
è «per molti aspetti clamoroso».
    È già clamoroso, aggiungiamo noi, che il lavoro di un giornalista sia stato 
preso così sul serio dall'Accademia in genere gelosa dei suoi territori, ma qui 
tutto è documentato e l'ipotesi viene appunto consegnata nelle mani di coloro 
che per mestiere si occupano di geografia e di storia antica perché dicano la 
loro.
  La rivista Diogene sta appunto per pubblicare nel suo numero 2004, un dossier 
sulle Colonne d'Ercole di Frau con contributi di Andrea Carandini, Luciano 
Canfora, Sergio F. Donadoni, Jean Bingen e Vittorio Castellani.
  Castellani, che è un astrofisico della Normale di Pisa, aveva scritto anni fa 
un libro in cui collegava il discorso di Platone su Atlantide con l'innalzamento 
dei mari alla fine dell'ultima glaciazione che avrebbe provocato la sommersione 
di vasti territori popolati. Proprio quel libro aveva spinto Frau a condurre la 
propria inchiesta e oggi Castellani definisce il lavoro di Frau incredibile per 
i risultati raggiunti e perla mole di dati accumulati. Castellani aveva posto 
Atlantide nelle Isole Britanniche ma dopo aver letto Frau si è convinto di aver 
sbagliato. «Di colpo tutto si fa chiaro e in particolare si fa chiaro quanto 
Platone dice nel Timeo di Atlantide: "perché davanti a quella foce che viene 
chiamata come dite, le Colonne d'Eracle, c'era un'isola... e a coloro che 
procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a 
tutto il continente che stava dalla parte opposta intorno a quello che è 
veramente mare". Passo che ha formato la croce di tutte le collocazioni di 
Atlantide, e che mal si attaglia, e con fatica, anche all'ipotesi delle isole 
britanniche. Tutto invece pare ora diventare chiaro. Al di là del canale di 
Sicilia c'è Atlantide-Sardegna, e al di là ancora altre isole sino ad arrivare 
al continente che, dall'Italia alla Spagna ed alle coste africane davvero 
circonda un mare: il Tirreno Mediterraneo». Insomma, se tutto è vero, Atlantide 
esce dal mito e diventa storia, perché poi la Sardegna nella sua realtà 
archeologica è ancora poco studiata. L'inchiesta di Frau è stata alla base di 
due speciali televisivi e l'impressione è che più si procede negli studi e più 
se ne discuterà.

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Corriere della Sera 19 dic. ’03

SICURA COME ORISTANO, VERDE COME SONDRIO 

E' questo il mosaico della «città ideale»
L' occupazione di Bolzano, il tempo libero di Firenze e Bologna, i soldi di 
Milano Isole di felicità al Sud: meno suicidi a Napoli. Ma nessuna libreria a 
Vibo Valentia
Abbiamo riletto l' indagine dell' Università La Sapienza sui dati Istat. Alla 
ricerca di un centro urbano che raccolga tutto il meglio
Conti Paolo
L' Italia dei grandi agglomerati urbani abbonda di contraddizioni: un posto 
ricchissimo di isole pedonali (Verbano) deve suggerire un' indicibile atmosfera 
di tristezza o di insoddisfazione, se è vero che le coppie si separano e 
divorziano assai più che altrove. O quella stessa città dove quasi nessuno si 
suicida (ovviamente l' assolata Napoli, tipica conferma di un luogo comune) 
obbliga però i propri abitanti a vivere ammassati su un chilometro quadrato. Per 
creare una «città ideale» italiana (citando la tela attribuita a Piero della 
Francesca e conservata a Urbino, un irripetibile sogno rinascimentale) non resta 
che ricorrere a un puzzle fantastico composto dai mille pezzi di altrettante 
città, scelti dal rapporto 2003 sulla qualità della vita in Italia curato dall' 
università «La sapienza» di Roma in base ai dati Istat per il quotidiano Italia 
Oggi. Belluno vince l' oscar 2003 in base alla media dei punteggi complessivi. 
Ma navigando nella ricerca si scoprono tante Italie-record. AFFARI A BOLZANO - 
Tutte le medie di natura affaristica premiano Bolzano che ha soprattutto il più 
basso tasso di disoccupazione (1,9%) e il minor importo di protesti per abitante 
(11,71 euro) nonché il tasso di occupazione (58,4%) più alto. Ma, attenzione, il 
maggior numero di imprese ogni 100 abitanti è di Grosseto (13,88). E adesso, 
ancora una volta attenzione, non è vero che Nord e Centro siano sinonimi di 
affidabilità. Chi vuol evitare di fallire deve infatti radicarsi a Sud, in quel 
di Enna, provincia che totalizza il minor numero di fallimenti (0,69) ogni 
diecimila abitanti. Prato offre invece il più alto numero (370,38) di clienti 
corporate banking sul totale delle imprese. SONDRIO ECOLOGICA - Sondrio, città 
ricchissima di piste ciclabili (80,69 metri per abitanti) guida la classifica 
della qualità ambientale. Ma ad Arezzo troverete la più bassa percentuale di 
PM10, le polveri sottilissime derivate dall' inquinamento. Sassari e Vibo 
Valentia non hanno nitrati nelle acque potabili. Ascoli Piceno consuma solo 
127,30 litri pro capite rispetto all' acqua erogata. L' ordinata Isernia produce 
appena 264 chili di rifiuti urbani l' anno. Potenza è la capitale del risparmio 
di energia elettrica (solo 779 Kilowattora l' anno a persona). Verbano vanta 
2,75 metri di isole pedonali a testa e guida la classifica della raccolta 
differenziata dei rifiuti solidi, il 52,13%. Siena, per fortuna dei beni che 
conserva, va fiera dei suoi 31,68 metri quadrati di zone a traffico limitato per 
abitante. ORISTANO SENZA RAPINE - Per vivere tranquilli stabilitevi a Oristano, 
serenissimo capoluogo sardo quasi privo di malviventi da strada dove si 
registrano appena 7,19 scippi e borseggi ogni centomila abitanti (a Bologna, per 
capirci, sono 1.199). Enna sorprende con i suoi 13 reati di droga ogni centomila 
abitanti (contro i 912 di Pistoia) e ancora Enna, con Nuoro, registra zero reati 
di prostituzione. A Pavia quasi nessuna violenza sessuale (0,81 ogni centomila 
abitanti) mentre Asti, La Spezia, Prato e Rieti non registrano atrocità sessuali 
sui minori. Altre utili segnalazioni per chi vuole cambiare vita: zero tentati 
omicidi ogni centomila abitanti ad Aosta, Biella, Isernia, Massa-Carrara. Per la 
cronaca a Reggio Calabria sono 10,83. CASERTA FELICE - La città della reggia 
borbonica forse avrà poca attitudine alla raccolta differenziata dei rifiuti 
(87° posto nella classifica) ma garantisce spensieratezza ai suoi abitanti. L' 
allegrissima Napoli esorcizza la morte e guida le classifiche del minor numero 
di tentati suicidi e di suicidi riusciti ogni centomila abitanti 
(rispettivamente 1,08 e 2,35%, e guarda caso l' ecologica Sondrio è in coda in 
entrambi i casi). A Enna si divorzia e ci si separa pochissimo (7,83 casi ogni 
diecimila famiglie, mentre nella Verbano delle isole pedonali si supera quota 
85). A Crotone si muore di tumore meno che altrove. A Massa-Carrara sono appena 
10 i minori denunciati ogni centomila cittadini. BOLZANO FERTILE - Bolzano resta 
la città più attiva dal punto di vista demografico. Ma ancora la serena e 
sorprendente Napoli registra il più alto numero di nati vivi ogni mille 
residenti (12,39) mentre l' accogliente Pescara totalizza ormai 48,15 immigrati 
ogni mille residenti. Si muore complessivamente poco a Terni (11,87 decessi ogni 
mille persone mentre a Biella sono 35,22) e da Lecce non emigra più nessuno 
(7,37 casi ogni mille residenti mentre a Catania sono 15,42). Se amate l' 
isolamento partite per Aosta: 36,84 residenti ogni chilometro quadrato. La 
felicità di Napoli ha come sfondo il rumore: lì gli abitanti nello stesso spazio 
sono addirittura 2.619. AOSTA, OVVERO L' ORDINE - Se la vostra ambizione è una 
vita senza troppi intoppi burocratici partite per Aosta che offre il top dei 
servizi. Per ammalarsi l' ideale è Pavia (7,23 posti letto ogni mille abitanti) 
oppure Palermo con 59,97 medici ospedalieri ogni cento posti letto. A Trento 
avrete l' imbarazzo della scelta tra gli sportelli bancari aperti (102,97 ogni 
centomila abitanti). In quanto ai vostri figli sappiate che a Gorizia una scuola 
media ha solo 18,49 alunni per classe mentre Vercelli può disporre di 10,87 
professori ogni cento studenti nella media superiore. TEMPO LIBERO A FIRENZE - 
In quattro città - Firenze, Livorno, Rimini, Bologna - è molto piacevole 
disporre di tempo proprio perché le offerte abbondano e la gente spende 
volentieri. Bologna sborsa 26 euro l' anno a persona per spettacoli sportivi, i 
colti veronesi (per l' Arena? Sembrerebbe proprio di sì) ne tirano fuori ben 
42,77 per teatro e musica. Un bolognese investe 21,75 euro l' anno per andare al 
cinema mentre Rimini abbonda di cinema e palestre (5,83 e 21,87 ogni centomila 
cittadini). Gorizia è il regno delle librerie e va in controtendenza rispetto 
all' Italia: 13,10 negozi ogni centomila abitanti (il record negativo appartiene 
a Vibo Valentia che, secondo i dati 2002, non ne ha nessuna). I SOLDI DI MILANO 
- Nessuno mette in discussione il primato di Milano per quanto riguarda la 
ricchezza coi suoi trentamila euro lordi a testa: a Crotone ne arrivano solo 
11.195. E lo stesso vale per i depositi bancari (23.990 a testa, in media, segue 
Roma con 16.920) e per le pensioni (in media 817 euro, dietro c' è sempre Roma 
con 749). Però comprare casa a Taranto non è un suicidio economico con i 617 
euro al metro quadrato richiesti mediamente a un possibile acquirente. Citiamo 
il caso di Venezia, immenso museo all' aperto, solo per amor di contrasto: 
comprare casa sulla laguna significa immaginare una spesa almeno di 3.525 euro a 
metro quadrato. Due opposti bagnati, guarda caso, dallo stesso mare Adriatico. 
Il bel paradosso delle mille possibili Italie. Paolo Conti 

