Appendice 3

Note Integrative di Storia dell'Assistenza Ostetrica e dell'Infermieristica.




Il termine di ostetrica viene dal latino obstetrix, derivato dal verbo obstare=stare davanti.
La pratica ostetrica era in genere risevata alle donne anche se il più famoso trattatista dell’antichità fu il grande Sorano di Efeso (II secolo d.C.).

In età moderna, Vesalio dette i suoi contributi all’ostetricia che poi però furono perfezionati dal suo grande allievo Gabriele Falloppia. Egli descrisse in modo lodevole le tube che collegano l’utero agli annessi ma nonostante ciò non riuscì a comprendere la loro essenziale funzione di trasporto ovocitario, limitato anche dal fatto che all’epoca non si erano ancora identificate le gonadi femminili. Infatti le ovaie vennero descritte per la prima volta in Olanda da Regnier de Graaf (1641-1673), il quale fu seguito da Stenone.

Quest’ultimo fu anche il primo a capire che le femmine dei mammiferi (tra cui le donne) e quelle degli uccelli (per esempio le galline) avevano la stessa gonade che lui chiamò ovaia, mentre prima di lui questi organi erano chiamati testes muliebrum (testicoli delle donne). Fece anche importanti scoperte sul cuore affermando che era soltanto un muscolo e che non era la sede dell’anima. La stessa cosa disse della matrice (utero). Va segnalato che l’utero per molti secoli, sulla base di quanto affermato dal celebre medico Areteo di Capodocia (I-II secolo d.C.) fu considerato un organo indipendente che, muovendosi all’interno dell’addome, poteva portare dei gravi disturbi alla donna. Anche se ciò fu negato dagli anatomici del Rinascimento che dimostrarono che l’utero era ancorato alla pelvi, la concezione dell’indipendenza dell’utero nell’organismo della donna si radicò a tal punto che nel medioevo si credeva che quando questo saliva verso l’alto dava una sensazione di soffocamento, nausea e vomito tanto che una delle terapie maggiormente eseguite per questi sintomi era quella di attirare l’utero verso il basso ponendo le donne in posizione di Trendelenburg per ore ed esponendole all’azione di profumi che dovevano avere la funzione di far discendere l’organo. Sino all’800 si pensò che l’utero, o la funzione riproduttiva, influenzassero in modo determinante la personalità femminile. Il fatto che l’utero condizionasse la psiche ed il comportamento della donna è alla base della isteria, dal nome greco dell’utero, che ebbe una grande popolarità alla fine del 1800 anche per opera di famosi neurologi come Jean Martin Charcot (1825-1893). L’isteria era in realtà una sindrome psicotica che derivava non certo dall’utero (come poi dimostrò Sigmund Freud, 1856-1939) bensì dalla forte repressione sessuale delle donne dell’epoca. Le donne infatti venivano considerate solo in rapporto alla riproduzione, non avevano nessun diritto; solo nel ‘600 si iniziò l’istruzione scolastica elementare anche per le donne che, fino a 800 inoltrato, non potevano accedere all’istruzione superiore; inoltre vi erano molti tabù, anche di carattere religioso, in virtù dei quali le donne venivano costrette a subire i desideri sessuali del marito quando egli voleva, e si considerava peccato o addirittura“reato” non soddisfare il proprio marito.

Tra i grandi chirurghi del Rinascimento va ricordato, per quanto riguarda l’ostetricia, Ambroise Paré che fu tra i primi a praticare il rivolgimento nelle presentazioni anomale. Tra i suoi allievi egli ebbe una donna: Louise Bourgeois (1563-1636) la quale pubblicò nei primi anni del ‘600 un trattato di Ostetricia, nel quale, descriveva le tecniche di rivolgimento e di parto già trattate da Sorano di Efeso (II secolo d.C.) 8, con nozioni ovviamente più scientifiche e incominciava ad introdurre la nozione di “taglio cesareo” con donna morta o morente. Louise Bourgeois nel suo trattato sosteneva che le ostetriche (femmes savants) dovevano difendersi dai medici in quanto solo le donne potevano occuparsi delle donne. Va ricordato che dell’ opera di Sorano, così avanzata per l’epoca, si era però perso traccia, tant’è vero che nell’epoca Bizantina ci furono dei trattatisti come Paolo di Egina, che proponevano, ad esempio, in caso di presentazione di spalla, di tagliare l’arto del feto; la situazione migliorò un po’con la Scuola Salernitana perché il trattato di Sorano di Efeso fu tradotto in arabo e riportato in occidente da una donna chiamata Trotula, la quale, verso il sec.1000, pubblicò uno dei primi trattati di ostetricia riportando i concetti fondamentali di Sorano di Efeso.

