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Lezione 5 |
Fine '600 - Inizio '700. Generazione Spontanea. Genesi acarica della scabbia. Anatomia microscopica. Le cere anatomiche. |
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Nel corso delle pestilenze, i medici giravano vestiti in modo un po' particolare: con una specie di becco d'uccello sul naso che conteneva una spugna con dei profumi, perché si credeva fossero gli odori a causare la malattia (tesi chiaramente falsa).
Redi fu anche fondatore della parassitologia; fece degli importanti esperimenti su come debellare i vermi. Alcuni farmaci, tuttora utilizzati contro i vermi, sono stati introdotti da lui. Un'altra malattia dei nostri antenati è la rogna (o scabbia) dovuta ad una specie di acaro (= atomo di carne), che veniva considerato una particella di materia peccans, perché si pensava che la rogna fosse dovuta ad un eccesso di melaina kolè, di bile nera, quindi bisognava curarla con delle sostanze che eliminassero questa melaina kolé, e non in modo topico. Cosimo Bonomo (1666-1696), allievo di Redi e medico delle galere (termine che noi usiamo per prigione ma al tempo erano le navi dove venivano mandati i carcerati che scontavano la pena remando, carcerati peraltro molto soggetti alla rogna) cercò il modo per debellarla e stabilì che, per eliminare la malattia, bastavano dei bagni antisettici, fatti per un certo periodo di tempo, per uccidere anche le larve derivate dalla schiusa delle uova deposte all'interno della cute. Grazie all'aiuto di Giacinto Cestoni (1637-1718), isolò l'acaro e lo descrisse come si vede al microscopio. Comunicò questo a Redi ed il tutto fu pubblicato nel 1687. Nel 1834 uno studente, Simone Renucci, corso, durante una lezione sulla scabbia tenuta all' ospedale San Luigi di Parigi dal famoso Prof. Alibert, fece notare al professore che in Corsica le persone malate venivano lavate con soluzioni disinfettanti. Il professore rimase sorpreso di ciò, poiché il trattamento scoperto da Bonomo era rimasto circoscritto alla Toscana poi esteso alla Corsica e Sardegna, ma non al resto dell'Europa.
Tornando a Malpighi, il concetto di ghiandola fu dato da un famoso scienziato danese, Niccolò Stenone (1638-1686) che per caso scoprì il "dotto di Stenone" che in realtà veniva considerato un vaso. Un professore di anatomia, Blasius, cercò di appropriarsi di questa scoperta e la pubblicò, suscitando l'ira di Stenone. Fece altri studi, e oltre a descrivere il dotto, descrisse anche le ghiandole, sostenne che la saliva, derivata dal sangue, veniva prodotta dalla ghiandola e veicolata dal dotto nella bocca. Stesso discorso per le ghiandole lacrimali: anche queste derivano le lacrime dal sangue. Stenone fece anche altre scoperte, per esempio fu il primo ad avere il coraggio di dire che il cuore era semplicemente un muscolo e non conteneva l'anima e a chiamare ovidutti le tube uterine, stabilì inoltre l'omologia tra le ovaie dei mammiferi e l’ovario degli uccelli; a Firenze si cimentò nello studio dell'anatomia della terra. Anche in questo campo fece importanti scoperte: fu il primo a scoprire i principi della sedimentologia, sostenendo che gli strati più antichi sono quelli più profondi, e a mettere in dubbio che la terra avesse solo quattromila anni. Formulò una legge (regola di Stenone) che permette di distinguere un cristallo di quarzo da un diamante: il cristallo cresce "non mutatis angulis" (con gli angoli uguali) e quindi si può riconoscere per gli angoli. Successivamente Stenone divenne prete e per questioni di coerenza abbandonò la scienza. Venne mandato missionario nelle regioni luterane e morì in condizioni di estrema povertà, avendo dato tutto ai poveri. Il granduca di Firenze Cosimo III, volle che il suo corpo fosse trasferito a Firenze e fu sepolto prima nella cripta, poi, nella basilica di San Lorenzo. Fu nominato beato e protettore degli scienziati nel 1988 da Giovanni Paolo II.
I medici dell'epoca si rendevano conto di come la terapia fosse qualcosa di disastroso. Thomas Sydenham (1624-1689) e Hermann Boerhaave (1668-1738) praticarono il ritorno all'ippocratismo, cioè alla cautela assoluta nel trattare il malato e affermarono che i luoghi di cura dovevano essere gli ospedali. La prima clinica universitaria fu fondata infatti a Leida in Olanda, dove lavorava Boerhaave, università che era stata regalata, più di un secolo prima, dal principe d'Olanda agli abitanti come premio per avere valorosamente combattuto contro gli spagnoli nella guerra dell'indipendenza. Per quanto riguarda la chirurgia del primo 700, i chirurghi dovevano operare rapidamente, perché più durava l'operazione, maggiori erano i rischi d'infezione; il paziente era tenuto fermo dagli inservienti e in genere, prima dell'operazione, veniva intervistato da un padre spirituale. La maggior parte dei chirurghi non conoscevano l'anatomia, erano considerati persone di scarsa cultura. Colui che promosse lo sviluppo della chirurgia nell'Europa centrale fu Giovanni Alessandro Brambilla (1728-1800) che fu arruolato nell'esercito austriaco come chirurgo. Era una persona molto intelligente, entrato nelle grazie del comandante del suo Reggimento, divenne il medico di Giuseppe II, primogenito di Maria Teresa, imperatrice d'Austria. Brambilla usò la sua influenza su Giuseppe II affinchè ai chirurghi venisse insegnato il latino, per poter studiare i testi scientifici e per essere quindi messi alla pari dei medici. La prima cosa da fare era l'insegnamento del latino e poi mostrare come era fatto il corpo umano. Perciò, grazie a lui, fu fondata una grande accademia a Vienna, lo Josephinum, in cui si praticava l'insegnamento del latino ai chirurghi; non solo: furono fatte arrivare da Firenze delle splendide cere anatomiche (tuttora presenti allo Josephinum) al fine di istruire gli allievi soprattutto in anatomia umana, scienza resa importante dall'insegnamento di Morgagni. Riuscì così a parificare medici e chirurghi; infatti nelle università imperiali è presente un simbolo di ciò: due donne, entrambe togate, che si tengono per mano e rappresentano rispettivamente: una la medicina, l'altra la chirurgia al di sopra di una scritta: "IN UNIONE SALUS".
Carlo Felice mandò l'anatomico Francesco Antonio Boi (1767-1855), nativo di Olzai, da Cagliari a Firenze, proprio per avere dei modelli in cera, da esporre nel suo museo. Altro importante anatomico e chirurgo fu Antonio Scarpa (1752-1832), che operò a Modena e, soprattutto, a Pavia dove fu chiamato da Brambilla.
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(Dagli appunti di Valentina Becciu) |