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Il Sole24Ore 20 dic. ’03

I MEDICI DIVENTANO «MANAGER CLINICI»

ROBERTO TURNO
ROMA - Addio al direttore generale manager monocratico. Nelle aziende sanitarie 
si fa largo il «potere clinico», con un medico a suo modo super manager: il 
«Coordinatore clinico aziendale». Ma oltre a poter mettere il bavaglio ai loro 
Dg, i camici bianchi del Ssn conquistano il possibile allungamento dell'età 
pensionabile fino a 70 anni, che per i baroni universitari potrà arrivare a 72 
anni. Superate le ultime incertezze, soprattutto dell'Economia, il Consiglio dei 
ministri ha dato ieri disco verde all'annunciato disegno di legge proposto dal 
ministro della Salute, Girolamo Sirchia, che reca «Principi fondamentali in 
materia di Servizio sanitario nazionale». Il Ddl (anticipato da «Il Sole-24 Ore» 
del 18 dicembre) passerà in gennaio anche al vaglio della Conferenza Stato-
Regioni. Solo a quel punto, dopo un nuovo passaggio a Palazzo Chigi, potrà 
sbarcare in Parlamento. E qui, chissà, arricchirsi di altri contenuti: il piatto 
forte è la reversibilità della scelta sull'esclusività di rapporto. Argomento 
incandescente, sia per le note (e permanenti) resistenze delle Regioni (e di 
Tremonti), sia per l'incrocio che vi sarà da gennaio in poi con il possibile 
avvio delle trattative per il rinnovo del contratto della dirigenza, medica e 
non. L'addio ai Dg super manager. Correggere «disfunzioni e abusi» provocati dal 
«potere monocratico» dei direttori generali, che ha accentuato «la sostanziale 
emarginazione della dirigenza medica e sanitaria nel governo delle attività 
cliniche»: questo l'obiettivo dichiarato dalla relazione che accompagna il Ddl. 
Che intanto, in ossequio al federalismo, precisa che spetta alle Regioni 
disciplinare il rapporto di lavoro della dirigenza medica e sanitaria. I 
«principi fondamentali» intendono così assicurare il diretto coinvolgimento dei 
medici e dei dirigenti sanitari nelle scelte strategiche e di governo delle 
aziende. Ma, insieme, garantire «trasparenza ed equità» nella selezione, con 
concorsi veri e non fittizi (come accade), e nella valutazione dei dirigenti. 
Fulcro del cambiamento sarà il Coordinatore clinico aziendale, che sarà nominato 
dal Dg su proposta dei medici responsabili di struttura complessa e tra gli 
stessi selezionato. Negli ospedali-azienda il Coordinatore potrà coesistere col 
direttore sanitario, figura che però le Regioni, se vorranno, potranno 
sopprimere (chi è in carica scadrà a fine contratto). Il nuovo medico super 
manager, sentito il collegio di direzione, si occuperà della governance clinica 
anche elaborando indirizzi per le strategie assistenziali e per i percorsi 
diagnostici e terapeutici. Le funzioni igienico-organizzative degli ospedali 
delle Asl e dei distretti restano ai direttori sanitari di presidio o di 
distretto. Conformemente a questa strategia, anche il Collegio di direzione 
(presieduto dal coordinatore) diventa formalmente il massimo organo tecnico-
sanitario di consulenza del Dg. Concorsi «veri». Basta con le «scelte 
arbitrarie» o «discrezionali» che non raramente vengono fatte dai Dg nella 
selezione dei primari e che rischiano di pregiudicare il «buon andamento e 
l'imparzialità dell'amministrazione». Il "buon gusto" nella scelta dei primari 
dovrà avvenire «esclusivamente» con «selezione per avviso pubblico». E valutando 
precisi requisiti (professionali, scientifici, di carriera e di aggiornamento), 
oggi formalmente inesistenti, dunque bypassabili. La commissione, presieduta dal 
Coordinatore, proporrà una terna di nomi e il Dg a quelli dovrà adeguarsi, salvo 
«scelta motivata» difforme. In pensione a 70 anni e oltre. L'età della pensione 
dei medici pubblici resta a 67 anni (65+2), ma l'azienda sanitaria potrà, di 
anno in anno e per «particolari esigenze assistenziali», trattenerli in attività 
fino a 70 anni: solo però i dirigenti di struttura complessa. Età che vale anche 
per i medici universitari, ma con la possibilità di un biennio di proroga, 
durante il quale si perderà l'indennità di direzione di struttura complessa. 

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La Stampa 20 dic. ’03

IL GOVERNO APPROVA LA RIFORMA SIRCHIA 

PRIMARI-MANAGER PER GLI OSPEDALI 
Innalzata a settant’anni l’età pensionabile per i dirigenti 
ROMA 
Medici pubblici in servizio fino a 70 anni e primari-manager negli ospedali con 
il compito di eliminare gli sprechi e tagliare le liste d’attesa. Via libera 
alla riforma Sirchia: il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge 
sul riordino del servizio sanitario nazionale. Il provvedimento, messo a punto 
dal ministro della Salute, attribuisce più potere ai camici bianchi 
nell’amministrazione delle Asl e allunga l’età pensionabile. Per particolari 
esigenze assistenziali delle aziende ospedaliere i medici dirigenti potranno 
rimanere al lavoro fino a 70 anni. Nasce la figura del «medico-manager» per 
elaborare indirizzi sanitari sulle strategie assistenziali e sui percorsi 
diagnostici terapeutici. Tra i suoi compiti, «la sistematica revisione e 
valutazione del livello delle prestazioni mediche e dei risultati conseguiti 
rispetto agli obiettivi clinici e alla riduzione delle liste di attesa». La 
riforma andrà ora all’esame della conferenza Stato-Regioni.
PRIMARI-MANAGER. Nelle Asl è stato istituito il «coordinamento clinico», guidato 
da un unico coordinatore aziendale, una sorta di «supermanager sanitario» 
nominato dal direttore generale, su proposta degli ex primari dell’ospedale. 
Nelle aziende ospedaliere, questa forma di organizzazione attribuirà più potere 
ai medici rispetto ai manager. L’obiettivo è riequilibrare a favore dei camici 
bianchi il rapporto di forza all’interno delle Asl e degli ospedali. Niente più 
«strapotere dei manager», dunque. «Non era più tollerabile la condizione di 
disparità di trattamento che da tempo si era creata nella dirigenza medica», 
spiega il ministro della Salute Girolamo Sirchia, riferendosi alle sospensive 
concesse dai Tar regionali, alla decisione della Corte Costituzionale di 
illegittimità costituzionale della normativa e alla sua difforme applicazione. 
Il coordinatore clinico sarà un medico e fornirà parere obbligatorio al 
direttore generale dell’Asl. Avrà la responsabilità anche dei programmi 
specialistici di intervento a tutela della salute.
PENSIONE A SETTANT’ANNI. E’ stato spostato a settant’anni il limite massimo 
d’età, dal punto di vista pensionistico, per tutti i medici. Le aziende 
sanitarie potranno trattenere, per particolari esigenze assistenziali, a domanda 
dell’interessato, i direttori di struttura complessa fino al compimento del 
settantesimo anno d’età. Stessa cosa per il personale medico universitario con 
incarico di direttore di struttura complessa. Resta sospesa un’altra questione 
delicata come quella del rapporto esclusivo di lavoro, cioé dell’attività 
libero-professionale «intramoenia» dei medici pubblici: un capitolo che incide 
notevolmente sui costi e i tempi d’attesa delle prestazioni sanitarie. Comunque, 
le funzioni igenico-organizzative dei presidi ospedalieri e dei distretti sono 
affidate ai direttori sanitari di presidio ospedaliero o di distretto.

