Lezione 6

XVIII Secolo. Ancora sulle cere anatomiche. Anatomia clinica e Patologia d'organo. Spallanzani. Jenner.





Le cere anatomiche erano un mezzo visuale per insegnare e diffondere l'anatomia. L'anatomia era ancora un patrimonio dei medici dotti, che conoscevano il latino e che avevano accesso ai trattati e non dei chirurghi, personaggi di secondo piano, nella maggior parte dei casi barbieri, persone che non avevano avuto un'istruzione classica e nessun accesso alle opere scientifiche.

Ritratto di Clemente Susini Le cere anatomiche furono prodotte su larga scala a Firenze e poi diffuse in tutta Europa. Descriviamo ora come si faceva un preparato anatomico: dell'organo in esame (ad esempio il cuore) si faceva un calco col gesso , che prima dell'indurimento si apriva in due con una cordicella e si riempiva di cera; poi, la cera veniva colorata ed infine la mano dello scultore rifiniva il tutto. Le cere di Cagliari furono fatte da Clemente Susini (l757-l8l4), e la mistura della cera contiene delle sostanze anche preziose, come scagliette d'oro e perle macinate, utilizzate per dare brillantezza alla cera stessa. le cere soffrono più il freddo del caldo, perché essendo la cera una mistura con altre sostanze a differente grado di dilatazione, quando la temperatura va sotto zero, basta una minima vibrazione per rovinarle. Questo a Cagliari non succede mai, per cui le cere di Cagliari hanno il privilegio di non essere mai state restaurate al contrario di quelle delle grandi collezioni di Firenze e di Vienna (Le cere di Vienna sono, in parte, copie di quelle di Firenze. Esse furono portate a Vienna per ordine di Giuseppe II, dietro suggerimento di Giovanni Alessandro Brambilla).

Giovanni Alessandro Brambilla (l728-l800) fu, per quanto riguarda l'Europa centrale, colui che parificò la chirurgia e la medicina. In altri paesi ciò era avvenuto in modo più fisiologico, cioè i chirurghi erano diventati talmente bravi che erano entrati nella categoria dei medici. Questo avvenne in Inghilterra dove visse un grande chirurgo: John Hunter (l728-l793). Hunter fece un esperimento su se stesso: poiché riteneva che non poteva esserci un soggetto con due malattie, per stabilire se la blenorragia e la sifilide erano due malattie diverse o no, si inoculò nel glande del pus proveniente da un soggetto con la blenorragia per vedere se sarebbe comparsa la blenorragia o la sifilide. In realtà si ammalò di sifilide perché quel soggetto aveva entrambe la malattie e fu fortunato perché la forma che contrasse non fu particolarmente grave, tanto che pensò di esserne guarito. Questo esperimento, che venne pubblicizzato in tutto il mondo, portò ad una confusione.

Luigi Rolando (l773-l83l) a Sassari fu autore del saggio "La vera struttura del cervello dell'uomo e degli animali. Egli dimostrò che il cervelletto era deputato alla regolazione del movimento e lo paragonò ad una pila voltaica; tornato a Torino, diede una descrizione completa delle circonvoluzioni cerebrali.

Ritratto di Giovanni Battista Morgagni Il vero fondatore della medicina clinica moderna fu Giovanni Battista Morgagni (l682-l77l). Questi apparteneva come derivazione alla scuola galileiana, perchè era allievo di Antonio Maria Valsalva (l666-l723), il quale a sua volta era allievo di Malpighi, Malpighi di Borelli, e questi era allievo di Galileo.

Morgagni aveva una concezione iatrofisica; egli però non usava il microscopio, usava l'occhio: aveva la tendenza a cercare di scoprire il funzionamento del corpo umano inteso come macchina. Il Morgagni si riferì a delle precedenti pubblicazioni. Quella più accurata risaliva alla fine del '400: a Firenze c'era stato Antonio Benivieni (l443-l502) che aveva fatto diverse autopsie e le aveva correlate con la causa di morte; il suo libro è intitolato "De abditis morborum causis" (Le cause nascoste delle malattie). Un altro trattato pubblicato nel tardo 600 era stato il "Sepulcretum" di Theophile Bonet (l620-l689), in cui erano descritti molti casi di reperti ottenuti al tavolo anatomico. Però in tutti questi trattati manca la correlazione tra storia clinica e reperto anatomo-patologico.