Fabrizio da Acquapendente che pubblicò il primo trattato di embriologia della storia, diede dei contributi importanti sia per quanto riguarda la descrizione delle uova, sia per la scoperta della cosiddetta Borsa di Fabrizio degli uccelli; inoltre fu il primo a studiare la placenta; anche Aranzio e l’allievo di Fabrizio: Casserio, diedero dei grandi contributi all’ostetricia dell’epoca ed in particolare alla conoscenza degli organi genitali femminili. Casserio mise in evidenza la funzione dei legamenti uterini, descrisse in maniera dettagliata l’utero e fu il primo a comprendere l’anatomia dei corpi cavernosi del pene, nell’uomo, e la somiglianza del pene al clitoride femminile. Il clitoride fu comunque scoperto e descritto per primo dagli arabi che ne compresero la funzione. Un problema che sopravviveva era quello dell’istruzione pratica in campo ostetrico e cominciavano a comparire delle opere dedicate specificamente alle levatrici; il trattato di Louise Bourgeois venne preceduto da un trattato di ginecologia scritto nel 1513 dal tedesco Eucario Roesslin e tradotto poi in italiano con il titolo “il Roseto”. Seguì, verso la fine del 1500, il trattato di Scipion Mercurio (Fra Girolamo) che si chiamava “la commare o raccoglitrice”: era un libro in tre volumi dedicato all’ostetricia e alla ginecologia; siamo nel 1600 e si andava definendo una vera e propria arte ostetrica; nel 1668 ci fu l’opera del francese Francois Mauriceau seguita dall’opera di Sebastiano Melli la comare levatrice (1721) che raccoglieva molti concetti nuovi soprattutto pratici. Nel 1742 Fielding Ould introdusse l’episiotomia.

Nel 1781 Jean Louis Baudelodque introdusse il pelvimetro. Importanti trattati di ostetricia, splendidamente illustrati, furono scritti da William Smellie (1697-1763) e dal suo allievo William Hunter (1718-1783), fratello maggiore del Chirurgo Jonn Hunter.

Sempre intorno alla fine del 1700, parallelamente all’istruzione dei chirurghi con le cere anatomiche, si tentò di istruire le ostetriche con le cere come si vede nei musei di la Specola a Firenze e dello Josephinum di Vienna.

Raccolte magnifiche di cere e terracotte si trovano anche a Bologna (Galli), a Modena e a Roma (Manfredini), Firenze (Galletti) e Napoli (Citarelli). Nello stesso periodo l’assistenza ostetrica pur rimanendo, nelle classi meno abbienti, una pratica femminile, divenne gradualmente, tra i borghesi e gli aristocratici, una professione maschile.

L’introduzione del forcipe avvenne nel tardo 600 -primo ‘700 in Inghilterra ad opera della famiglia Chamberlen e successivamente in Francia. L’utilizzo del forcipe (più volte modificato) ha portato a gravi conseguenze per coloro i quali venivano al mondo con questo strumento. L’estrazione con il forcipe infatti provocando gravi lesioni della corteccia dell’Ippocampo può causare l’insorgenza di una attività cerebrale di tipo epilettico con le gravi conseguenze che questo comporta! Gran parte dei casi di epilessia che si registravano all’epoca erano infatti da ricondurre all’utilizzo di questo strumento. Al fine di evitarne le grave conseguenze a carico del nascituro, L’uso del forcipe è stato gradualmente abolito; nel 1953 lo svedese Tage Malstrom introdusse l’estrattore a vuoto (ventosa).