NUOVI AMBULATORI. Il fondo nazionale del settore sanitario, che nel 2001 
ammontava a 132 mila miliardi di lire, sale a 160 mila miliardi. La riforma 
Sirchia stabilisce, poi, il riordino della rete ospedaliera, con la 
trasformazione in ambulatori di decine di piccoli ospedali periferici e la 
creazione di centri di eccellenza. «Il Ssn è nato 25 anni fa, quando le esigenze 
della sanità erano diverse da quelle odierne e l’aspetto della cronicità era 
quantitativamente marginale - precisa Sirchia - adesso le malattie croniche sono 
altrettanto importanti di quelle acute e la tecnologia è progredita. Quindi, 
mantenere ospedali di medie dimensioni non serve alla popolazione». Sul 
territorio, alle strutture altamente qualificate si affiancheranno ambulatori 
che curano la cronicità. Nel governo delle attività cliniche e nelle scelte 
strategiche delle Asl verranno coinvolti maggiormente i medici e gli altri 
dirigenti sanitari. Il ddl «Principi fondamentali in materia di Ssn» modifica la 
legge di riforma sanitaria. Nelle aziende ospedaliere, l’amministrazione delle 
attività cliniche, la programmazione, l’organizzazione, lo sviluppo e la 
valutazione delle attività tecnico-sanitarie e di quelle ad alta integrazione 
sanitaria sarà assicurato «con il diretto coinvolgimento del collegio di 
direzione della Asl». 

NUMERO D’EMERGENZA. Il 1500 sarà il numero delle emergenze di salute pubblica. 
Sirchia, ha chiesto all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni 
l'assegnazione di un numero telefonico destinato a comunicazioni per le 
emergenze generali tipo la Sars o mucca pazza. L’attivazione è prevista a fine 
anno.

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Il Sole24Ore 15 dic. ’03

NON BASTA DECENTRARE NÈ FARE OUTSOURCING 

Da tempo, e non certo solo in Italia, ci si interroga sulle condizioni che 
consentono di ristrutturare i sistemi di welfare così da rispondere alla sfida 
che essi lanciano agli Stati, quella cioè di incrementare in qualità, quantità e 
diversificazione i servizi e, nel contempo, razionalizzare le risorse impiegate, 
conseguendo così il duplice obiettivo di diminuire gli sprechi ed elevare 
l'offerta. Si tratta di una via ardua da percorrere poiché comporta una duplice 
rottura sul piano delle organizzazioni pubbliche: occorre infatti smorzare il 
monopolio dello Stato centrale nella tutela dei diritti sociali per lasciar 
spazio a interventi differenziati da parte delle Regioni e, sul piano 
orizzontale, consentire ai privati, profit e non profit, di cooperare a generare 
beni e servizi di welfare, valorizzandone l'apporto. Sussidiarietà verticale e 
orizzontale diventano così i principi cardine della riforma dello Stato sociale, 
affinchè non si esaurisca in una mera risposta tecnica alle ristrettezze di 
bilancio, ma si alimenti di contenuti di portata innovativa. È in questo 
contesto che si è sviluppata negli ultimi anni l'esperienza degli Osservatori 
sull'attuazione del principio di sussidiarietà, attuati a partire dal 2001 in 
Lombardia, in Emilia e in Piemonte. Lavoro molto di cesello, ma risultati che 
incoraggiano a proseguire. Come l'aver toccato con mano, ripensando al processo 
innescato dalle leggi Bassanini, che decentramento non è eguale a sussidiarietà 
verticale. Essa si realizza infatti solo là dove l'ente pubblico ripensa alle 
sue funzioni in ottica sussidiaria rispetto alle iniziative della società civile 
e non si limita a passare al setaccio della propria convenienza le funzioni, 
devolvendo solo quelle che appaiono inutili o di problematico espletamento. 
Analogamente, sussidiarietà orizzontale non è uguale a esternalizzazione, ma 
comporta una ricognizione di bisogni e di risposte già attuate dal corpo sociale 
da sostenere in via prioritaria: non convenzioni tutte uguali tra enti pubblici 
e cooperative sociali, talora rinnovate anno per anno e con motivazioni 
risibili, né appalti al massimo ribasso né finanziamenti minimi a pioggia alle 
famiglie, perché questo modello di azione amministrativa è sintomo di disimpegno 
più che di sussidiarietà e non favorisce la libertà di scelta degli utenti, in 
quanto non amplia nè diversifica l'offerta dei servizi. Sussidiarietà, poi, può 
implicare anche una dismissione di interventi pubblici, dove questi siano non 
solo inutili ma anche dannosi, o riprogettare gli stessi a sostegno e non a 
compressione di chi già fa, e bene, con assunzione piena di responsabilità. 
Fortunatamente in Italia c'è ancora un tessuto sociale vitale, da preservare: 
scuole materne non statali, enti che sostengono vie di riabilitazione fisica, 
morale o psichica, realtà anche informali che aggregano forze vive. Se si 
investe qui, si hanno ritorni d'inaspettata efficacia. Se invece l'ente pubblico 
stenta a integrarsi con queste realtà sociali, che almeno non le ostacoli. 
Sussidiarietà può voler dire anche semplicemente solo questo, per non essere 
costretti - magari tra qualche anno - a ritornare sui propri passi, come è 
successo negli Stati Uniti, dove per un malinteso principio di laicità dello 
Stato si è ridotto allo stremo l'enorme patrimonio delle parochial schools per 
poi constatare oggi che la politica dei vouchers scolastici sostiene non la 
religione ma la libertà di scelta delle famiglie e paga molto di più di 
qualsiasi altro intervento per ristrutturare distretti scolastici pubblici 
sull'orlo del disastro.
Lorenza Violini, Università Statale di Milano

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L’Unione Sarda 17 dic. ’03

SISTEMA SANITARIO IN TILT «COLPA DI UNIVERSITÀ E ASL»

L’assessore Capelli contrattacca
«Portatemi i protocolli d’intesa, adesso. Sono pronto a firmarli subito». 
Roberto Capelli, assessore regionale alla Sanità, accusato di essere il 
responsabile della mancanza di programmazione si difende. Alla prima conferenza 
provinciale sul sistema sanitario organizzata a Palazzo Sciuti, l’assessore 
attacca fra le righe Università e Asl n° 1: se i progetti di ristrutturazione 
della sanità sassarese non vengono attuati, è perché gli enti interessati non 
riescono a trovare un accordo. Il giorno precedente, con l’apertura dei lavori, 
sull’amministrazione regionale erano piovute una marea di accuse, prima fra 
tutte la mancanza di programmazione.
Ieri era il turno del dibattito e la replica dell’assessore non è stata per 
niente tenera. Capelli ribatte punto su punto alle accuse: «Il piano sanitario 
regionale è quasi pronto. Lo porterò a termine entro l’anno, al massimo per i 
primi giorni del 2004». È un fiume in piena l’assessore, ha ascoltato per tutta 
la mattina un’analisi impietosa di tutto il sistema, ma ora è deciso a 
restituire dignità alla sanità sarda.
«Quando si parla delle spese della sanità bisogna essere precisi. Lo Stato 
sottostima i costi della gestione sanitaria, e i trasferimenti finanziari verso 
le Regioni sono scarsi. Nonostante ciò noi stiamo riuscendo a garantire un 
servizio efficiente ai cittadini».
Ma i debiti delle Asl complicano i programmi: per coprire i conti in rosso delle 
aziende sanitarie, la Regione ha dovuto accendere un mutuo di 140 milioni per i 
debiti del 2000. 190 milioni sono stati erogati per le spese del 2001 e per il 
2003 la Regione ha dovuto racimolare 546 milioni dio euro.
Uno sforzo enorme per tamponare le falle finanziarie delle aziende sanitarie. Ma 
«la situazione debitoria si è ormai stabilizzata, e il passivo nn dovrebbe più 
crescere in maniera incontrallabile», parola di assessore alla Sanità.
V. G. 