Col Morgagni ci fu un ritorno al tripode alessandrino che consisteva nella storia clinica, nell'autopsia e poi nella diagnosi clinica. Il Morgagni raccolse ben settecento quadri autoptici, correlò il quadro autoptico con la storia clinica del paziente, dimostrò che per la stragrande maggioranza delle malattie vi era una patologia d'organo. Allora non c'erano mezzi per fare l'autopsia in vivo (autopsia intesa come nella concezione alessandrina, cioè come esame del malato con i propri occhi), quindi l'autopsia era veramente la dissezione, ma il concetto era quello di correlare la storia clinica con la malattia.

Frontespizio del De Sedibus et causis morborum per anatomen indagatis di Morgagni Il Morgagni è stato un anatomico celeberrimo, era chiamato sua maestà anatomica in Europa, perché aveva pubblicato alcuni appunti di anatomia: "Adversaria Anatomica", che divennero molto famosi per la revisione di strutture che erano già state descritte. La sua opera maggiore, una pietra miliare per la nascita della medicina moderna, apparve nel l76l in 5 volumi, dedicati alle più importanti accademie mediche nel mondo di allora. Fu pubblicato in latino ed intitolato "De Sedibus et causis morborum per anatomen indagatis" (Sulle sedi e le cause delle malattie studiate attraverso l'anatomia). Egli raccolse 700 casi clinici, alcuni appartenevano anche a Marcello Malpighi (l628-l694) e un buon numero erano appartenuti al suo maestro Antonio Maria Valsalva (l666-l723), anatomico che fece importanti scoperte soprattutto sull'orecchio.

Questo trattato destò grande interesse in tutto il mondo di allora, tanto è vero che dopo due anni, la prima edizione era esaurita. Furono fatte molte altre edizioni e furono tradotte in tutte le lingue d'Europa. Una delle ultime edizioni fu in italiano, sia perché i dotti parlavano il latino (fino alla rivoluzione francese la lingua dei dotti era il latino), sia perché in Italia il "verbo morgagnesco" ebbe difficoltà ad attecchire. I principi di Morgagni invece, furono applicati all'estero e furono alla base dello sviluppo della clinica negli altri paesi. Influenzò però Domenico Cotugno ed ebbe come allievo Antonio Scarpa.

Proprio nello stesso periodo in cui Morgagni pubblicò il suo trattato, nel l76l, uscì in Austria un altro piccolo trattato "De Inventu Novo" in cui il figlio di un bottaio, Leopold Auenbrugger (l722-l809), descrisse la percussione come un mezzo per poter osservare in vivo le alterazioni degli organi toracici. Questo libro rimase lettera morta, fino a quando ai primi dell'800, il medico di Napoleone Jean Nicolas Corvisart (l755-l82l) lo riscoprì. Auenbrugger era ancora vivo, e a distanza di 30-40 anni dalla pubblicazione, ebbe la sua parte di gloria.

Nel 700 un problema molto importante era quello della respirazione e della combustione. Era stato ipotizzata da Georg Ernst Stahl (l660-l734) l'esistenza di una sostanza, il flogisto, che consumandosi dava il fuoco. Questo concetto però non spiegava alcuni esperimenti che erano stati fatti dalla scuola di Oxford. Per esempio, collocato un animale sotto una campana con una candela accesa, man mano che la candela bruciava l'animale dava segni di asfissia, fino a morire. Non si capiva quale nesso esistesse con il flogisto; si diceva che quell'aria era diventata "aria fissa". Fu un inglese, Joseph Priestley (l733-l804), il primo ad affermare che doveva essere qualche gas che veniva consumato.

Chi dimostrò che questo gas era l'ossigeno fu Antoine Laurent Lavoisier (l743-l794), grandissimo scienziato e fondatore della chimica moderna. Lavoisier venne ghigliottinato per la sua condizione di aristocratico. La storia dice che prese il fatto di essere ghigliottinato come una seccatura.