Alla fine del settecento furono istituite le prime maternità che erano riservate alle donne molto povere perchè le donne ricche partorivano a casa con una mortalità inferiore rispetto alle donne che partorivano in ospedale, come notò Ignac Fulop Semmelweiss (1818 – 1865) aiuto ostetrico di una clinica viennese; colpito da tale fenomeno pensò che probabilmente erano responsabili i medici e gli studenti di medicina che palpavano, senza guanti, nelle parti intime le donne passando da una donna all’altra. Semmelweiss, obbligò medici e studenti a lavarsi le mani con un disinfettante tra una visita e l’altra, diminuendo così tantissimo la mortalità per febbre puerperale, malattia infatti che divenne controllabile soprattutto con l’igiene; questa situazione ebbe fine grazie a Pasteur che dimostrò che l’infezione era causata da uno streptococco. La febbre puerperale venne debellata dall’avvento dei sulfamidici e degli antibiotici.

James Marion Sims (1813-18) praticò nel 1849 il primo intervento sulla fistola vescica vaginale ed è considerato il fondatore della ginecologia chirurgica. Dal 1845 in poi venne gradualmente introdotta l’anestesia con etere e, nel 18473, ad opera di James Simpson (1811-1870) quella con Cloroformio. L’anestesia nel parto venne all’inizio ostacolata perché contraria all’asserto biblico: partorirai col dolore. Nel 1853 tuttavia John Snow (1813-1858) anestetizzò la regina Vittoria per il parto del principe Leopoldo.

Il taglio cesareo su donna morta veniva praticato fin dall’antichità ed è descritto più volte. Verso la fine del 700 primi dell’800 vennero praticati con successo alcuni interventi su donna viva. Tra essi è menzionato quello effettuato in Sud Africa nel 1821 dal medico militare James Barry (1792-1865) che, come venne scoperto dopo la morte, era, in realtà una donna : Miranda Stuart, laureatasi sotto mentite spoglie a Edimburgo nel 1812. Va però ricordato che i tagli cesarei su donna viva erano interventi eroici, di solito fatali. Verso il 1870 venne introdotta l’antisepsi seguita dalla asepsi.

Un passo importante nella storia dell’ Ostetricia fu l’esecuzione a Pavia nel 1876 da Edoardo Porro del primo Taglio Cesareo su donna “vivente”. Anche se tale intervento comportava l’amputazione di parte dell’ utero l’intervento era relativamente sicuro e venne praticato su migliaia di donne. Un taglio cesareo simile a quello praticato oggi fu introdotto in Germania ai primi del 900, dopo che si era riusciti a suturare la parete dell’utero. Nel 1882 il tedesco Max Saumlnger descrisse la sutura a strati della parete uterina e, da allora, l’intervento assunse gradualmente le attuali caratteristiche.

Altre importanti scoperte furono nel 1910, quella dei chemioterapici ad opera di Ehrlich, capaci di aggredire il germe della sifilide e quella, nel 1935, di Domagk (1895-1964), allievo di Ehrlich, dei sulfamidici e antibiotici che vennero usati soprattutto nel trattamento della febbre puerperale.

Domagk vinse anche il premio Nobel, che tuttavia non potè ritirare, perchè i nazisti non permisero che si compromettesse con gli anglossassoni; lo ritirò soltanto dopo la II guerra mondiale. Nei 45-46 divenne disponibile la penicillina: il primo degli antibiotici.

Fu fondato poi, il Collegio delle Ostetriche e vennero istituite le scuole convitto, alle quali si poteva accedere dopo la terza media. Nel frattempo la professione ostetrica era stata regolamentata e veniva considerata il grado IV dell’istituto infermieristico, di un livello superiore a quello delle infermiere professionali.