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La Nuova Sardegna 17 dic. ’03

URGENTE IL PROTOCOLLO FRA UNIVERSITÀ E REGIONE

sono a rischio tanti nuovi posti di lavoro" 
SASSARI. Perfetta sintonia, quasi un idillio. I partecipanti alla tavola rotonda 
che ieri ha concluso i lavori della Iª conferenza provinciale si sono trovati 
tutti d’accordo sul futuro della Sanità a Sassari. Tutti d’accordo, in 
particolare, sulla necessità di dare una svolta a un sistema che affonda sotto 
il peso delle proprie inefficienze "visto che gli stessi problemi di cui stiamo 
dibattendo nel resto d’Italia sono stati risolti dieci anni fa".
La discussione, moderata dal giornalista Giacomo Mameli, è partita con 
l’intervento di Antonello Scano, direttore generale della Asl n.1, che ha 
parlato della grande professionalità con cui il personale, non solo medico, 
sopperisce molto spesso agli squilibri del sistema. Ha inoltre sottolineato che 
si parla spesso del deficit delle aziende sanitarie: "Bisogna distinguere le 
voci del bilancio. Da una parte sono allineate le uscite che in una Asl sono 
relative soprattutto ai costi dei servizi erogati all’utenza, le entrate sono 
invece fanno capo ai fondi che la Regione mette a disposizione per affrontare 
quei costi. Ebbene, fra i primi e i secondi c’è uno squilibrio che equivale alla 
distanza che non si riesce mai a colmare. Certo, la riforma del sistema 
sanitario avrà un costo ma io penso che la creazione delle due aziende, quella 
opsedaliera e quella mista, sarà un beneficio per gli utenti".
È stata infatti l’intesa fra università e Asl a tenere banco nel corso del 
dibattito. Anche Alessandro Maida, rettore dell’università di Sassari, ha posto 
l’accento sull’ormai famoso protocollo d’intesa: "Si tratta di un accordo che 
intercorre fra il sistema di servizi all’utenza e l’attività di formazione e 
insegnamento e che serve per rendere funzionali i rispettivi ruoli. Una 
commissione regionale sta lavorando da tempo alla stesura del protocollo".
All’intesa dovrebbero partecipare le due università sarde e la Regione "ma - ha 
spiegato Maida - il nostro ateneo è disposto a siglare l’accordo anche da solo, 
l’importante è che si faccia questo decisivo passo avanti".
Si è anche parlato della spinosa vicenda riguardante la mancata attivazione 
delle lauree brevi. Otto specializzazioni che l’università di Sassari ha dovuto 
bloccare perchè senza l’accordo con la Regione e la partenza del piano di 
razionalizzazione della Sanità, le lauree non sarebbero valide nell’ambito 
europeo. "Un gravissimo danno per i nostri giovani - ha rimarcato il rettore con 
decisione - che vengono tagliati fuori dal mercato del lavoro. E se non si 
compiranno i passi necessari in tempi brevi resteremo al palo anche il prossimo 
anno accademico".
Più attinente ai concreti bisogni dei cittadini l’intervento di Salvatore Marras 
del Tribunale del malato: "Descrivere quale sanità vorremmo è facile. Basta 
chiedere a qualunque persona che abbia a che fare con ospedali e cliniche. Tutte 
chiederebbero l’accorciamento delle file, un approccio umano più curato, la 
sostituzione di apparecchi obsoleti e un’organizzazione che privilegi le 
esigenze del malato e non quelle del personale. Non dobbiamo dimenticare che in 
Sardegna ammontano a 40 mila all’anno le denunce contro medici per presunti 
errori terapeutici mentre nel 2003 sono state circa duemila le segnalazioni ai 
nostri uffici per l’insufficienza del sistema".
Alla tavola rotonda son intervenuti anche Michele Poddighe, responsabile del 
pronto soccorso, il quale ha lamentato l’assenza di un contatto fruttuoso fra la 
medicina di base e gli ospedali e Agostino Sussarellu, presidente dell’ordine 
provinciale dei medici, che ha auspicato, come il resto dei presenti, la 
costituzione immediata delle aziende miste e ospedaliere per dare risposte ai 
bisogni dei malati perchè "a loro, e soltanto a loro, dobbiamo far riferimento".

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L’Unione Sarda 19 dic. ’03

DALLA REGIONE SEI MILIONI E MEZZO ALL’UNIVERSITÀ

La delibera dell’assessore alla Sanità Capelli blocca il ricorso alla 
magistratura deciso dal rettore
Nelle esauste casse dell’Università cittadina arriva una robusta iniezione 
ricostituente, sei milioni e mezzo di euro, parte del credito che l’ateneo vanta 
nei confronti della Regione. La delibera che ha sbloccato l’ingente somma è 
stata firmata ieri dall’assessore regionale alla Sanità Roberto Capelli: è 
destinata in particolare alle attività cliniche e assistenziali del Policlinico 
di Monserrato. Soddisfazione per la decisione è stata espressa dal rettore 
Pasquale Mistretta che nei giorni scorsi aveva dato mandato agli avvocati di 
sollecitare un decreto ingiuntivo del Tribunale, mezzo estremo per costringere 
Villa Devoto per fare fronte a impegni che risalgono al 1995.
Alle prese con un bilancio sempre più risicato che impone tagli alla ricerca in 
tutte le facoltà, il rettore aveva inviato la scorsa settimana un fax rovente 
all’assessore Capelli, oltre che al presidente della giunta e alla settima 
commissione regionale. «Abbiamo anticipato diciassette miliardi di cassa, non ho 
alcuna intenzione di continuare così. Su un punto voglio essere estremamente 
chiaro: finché ci sarò io l’Università di Cagliari non andrà in fallimento, la 
lo stato attuale delle cose non è ammissibile», aveva commentato il professor 
Mistretta, spiegando di aver esaurito le scorte di diplomazia e di aver deciso 
di passare ai legali la pratica sui crediti debiti non onorati 
dall’ammistrazione regionale. «Credo di poter rispondere con i fatti, il resto 
sono solo strumentalizzazioni», aveva replicato l’assessore Capelli. Che ieri ha 
davvero risposto in modo concreto alle sollecitazioni firmando il decreto che 
assegna i sei milioni e mezzo di euro all’Ateneo.
Soddisfatto il rettore:«Si tratta di un un atto molto importante e atteso da 
tempo. Per averci riconosciuto e assegnato queste somme dobbiamo ringraziare 
l’onorevole Capelli che ha mostrato sensibilità e tempismo. A questo punto anche 
la trattativa per la stipula del Protocollo Università-Regione può entrare nella 
fase fase finale». Da prossimo anno potrebbero essere sbloccati corsi triennali 
di laurea in Medicina, soprattutto quelli legati alla formazione di infermieri 
professionali e terapisti della riabilitazione, specialità per le quali esiste 
in Sardegna una forte richiesta.
La somma assegnata dalla Regione allevia, ma non cancella la crisi finanziaria 
dell’Ateneo. Cosi grave da aver provocato proteste da parte del corpo docente e 
degli studenti. Fino al punto che, a caccia di nuove risorse, i presidi di 
Farmacia, Giurisprudenza e Lettere avevano proposto nei giorni scorsi un ritocco 
delle tasse. Eventualità scartata avant’ieri dal consiglio di amministrazione 
dell’Università che ha però deciso di scongelare il contributo di facoltà deciso 
dodici mesi fa, ma la cui applicazione era stata sospesa in seguito alle 
proteste dei giovani. Ogni anno all’atto dell’iscrizione ogni studente dovrà 
versare una somma che oscilla da venti a settanta euro (a seconda delle fasce di 
reddito e della facoltà frequentata). Il rettore ha spiegato che il contributo 
consentirà di evitare per due anni aumenti delle tasse universitarie.

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La Nuova Sardegna 16 dic. ’03

UN FRONTE COMUNE CONTRO I RICOVERI INUTILI 

È in corso la 1ª conferenza provinciale sulla sanità, oggi ci sarà l’assessore 
Capelli 
di Gabriella Grimaldi
SASSARI. Settantamila passaggi all’anno nel pronto soccorso, 35 per cento di 
ricoveri impropri nei reparti di medicina, liste inaccettabili per interventi 
chirurgici. Se poi si aggiungono gli altissimi costi di gestione degli ospedali 
e la scarsità di risorse in favore dei servizi territoriali, il quadro di un 
sistema sanitario che fa acqua da tutte le parti è completo. Ci vorrebbero il 
potenziamento e l’attivazione di servizi per i pazienti che vengono dimessi e 
non hanno più necessità di cure ospedaliere, il riordino dei servizi 
psichiatrici, la realizzazione delle residenze sanitarie assistite. Dal dire al 
fare c’è un vuoto enorme che ieri e stamani esperti del settore, riuniti nella 
prima conferenza provinciale sulla Sanità, stanno cercando di riempire.
A organizzare l’evento, dal titolo "La sanità che vorremmo" e in corso nella 
sala Sciuti in piazza d’Italia, l’amministrazione provinciale, e in particolare 
la Vª commissione consiliare presieduta da Rosanna Giudice, sindaco di La 
Maddalena. È stata proprio lei, dopo i saluti del presidente Franco Masala, a 
introdurre i lavori parlando di "assenza dei servizi più richiesti e più utili, 
di un’approssimativa e discutibile distribuzione delle risorse e di un’analoga 
destinazione delle strutture".
Qualunque cittadino che si sia imbattuto con la sanità per problemi minimi o 
complessi sa benissimo quali sono le storture di un sistema che mette all’ultimo 
posto le esigenze degli utenti. E questo non per responsabilità dei singoli 
operatori, ma a causa di una pessima organizzazione che comporta dispendio 
enorme di energie collettive e risorse finanziarie. Di fronte a questa facile ma 
amara constatazione ci si deve porre il problema di come riformare il sistema 
non solo a Sassari ma in tutta la Sardegna.
Il direttore sanitario della Asl n.1, ad esempio, si riferisce ai cambiamenti 
sociali che hanno determinato mutate esigenze, anche in questo campo. "Pensiamo 
all’allungamento della vita - ha detto Franco Melis -, oppure all’elevazione del 
livello culturale con la conseguente maggiore consapevolezza di propri diritti, 
alle nuove forme di disagio relative alle tossicodipendenze e all’alcolismo, ma 
anche all’esplosione del turismo e dell’immigrazione. Sono tutti elementi che 
portano a ripensare l’intero sistema". In rappresentanza della Asl Melis ha 
indicato alcuni punti dai quali partire per migliorare la situazione. Fra le 
"sofferenze" c’è l’insufficiente rapporto fra medici di base e pazienti, la 
criticità dei collegamenti fra la medicina territoriale e i presidi ospedalieri 
- ma anche la difficoltà, per gli utenti, di spostarsi fisicamente da un centro 
all’altro della provincia - e una prospettiva deprimente sulle possiblilità di 
spesa, con la determinazione dello Stato di non procedere in maniera sistematica 
al ripianamento dei disavanzi delle Regioni e la riduzione dei fondi erogati.
"Il primo passo - ha detto Melis nel suo intervento - è quindi quello di 
valorizzare il ruolo precipuo dell’ospedale nel trattamento dei pazienti acuti. 
E poi di elevare l’ospedale ss.Annunziata a presidio di eccellenza".
E qui si è fatto riferimento anche alla necessità, molto sentita dai pazienti 
che poco vogliono interessarsi alle strategie di alto profilo politico, di 
riorganizzare i reparti in funzione del malato e non in funzione degli operatori 
(si pensi ai disagi di chi viene scaraventato in un altro fuso orario lontano 
dai propri familiari e dai punti di riferimento).
È intervenuto, fra gli altri, anche il direttore generale della Asl di Olbia 
Efisio Scarteddu, che ha posto l’accento sulle particolari necessità di 
un’azienda sanitaria alle prese con il notevole aumento di popolazione nei mesi 
estivi che di fatto paralizza le strutture sanitarie del territorio.
 