Ritratto di Lazzaro Spallanzani Subito dopo la scoperta dell'ossigeno, l'abate Lazzaro Spallanzani (l729-l799), uno dei più grandi scienziati mai esistiti, mise in relazione il consumo di ossigeno con la respirazione tessutale. Lo Spallanzani era uno sperimentatore feroce: per dimostrare l'azione dei succhi gastrici infilò nel suo stomaco una spugnetta con dentro della carne che poi tirava fuori dopo alcune ore, per constatare l'effetto del succo gastrico. Era un vivisezionatore; capì anche che, durante il volo, i pipistrelli si orientano con gli ultrasuoni. Spallanzani è famoso soprattutto nel campo della riproduzione. Fu il primo a dimostrare, mettendo delle specie di "mutande" al rospo maschio, che, senza il contatto del liquido seminale con l'uovo, non si aveva la fecondazione. Fu il primo che operò la fecondazione artificiale nella cagna. Confermando quanto visto da William Cowper (nel l702) nel mesentere del gatto e del cane, dimostrò la presenza dei capillari nel pollo, chiudendo il cerchio del circolo sanguigno anche negli animali a sangue caldo. Tra le scoperte più importanti dello Spallanzani (per cui Pasteur lo riverì come il più grande scienziato mai esistito) vi fu quella di aver confutato la tesi della generazione spontanea. Il problema della generazione spontanea era fermo ancora a Redi, che aveva dimostrato che gli insetti derivavano da altri insetti. C'erano stati dei precursori, per esempio, tra gli italiani, Antonio Vallisneri (l66l-l730), medico padovano, che aveva sostenuto l'esistenza di "Semi" in aria, simili a quelli descritti da Fracastoro; Carlo Francesco Cogrossi (l682-l769) aveva affermato che nella peste bovina c'erano degli organismi viventi che trasmettevano la peste. Entrambe queste tesi però erano cadute nel vuoto.

Un irlandese, John Turbeville Needham (l7l3-l78l), pensava che gli "infusori" (che si vedevano anche coi microscopi dell’epoca, perché erano dei protozoi) derivassero dal fluido contenuto nella fiasca, e quindi derivassero dalla materia e non da altri protozoi. Questo esperimento fu condiviso da Georges Buffon (l707-l788), il più grande naturalista dell'epoca. Ma Spallanzani lo confutò, dimostrando che se si praticava veramente una sterilizzazione (fu lui il primo che mise in atto questo procedimento, applicato successivamente anche da Pasteur) col calore i protozoi non si formavano. Quindi dimostrò che per avere dei protozoi bisognava avere altri protozoi. Questa fu la prima dimostrazione che esseri molto piccoli derivavano da altri esseri molto piccoli.

Edoardo Jenner che inocula il vaccino antivaioloso al figlio Alla fine del l700 ci fu una grande scoperta di carattere empirico. Un chirurgo inglese Edoardo Jenner (l749-l823), allievo di John Hunter, si accorse per caso che le mungitrici, che avevano in passato contratto il vaiolo bovino, quando si ammalavano di vaiolo guarivano sempre. Il vaiolo allora era la malattia più terribile. La peste si era placata a causa del cambio dei ratti e delle migliori condizioni igieniche. Vi erano ancora flagelli terribili come la tubercolosi, però il vaiolo colpiva soprattutto i bambini.

C'erano stati già tentativi precedenti risalenti al tardo '600 di indurre la resistenza alla malattia col sistema della vaiolizzazione. La vaiolizzazione era il sistema di innesto del vaiolo: si prelevava, da un malato che stava per guarire, un po' di pus e lo si iniettava ad un soggetto sano, provocando il vaiolo. Molte volte questo procedimento era letale e molti bambini morirono. La vaiolizzazione era stata promossa dalla moglie dell'ambasciatore inglese a Costantinopoli (Lady Montagu), perché nell'oriente si praticava da tempo tale sistema. La stessa era poi stata introdotta in Italia dai medici greci che operavano soprattutto a Venezia. Questi avevano trovato un grande fautore nel Papa Benedetto XIV (Papa Lambertini) il quale cercò di introdurre la vaiolizzazione nello stato pontificio.

La scoperta di Jenner risolse il problema del vaiolo. Jenner fece la prima inoculazione sul figlio di 8 anni del suo giardiniere: prese un po' di pus dalla pustola di una vacca, lo iniettò e vide, dopo che si era formata la pustola del vaccino (che si chiamava ancora innesto), che il bambino era immune dal vaiolo. Successivamente inoculò anche il proprio figlio di 1 anno. La vaccinazione destò un interesse grandissimo, anche se ci fu una violenta opposizione da parte di certi ambienti, soprattutto ecclesiastici nei quali essa venne ritenuta un insulto al creatore essendoci una commistione tra il bruto, cioè l'animale, e l'uomo. Quindi questa vaccinazione venne praticata su larga scala perché le idee della rivoluzione francese prevalsero. Al di fuori dell'Inghilterra, divenne la bandiera della sinistra, dei giacobini. I giacobini vaccinavano, i codini (reazionari) no.

