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Lezione 1 |
La Medicina Greca |
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Nelle prime fasi, la medicina occidentale (non ci occuperemo della medicina orientale) era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come l'Iliade, e che ancora oggi è connaturato nell'uomo.
Col passare del tempo la medicina prese sempre più le distanze dalla religione sino ad arrivare alla medicina razionale di Ippocrate, che segnò il limite tra razionalità e magia. Le prime scuole si svilupparono in Grecia e nella Magna Grecia, cioè in Sicilia e in Calabria. Tra queste, fu importantissima la scuola pitagorica. Pitagora, grande matematico, operava nell'isola di Samo, ma si spostò a Crotone quando il tiranno Policrate prese il potere nella sua città. Egli portò nella scienza naturale, ancora non definibile medicina, la teoria dei numeri: secondo Pitagora alcuni numeri avevano significati precisi e, fra questi, i più importanti erano il 4 e il 7. Il 7 ha sempre avuto un significato magico, per es. nella Bibbia un numero infinito è indicato come 70 volte 7. Tra l'altro il 7 moltiplicato per 4 dà 28, cioè il mese lunare della mestruazione, e 7 per 40 dà 280, cioè la durata in giorni della gravidanza. Sempre per la connotazione magica del 7 si diceva che era meglio che il bambino nascesse al 7° mese piuttosto che all'8°. Anche il periodo di quarantena, cioè i 40 gg che servirebbero per evitare il contagio delle malattie, è derivato dal concetto di sacralità del numero 40. Tuttavia la scuola pitagorica non si limitò a questo, ebbe importanti allievi e in quel periodo nacquero delle scuole filosofiche molto importanti.
Un grande allievo di Pitagora, Alcmeone di Crotone, nel VI-VII secolo a.C. fu il primo ad avere l'idea che l'uomo fosse un microcosmo costituito dai 4 elementi fondamentali. Secondo lui dall'equilibrio degli elementi, che chiamò isonomia o democrazia, derivava lo stato di salute, mentre lo stato di malattia derivava dalla monarchia, ovvero dal prevalere di un elemento sugli altri. Alcmeone fu anche il primo ad individuare nel cervello l'organo più importante. Sino ad allora era stata data pochissima importanza al cervello, che era sempre sfuggito all'osservazione: all'epoca greca il corpo era sacro e non si praticavano dissezioni, ma veniva visto negli animali sacrificati come una massa gelatinosa e fredda di scarso interesse. Alcmeone stabilì che il cervello doveva essere l'organo che comandava l'organismo. Pare che si fosse anche reso conto, fatto poi smentito da altri, che i nervi servissero per condurre gli impulsi nervosi, ma questa notizia non ha lasciato traccia nella storia della scienza di allora. La vera e propria medicina razionale è da attribuire ad Ippocrate (V sec. a.C.), padre della medicina. Ippocrate visse tra il 460 e il 370 a.C. nell'isola di Coo o Cos, nel Dodecanneso, dove si sviluppò la scuola razionale, cui vanno ascritti molti dei pensieri attribuiti ad Ippocrate, che visse nei 50 anni di pace periclea, periodo in cui fiorì la filosofia. Operò nell'area del Mediterraneo e nei suoi viaggi toccò la Sicilia, l'Egitto, Alessandria, Cirene, Cipro. La base della medicina razionale è la negazione dell'intervento divino nelle malattie. Anche la famosa malattia sacra, l'epilessia, fu attribuita ad una disfunzione dell'organismo. La concezione di Ippocrate si rifaceva a quella di Talete ed in parte anche a quella di Alcmeone di Crotone, quando diceva che l'uomo è il microcosmo ed il corpo è formato dai 4 elementi fondamentali, nell'ordine aria, fuoco, terra ed acqua. Secondo Ippocrate e la sua scuola (pare che addirittura si trattasse di suo genero Polibo), agli elementi del corpo umano corrispondevano, in base a delle qualità comuni, degli umori: all'aria, che è dappertutto, corrispondeva il sangue; al fuoco, caldo, corrispondeva la bile; alla terra, per il colore, corrispondeva un umore scuro in realtà inesistente, forse osservato nella pratica dell'auruspicina, durante il sacrificio degli animali. Il sangue della milza, venoso, molto scuro fu forse ritenuto essere un altro umore, diverso dal sangue, e fu chiamato bile nera, atrabile in latino e o melaina kole' in greco; infine all'acqua corrispondeva il muco, o pituita o flegma, comprendente tutte le secrezioni acquose del nostro corpo (saliva, sudore, lacrime, etc.), localizzato principalmente nel cervello, che era umido e freddo come l'acqua.