Come cambieranno i servizi per i cittadini 
CAMICI E RIFORME 

 
SASSARI. Il progetto giace nei cassetti degli uffici regionali, perchè il piano 
sanitario, fra una crisi e l’altra, ancora non ha visto la luce. Nel frattempo 
si sprecano le polemiche su cioò che è giusto fare della santià cittadina. Se il 
progetto verrà mai realizzato, dovrebbe trasformare radicalmente 
l’organizzazione delle strutture sanitarie e, a quanto sembra, la qualità del 
servizio per gli utenti cittadini e di tutto il territorio.
A Sassari saranno attive dunque tre distinte entità: l’Azienda sanitaria locale 
1 competente per i servizi sul territorio, l’ente ospedaliero autonomo del 
"Santissima Annunziata", che si trasforma in azienda a sè stante e l’azienda 
mista ospedaliera universitaria alla quale prendono parte l’università con le 
sue cliniche e gli ospedali Marino e Civile di Alghero, così come prevede la 
lettera B del decreto legislativo 517. Alla Asl 1 spetterebbe quindi il compito 
di acquistare i servizi valutando la convenienza dei costi ed erogarli sul 
territorio.
Le altre due strutture sanitarie potrebbero invece organizzare autonomamente il 
loro funzionamento attraverso un management selezionato appositamente.
All’università, inoltre, va la grande partita della formazione, da effettuare 
sia con l’apprendimento teorico che attraverso la pratica in corsia. Anche la 
didattica, nel progetto presentato dalla commissione, sarà "spartita" fra i 
medici ospedalieri e gli universitari.


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Corriere della Sera 20 dic. ’03

NEL POLO RIVOLTA CONTRO SIRCHIA 

«Ma nessuno vuole cacciarmi»

Bocchino (An): vola troppo alto. Maione (FI): indietro nel programma 

Dopo la lettera-accusa scritta da un centinaio di deputati al premier
Piccolillo Virginia
ROMA - Non andrà a Napoli il ministro della Salute Girolamo Sirchia. Finito nel 
mirino di cento deputati della Casa delle Libertà per aver rinnovato i vertici 
del Polo oncologico partenopeo «Pascale» senza consultare nessuno, il ministro 
ieri ha annullato la visita in programma per il 23 dicembre. Ma la lettera di 
protesta dei parlamentari della CdL che, prendendo a spunto il caso napoletano 
lamenta l' assenza di «collaborazione» e di «confronto» con Sirchia, è già sul 
tavolo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. E all' avvicinarsi di 
una verifica di maggioranza che, ai primi di gennaio, potrebbe portare a un 
rimpasto di governo l' episodio rischia di pesare sul futuro del ministro-
tecnico. «È uno scienziato di valore - dice Italo Bocchino (An) - ma, come tutti 
quelli che volano alto, a volte rischia di dimenticare chi sta a terra». Mentre 
il primo firmatario dell' atto di accusa Francesco Maione (FI) dice: «Sirchia è 
indietro con il programma. Avevamo promesso agli elettori una sanità riformata. 
Ma ha compiuto solo piccoli interventi». I FATTI - Il «Pascale», centro 
oncologico del Mezzogiorno, era guidato da Sergio Florio. Il suo mandato non era 
ancora scaduto, ma Florio aveva vinto un concorso da direttore generale per l' 
Azienda sanitaria di Campobasso. Il ministro lo ha sollevato dall' incarico 
sostituendo lui e i suoi due subcommissari con l' attuale commissario dell' 
ospedale romano «Spallanzani». Come vice gli ha affiancato la dottoressa Cinque, 
una delle sue principali collaboratrici: direttore generale delle comunicazioni 
del ministero della Salute. LA LETTERA - «Insoddisfacente», così i deputati 
della CdL definiscono l' operato di Sirchia. Una stroncatura, viene precisato 
nella lettera, non rivolta a lui come persona, ma «come esponente politico». 
Scritto durante le pause della Finanziaria, il documento porta le firme di 
deputati di Forza Italia, An, Udc. Molti napoletani e di regioni meridionali, ma 
anche piemontesi, milanesi e veneti. Tra gli altri, oltre al vice-coordinatore 
di An, Italo Bocchino, anche il deputato di Forza Italia, Michele Saponara. «C' 
era già un disagio diffuso - spiega Bocchino - ora il caso del Pascale ha 
scatenato una questione meridionale. Questo istituto è l' unico del Mezzogiorno. 
E Sirchia ha estromesso da esso la comunità scientifica locale. Perché?». 
«Berlusconi - aggiunge Azzolini (FI) - ha sempre invitato i suoi parlamentari a 
segnalare eventuali carenze di esponenti del governo, a denunciare situazioni 
insoddisfacenti, e noi l' abbiamo fatto». Ma l' iniziativa non nasconde in 
realtà la delusione di non aver potuto lottizzare quelle nomine? «Per carità - 
esclude il deputato - il punto è che i malati sono anche elettori. Devi tenere 
conto delle realtà locali. Se non ci sono le professionalità equivalenti va 
bene. Altrimenti perché inviare gente da Roma?». V. Pic. * Le tappe della 
vicenda IL CENTRO Il ministro Sirchia solleva dall' incarico Sergio Florio, 
commissario del centro oncologico del Mezzogiorno, che ha vinto un concorso da 
direttore generale per l' Asl di Campobasso LE SOSTITUZIONI Sirchia sostituisce 
Florio e due suoi vice con l' attuale commissario dell' ospedale romano 
Spallanzani e con la dottoressa Cinque, direttore delle comunicazioni del 
ministero della Salute LA LETTERA Cento deputati della CdL hanno scritto al 
premier per protestare contro Sirchia perché ha rinnovato i vertici del Centro 
oncologico senza consultare nessuno 

ROMA - «La lettera dei parlamentari del Polo contro di me? Ho altri problemi. 
Più importanti». Girolamo Sirchia, ministro della Sanità, minimizza. Quella 
levata di scudi dei parlamentari della Casa delle Libertà contro il suo modo di 
procedere non lo impressiona. Neanche alla vigilia di una verifica di governo 
che potrebbe rimettere in discussione il suo mandato. «Non mi risulta che 
qualcuno voglia chiedermi di andarmene. Non lo prevedo. Stiamo a vedere. 
Comunque sono a disposizione». Cento deputati del Polo però scrivono a 
Berlusconi che lei non li soddisfa. «Macché cento, saranno tre o quattro». Le 
firme sono molte di più. «Accetto la critica. Ma vado per la mia strada». Pensa 
che le sia stato fatto uno sgambetto politico o di aver compiuto una gaffe? «Ma 
niente, queste cose ci sono sempre. Senza malafede di nessuno. Lavorando 20 ore 
al giorno a volte si decide senza consultare troppa gente». È accaduto così 
anche per il polo oncologico napoletano che ha scatenato la rivolta dei 
deputati? «La faccenda è molto semplice. Il commissario si era dimesso. Anzi no, 
sono io che ne ho rilevato l' incompatibilità, visto che era stato nominato 
direttore generale a Campobasso. L' ho mandato via e ho nominato un commissario. 
Cosa c' è di strano?». Lamentano che non abbia scelto tra le professionalità del 
territorio. E abbia imposto due persone che venivano da Roma. «Ho nominato l' 
attuale commissario dello Spallanzani; non credo che si possa discutere sulla 
sua professionalità». Gli ha affiancato una sua assistente. Anche questo ha 
sollevato critiche. «È l' attuale direttore generale della comunicazione del 
ministero. Ma è normale che ci sia un collegamento tra la azienda ospedaliera e 
il ministero. Anche ad Ancona abbiamo commissariato un ospedale nominando un 
funzionario del ministero. Dov' è lo scandalo?». Le critiche non arrivano solo 
da deputati del Sud, ma anche da colleghi del Nord. Come difende la sua attività 
di governo? «Io sono molto soddisfatto. Proprio oggi (ieri, ndr) il Consiglio 
dei ministri ha varato un provvedimento di etica della Sanità per ridare, almeno 
in parte, il governo della Sanità ai medici e ridare trasparenza alle nomine dei 
primari: i direttori generali non potranno più scegliere a loro discrezione, ma 
in base a una terna di nomi fatta da una commissione scientifica esterna». E gli 
altri punti del programma? «Li ho completati tutti: il divieto di fumo nei 
locali pubblici è stato firmato ieri dal ministero del Tesoro ed entro la fine 
dell' anno sarà varato. Tutti i punti dell' Agenda italiana sono stati approvati 
in sede europea. E poi ho avuto notevoli soddisfazioni anche per l' accoglimento 
di molte questioni importanti anche in Finanziaria». Ad esempio? «Ho ottenuto il 
finanziamento per lo screening dei tumori, per la lotta italiana alle malattie 
contagiose, per la nascita a Milano della prima fondazione di biologia 
molecolare, per i trapianti e le trasfusioni». Se il suo lavoro è compiuto può 
andare via? «No, c' è ancora molto da fare. A gennaio abbiamo in programma l' 
approvazione del nuovo provvedimento sulla professione dei medici ospedalieri. 
Stiamo per vederci in conclave con i rappresentanti delle Regioni per varare un 
nuovo piano complesso che riscriverà la sanità regionale. E poi dobbiamo 
occuparci delle liste di attesa. Chiederemo maggiori standard di offerta e 
daremo maggiori poteri e responsabilità a chi deve offrire questo servizio. 
Insomma dobbiamo terminare di "s-bindizzare" la sanità». Virginia Piccolillo 