A partire dalla fine del 1800 ci furono le ostetriche condotte che venivano dislocate nei piccoli centri; a partire dagli anni 1920-30 esse acquistarono un certo prestigio sociale tanto da far parte dell’elite, insieme al prete, al medico, al farmacista ed alla maestra (o).


Note Integrative di Storia dell'Assistenza Ostetrica e dell'Infermieristica.

In Italia la scuola infermieristica laica è partita con molto ritardo, perchè l’ ospedale era sotto il dominio della Chiesa, e veniva considerato una palestra nella quale esercitare la carità. Vi erano, a parte le suore, molto personale volontario della borghesia che andava ad assistere i malati negli ospedali, che più che ospedali erano degli ospizi per i poveri.

Nacquero poi gli ordini assistenziali,di cui i più importanti erano:

  1. FATEBENEFRATELLI di San Giovanni di Dio (spagnolo);
  2. CAMILLIANI di San Camillo (italiano);
  3. SUORE DI CARITA’ di San Vincenzo da Paoli (egli non voleva che fossero suore perchè si dovevano mescolare con la gente. L’ordine poi si sciolse e si riformò dopo la Rivoluzione Francese, ancora oggi è un ordine particolare perchè hanno i voti temporanei, infatti devono rinnovare i voti ogni anno).

Importante fu l’ opera di Florence Nightingale, nobil donna appartenente all’ aristocrazia inglese, che nell’evenienza della spedizione di Crimea (1856), insistette perchè venisse formato un corpo di infermiere al seguito dell’ esercito inglese, dimostrando con i fatti come la presenza di queste donne fosse importante. Infatti, scoppiato il colera (morbo indico), che porta a morte per disidratazione in seguito alla diarrea, queste infermiere guidate dalla Nightingale si prodigarono per migliorare le condizioni igieniche, cosa di fondamentale importanza.

Alla fine della guerra di Crimea, i reduci fecero una colletta perchè si formasse una scuola per sedici infermiere presso il St Thomas’s Hospital di Londra.
La scuola per infermiere di Florence Nighthingale, fu sicuramente la prima vera scuola ad impronta laica.
Questo modello però non venne accettato in America, dove vennero formate scuole laiche senza vincoli di rigidità classista, tanto e’ vero che nel 1909 venne dichiarata la parità fra neri e bianchi.
In America la prima scuola Universitaria di infermieristica sorse nel 1909 in Minnesota, mentre in Italia l’evoluzione fu assai più lenta.
Nacquero delle scuole laiche fondate dalla moglie di Celli, Anna Fraentzel Celli, la quale aveva studiato ad Amburgo ed aveva portato in Italia quello che aveva imparato nelle scuole tedesche, ma, anche lei aveva una mentalità classista, riteneva infatti che le infermiere non si dovevano sposare ma, dovevano dedicarsi solo ai malati. Altre scuole furono fondate da Grace Baxter e Amy Turton: Vennero anche istituite delle scuole gestite da religiosi(Scuola/Asilo S. San Giuseppe di Roma)
In Russia ci fu l’ equivalente della Nightingale , Elena Pavlovna che formò una scuola.
Anche in Germania furono create diverse scuole laiche.

Nel 1925 le scuole infermieristiche furono regolamentate con dei decreti statali. Nel 1929 furono create le prime scuole convitto dove le infermiere dovevano aver svolto, per accedervi, la quinta elementare più altri due anni di scuola infermieristica.

Nel 1927 è stata fatta la prima scuola per infermieri generici,soprattutto maschi, che potevano svolgere lavori pesanti, mentre fino ad allora stavano solo nei manicomi.

Nel 1954 viene fondato il Collegio nazionale Infermieri Professionali Assistenti visitatrici e Vigilatrici d’infanzia (IPASVI).

Negli ospedali venivano impiegate soprattutto le suore perchè meno retribuite anche se istruite.

Dal 1956 per accedere alle scuole convitto occorreva la licenza di scuola media inferiore.

Nel 1965 vennero create All’Università la Sapienza di Roma le prime scuole per DAI ,(Dirigenti di Assistenza Infermieristica), scuole di livello superiore.



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