In Italia un milanese Luigi Sacco (l769-l836) diffuse negli stati della repubblica cisalpina la vaccinazione, per cui ci fu un crollo verticale della morbilità del vaiolo.

Ritratto di Pietro Leo Pietro Leo portò la vaccinazione in Sardegna. Egli fu anche professore di anatomia; aveva imparato a vaccinare durante la rivoluzione francese a Parigi. Altri fautori della vaccinazione in Sardegna furono Francesco Antonio Boi e Sebastiano Perra (l772-l826) che scrisse (l808) un libro su di essa. Dopo un primo periodo in cui venne praticata saltuariamente, la vaccinazione si diffuse più tardi ad opera di un altro professore di anatomia: Giovanni Falconi (l8l7-l900).

Nel l794 Philippe Pinel (l743-l825), preceduto in Italia da Vincenzio Chiarugi (l759-l820), liberò i folli dalle catene, affermando che si trattava di malati e non di delinquenti.

Riprendiamo ora il discorso della Scuola di Spallanzani. Tra gli allievi di questi ci fu Giuseppe Baronio (l759-l8ll) che, proprio sulla scorta di quello che aveva appreso da Spallanzani, fece i primi innesti di cute negli animali, divenendo un precursore dell'innesto cutaneo e della chirurgia plastica. Altro allievo fu Agostino Bassi (l773-l856), avvocato, figlio di un ricco proprietario terriero, il quale aveva la passione per la biologia. Il padre non voleva che facesse il biologo, ma che si occupasse delle sue terre e che entrasse nella amministrazione imperiale. Egli comunque seguì costantemente le lezioni dell'abate Spallanzani, fino a quando questi morì. Un giorno le sue bigattaie (le bigattaie sono i filari su cui si conservano i bachi da seta) furono funestate da una malattia terribile, il mal del calcino o del calcinaccio o moscardino, che uccideva improvvisamente i bachi, riducendoli a dei pezzi di gesso. Il Bassi, messosi pazientemente a studiare per cercare di capire se c'era un organismo vivente alla base di questo fenomeno, scoprì un fungo, che fu chiamato Botritis o Beauveria bassiana, che provocava la morte dei bachi. Egli trovò anche un disinfettante per difendersi da questo fungo e per ripulire le bigattaie. Il suo trattato "Del Mal del Segno, Calcinaccio o Moscardino" venne tradotto in francese e diffuso in Europa. Subito dopo ci fu la scoperta dell'eziologia fungina di certe malattie come la tigna dei capelli. Il lavoro di Bassi influenzò moltissimo Louis Pasteur (l822-l895) (nello studio di Pasteur c'erano sia il ritratto di Spallanzani, sia quello di Bassi).

Allora si vedevano solo i funghi e i protozoi, il microscopio non era ancora arrivato a visualizzare i batteri. Solo negli anni 20 dell'800 Gian Battista Amici (l786-l863), un astronomo che costruiva telescopi, inventò il prisma di riflessione. (Poi il microscopio fu perfezionato soprattutto da inglesi e tedeschi). Questo permise un aumento del potere di risoluzione del microscopio.

Ritratto di Robert Koch Il Bassi nel suo libro scrisse: "sarei molto lieto se in futuro le mie scoperte potranno servire ad aprire la strada allo studio e alla cura delle malattie che uccidono l'uomo, tra cui il colera". Proprio su questa indicazione un anatomico italiano Filippo Pacini (l8l2-l883) scoprì nelle feci dei colerosi il vibrione colerigeno, però la scoperta era troppo avanzata e rimase lettera morta.

Nel 1883 il tedesco Robert Koch (l843-l9l0) scoprì il vibrione del colera, ma ci si accorse che in realtà la cosa era stata già descritta in modo chiarissimo da Pacini. Ci fu un lungo contenzioso che fu risolto dando la priorità a Pacini; dal punto di vista pratico questa priorità era stata ininfluente perché non si diffuse nell'ambiente scientifico, essendo troppo precoce.



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(Dagli appunti di Manuela Testa)