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Corriere della Sera 18 dic. ’03

ASL IN ROSSO, DIRETTORE LICENZIATO


La Regione: è un atto dovuto. Il manager: punito per aver espresso critiche

L' Azienda sanitaria di Monza in deficit. Già presentato ricorso alla 
magistratura del lavoro

Cremonese Antonella
Licenziato in tronco. E' successo per la prima volta in Italia a un direttore 
generale di Asl. Si tratta di Palmiro Boni, 69 anni, direttore generale della 
Asl di Monza, che ha sempre ricevuto una «pagella» che lo poneva nelle prime 10 
posizioni della classifica dei manager della sanità. Ma Boni ha già annunciato 
che presenterà ricorso urgente alla magistratura del Lavoro. Secondo la Regione, 
«si sono verificate le condizioni previste dalla legge finanziaria nazionale per 
il 2003, che prevede la decadenza automatica del Direttore che non abbia 
rispettato i vincoli di bilancio.» E' una notizia che fa il botto, ma che per l' 
assessore alla sanità Carlo Borsani «è semplicemente un atto dovuto da parte 
della Giunta. I direttori sanno a che cosa s' impegnano.» Per Carlo Lucchina, 
direttore generale della Sanità, la decisione è ineccepibile: «E' stata 
semplicemente applicata la Finanziaria. Noi facciamo verifiche trimestrali. Il 
direttore generale della Asl di Monza poteva presentare un piano di "rientro". 
Non l' ha fatto.» Ma Palmiro Boni non ci sta: «Ma quale rientro! Non si possono 
dire queste cose in settembre! Invece è a settembre che mi hanno cambiato le 
carte in tavola, comunicandomi che la Regione si prendeva dei milioni di euro 
che sono riuscito a risparmiare sulla spesa farmaceutica, grazie al buon lavoro 
dei tanti medici di base. Ticket esclusi, la spesa è di circa 166 milioni di 
euro contro il "tetto" di 174 messo dalla Regione, e contro i 188 spesi nel 
2002. Ma mi hanno negato di usarli per il mio bilancio. Così, sono additato alla 
pubblica infamia per non aver rispettato i vincoli. E' come la favola del lupo 
che sta in alto e accusa l' agnello, che beve più in giù, di sporcargli l' 
acqua.» E Boni scrive, in un durissimo comunicato: «Ho maturato l' impressione 
che l' ingiusta decisione sia rivolta unicamente alla mia persona, per ragioni 
che non attengono ai rilievi espressi dalla Regione, ma alla mia critica a un 
sistema di gestione del servizio al cittadino fondato su aspetti esclusivamente 
economici.» Accusa che Lucchina respinge: «I direttori hanno risorse sufficienti 
per erogare i servizi. E noi non gli abbiamo mai detto di razionarli». Antonella 
Cremonese 

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La Repubblica 19 dic. ’03

UNA PROTEINA DI SOIA CONTRO IL COLESTEROLO

Prodotta dall'Università di Milano. Le frontiere della proteomica MILANO - Una 
proteina della soia prodotta sperimentalmente avrebbe proprietà terapeutiche 
contro l'eccesso di colesterolo nel sangue simili a quelle di potenti farmaci 
attualmente in uso, come le statine. Lo si è scoperto attraverso la proteomica, 
scienza nuovissima che studia le proteine, conseguenza dell'attività dei geni 
lungo il Dna. Lo ha affermato la professoressa Elena Tremoli, direttore del 
Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell'Università di Milano, 
nell'annunciare per oggi un meeting internazionale che riunisce i massimi 
esperti del settore nell'ateneo milanese. «All'interno del quale - ha detto - si 
è formato il gruppo leader italiano della proteomica che si è distinto a livello 
internazionale in questa nuova area di ricerca e ha messo a punto la prima 
tecnica di indagine per identificare il maggior numero possibile di proteine». 
La proteomica è la scienza che consente di prevedere i danni provocati da molte 
malattie e che saranno identificabili attraverso un semplice esame del sangue.

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La Repubblica 19 dic. ’03

BATTEREMO IL CANCRO COL VIRUS DEL RAFFREDDORE

Usa, brevettata tecnica di terapia genica. A1 via i primi test sull'uomo

ELENA DUSI
ROMA - Può il virus del raffreddore sfidare un killer potente come il cancro? E' 
la scommessa su cui William Wold e i suoi colleghi della Saint Louis University 
School of Medicine puntano da trent'anni. E che ora sta per trovare un responso 
dai primi test sull'uomo. In una sorta di riedizione della sfida tra Davide e 
Golia, un piccolo virus della famiglia degli adenovirus opportunamente 
modificato in laboratorio verrà iniettato nei pazienti e partirà all'attacco 
delle cellule tumorali. Il segreto dell'eventuale successo sta nel tipo di 
«fionda» che Davide ha tra le mani. E' infatti noto da tempo che all'origine del 
tumore vi sono una serie di geni danneggiati. I ricercatori hanno pensato di 
inserire un frammento di Dna «riparatore» all'interno del materiale genetico di 
un virus. Sarà quest'ultimo, con la sua capacità di diffondersi nell'organismo e 
di penetrare all'interno delle cellule, a trasferire il frammento di Dna sano 
nelle cellule malate, portandole possibilmente alla guarigione. «Il cancro-ha 
detto Wold, che ha appena brevettato la sua tecnica negli Stati Uniti -è 
trattato oggi con chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Sono cure efficaci, 
ma abbiamo bisogno di nuove armi, soprattutto per sconfiggere quei tumori che 
sono diventati resistenti alle tecniche tradizionali». Gli adenovirus 
ingegnerizzati, spiega «sono capaci di selezionare le cellule malate, 
penetrandovi e lasciando intatti i tessuti normali». I bersagli della 
sperimentazione: «Alcuni dei nostri vettori attaccano diversi tipi di tumore. 
Altri sono specifici per il cancro al colon o ai polmoni».
    La terapia genica in teoria promette meraviglie. Recentemente negli Usa è 
partita una sperimentazione anche per combattere il Parkinson. Ma nella pratica 
tutti o quasi i tentativi compiuti dagli anni `80 fino a oggi si sono rivelati 
un insuccesso. Perché il gene riparatore non si sa inserire al punto giusto nel 
Dna della cellula malata. O perché la penetrazione dei virus all'interno dei 
tessuti non è sufficientemente ampia. Ancora: il virus può riparare un solo gene 
malato alla volta, mentre nel cancro i guasti del Dna sono molteplici. In alcuni 
casi poi questa tecnica ha portato ai pazienti guai seri. Nel corso del 2003 due 
bambini trattati a Parigi per una grave immunodeficienza di natura ereditaria 
hanno subito un'iniezione di retrovirus (gli stessi che provocano l’Aids, ma 
resi inattivi dai medici) e si sono ammalati di leucemia. Il frammento di 
materiale genetico inserito artificialmente si era inserito in una posizione 
sbagliata e aveva attivato un gene promotore dei tumori del sangue.
  Wold conta sulla sua esperienza per evitare gli errori del passato. «Nella 
nostra università -spiega - le prime ricerche sull'impiego degli adenovirus per 
la terapia genica risalgono agli anni '50. Si può dire che siamo stati la culla 
di questa nuova tecnica». Alcuni esperimenti per combattere i tumori sono in 
corso anche in Italia. I risultati nella lotta contro il cancro però fino a oggi 
sono stati limitati. A gennaio 2004 partirà un nuovo studio in Cina. Secondo il 
premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco il futuro della terapia genica non 
prevede l'impiego dei virus. Si è alla caccia di nuovi servizi navetta. 
«Attualmente - ha dichiarato Dulbecco in una recente celebrazione per i 
cinquant'anni del Dna -si stanno sperimentando nuovi vettori di origine non