Ippocrate, rifacendosi a quello che aveva detto Alcmeone di Crotone, sosteneva che la malattia derivasse dallo squilibrio, senza parlare più di democrazia o monarchia per non offendere i tiranni, e che dove c'era equilibrio tra gli umori c'era la salute; le cure consistevano nel rimuovere l'umore in eccesso. La sua teoria spiegava anche i vari temperamenti: un soggetto collerico aveva troppa bile, quello flemmatico troppo muco. Al centro della concezione di Ippocrate non c'era la malattia, che si spiegava in modo olistico, ma l'elemento più importante era l'uomo. Questo fece la fortuna della scuola ippocratica nei confronti della scuola rivale di Cnido, che invece era focalizzata sulla malattia con una concezione riduzionistica, simile a quella odierna. La scuola di Ippocrate prevalse proprio perché si occupava dell'uomo, mentre l'altra occupandosi delle malattie e non avendo gli elementi necessari per farlo si estinse, quella di Ippocrate proseguì.
I testi di Ippocrate, o i presunti tali, furono commentati nelle università sino al 1700. Questi testi comprendono una serie di aforismi tra cui il famoso "La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione è fuggevole, l'esperienza è fallace, il giudizio è difficile", che sono alla base della sua filosofia ed invitano a pensare attentamente e ripetutamente prima di intervenire. Ippocrate quindi creò una medicina olistica, basata sull'uomo o microcosmo, predicando l'uso della terapia disponibile con il massimo della parsimonia. Tra l'altro i rimedi erano pochi perché allora non esisteva la farmacologia ed un primo accenno all'erboristica venne da un allievo di Aristotele, Teofrasto, circa un secolo dopo. Ippocrate è ricordato anche perchè espresse i primi concetti di etica medica, arrivati sino ai giorni nostri, ed è infatti attribuito alla sua scuola il giuramento di Ippocrate, che codifica la figura del medico.
- "Giuro ad Apollo medico, Asclepio, Igea e Panacea, prendendo come testimone tutti gli dei e le dee, di tenere fede secondo il mio potere e il mio giudizio a questo impegno: giuro di onorare come onoro i miei genitori colui che mi ha insegnato l'arte della medicina (concetto di allievo e maestro) e di dividere con lui il mio sostentamento e di soddisfare i suoi bisogni, se egli ne avrà necessità; (È questo un anatema contro la chirurgia, che trova la sua giustificazione nel fatto che la chirurgia allora aveva esiti disastrosi. Non c'era nessuno stimolo a studiare l'anatomia, perchè si pensava che le malattie fossero causate dallo squilibrio degli umori e gli organi non avessero nessuna importanza; quindi la chirurgia era un qualcosa di empirico, uno tagliava senza sapere cosa andava a tagliare, non c'erano i concetti della asepsi, della anestesia. La chirurgia fu considerata una pratica artigianale secondaria senza utilità, non una scienza, sino alla fine del 1700. Gli artigiani la praticavano di nascosto, tramandandosi tra loro i segreti. I chirurghi e i medici indossavano anche un diverso abbigliamento: i medici, in quanto laureati e magistri togati, potevano portare la toga a differenza dei chirurghi, che invece erano persone indotte e non conoscevano il latino, che in epoca medioevale e moderna era la lingua dei dotti (nelle incisioni del '500, del '600 e anche del '700 si distinguono i medici con la toga lunga sino ai piedi dai chirurghi con le gambe scoperte). Questo corollario fu benefico nell'immediato, ma portò alla pratica della chirurgia da parte di persone prive di ogni conoscenza teorica.)
- "In qualunque casa io entri sarà per utilità dei malati, evitando ogni atto di volontaria corruzione, e soprattutto di sedurre le donne, i ragazzi, liberi e schiavi.
- Le cose che nell'esercizio della mia professione o al di fuori di essa potrò vedere o dire sulla vita degli uomini e che non devono essere divulgate le tacerò, ritenendole come un segreto (concetto di segreto professionale). Anche se in Grecia il corpo era tabù, l'enorme sviluppo delle arti figurative, soprattutto della scultura, presuppone delle conoscenze anatomiche tali da far ritenere che in Grecia venisse praticata la dissezione. Di certo si sa comunque che la dissezione venne praticata poco dopo gli ippocratici e trovò la massima espressione nella scuola alessandrina.
Nella sua teoria il calore era la cosa più importante e dava la vita. Egli sosteneva che l'uomo, avendo molto calore, riusciva ad utilizzare tutte le risorse del suo organismo e a produrre lo sperma. La donna, invece, non aveva abbastanza calore, per cui parte del sangue era eliminata come sangue mestruale. Lo sperma col calore agiva sul mestruo, producendo l'embrione. La riprova, secondo Aristotele, della validità della sua teoria era che questo calore derivato dallo sperma, nel periodo del puerperio, faceva sì che la donna producesse il latte: nella maggior parte dei casi non si presentava la mestruazione proprio perché questo sangue in abbondanza veniva trasformato in latte grazie al calore. Aristotele fu anche maestro di Alessandro Magno, che portò al massimo la fioritura della cultura ellenica, che si espanse in tutto il Mediterraneo. Ma la massima espansione portò successivamente al crollo. |
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Dagli appunti di Francesca Spina |