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Il Giornale 20 dic. ’03

FRATTURE DA OSTEOPOROSI CURATE CON INIEZIONI DI CEMENTO ACRILICO

FILIPPO DI LUCREZIA
Protesi discali per discopatie, lombari e cervicali, e trattamento della 
osteoporosi della colonna con iniezioni di cemento acrilico, sono queste le 
terapie innovative della specifica chirurgia. I centri dove essa è praticata 
sono Milano, Genova, Roma, Napoli, Bologna, Verona e l'unità complessa di 
chirurgia del rachide dell'azienda ospedaliera di Padova diretta dal dottor 
Daniele Fabris Monterumici, dove ricerca,sperimentazione e cura non si fermano 
mai. Proprio in questi giorni la sua unità, in collaborazione cori l'équipe di 
chirurgia endoscopica delle vie aeree (diretta dal dottor Narne Surendra), ha 
portato a termine, primo in Italia c terzo nel mondo, un intervento chirurgico 
davvero innovativo per ripristinare la II vertebra cervicale devastata da 
carcinoma mammario. Con tale severa patologia il rischio di crollo della 
vertebra con conseguente compressione midollare e morte del paziente è massimo. 
La metodica utilizzata dall'unità del dottor Fabris, che già ha dato ottimi 
risultati nel trattamento di fratture vertebrali da osteoporosi e risultati più 
che buoni in alcune lesioni osteolitiche da tumore (mieloma) o da metastasi, è 
stata quella della «vertebro plastica», cioè iniezione nel corpo vertebrale di 
cemento acrilico che poi si solidifica previa introduzione di una piccola sonda 
a palloncino gonliabile per fare spazio (cifoplastica). Nel caso in esame, però, 
la posizione della II^ vertebra cervicale, posta subito al di sotto del cranio, 
era difficilmente raggiungibile. Ecco allora che si è praticato un piccolo foro 
in corrispondenza della parete posteriore del faringe(è in stretto contatto 
anatomico con il corpo della [I vertebra) attraverso cui si è iniettato il 
cemento. L'intervento è durato appena 40 minuti e la paziente è stata dimessa 
dopo 48 ore, munita solo di un collare ortopedico. «Finora abbiamo utilizzato 
per curare discopatie lombari e cervicali protesi al titanio con risultati molto 
soddisfacenti, ma questo intervento fa fare veramente un grande balzo in avanti 
alla nostra ricerca» dichiara il dr. Fabris. A Padova è di prim'ordine (sono una 
diecina in tutto i centri nel nostro paese dove si praticano questi tipi 
d'intervento) anche il trattamento della scoliosi mediante intervento chirurgico 
che consiste nel bloccare il tratto di colonna toracica e lombare malato 
mediante una protesi costituita da due staffe d'acciaio dotate di particolari 
«arpioni». Quali i vantaggi. Intanto, e non è poco, si evita il gesso che con 
altri tipi d'interventi il paziente doveva portare tre quattro mesi prima 
dell'operazione e per ben un anno dopo la stessa.
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La Stampa 17 dic. ’03

MEDICINA LA CURA DELLE INVALIDITA’ 

La forza del pensiero 
PER AGGIRARE L’OSTACOLO DEL MIDOLLO SPINALE, MOLTO DIFFICILE DA RIGENERARE, UN 
CIRCUITO IN PRESA DIRETTA CONSENTE DI RIPRISTINARE LA MOTILITA’ 
CIRCA 200 mila persone negli Stati Uniti e oltre 25 mila in Italia vivono con 
una paralisi parziale o semi-totale a carattere permanente. Ogni anno in Italia 
gli incidenti stradali da soli aggiungono duemila casi di invalidità da danni 
gravi al midollo spinale. Finora la ricerca rivolta a lenire le invalidità 
motorie si è diretta verso la riparazione delle fibre nervose nelle zone 
danneggiate dal trauma midollare. Purtroppo due decenni di intensa ricerca su 
modelli animali hanno prodotto un successo molto limitato. Di recente in 
Israele, sotto la spinta dei risultati ottenuti da Michael Schwarz dell'Istituto 
Weizman in ratti lesionati, si stanno tentando le prime operazioni sull'uomo 
mediante l'inserimento di cellule particolari (macrofagi) produttrici di fattori 
trofici. La rigenerazione di nervi lesi, ma più ancora del midollo spinale 
danneggiato e il ricupero anche parziale delle funzioni motrici, si è rivelato 
un obiettivo molto più difficile da raggiungere nell'uomo che negli animali. Ciò 
ha spinto i ricercatori ad esplorare altre alternative. Una possibilità è quella 
di circuire l'ostacolo rappresentato dal midollo danneggiato cercando di 
stabilire dei collegamenti diretti tra parti sane del cervello e organi lesi 
interponendo dei mezzi virtuali chiamati interfacce macchina-cervello (BMI = 
brain-machine interface). Queste interfacce sono programmate in modo da 
trasformare gli impulsi generati dai centri nervosi in segnali elettrici, che 
possono a loro volta stimolare apparecchi meccanici di tipo robotico. Recenti 
esperimenti hanno dimostrato che gli animali che utilizzano tali BMI possono 
imparare a regolare a volontà la propria attività cerebrale allo scopo di 
azionare bracci meccanici simulanti protesi di arti lesi. Pensate ora a una 
scimmia, un macaco seduto immobile con lo sguardo fisso verso lo schermo di un 
computer. Il primate senza l'aiuto di leve meccaniche ma con la sola «forza del 
pensiero» può far compiere volontariamente dei movimenti a un braccio meccanico. 
Il braccio è a sua volta munito di una pinza prensile che simula la funzione 
della mano. Il cervello di questa scimmia porta infissi dei finissimi elettrodi 
impiantati in quella parte della corteccia frontale che trasmette normalmente 
sia nell'uomo sia negli animali gli ordini destinati a far compiere movimenti 
volontari al braccio e alla mano. La scimmia si comporta come se quel braccio 
meccanico fosse un suo arto supplementare. Mediante l'inserimento degli 
elettrodi esattamente nella zona della corteccia che controlla i movimenti 
dell'arto le scimmie sono in grado di compiere due tipi di azioni diverse, 
muovere il braccio in varie direzioni e azionare la pinza prensile. Questo 
risultato ha delle implicazioni pratiche per i pazienti paralizzati, in quanto 
dimostra che lo stesso gruppo di cellule nervose quando viene stimolato può 
controllare due tipi diversi di movimenti. Tale flessibilità faciliterà il 
compito dei neurochirurghi che dovranno inserire simili elettrodi nella 
corteccia dei pazienti. L'esperimento sulle due scimmie è stato compiuto nel 
dipartimento di Neurobiologia della Duke University (Usa). I risultati 
rappresentano un incoraggiamento a proseguire su questa strada e a realizzare 
apparecchi simili anche nell'uomo utilizzando BMI combinati con protesi 
robotiche per aiutare i pazienti nelle loro funzioni. Una seconda alternativa 
già in fase di sperimentazione nell’uomo è rappresentata da un collegamento 
diretto tra la zona motrice del cervello del paziente e una protesi meccanica 
che sostituisce l'arto in pazienti amputati o addirittura con la muscolatura 
dell'arto paralizzato. La dimostrazione che i BMI possono interagire con zone 
sane del cervello e ristabilire movimenti volontari può offrire a pazienti 
paralizzati non solo un migliore controllo delle protesi, ma addirittura la 
sensazione che le protesi rappresentino un’estensione della loro persona. 

Ezio Giacobini

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Il Sole24Ore 20 dic. ’03

DAL GRASSO LA FABBRICA PER RIPANTRE LE FRATTURE

Non tutto il grasso è superfluo. Anzi, secondo l'ultima scoperta messa a segno 
dai ricercatori dell'università di Firenze, le cellule di grasso (adipociti) 
potranno presto essere utili per fabbricare tessuto osseo. Se i dati di 
laboratorio, che saranno presentati oggi al convegno di Firenze «La biologia dei 
tessuti calcificati dalla cellula alla clinica», verranno confermati anche nella 
pratica clinica, sia gli ortopedici sia gli odontoiatri avranno a disposizione 
tutto l'osso necessario per riparare fratture, rivestire protesi o impianti 
dentali e ricostruire i tessuti calcificati indeboliti dall'osteoporosi.
  «Alla scoperta non siamo arrivati per caso», fa notare Maria Luisa Brandi che, 
rientrata dagli Stati Uniti dove si è specializzata in biologia molecolare, è 
ora alla guida del gruppo di ricerca sui tessuti calcificati del dipartimento di 
Medicina interna dell'Università di Firenze. «L'idea di prendere dai depositi di 
grasso le cellule adipose non ancora mature - prosegue - e stimolarle 
opportunamente con proteine e minerali per trasformarle in osteoblasti, cioè 
nelle cellule progenitrici di tessuto osseo, è legata alla nostra lunga 
esperienza nel campo del metabolismo osseo. Sappiamo che le cellule stromali 
(cellule indifferenziate) del midollo osseo possono trasformarsi non solo in 
osreoblasti, ma anche in cellule muscolari (miociti) e cellule Adipose. Una 
chiara testimonianza di questo processo fisicdogico, è evidente nelle persone 
anziane, nelle quali la produzione da parte del midollo di cellule di grasso è 
superiore a quelle ossee (e di conseguenza sono più soggetti all'osteoporosi, 
ndr). Da qui, abbiamo deciso, seguendo un link logico, di andare a verificare- 
se anche i pre-adipociti potevano trasformarsi in cellule del tessuto osseo». 
Così è stato e ora occorre trasferire questi risultati di laboratorio nel=.a 
pratica clinica, ovvero verificare se l’autotrapianto cellulare favorisce sul 
serio l'integrazione e l'attecchimento delle ossa. Se così fosse si aprono 
davvero nuovi scenari nel trattamento dell'osteoporosi, delle fratture o 
dell'allungamento delle ossa nei bambini.
Anche perché la sorgente di' questo tessuto è infinita: «Il grasso in un uomo 
normale rappresenta il 20% del peso corporeo, il 25% nelle donne, una riserva 
più che sufficiente per produrre le quantità di tessuto osseo necessario a tutte 
le esigenze di impiego terapeutico». Non solo, le cellule adipose sono 
facilmente prelevabili con la liposuzione, un intervento che si esegue con una 
piccola siringa in anestesia locale, meno invasivo e rischioso rispetto alla 
biopsia del midollo osseo.
  Va comunque ricordato che, sempre nel campo dell'ingegneria tessutale, la 
ricerca italiana ha messo a segno importanti risultati: è nel Centro di 
biotecnologie avanzate di Genova, diretto da Ranieri Cancedda, che le cellule 
staminali prelevate dal paziente e coltivate in laboratorio con fattori di 
crescita vengono poi inserite all'interno di uno scheletro poroso di materiale 
ceramico compatibile con l'organismo, le cui dimensioni e forma si adattano 
perfettamente alle ossa da riparare. Questa sorta di progenitore dell'osso 
biotech viene impiantato nel paziente: nell'arco di anni la ceramica viene 
degradata e diventa parte dell'osso. Il Centro sta ora lavorando per mettere a 
punto materiali ceramici più facilmente riassorbibili.
FRANCESCA CERATI

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La Stampa 16 dic. ’03

ITALIANI SEMPRE PIÙ SANI MA PIÙ POVERI 

AUMENTA IL DIVARIO TRA IL NORD E IL SUD PER L’EFFICIENZA DEI SERVIZI. CRESCONO I 
LIVELLI DI ISTRUZIONE E DIMINUISCONO I DISOCCUPATI 
Il rapporto dell’Istat: «Siamo i più longevi d’Europa» 
ROMA 
Gli italiani vivono meglio, godono di buona salute anche grazie alla riscossa 
della dieta mediterranea, ma peggiora la soddisfazione per la situazione 
economica. A radiografare il paese - che si conferma il più longevo d’Europa - è 
l’Istat nel suo annuario statistico 2003: il quadro che emerge è un’Italia in 
movimento, lento e a tratti confuso, ma assolutamente non fermo nè ripiegato. In 
questo viaggio fra i movimenti della società e del costume risulta un nuovo 
rapporto Nord-Sud: rimangono le differenze, ma mutano, e in qualche caso anche 
in misura sensibile, le linee di frattura fra le due aree del Paese e cioè si 
riduce il dislivello economico degli anni Ottanta, mentre si allarga il divario 
per quanto riguarda il livello di efficienza dei servizi. 
La popolazione aumenta, ma in misura minima: calano le nascite, è vero, ma i 
flussi demografici compensano questo fenomeno e, alla fine, riportano in 
positivo il saldo della natalità. Si studia di più, soprattutto le ragazze, e il 
traguardo dell’istruzione si sposta ben oltre la scuola dell'obbligo. Il 
profitto sui banchi di scuola è migliorato nel 2002 rispetto al 2001: i più 
bravi si confermano i ragazzi dei licei, soprattutto quello classico, mentre 
«arrancano» di più i ragazzi degli istituti tecnici. 
Gli italiani stanno imparando a curare di più la propria salute, ma un adulto su 
quattro non sa rinunciare al fumo. In compenso la dieta mediterranea la fa da 
padrone a tavola ( il pranzo costituisce ancora per il 70,5% degli italiani il 
pasto principale e molto spesso (75%) è consumato in casa). La sanità è in forte 
«dimagrimento» dal lato delle spese per le cure: si riducono i posti letto negli 
ospedali, ma diminuiscono anche le degenze grazie al miglioramento delle 
terapie. Sul fronte della criminalità la truffa rimane uno dei reati più diffusi 
e il Lazio ha il record per numero dei reati. L’Istat ha poi fotografato un 
graduale miglioramento della giustizia civile con uno smaltimento significativo 
degli artretrati. Per quanto riguarda l’aspetto economico-sociale fra le 
famiglie nel 2002 è peggiorata, rispetto all'anno precedente, la soddisfazione 
degli italiani per la situazione economica. La percentuale di famiglie che 
considerano ottime e adeguate le proprie risorse economiche è diminuita dal 
71,9% del 2001 al 63,5% e, contemporaneamente, è cresciuta la percentuale di 
quelle che dichiarano di avere risorse economiche scarse o insufficienti. Al 
Nord e al Centro c'è maggiore soddisfazione rispetto al Sud. Nell’area 
settentrionale dichiarano ottime e adeguate le proprie risorse economiche il 
68,1% delle famiglie, nell’Italia centrale la percentuale è del 65%, ma in 
quella meridionale scende al 56%. Notizie positive, di più per le donne, 
arrivano dal mondo del lavoro con un calo delle persone in cerca di prima 
occupazione nel 2002. Il numero degli occupati è pari a 21.829.000, con un 
incremento di 315.000 unità rispetto al 2001 (+1,5%), mentre il numero delle 
persone in cerca di occupazione è scesa a 2.163.000, 104.000 in meno rispetto al 
2001 (-4,6%), pertanto il tasso di disoccupazione cala dal 9,5% al 9%. 
Dell’ampliamento dei livelli occupazionali traggono beneficio entrambi i sessi, 
ma è la componente femminile a far registrare la crescita maggiore (+2,2%, 
contro il +1% dei maschi). L’Italia riscopre il matrimonio: in forte aumento 
soprattutto nel Nord, ma in deciso calo le nozze in Chiesa (arretrano di 8 punti 
percentuali fra il 1998 e il 2002) e in sensibile crescita i matrimoni civili. 

g. p. m.
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Le Scienze 17 dic. ’03

STRATEGIE DI VACCINAZIONE

Il metodo potrebbe essere applicato anche ai virus informatici 

Quando le scorte di vaccini per una malattia letale sono limitate, come devono 
comportarsi i responsabili sanitari? In un articolo pubblicato sul numero del 12 
dicembre della rivista "Physical Review Letters", alcuni ricercatori descrivono 
una strategia di vaccinazione che consente di determinare gli individui che 
hanno maggior probabilità di diffondere la malattia, anche senza conoscerli in 
anticipo. La strategia, oltre che alle malattie umane, potrebbe essere applicata 
anche ai virus informatici, e potrebbe persino suggerire metodi per smantellare 
le reti terroristiche.
Le reti delle conoscenze umane, quelle informatiche come Internet e quelle di 
interazione delle proteine nel corpo condividono tutte uno schema 
caratteristico: la maggior parte degli elementi presenta pochi collegamenti con 
gli altri, mentre pochi individui possiedono un gran numero di "link". Se in una 
rete umana uno di questi individui altamente connessi venisse infetto, 
diffonderebbe il virus molto rapidamente infettando tutti i suoi contatti. 
Questa struttura suggerisce una soluzione molto semplice al problema della 
vaccinazione: immunizzando tutti questi "super diffusori", si rallenterebbe o si 
arresterebbe la diffusione della malattia.
Sfortunatamente, non sempre è noto quali siano i "super diffusori". Raramente le 
persone conoscono esattamente il numero dei propri contatti e talvolta, 
specialmente su argomenti delicati come i partner sessuali, mentono al 
proposito. Una vaccinazione casuale è spesso inutile perché per impedire la 
diffusione del virus richiederebbe di immunizzare troppe persone.
Raymond Cohen e colleghi dell'Università Bar-Ilan di Ramat-Gan, in Israele, 
propongono una semplice modifica alla vaccinazione casuale che, secondo le 
simulazioni al computer, la rende più efficace. L'idea consiste nello scegliere 
a caso un 20 per cento circa di individui e di chiedere loro il nome di un 
conoscente. Poi viene vaccinata non la persona scelta ma il suo conoscente. 
Poiché i potenziali "super diffusori" possiedono un gran numero di conoscenze, è 
probabile che vengano nominati almeno una volta. D'altro canto, essi sono in 
numero così basso che è improbabile che il 20 per cento scartato del campione ne 
contenga molti.

Reuven Cohen, Shlomo Havlin, Daniel ben-Avraham, Efficient Immunization 
Strategies for Computer Networks and Populations. Phys. Rev. Lett. 91, 247901